Difesa personale

Vincenza Di Cristofano
06 Novembre 2019

In generale chi vuol far valere un proprio diritto davanti al giudice non può difendere da sé le proprie ragioni e compiere gli atti processuali necessari alla tutela del proprio diritto, ma deve avvalersi dell'opera di un difensore. Tuttavia sono diversi i casi in cui le parti possono stare in giudizio personalmente davanti al giudice.
Inquadramento

In generale chi vuol far valere un proprio diritto davanti al giudice non può difendere da sé le proprie ragioni e compiere gli atti processuali necessari alla tutela del proprio diritto, ma deve avvalersi dell'opera di un difensore. Tuttavia sono diversi i casi in cui le parti possono stare in giudizio personalmente davanti al giudice. Ciò avviene nei casi contemplati negli artt. 82 e 86 c.p.c., nelle cause di valore non superiore a 129,11 euro in materia di lavoro (417 c.p.c.), nei casi previsti dall'art. 417-bis c.p.c. nonché nelle controversiedi previdenza e assistenza obbligatorie (442 c.p.c.) ed in materia di locazione (447-bis c.p.c.) per il richiamo che tali disposizioni fanno all'art. 417 c.p.c.

I giudizi davanti al giudice di pace

Una deroga al principio della necessaria assistenza del difensore è prevista anzitutto dall'art. 82, comma 1, c.p.c. nei giudizi davanti al Giudice di pace di valore non superiore a 1.100,00 euro (il precedente importo di 516,46 euro è stato elevato dalla l. n. 10/2012 che ha convertito il d.l. n. 212/2011) nei quali, quindi, le parti possono stare in giudizio personalmente.

In tali giudizi, nei casi in cui è quindi ammessa la difesa personale della parte, la giurisprudenza di legittimità ritiene sia consentito alla stessa parte anche la facoltà di delegare la partecipazione all'udienza ad altri soggetti (Cass. civ., sez. I, 6 aprile 2006, n. 8026). Pertanto la giurisprudenza ha ritenuto non sussistente il reato di esercizio abusivo della professione (art. 348 c.p.) nel fatto di chi assista taluno avanti al Giudice di pace per una causa civile inferiore alla soglia indicata dal prima comma dell'art. 82 c.p.c., posto che in tali procedimenti, ove non ritengano di agire personalmente, le parti possono farsi rappresentare da altra persona alla sola condizione del conferimento di un mandato scritto in calce alla citazione o in atto separato (art. 317, comma 1, c.p.c.), senza necessità che il mandatario sia abilitato all'esercizio della professione forense (così Cass. civ., sez. VI, n. 4452/2005 in una fattispecie relativa ad assistenza prestata da un avvocato la cui abilitazione era stata revocata dal competente Consiglio dell'Ordine).

Al di fuori dei casi di cui al primo comma dell'art. 82 c.p.c. le parti non possono stare in giudizio se non col ministero o con l'assistenza di un difensore. Tuttavia il secondo comma dell'art. 82 c.p.c. dispone che «Il giudice di pace tuttavia, in considerazione della natura ed entità della causa, con decreto emesso anche su istanza verbale dalla parte, può autorizzarla a stare in giudizio di persona». L'autorizzazione in questione attiene all'accertamento che nulla osti a che il soggetto possa agire senza il patrocinio di un difensore ed è quindi volta a rimuovere un limite al potere della parte di agire personalmente, essendo pertanto volta a tutelare, oltre a quello delle parti, anche l'interesse generale e costituzionalmente garantito dell'effettività del diritto di difesa.

L'autorizzazione in questione non esige il rigore formale della espressa scrittura, potendo risultare implicitamente dai verbali di causa e desumersi, in particolare, dalla circostanza che il giudice abbia provveduto su di una determinata istanza senza rilevarne l'avvenuta proposizione ad opera della parte personalmente (Cass. civ., sez. II, 2 marzo 2018, n. 5013), potendo essere implicita e deducibile per facta concludentia (Cass.civ., 28 agosto 2007, n. 18159; conforme Cass. civ., 12 marzo 2012, n. 3874)

Tale mancanza di autorizzazione dà luogo all'invalida costituzione del rapporto processuale sanabile con effetto ex tunc qualora l'autorizzazione venga concessa successivamente alla costituzione del soggetto, rimanendo anche in tal caso assicurate le esigenze di tutela perseguite dalla norma (Cass. civ., 26 agosto 2004, n. 17008).

