La consulenza tecnica preventiva ex art. 696-bis c.p.c. nel caso di danni provocati dalla circolazione in Italia di veicolo immatricolato all'estero
25 Ottobre 2019
In seguito ad un sinistro stradale accaduto in Italia tra un autoveicolo italiano ed una autovettura immatricolata in Svizzera, interviene l'U.C.I. il quale designa la compagnia italiana deputata alla gestione di tutti i danni che offre ai danneggiati (proprietario, conducente e due trasportati) somme da questi accettate in acconto. L'azione risarcitoria di tutti i danneggiati per le parti residue di danno (conducente e trasportati sulla vettura immatricolata in Italia e residenti in Italia), è soggetta alle medesime incombenze/termini processuali liberi minimi e maggiori anche per quanto concerne il ricorso ex art. 696-bis c.p.c.?
Quando un sinistro stradale è provocato in Italia da un veicolo immatricolato all'estero, i danni sono liquidati dall'Ufficio Centrale Italiano che, ai sensi del comma 2 lett. c dell'art. 126 cod. ass., è legittimato a stare in giudizio, in nome e per conto delle imprese aderenti, nelle azioni di risarcimento che i danneggiati dalla circolazione in Italia di veicoli a motore immatricolati all'estero possono esercitare direttamente nei suoi confronti. In tal caso si applicano gli artt. 144, 145, comma 1, 146 e 147 cod. ass. La norma però stabilisce termini a comparire più lunghi: infatti i termini di cui all'art. 163-bis comma 1 e 318 comma 2 c.p.c. sono aumentati del doppio. Pertanto, tra la data di notifica dell'atto di citazione dinanzi al Tribunale e l'udienza di comparizione devono intercorrere almeno 180 giorni liberi ed almeno 90 giorni liberi se la causa è di competenza del Giudice di pace. Nel caso di abbreviazione dei termini ai sensi dell'art. 163-bis comma 2, comunque l'intervallo tra la data di notifica e quella dell'udienza non potrà essere inferiore a giorni 60. Occorre a questo punto chiedersi se nel caso di danni derivanti dalla circolazione in Italia di veicoli immatricolati all'estero sia consentito ai danneggiati di esperire il procedimento disciplinato dall'art. 696-bis c.p.c. che, in un'ottica chiaramente deflattiva del contenzioso, ha introdotto nell'ordinamento processuale la «consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite», ed inoltre se questo procedimento sia soggetto alle medesime incombenze/termini processuali liberi minimi e maggiori stabiliti per il giudizio di merito a cognizione ordinaria. Quanto al primo quesito, poiché si può ricorrere alla consulenza tecnica preventiva - anche al di fuori delle condizioni previste per l'ammissibilità dell'accertamento tecnico preventivo - per fare accertare e determinare i crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o derivanti da fatto illecito, non avrebbe alcun appiglio normativo ritenere che questo procedimento non possa attivarsi se il fatto illecito è da ascrivere al conducente di un veicolo immatricolato all'estero che circola in Italia. Quanto al secondo quesito, vi sarebbero almeno due argomenti che escluderebbero la necessità - tra la notifica del ricorso e l'udienza di comparizione delle parti fissata ai sensi dell'art. 694 c.p.c. - di rispettare i termini a comparire previsti per il giudizio di merito in genere e – a maggior ragione – quelli più lunghi stabiliti dall'art. 126 cod. ass., L'art. 694 c.p.c., infatti, prevede che il presidente del Tribunale o il giudice di pace fissa, con decreto, l'udienza di comparizione e stabilisce il termine perentorio per la notificazione del decreto, ma non stabilisce anche un termine minimo da rispettare tra la notifica del ricorso (con il provvedimento che dispone la comparizione delle parti) e l'udienza. In secondo luogo, l'art. 126 cod. ass., laddove ha recepito con modifiche l'art. 6 l. n. 990/1969 e stabilisce il rispetto di termini a comparire più lunghi nel caso di azione diretta promossa dal danneggiato nei confronti dell'UCI, sarebbe una norma di carattere eccezionale non suscettibile di essere interpretata estensivamente: la Cassazione ha avuto modo di chiarire che «la disposizione contenuta nel comma 9 dell'art. 6 della l. n. 990 del 1969, nella formulazione di cui all'art. 1 della l. n. 242 del 1990, secondo cui ai fini della proposizione di azione diretta di risarcimento nei confronti dell'ente costituito in Italia tra le imprese autorizzate ad esercitare l'assicurazione (ufficio centrale italiano - U.C.I.) i termini di cui all'art. 163-bis, comma 1, c.p.c. sono aumentati di due volte e non possono comunque essere inferiori a sessanta giorni, trova applicazione unicamente al giudizio di primo grado e non anche in quello d'appello» (Cass. civ., sez. III, 22 febbraio 2000 n. 1968). Peraltro, a maggior ragione questa sembra la soluzione da preferire sia se si aderisce alla tesi di quanti (IURILLI C., L'azione risarcitoria ex artt. 125 e 126, d.lgs. 07.09.2005, n. 209, in Codice ipertestuale della responsabilità civile – la R.C. Auto – a cura di G. Bonilini, U. Carnevali, M. Confortini, Milano, 2006, pag. 425) ritengono che questo termine più lungo non abbia giustificazione alcuna e sia solo la conseguenza di un difetto di coordinamento tra l'originario art. 6 l. n. 990/1969 nel testo modificato dalla l. n. 242/1990 e la quasi contemporanea e di poco successiva riforma del processo civile (l. n. 353/1990), sia se si condivide la tesi di coloro i quali spiegano il termine a comparire più lungo con la esigenza di consentire all'UCI di rivolgersi «al bureau emittente, il quale a sua volta deve ricercare la compagnia di assicurazione cui inoltrare la richiesta di informazioni», e più in generale con la necessità di garantire «il diritto di difesa dell'UCI» (MESSINA M., Sinistri stradali occorsi in Italia con veicolo estero, in Responsabilità civile automobilistica a cura di G. Buffone, Milano, 2016, pag. 499). Invero, l'esigenza di garantire all'UCI una più efficacia tutela del diritto di difesa non sarebbe pregiudicata dalla assenza nell'ordinamento di una disposizione che preveda un termine minimo tra la notifica del ricorso e l'udienza di comparizione delle parti fissata ai sensi dell'art. 696-bis c.p.c., se si considerano le finalità di questo peculiare procedimento. Secondo la giurisprudenza prevalente, infatti, «la norma di cui all'art. 696-bis del codice procedura civile è finalizzata alla composizione della lite e presupposto per l'accertamento in parola è che la controversia fra le parti abbia come unico punto di dissenso ciò che, in sede di processo di cognizione, può costituire oggetto di consulenza tecnica. Di conseguenza non può nominarsi un consulente tecnico ai sensi dell'art. 696-bis c.p.c. al fine di demandargli la soluzione di questioni giuridiche controverse fra le parti e che richiedono invece l'espletamento di una istruttoria da svolgersi con le forme e le garanzie di un procedimento ordinario di cognizione» (Trib. Palermo 14 agosto 2019). In altri termini, se quel maggiore termine a comparire previsto dall'art. 126 cod. ass. fosse giustificato dalla necessità di concedere maggiore tempo all'UCI per approntare le difese, questa esigenza non sussisterebbe quando sono controverse solo questioni attinenti alla mera quantificazione del credito, e cioè le uniche che – avendo ad oggetto la soluzione di questioni squisitamente tecniche - possono essere risolte da una consulenza tecnica preventiva.
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