Natura e durata della sospensione della prescrizione in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali

Andrea Rossi
30 Settembre 2019

Per le Sezioni unite della Corte di Cassazione la prescrizione dell'azione per conseguire le prestazioni economiche erogate dall'INAIL resta sospesa per tutta la durata della liquidazione amministrativa e fino all'adozione di un provvedimento...
Abstract

Per le Sezioni unite della Corte di cassazione la prescrizione dell'azione per conseguire le prestazioni economiche erogate dall'INAIL resta sospesa per tutta la durata della liquidazione amministrativa e fino all'adozione di un provvedimento di accoglimento o di diniego da parte dell'Istituto in quanto con il decorso del termine di durata del procedimento amministrativo, pari a 150 o a 210 giorni, viene semplicemente rimossa la condizione di procedibilità dell'azione giudiziaria con facoltà dell'assicurato di agire in giudizio a tutela della posizione giuridica soggettiva rivendicata (Cass., sez. un., 7 maggio 2019, n. 11928).

Sospensione del decorso del termine di prescrizione del diritto alle prestazioni previdenziali: inquadramento normativo

Pur essendo in presenza di un diritto soggettivo costituzionalmente garantito (art. 38, comma 2, Cost.), “l'azione per conseguire le prestazioni si prescrive nel termine di tre anni dal giorno dell'infortunio o da quello della manifestazione della malattia professionale” (art. 112, comma 1, d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124).

Si tratta di uno spazio temporale breve che soddisfa due opposte esigenze, facenti capo rispettivamente all'INAIL ed all'assicurato, cioè quella di garantire all'Istituto un accertamento tempestivo degli elementi posti a base della denuncia e, contemporaneamente, quella di assicurare all'interessato un rapido conseguimento della prestazione (Corte cost. 8 luglio 1969, n. 116, in Riv. inf. mal. prof., 1969, II, 201; Corte cost. 13 febbraio 1974, n. 33, in Riv. inf. mal. prof., 1974, II, 46; Corte cost. 18 gennaio 1977, nn. 31 e 33, in Riv. inf. mal. prof., 1977, II, 33).

Il termine “prescrizione”, indicato nell'art. 112, è stato interpretato, sin dall'origine, in senso atecnico, come se si trattasse, in vero, di una decadenza. La giurisprudenza di legittimità, infatti, reputava che unicamente con l'atto introduttivo del giudizio si potesse esercitare il diritto, non essendo opponibili all'INAIL atti interruttivi sulla scorta del fatto che la disciplina speciale, contenuta nel testo unico (art. 112, comma 4, D.P.R. n. 1124/65), prevedeva che solo l'azione giudiziaria interrompesse la prescrizione dell'azione, impedendo l'applicazione degli artt. 2934 – 2945 del codice civile (Cass., sez. un., 8 ottobre 1985, n. 4857, in Giust. civ., 1985, I, 2987, in Riv. inf. mal. prof., 1985, II, 61, in Mass. giur. lav., 1985, 565; Cass. 24 novembre 1997, n. 720; Cass. 29 maggio 1995, n. 5992, in Riv. inf. mal. prof., 1995, II, 108).

Il capovolgimento della situazione è arrivato quando le Sezioni unite hanno ritenuto che il termine di estinzione dell'azione per conseguire le prestazioni economiche avesse effettivamente natura di prescrizione, il cui decorso poteva essere interrotto ai sensi dell'art. 2943, c.c. (Cass., sez. un., 16 novembre 1999, n. 783, in Foro it., 2000, I, 81; in Giust. civ., 2000, I, 1419, con nota di Surdi, Interruzione della prescrizione e prestazioni Inail;in Dir. prat. lav., 2000, 12, 964).

L'intervento nomofilattico ha dato origine ad un nuovo corso giurisprudenziale, non più smentito, in base al quale è stata riconosciuta efficacia interruttiva alla domanda amministrativa (Cass. 4 maggio 2000, n. 5609, in Dir. giust., 2000, 19, 75) o ad una domanda giudiziaria con cui la vittima di un infortunio chieda il riconoscimento e la tutela dello specifico diritto del quale si eccepisca poi la prescrizione (Cass. 7 giugno 2011, n. 12317). L'estensione delle norme di diritto comune al settore previdenziale ha consentito, inoltre, di ritenere che “la prescrizione, quando è stata interrotta dalla domanda giudiziale, non corre fino al momento in cui non passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio” (Cass. 8 aprile 2002, n. 5009).