Con riferimento all'invalida costituzione del rapporto processuale per violazione dei presupposti dettati dall'art. 82 c.p.c. si registrano diversi orientamenti circa la rilevabilità di tale invalidità. Di seguito se ne segnalano alcuni.

VIOLAZIONE

ART. 82 C.P.C.

: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Nel procedimento davanti al Giudice di pace la violazione dell'art. 82 c.p.c. genera una nullità relativa non rilevabile d'ufficio

Cass. civ., sez. II, 2 marzo 2018, n. 5013; Cass. civ., Sez. Un., 18 luglio 2001, n. 9767; Cass. civ., 8 gennaio 1999, n. 112

Nel procedimento davanti al Giudice di pace la violazione dell'art. 82 c.p.c. genera una nullità rilevabile d'ufficio

Cass. civ., 22 novembre 2004, n. 22043; Cass. civ., 26 agosto 2004, n. 17008; Cass. civ., 19 luglio 2001, n. 9844

La giurisprudenza di legittimità è altresì intervenuta a chiarire che il provvedimento autorizzatorio ex art. 82, comma 2, c.p.c., sebbene intervenuto durante il processo in forma implicita, non può essere revocato, con l'effetto di rendere invalida la costituzione del rapporto processuale, potendo il giudice di pace, con la sentenza che definisce il giudizio, unicamente dichiarare l'eventuale nullità della concessa autorizzazione (Cass. civ., 12 marzo 2012, n. 3874).

Circa la disciplina delle spese di lite giova segnalare come il d.l. n. 212 del 22 dicembre 2011 conv. in l. n. 10 del 17 febbraio 2012 - che ha previsto modifiche all'art. 13, all'art. 82 ed all'art. 91 c.p.c. nel senso che nei giudizi dinanzi al g.d.p. è stata elevata la possibilità della difesa personale senza l'assistenza di un difensore dal valore di euro 516,46 al valore di euro 1.100 - abbia aggiunto un ulteriore comma all'art. 91 c.p.c. con il quale si prevede che «nella cause previste dall'art. 82 comma 1 le spese, competenze ed onorari non possono superare il valore della domanda».

A tal riguardo è molto importante segnalare l'orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità a mente del quale «in tema di liquidazione delle spese giudiziali, il limite del valore della domanda, sancito dal quarto comma dell'art. 91 c.p.c., opera soltanto nelle controversie devolute alla giurisdizione equitativa del giudice di pace e non si applica, quindi, nelle controversie di opposizione a ordinanza ingiunzione o a verbale di accertamento di violazioni del codice della strada, le quali, pur se di competenza del giudice di pace e di valore non superiore ai millecento euro, esigono il giudizio secondo diritto, ciò che giustifica la difesa tecnica e fa apparire ragionevole sul piano costituzionale l'esclusione del limite di liquidazione» (Cass. civ., sez. V, 5 maggio 2016, n. 8961; Cass. civ., sez. VI, 30 aprile 2015, n. 8806; Cass. civ., sez. II, 30 aprile 2014, n. 9556).

La difesa personale della parte che ha la qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore

Un'ulteriore deroga al principio della necessaria assistenza di un difensore è prevista dall'art. 86 c.p.c.

Tale norma regola la difesa personale della parte, stabilendo che quest'ultima, se è in possesso dei requisiti necessari per esercitare l'ufficio di difensore presso il giudice adito, può stare in giudizio personalmente, ossia senza nominare un difensore (il caso è quello dell'avvocato che agisca in giudizio per la tutela di un proprio diritto). La norma in esame si riferisce alla figura di avvocato legalmente esercente, ovvero all'avvocato iscritto nell'apposito albo del distretto della Corte di appello, nel quale si trova l'ufficio giudiziario adito, non essendo sufficiente, per essere considerato tale, la sola abilitazione all'esercizio della professione.

Nella tabella che segue si riassumono le fattispecie di rilievo sottoposte al vaglio della giurisprudenza di legittimità.

CASISTICA

Nel procedimento camerale ex art. 336 c.c., il curatore speciale del minore che rivesta anche la qualifica di avvocato può stare in giudizio senza il ministero di altro difensore ai sensi dell'art. 86 c.p.c., potendo cumulare le due qualifiche - che restano, comunque, distinte - e non avendo necessità del formale conferimento a se stesso della procura alle liti. Ne consegue che il compenso per l'attività difensiva svolta non può essergli negato a causa del mancato deposito della procura.

