L’Unione Europea adotta la Direttiva sul Whistleblowing

Riccardo Maraga
10 Ottobre 2019

Il Consiglio dell'Unione europea, lo scorso 7 ottobre 2019, ha definitivamente adottato il testo della Direttiva (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione, meglio nota come Direttiva sul Whistleblowing.

L'Unione Europea adotta la Direttiva sul Whistleblowing.

Direttiva (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione.

Il Consiglio dell'Unione europea, lo scorso 7 ottobre 2019, ha definitivamente adottato il testo della Direttiva (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione, meglio nota come Direttiva sul Whistleblowing.

L'adozione da parte del Consiglio porta a compimento l'iter legislativo di approvazione della Direttiva che, lo scorso 16 aprile 2019, era stata varata dal Parlamento europeo con una amplissima maggioranza.

L'obiettivo della Direttiva – al fine di rafforzare l'effettività del diritto dell'Unione europea - è favorire l'attività di segnalazione di violazioni del diritto dell'Unione relative, tra gli altri, ai settori degli appalti pubblici, dei mercati finanziari, della prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, della sicurezza dei prodotti e dei trasporti, della tutela dell'ambiente; della sicurezza alimentare, della salute pubblica; della protezione dei consumatori e della tutela della vita privata e della privacy.

Essendo l'attività di segnalazione degli illeciti di cui si è venuti a conoscenza in ambito aziendale fortemente limitata dal metus nei confronti del datore di lavoro, la Direttiva si propone, al pari della normativa nazionale in materia, di tutelare il segnalante da possibili atti ritorsivi adottati a suo danno dal datore di lavoro.

A tal fine, la Direttiva offre una tutela rafforzata a chi opera all'interno di un determinato contesto aziendale e segnala le violazioni apprese. Rientrano nella sfera soggettiva di efficacia della Direttiva i lavoratori subordinati, i lavoratori autonomi, gli azionisti e i membri dell'organo di amministrazione, direzione o vigilanza di un'impresa, i membri senza incarichi esecutivi, i volontari e i tirocinanti retribuiti e non retribuiti nonché qualsiasi persona che lavora sotto la supervisione e la direzione di appaltatori, subappaltatori e fornitori.

Venendo al contenuto precettivo della Direttiva, si prevede l'obbligo delle imprese di predisporre dei canali interni per l'inoltro delle segnalazioni da parte dei collaboratori. Rientrano nell'ambito di applicazione di questo obbligo tutte le aziende con più di 50 dipendenti.

In ogni caso, a seguito di un'adeguata valutazione dei rischi e tenuto conto della natura delle attività dei soggetti e del conseguente livello di rischio, in particolare per l'ambiente e la salute pubblica, gli Stati membri possono chiedere anche ai soggetti giuridici privati con meno di 50 dipendenti di stabilire canali e procedure di segnalazione interna.

I canali da predisporre per l'inoltro delle segnalazioni devono garantire la riservatezza del segnalante. La Direttiva dispone, infatti, che gli Stati membri debbano provvedere affinché l'identità della persona segnalante non sia divulgata, senza il suo consenso esplicito, a nessuno che non faccia parte del personale autorizzato competente a ricevere le segnalazioni e/o a darvi seguito.

Venendo ai profili più strettamente lavoristici, il segnalante viene tutelato da eventuali atti adottati dal datore di lavoro in suo danno che abbiano un carattere di ritorsività nei confronti della segnalazione inoltrata.

In particolare, la Direttiva prevede che gli Stati membri adottano le misure necessarie per vietare qualsiasi forma di ritorsione diretta o indiretta, comprese minacce e tentativi di ritorsione e in particolare:

  • il licenziamento, la sospensione o misure equivalenti;
  • la retrocessione di grado o la mancata promozione;
  • il trasferimento di funzioni, il cambiamento del luogo di lavoro, la riduzione dello stipendio, la modifica dell'orario di lavoro;
  • la sospensione della formazione;
  • le note di merito o le referenze negative;
  • l'imposizione o amministrazione di misure disciplinari, la nota di biasimo o altra sanzione, anche pecuniaria;
  • la coercizione, l'intimidazione, le molestie o l'ostracismo;
  • la discriminazione, lo svantaggio o il trattamento iniquo;
  • la mancata conversione di un contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro permanente, laddove il lavoratore avesse legittime aspettative di vedersi offrire un impiego permanente;
  • il mancato rinnovo o la risoluzione anticipata del contratto di lavoro a termine;
  • danni, anche alla reputazione della persona, in particolare sui social media, o la perdita finanziaria, comprese la perdita di opportunità economiche e la perdita di reddito;
  • l'inserimento nelle liste nere sulla base di un accordo settoriale o industriale formale o informale, che determina l'impossibilità per la persona di trovare un'occupazione nel settore o nell'industria in futuro;
  • la conclusione anticipata o l'annullamento del contratto per beni o servizi;
  • l'annullamento di una licenza o di un permesso;
  • la sottoposizione ad accertamenti psichiatrici o medici.

La Direttiva prevede, dunque, delle misure di sostegno a favore dei soggetti segnalanti. Le norme della Direttiva dovranno essere recepite dagli Stati membri entro due anni dalla sua adozione.

Attualmente il quadro normativo europeo in materia di Whistleblowing è molto frammentato in quanto, in molti paesi, manca ancora del tutto qualsiasi disposizione normativa in merito.

In Italia, come noto, il Whistleblowing è stato disciplinato organicamente dalla l. n. 179 del 2017 che ha introdotto una differente disciplina nel comparto pubblico e nel comparto privato.

Per quanto concerne il settore privato, sono già ravvisabili alcuni elementi di differenza tra la disciplina interna e quella europea.

Innanzitutto una differenza è rinvenibile nel campo di applicazione soggettivo. La l. n. 179 del 2017, infatti, individua nella nozione di segnalante i soggetti di cui all'art. 5, comma 1, lett. a) e b), d.lgs. n. 231 del 2001 e, dunque, pare limitarsi al management ed ai dipendenti (persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza). La Direttiva europea, invece, individua una nozione di segnalante più ampia, che ricomprende lavoratori dipendenti, lavoratori autonomi, tirocinanti, volontari ed anche i dipendenti di appaltatori e subappaltatori.

Inoltre, la normativa italiana sul Whistleblowing si applica solo alle società che hanno adottato un modello di organizzazione di cui al d.lgs. n. 231 del 2001. Adozione che, come noto, non è obbligatoria ma facoltativa. La Direttiva europea, invece, vincola tutti i datori di lavoro con più di 50 dipendenti ed, in alcuni casi, anche le società con un organico inferiore a tale soglia.