La decorrenza del termine triennale di prescrizione, contemplato dall'art. 112, rimane sospesa durante la pendenza del procedimento amministrativo per la liquidazione dell'indennità (art. 111, comma 2, d.P.R. n. 1124 del 1965), il quale deve esaurirsi nel termine di 150 giorni, in presenza di un ricorso, motivato e documentato, dell'avente diritto nei confronti dell'INAIL contro il diniego di prestazione (art. 104, d.P.R. n. 1124 del 1965) ovvero di 210 giorni in caso di procedimento di revisione (art. 83, d.P.R. 1124 del 1965), con possibilità di adire l'autorità giudiziaria in caso di esito negativo o di mancata risposta nei termini suindicati (art. 111, comma 3, d.P.R. n. 1124 del 1965).

La Magistratura superiore si è divisa sulla natura e durata della sospensione della prescrizione: secondo un primo e più risalente orientamento la sospensione opera limitatamente al periodo di 150 o di 210 giorni, trascorsi i quali viene a configurarsi un'ipotesi di silenzio significativo, esattamente di silenzio-rigetto, che determina la cessazione della causa di sospensione della prescrizione e l'obbligo per l'assicurato di esercitare l'azione giudiziaria oppure di interromperne il decorso con un atto idoneo; secondo un altro ed opposto orientamento, venutosi a creare a seguito della pubblicazione della sentenza a sezioni unite già citata n. 783/1999, la sospensione della prescrizione si protrae per tutta la durata del procedimento amministrativo di liquidazione, giacché la scadenza del termine di 150 o 210 giorni determina la facoltà e non l'obbligo per l'assicurato di convenire in giudizio l'Istituto.

Le Sezioni unite hanno risolto il contrasto, aderendo a quest'ultimo orientamento interpretativo che si rivela più favorevole alle ragioni della vittima (Cass., sez. un., 7 maggio 2019, n. 11928).

Il contrasto giurisprudenziale sorto sulla natura e durata della sospensione

Secondo il più risalente e consistente, in termini quantitativi, orientamento giurisprudenziale, il contenuto dell'art. 111, d.P.R. n. 1124 del 1965, deve essere interpretato nel senso che la prescrizione rimane sospesa durante la liquidazione in via amministrativa delle prestazioni economiche limitatamente al periodo di centocinquanta giorni (o di duecentodieci giorni), senza che un'ulteriore protrazione della procedura amministrativa possa avere alcun effetto sospensivo, coerentemente all'esigenza, di carattere pubblicistico, di procedere celermente ed in prossimità dei fatti agli accertamenti necessari per il riconoscimento della tutela assicurativa (Cass. 4 febbraio 1984, n. 866; Cass. 29 maggio 1995, n. 5992; Cass. 19 dicembre 1995, n. 12968; Cass. 7 luglio 2004, n. 12553; Cass. 4 dicembre 2007, n. 25261; Cass. 4 giugno 2008, n. 14770; Cass. 30 agosto 2011, n. 17822; Cass. 27 giugno 2012, n. 10776; Cass. 27 marzo 2013, n. 14212).

Allo scadere dei termini indicati nell'art. 111, comma 3, infatti, si forma il silenzio-rigetto che comporta, altresì, l'esaurimento del procedimento amministrativo, ragione della sospensione della prescrizione, con la conseguenza che “eventuali atti istruttori dell'Istituto o eventuali provvedimenti negativi emanati dopo la scadenza dei termini previsti per la definizione del procedimento e, dunque, a seguito della formazione del silenzio-rigetto, non producono alcun effetto interruttivo” (circ. INAIL 19 settembre 2013, n. 42).

Tale soluzione viene avvalorata sulla base del disposto letterale dell'art. 111, dal quale si ricava che la liquidazione amministrativa debba esaurirsi nei termini indicati nel comma 3 e che, una volta decorsi i termini senza liquidazione, l'assicurato possa esercitare la tutela giudiziale del diritto preteso, nel senso che “laddove il procedimento amministrativo sia definito e l'azione giudiziale sia procedibile, la sospensione della prescrizione cessa” (Cass. 12 gennaio 2015, n. 211).

Pur avendo le Sezioni unite affermato, ma in forma di obiter dictum, che “l'attribuzione della facoltà di agire in giudizio non comporta anche l'onere di agire, in pendenza del procedimento amministrativo (magari prossimo a chiudersi favorevolmente), onde evitare la prescrizione” e che l'efficacia sospensiva della prescrizione “permane fino alla definizione del procedimento amministrativo di liquidazione” (Cass., sez. un., n. 783 del 1999), l'orientamento più risalente non è stato comunque smentito per una triplice ragione:

  • la definizione della fase amministrativa vi è già con il decorso dei termini previsti dall'art. 111, comma 3, mediante la forma del "silenzio-rigetto";
  • su tale aspetto le Sezioni unite del 1999 non hanno reso una statuizione espressa, trattandosi di questione che era estranea all'oggetto del contendere;
  • l'introduzione della facoltà di interruzione del decorso della prescrizione, anche con atti stragiudiziali, consente all'interessato di cautelarsi, facendo decorrere un nuovo triennio, sebbene alla scadenza dei termini di cui all'art. 111 il procedimento amministrativo debba intendersi concluso (Cass. 12 gennaio 2015, n. 211; Cass. 15 gennaio 2016, n. 598; Cass. 9 agosto 2017, n. 19788; Cass. ord. 1 giugno 2017, n. 13896; Cass. ord. 1 giugno 2018, n. 14054).