Cass. civ., sez. II, 3 gennaio 2019, n. 9

Nel caso in cui l'incarico di amministratore di sostegno sia conferito ad un avvocato, il giudice tutelare può autorizzarlo a stare in giudizio personalmente ex art. 86 c.p.c., senza necessità che egli debba rilasciare procura alle liti ad altro difensore.

Cass. civ., sez. I, 6 marzo 2019, n. 6518

La disciplina dell'art. 86 c.p.c. va coordinata, in caso di rappresentanza legale di una società di capitali da parte conferita ad un avvocato iscritto nell'albo speciale, con i principi dettati dal medesimo codice con riguardo alla sottoscrizione del ricorso per cassazione (art. 365 c.p.c.), a mente dei quali la procura speciale - ovvero l'atto che consenta di esercitare lo ius postulandi - va rilasciata successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata ed in data anteriore o contemporanea a quella della notificazione del ricorso.

Cass. civ., sez. II, 22 agosto 2002, n.12348

L'amministratore di un condominio, che sia anche abilitato all'esercizio della professione forense, può agire direttamente in giudizio per riscuotere i contributi condominiali, senza necessità di ulteriore procura.

Cass. civ., sez. III, 24 gennaio 1994, n. 691

Il curatore dell'eredità giacente iscritto all'albo dei procuratori ed avvocati presso il foro del giudice adito ha facoltà di costituirsi personalmente, quale difensore della curatela, cumulando le posizioni di parte e di difensore.

Cass. civ., sez. III, 22 dicembre 1998, n. 12784

Sul piano formale non sono richiesti oneri particolari. Non occorre, pertanto, rilasciare una procura a se stessi.

Infatti, la parte non deve necessariamente dichiarare di voler assumere la propria difesa, poiché tale volontà può desumersi dal fatto stesso che l'attività processuale sia svolta direttamente dalla parte che abbia o dichiari di avere le qualità necessarie per esercitare l'ufficio di difensore.

Ovviamente il procuratore di se stesso, essendo titolare della situazione sostanziale dedotta in giudizio, non incorre nella limitazione fissata dall'art. 84, comma 2, c.p.c. in tema di diritti indisponibili (Andrioli) e le sue dichiarazioni nel corso del giudizio hanno senz'altro valore confessorio, a differenza delle affermazioni del difensore nominato dalla parte che valgono come mere ammissioni (Satta).

Infine si segnala che comunque l'attività di difesa svolta dal soggetto abilitato all'esercizio della professione legale ed avente la qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore, anche se compiuta nel proprio interesse, dà diritto alla liquidazione delle spese e dei compensi professionali (Cass. civ., sez. VI, 18 febbraio2019, n. 4698).

In evidenza

Cass. civ., sez. VI, 21 gennaio 2019, n. 1518

Nei giudizi in cui è consentita alla parte la difesa personale, ex art. 82 c.p.c., è onere dell'interessato, che rivesta la qualità di avvocato, specificare a che titolo intenda partecipare al processo, poiché (a prescindere dal profilo fiscale), mentre la parte che sta in giudizio personalmente non può chiedere che il rimborso delle spese vive sopportate, il legale, ove manifesti, appunto, l'intenzione di operare come difensore di sé medesimo ex art. 86 c.p.c., ha diritto alla liquidazione delle spese secondo la tariffa professionale.

La difesa personale nei giudizi in materia lavoro

L'art. 417, comma 1, c.p.c. individua un limite di valore della causa soggetta al rito del lavoro, pari a 129,11 euro, al di sotto del quale, in primo grado, qualunque parte può stare in giudizio personalmente, senza il patrocinio di un difensore. A tal fine non occorre alcuna autorizzazione da parte del giudice.

La facoltà è concessa sia all'attore che al convenuto, i quali in caso di costituzione personale non devono dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune in cui ha sede il giudice adito (Luiso, 123; Tarzia, 129; Tedoldi, 1548). Questa è l'unica ipotesi in cui è consentita la difesa personale dinanzi ad un giudice professionale, che è ammessa solo dinanzi al giudice di pace, nei limiti di cui all'art. 82 (Luiso, 43). Tuttavia è necessario che la parte che decide di non avvalersi della difesa tecnica rispetti le modalità di proposizione della domanda di cui all'art. 414 c.p.c. (se attore) e di costituzione previste dall'art. 416 c.p.c. (se convenuto).

