La controversa questione della capacità a testimoniare del conducente di un veicolo diverso dal proprietario

Giuseppe Sileci
03 Ottobre 2019

Tizia è proprietaria di una autovettura che è stata tamponata ed ha riportato danni mentre alla guida vi era Caio, suo convivente; può Tizia dare prova del sinistro, qualora sia messa in discussione la responsabilità del conducente alla guida dell'altro veicolo, indicando come testimone Caio, che ha assistito all'incidente perché era alla guida dell'autovettura danneggiata?

Tizia è proprietaria di una autovettura che è stata tamponata ed ha riportato danni mentre alla guida vi era Caio, suo convivente; può Tizia dare prova del sinistro, qualora sia messa in discussione la responsabilità del conducente alla guida dell'altro veicolo, indicando come testimone Caio, che ha assistito all'incidente perché era alla guida dell'autovettura danneggiata?

Ai sensi dell'art. 246 c.p.c., non possono essere assunte come testimoni le persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio.

L'interesse – che esclude la possibilità di testimoniare – è quello di cui all'art. 100 c.p.c., a mente del quale “per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse”.

La giurisprudenza ha ravvisato la sussistenza del detto interesse nella vittima di un sinistro stradale, aggiungendo che è ininfluente ai fini della valutazione sulla capacità a testimoniare del terzo il fatto che questi sia stato risarcito, ovvero abbia rinunciato al risarcimento ovvero il diritto si sia estinto per prescrizione, e cioè tutti fatti che costituiscono un “posterius” rispetto alla configurabilità dell'interesse a partecipare al giudizio (Cass. civ., sez. III, 18 aprile 2016 n. 7623; Cass. civ., sez. III, 29 settembre 2015 n. 19258; Cass. civ., sez. III, 28 settembre 2012 n. 16541; Cass. civ., sez. III, 28 luglio 2011 n. 16499; Trib. Roma 21 settembre 2018 n. 17843; Trib. Lecce 22 maggio 2017 n. 2107; Gdp Milano 21 marzo 2017 n. 2299)

Ed il principio è stato recentemente ribadito dalla Suprema Corte rispetto al terzo trasportato, che è incapace a deporre quando ha riportato danni in conseguenza del sinistro (Cass. civ., sez. VI, 17 luglio 2019 n. 19121).

Più in generale, secondo il consolidato indirizzo della Cassazione, «l''incapacità a deporre prevista dall'art. 246 c.p.c. si verifica solo quando il teste è titolare di un interesse personale, attuale e concreto, che lo coinvolga nel rapporto controverso, alla stregua dell'interesse ad agire di cui all'art. 100 c.p.c. tale da legittimarlo a partecipare al giudizio in cui è richiesta la sua testimonianza, con riferimento alla materia in discussione, non avendo invece rilevanza l'interesse di fatto a un determinato esito del processo, né un interesse, riferito ad azioni ipotetiche, diverse da quelle oggetto della causa in atto, proponibili dal teste medesimo o contro di lui, a meno che il loro collegamento con la materia del contendere non determini già concretamente un titolo di legittimazione alla partecipazione al giudizio» (Cass. civ., sez. I, 30 maggio 2018 n. 13684; Cass. civ., sez. II, 5 gennaio 2018 n. 167; Cass. civ., Sez. Lav., 21 ottobre 2015 n. 21418; Cass. civ., sez. II, 23 luglio 2015 n. 15537).

Venendo al quesito, in giurisprudenza si registra un certo contrasto sulla possibilità o meno di sentire come testimone il conducente di un veicolo che sia rimasto coinvolto in un sinistro stradale.

Secondo un indirizzo meno rigoroso «in tema di sinistri stradali, il conducente di un veicolo rimasto danneggiato, non ha un interesse personale, concreto e attuale a intervenire nel giudizio promosso dal proprietario del veicolo nei confronti del danneggiante, nel caso in cui quest'ultimo non abbia proposto domanda riconvenzionale, e non può essere, di conseguenza, considerato incapace a deporre come teste in tale giudizio, ai sensi dell'art. 246 c.p.c.» (Trib. Cagliari 14 maggio 2014 n. 1408; G.d.p.. Torino 13 novembre 2006; G.d.p. Casamassima 28 dicembre 1998).

Questo orientamento è conforme ad un risalente precedente della Suprema Corte (Cass. civ., Sez. III, 25 maggio 1993 n. 5858).

Invece, hanno ravvisato l'interesse di cui all'art. 100 c.p.c. e conseguentemente hanno escluso la capacità a testimoniare del conducente: G.d.p. Palermo 9 marzo 2007; Pret. Torino 27 giugno 1996; Pret. Catania 26 febbraio 1996 (in un caso in cui, però, il conducente aveva anche riportato lesioni, seppure lievi).

Recentemente la Suprema Corte, nel tentativo di meglio definire l'interesse ex art. 100 c.p.c. che legittimerebbe la partecipazione del terzo al processo e che ne precluderebbe la capacità di testimoniare, ha affermato che «deve ritenersi colpito da detta incapacità chi potrebbe, o avrebbe potuto, essere chiamato dall'attore, in linea alternativa o solidale, quale soggetto passivo della stessa pretesa fatta valere contro il convenuto originario, nonché il soggetto da cui il convenuto originario potrebbe, o avrebbe potuto, pretendere di essere garantito» (Cass. civ., sez. I, 26 gennaio 2015 n. 1344, la quale – però - in applicazione del riferito principio ha escluso che l'interesse a partecipare al giudizio possa discendere solo dalla potenziale responsabilità del teste nei confronti degli attori).

Alla luce del recente arresto della Cassazione, dovrebbe dunque ritenersi incapace di testimoniare il conducente del veicolo danneggiato che non sia anche proprietario del veicolo, e ciò sul presupposto che costui potrebbe o avrebbe potuto essere evocato in giudizio – in linea alternativa o solidale – quale soggetto passivo della domanda risarcitoria.

Il condizionale, però, è d'obbligo perché la Suprema Corte ha comunque escluso che l'interesse a partecipare al giudizio possa derivare dalla potenziale responsabilità del teste.

In definitiva, la questione è certamente controversa, però sembra difficile negare la sussistenza di un interesse personale, attuale e concreto, che lo coinvolga nel rapporto controverso, nel conducente di un veicolo nei cui confronti il proprietario del detto veicolo abbia deciso di non agire giudizialmente benché potesse – in linea alternativa o solidale – chiederne la condanna al risarcimento del danno.

In ogni caso, se fosse ammissibile la testimonianza del conducente, gli esiti della deposizione dovrebbero essere attentamente valutati dal Giudice al fine di verificarne la attendibilità, tanto più in considerazione del contenzioso che la materia della circolazione stradale genera e delle ricadute che questa litigiosità ha sulla intera collettività.

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