La tesi, esposta in forma di obiter dictum, che l'efficacia sospensiva della prescrizione permanga fino alla definizione del procedimento amministrativo di liquidazione, non è passata inosservata, ma ha determinato il sorgere di un opposto orientamento, in base al quale la causa estintiva del diritto alle prestazioni erogate dall'INAIL rimane sospesa sino alla definizione del procedimento di liquidazione (Cass. 4 maggio 2000, n. 5609; Cass. 2 giugno 2000, n. 7373; Cass. 6 ottobre 2006, n. 21539; Cass. 7 luglio 2007, n. 15322; Cass. 21 giugno 2013, n. 15733), anche in presenza di opposizione ex art. 104, d.P.R. n. 1124/65, con cui si introduce una nuova fase del procedimento amministrativo, poiché la mancata risposta dell'ente previdenziale nel termine di sessanta giorni previsto dalla legge non può integrare un silenzio-rigetto, dovendosi ritenere che l'efficacia sospensiva permanga fino alla definizione del procedimento amministrativo di liquidazione (Cass. n. 21539 del 2006).

Infatti, l'attribuzione della facoltà di agire in giudizio non ne comporta anche l'onere, in pendenza di un procedimento amministrativo che potrebbe essere prossimo a chiudersi favorevolmente, al fine di evitare il compiersi della prescrizione, essendo contraddittorio prevedere una fase amministrativa destinata a prevenire procedimenti giudiziari e allo stesso tempo forzarne la definizione entro un certo termine, impedendo all'assicurato di attenderne l'esito al solo fine di tutelarsi contro la prescrizione (Cass. n. 15733 del 2013).

Il contrasto, ben evidenziato nell'ordinanza interlocutoria (Cass., ord. 8 giugno 2018, n. 15015), da cui traspare la preferenza per la tesi più favorevole alle vittime di infortuni sul lavoro, poiché “nell'eventualità di un infortunio o di una malattia professionale, che spesso costituiscono vere tragedie individuali e famigliari, non possono negarsi "i mezzi adeguati alle esigenze di vita" solo perché giudici o pubblica amministrazione preferiscono una interpretazione più severa delle norme sui termini, già brevi, di prescrizione” (Cass., sez. un., n. 783 del 1999), è stato poi risolto dalle Sezioni unite nel senso auspicato dalla sezione rimettente, attribuendo alla domanda di prestazione un effetto conservativo che perdura fino all'esito del procedimento amministrativo.

La soluzione preferita dalle Sezioni unite

Nella fattispecie concreta sottoposta al giudizio delle Sezioni unite il lavoratore tecnopatico aveva presentato la denuncia di malattia professionale in data 14 agosto 2003, poi rigettata dall'INAIL in data 17 dicembre 2005; successivamente, ai sensi dell'art. 104, d.P.R. n. 1124 del 1965, l'interessato aveva proposto opposizione al provvedimento negativo in data 14 aprile 2007, respinta definitivamente, in esito a visita collegiale, il 16 maggio 2007. Alle Sezioni unite era chiesto di valutare se l'azione giudiziaria del lavoratore, promossa il 29 aprile 2010, con il deposito del ricorso, fosse ancora tempestiva, considerato che nel corso del procedimento amministrativo, durato circa quattro anni, l'interessato non aveva inviato alcun atto idoneo ad interrompere il decorso della prescrizione.

In particolare, aderendo alla tesi che la sospensione della prescrizione non cessi sino alla conclusione del procedimento amministrativo, terminato in tal caso il 16 maggio 2007, il ricorso giudiziario si rivelava tempestivo, come accertato da entrambi i giudici di merito, poiché proposto nel rispetto del triennio di cui all'art. 112, d.P.R. n. 1124 del 1965; al contrario, avvalendosi della tesi che con la scadenza del termine di 150 giorni viene a formarsi una fattispecie di silenzio-rigetto, come preteso dall'INAIL con il proprio ricorso per cassazione, l'azione giudiziaria doveva considerarsi tardiva.