Ai sensi del terzo comma dell'art. 417 c.p.c., il solo attore può proporre la domanda anche verbalmente dinanzi al giudice che ne fa redigere processo verbale. In tal caso il processo verbale e, nel caso di domanda proposta in forma scritta, il ricorso, vengono notificati, unitamente al decreto di fissazione di udienza, sia all'attore che al convenuto, a cura della cancelleria e nel rispetto dei termini previsti dall'art. 415. Peraltro, ai sensi del quinto comma, ogni altra notificazione di atti o memorie che deve essere effettuata nel corso del giudizio alla parte costituita personalmente, avviene a cura dell'ufficio (Luiso, Il processo, 123; Tedoldi, 1548).

La facoltà concessa all'attore di proporre la domanda verbalmente ha suscitato perplessità, sia per la disparità rispetto al convenuto, al quale non è attribuita analoga facoltà nel costituirsi, sia per motivi di possibile incompatibilità del giudice che ha assistito l'attore nella redazione del verbale in cui si propone la domanda (Luiso, Il processo, 123; Tarzia, 130; Tedoldi, 1548).

In ogni caso la norma in esame, come da sempre sottolineato, nella pratica è rimasta quasi del tutto disapplicata (Luiso, Il processo, 123; Tedoldi, 1548).

Si segnala come la giurisprudenza abbia escluso che la parte possa stare in giudizio personalmente, nelle controversie relative alla legittimità di una sanzione disciplinare, poiché la relativa domanda, anche se la perdita pecuniaria derivante dall'irrogazione della sanzione è quantificabile nei limiti di cui alla norma in esame, deve comunque considerarsi di valore indeterminabile, investendo il più ampio diritto alla legittimità della sanzione, che non è limitato alle conseguenze economiche (Cass. civ., sez. lav., 21 maggio 1986 n. 3385).

È opportuno, altresì, segnalare la risalente pronunzia con la quale si è affermato che la notificazione al convenuto del processo verbale in cui è documentata la domanda proposta oralmente, è validamente sostituita dalla comparizione personale di entrambe le parti per la verbalizzazione delle rispettive domande e difese (Cass. civ., sez. lav., 11 maggio 1978 n. 2316).

Giova segnalare infine che l'art. 447-bis c.p.c. richiama tra le norme applicabili al rito locatizio anche l'art. 417 c.p.c. L'art. 417 c.p.c. viene ritenuto applicabile anche nelle cause di previdenza e assistenza obbligatorie (442 c.p.c.).

La costituzione delle pubbliche amministrazioni a mezzo di propri dipendenti

L'art. 417-bis c.p.c. configura una fattispecie particolare di difesa personale, prevista al fine di semplificare e ridurre il lavoro dell'Avvocatura dello Stato. La norma in esame distingue tra amministrazioni statali o ad esse equiparate e tutte le altre amministrazioni pubbliche. Queste ultime, a seguito della modifica apportata dal d.lgs. 29 ottobre 1998 n. 387, nelle controversie di lavoro possono stare in giudizio costituendosi direttamente attraverso i propri dipendenti, anche se questi non hanno qualifica di funzionari ed anche se non sono muniti di mandato generale o speciale, mentre per le amministrazioni statali e ad esse equiparate ciò è possibile solo se l'Avvocatura dello Stato competente per territorio non scelga di assumere la trattazione della causa, nel caso in cui sussistano questioni di massima oppure aventi notevoli riflessi economici, dando in tal caso le comunicazioni previste dal secondo comma. Nel caso in cui, invece, l'Avvocatura decida di non assumere direttamente la difesa, immediatamente e non oltre sette giorni dalla notifica degli atti introduttivi, trasmette gli stessi all'amministrazione interessata perché possa costituirsi direttamente attraverso i propri dipendenti (Tesoriere, 388), ovvero rivolgersi alla stessa Avvocatura, ovvero ad un libero professionista (Tarzia, 133). Oltre a non essere necessario alcun mandato, si ritiene che non sussistano limiti territoriali all'esercizio della difesa da parte del dipendente (Corea, 824).

In ogni caso, si ritiene che la norma in esame sia applicabile quando l'ente è convenuto, ma anche se l'amministrazione pubblica è parte attrice; in tal caso il ricorso può essere redatto e sottoscritto da un dipendente e notificato su istanza dello stesso (Tarzia, 133; Tedoldi, 1548).

La difesa attraverso il dipendente è possibile solo nel giudizio di primo grado.