Le Sezioni unite, condividendo quanto già sostenuto nella sentenza n. 783 del 1999, affermano che “la sospensione prevista dall'art. 111, comma 2 si protrae per tutta la durata del procedimento, e fino ad una sua definizione in senso positivo o negativo” in quanto “il decorso dei termini indicati nel comma 3 è utile al solo fine di rimuovere una condizione di procedibilità dell'azione giudiziaria che, da quel momento, l'interessato ha facoltà di proporre”.

Poiché il termine di cui all'art. 111, comma 3, d.P.R. n. 1124 del 1965 ha natura ordinatoria, proseguono le Sezioni unite, l'Istituto non è privato della facoltà di adottare un provvedimento nè il suo comportamento silente assume un rilievo significativo, trattandosi di mero inadempimento e non un'espressione di silenzio-rigetto.

Smentendo l'opposto orientamento, secondo cui trascorso il termine di cui all'art. 111, comma 3, l'interessato abbia l'obbligo di agire in giudizio, le Sezioni unite reputano, al contrario, che l'art. 111, d.P.R. n. 1124 del 1965 attribuisca all'assicurato una mera facoltà di agire in giudizio a fronte del protratto inadempimento dell'amministrazione, rimettendo ad esso la scelta di attendere il compimento della liquidazione amministrativa o piuttosto di sollecitare un accertamento giudiziario della posizione giuridica soggettiva rivendicata.

Tale soluzione, a parere delle Sezioni unite, si rivela coerente al sistema di tutela tracciato dal d.P.R. n. 1124 del 1965 in sè completo e autosufficiente, che “si fonda su un principio generale che è quello di privilegiare la definizione amministrativa, anche contenziosa del procedimento di riconoscimento e liquidazione delle prestazioni da esso previste, non senza salvaguardare l'interesse dell'assicurato ad ottenere in tempi ragionevoli il riconoscimento del suo diritto”.

Alla luce delle su estese argomentazioni, dunque, le Sezioni unite respingono il ricorso per cassazione dell'INAIL, avendo accertato che alla data di presentazione della domanda giudiziaria, depositata il 29 aprile 2010, la prescrizione triennale, decorrente dal 16 maggio 2007, data in cui per effetto della definizione del procedimento amministrativo, con il provvedimento di rigetto definitivo dell'Istituto, era cessata la causa di sospensione del decorso della prescrizione, non era ancora maturata, pronunciando il seguente principio di diritto: “ai sensi del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 111, comma 2 la prescrizione dell'azione per conseguire le prestazioni previste dal titolo primo capo quinto del citato d.P.R. resta sospesa per tutta la durata della liquidazione amministrativa della prestazione e fino all'adozione di un provvedimento di accoglimento o di diniego da parte dell'Istituto. Con il decorso del termine di centocinquanta giorni, previsto dall'art. 104, o di duecentodieci giorni, di cui all'art. 83 dello stesso decreto, è rimossa la condizione di procedibilità dell'azione giudiziaria ed all'assicurato è data facoltà di agire in giudizio a tutela della posizione giuridica soggettiva rivendicata”.

Conclusioni

Le Sezioni unite riprendono il filo del discorso iniziato nel 1999 per portarlo a compimento, avvicinando ulteriormente il regime speciale della prescrizione contemplato nella disciplina in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali (artt. 111 e 112, d.P.R. n. 1124 del 1965) a quello generale di cui al codice civile (artt. 2943 e 2945, c.c.).

Attribuita alla denuncia di infortunio o di malattia professionale l'efficacia di interrompere il decorso del termine di prescrizione (Cass., sez. un., n. 783 del 1999), il procedimento amministrativo deve rimanere sospeso sino alla sua definizione, in virtù del principio della perpetuatio actionis, similmente a quanto avviene nel regime generale, dove vige la regola che la necessità di esperire una procedura giudiziaria per realizzare il diritto non deve danneggiare il titolare, onde gli effetti della sentenza retroagiscono al momento della domanda (art. 2945, comma 2, c.c.).

Tale sospensione non esclude, ma, al contrario, presuppone l'effetto interruttivo della domanda, che così non è più istantaneo, ma viene conservato correttamente nel tempo.

Con la presentazione della domanda di prestazione previdenziale, dunque, si realizza un effetto interruttivo-sospensivo sulla decorrenza del termine estintivo di cui all'art. 112, che dura sino alla conclusione del procedimento amministrativo, fatta salva la facoltà dell'avente diritto di agire in giudizio, senza attenderne l'esito, una volta trascorsi senza alcuna risposta i termini di cui all'art. 111, comma 2, d.P.R. n. 1124 del 1965.