Deve osservarsi che la rappresentanza e difesa in giudizio delle amministrazioni pubbliche da parte dei propri dipendenti non è una novità assoluta in quanto già sperimentata nel nostro ordinamento in altri settori come quello del contenzioso tributario (art. 11 del d.lgs. n. 546/92) o delle opposizioni a sanzioni amministrative (art. 23, comma 4 l. n. 689/81). Inoltre già il regio decreto 30 ottobre 1933 n. 1611 (T.U. delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato) prevedeva due ipotesi di difesa in giudizio delle amministrazioni dello Stato mediante propri funzionari: 1) l'art. 2 la facoltà per l'Avvocatura dello Stato di delega in favore di funzionari nei giudizi che si svolgono fuori dalla sede dell'Avvocatura medesima; 2) l'art. 3 la possibilità di essere rappresentate da propri funzionari innanzi alle preture e agli uffici di conciliazione “intesa l'Avvocatura dello Stato”.

Ad ogni modo il sistema di difesa delle amministrazioni pubbliche delineato dall'art.417-bis c.p.c. ha incontrato in dottrina numerose critiche, perplessità, nonché dubbi di legittimità costituzionale.

La giurisprudenza di merito ha affermato che ai fini dell'art. 417-bis c.p.c. non è necessario che i dipendenti che stanno in giudizio siano funzionari e siano muniti di mandato speciale o generale (Trib. Roma, 15 aprile 2000).

La giurisprudenza di merito è anche orientata prevalentemente nel senso che la costituzione della pubblica amministrazione a mezzo di un proprio dipendente è possibile anche nel procedimento di reclamo cautelare (Trib. Belluno, 22 ottobre 2002; Trib. Caltanissetta, 23 agosto 2001; Trib. Roma, 15 aprile 2000).

Inoltre la giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. lav., 2 settembre 2016, n. 17532; Cass. civ., sez. lav., 30 gennaio 2009, n. 2528) ha ritenuto che se l'amministrazione dello stato si costituisce a mezzo dei propri dipendenti, la notificazione della sentenza di primo grado, finalizzata alla decorrenza del termine breve per l'impugnazione, deve essere effettuata all'amministrazione ed è irrilevante la notificazione effettuata all'Avvocatura dello Stato. Tuttavia, è stata considerata nulla, e non inesistente, la notifica del ricorso per cassazione eseguita, anziché nella sede dell'amministrazione costituita in giudizio per mezzo di un suo funzionario, presso l'Avvocatura dello Stato (Cass. civ., sez. II, 19 luglio 2006, n. 16573).

Si segnala inoltre come la norma in esame non faccia venir meno la norma generale dell'art. 25 c.p.c., per la quale nelle controversie che investono la pubblica amministrazione è competente per territorio il giudice del luogo dove ha sede l'Avvocatura dello Stato (Pret. Napoli, 3 febbraio 1999).

In evidenza

Cass. civ., sez. lav., 9aprile 2019, n. 9878

L'art. 152-bis disp. att. c.p.c., introdotto dall'art. 4, comma42, della l. n. 183/2011, nella parte in cui prevede la liquidazione delle spese processuali a favore delle pubbliche amministrazioni assistite in giudizio da propri dipendenti, in misura pari al compenso spettante agli avvocati ridotto del venti per cento, si applica non soltanto alle controversie relative ai rapporti di lavoro ex art. 417-bis c.p.c., ma anche ai giudizi per prestazioni assistenziali in cui l'Inps si avvalga della difesa diretta ex art. 10, comma 6, del d.l. n. 203/2005, conv., con modif., dalla l. n. 248/2005, in quanto le due disposizioni sono accomunate dalla finalità di migliorare il coordinamento e la gestione del contenzioso da parte delle amministrazioni nei gradi di merito, affidando l'attività di difesa nei giudizi in modo sistematico a propri dipendenti.

Riferimenti
  • Corea, sub artt. 413-432, in Comm. Vaccarella, Verde, Agg., II, Torino, 2001
  • Luiso, Il processo del lavoro, Torino, 1992;
  • Luiso, Diritto processuale civile, IV, 5ª ed., Milano, 2009;
  • Tarzia, Manuale del processo del lavoro, 5ª ed., Milano, 2008;
  • Tedoldi, Appunti sul processo del lavoro, in GI, 2002;
  • Tesoriere, Diritto processuale del lavoro, 4ª ed., Padova, 2004.
Sommario