In assenza di prova contraria il comodato di immobile è precario e la casa va restituita dietro semplice richiesta del comodante

Edoardo Valentino
08 Novembre 2019

Il Tribunale di Torino ha sottolineato che non vi è alcuna necessità di forma scritta al fine del perfezionamento di un contratto di comodato avente ad oggetto un immobile, essendo a tutti gli effetti ammissibile anche la conclusione mediante comportamenti concludenti. Spetta, tuttavia, al comodatario la prova in merito alla qualificazione della durata del rapporto in quanto, ai fini del riconoscimento del comodato vita natural durante, occorre la prova della volontà del comodante in tal senso; in caso contrario, o di mancato raggiungimento della prova, allora il comodato è definibile “precario” e seguirà la disciplina dettata dall'art. 1810 c.c.
Massima

La prova della natura del contratto di comodato, vita natural durante, invece che precario, incombe sul comodatario, il quale deve fornirla laddove il comodante la richieda.

Il caso

A seguito della separazione coniugale, la moglie prendeva abitazione presso una casa di proprietà del marito, ma detenuta giusto contratto di locazione dalla figlia della coppia.

A seguito di un periodo di convivenza, la figlia abbandonava l'immobile, che rimaneva nel solo possesso materno.

Il marito tollerava tale situazione e lasciava l'immobile nella disponibilità della moglie, confidando in una riconciliazione.

In particolare, la moglie non corrispondeva alcunché a titolo di canone di locazione e la sua occupazione prendeva i connotati del comodato.

Dopo svariati anni di separazione, tuttavia, il marito reclamava l'immobile dalla consorte, la quale rifiutava la restituzione, affermando di avere il diritto di risiedervi in comodato per tutta la durata della propria vita.

Alla luce del rifiuto della moglie, il marito si vedeva costretto ad agire giudizialmente al fine di recuperare l'immobile, affermando come il contratto vigente tra le parti fosse un comodato precario, revocabile in ogni momento dal comodante.

Costituendosi in giudizio, la convenuta contestava non tanto il presupposto di fatto, quanto la qualificazione in diritto presentata dal marito rispetto alla controversia.

In buona sostanza, a detta della moglie, sarebbe stato il marito a dovere provare che il contratto in vigore fosse un contratto precario e, di conseguenza, come la domanda attorea fosse da rigettare in quanto la controparte non aveva dato prova di un effettivo bisogno dell'immobile ai sensi dell'art. 1809 c.c.

La questione

La sentenza in commento vede una duplice tipologia di interrogativi, entrambi aventi oggetto il contratto di comodato di immobile.

In prima battuta, la sentenza delinea la questione relativa alla forma necessaria per la validità del contratto di comodato e, principalmente, il giudice delinea la disciplina relativa all'onere probatorio in merito al comodato vita natural durante.

Sebbene il comodato sia un'unica tipologia contrattuale, le sue caratteristiche possono differenziarsi grandemente e costituire oggetto di controversia tra comodante e comodatario.

Partendo dalla disciplina generale, si sottolinea come il comodato appartenga al novero dei c.d. contratti tipici, ossia quelli la cui forma, standardizzata, è codificata positivamente dalla legge italiana.

Il codice civile descrive all'art. 1803 c.c. il comodato come “il contratto col quale una parte consegna all'altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l'obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta”, aggiungendo che “il comodato è essenzialmente gratuito”.

Nel caso oggetto del giudizio, il contratto vigente tra i coniugi era pacificamente un comodato di immobile ad uso abitativo.

La differente interpretazione dell'accordo, tuttavia, era nella qualificazione dello stesso in quanto laddove la moglie identificava il contratto come un comodato vita natural durante, il marito lo intendeva come un comodato precario.

La differenza, che pare secondaria, è invece sostanziale.

Laddove, infatti, il comodato vita natural durante è un rapporto, naturalmente gratuito, che si esaurisce all'estinguersi della vita del comodatario, il comodato precario non ha per sua natura la determinazione aprioristica di una durata e dura sino a quando il comodante non richiede indietro il bene al suo detentore.

A detta della convenuta, stante la sua tesi riguardante la sussistenza del comodato vita natural durante, sarebbe stato il marito a dover provare la sussistenza di un effettivo bisogno, caratterizzato da connotati di urgenza e non prevedibilità, che avrebbe potuto permettergli di interrompere il rapporto ed ottenere la restituzione del bene.

L'art. 1809 c.c. afferma, infatti, che: “Il comodatario è obbligato a restituire la cosa alla scadenza del termine convenuto o, in mancanza di termine, quando se ne è servito in conformità del contratto. Se però, durante il termine convenuto o prima che il comodatario abbia cessato di servirsi della cosa, sopravviene un urgente e impreveduto bisogno al comodante, questi può esigerne la restituzione immediata”.

La tesi dell'attore, invece, era fondata sulla convinzione che il comodato oggetto di causa non fosse stato stabilito come vita natural durante, ma piuttosto precario, ai sensi dell'art. 1810 c.c., e che spettasse alla moglie dare prova del contrario.

Il comodato precario, difatti, prevede che: “Se non è stato convenuto un termine né questo risulta dall'uso a cui la cosa doveva essere destinata, il comodatario è tenuto a restituirla non appena il comodante la richiede” (art. 1810 c.c.).

Il punto focale della questione, quindi, risulta essere a chi incomba provare la tipologia del contratto di comodato vigente.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Torino, con la sentenza oggetto del presente commento, accoglie la tesi dell'attore.

Il giudice, in buona sostanza, riconosce che il contratto in oggetto fosse ascrivibile al novero dei comodati precari e quindi che avesse ragione il marito a pretendere il bene a semplice richiesta.

Non incombeva, quindi, sull'attore l'onere di provare la urgenza e necessità della restituzione, come invocato dalla moglie, bensì incombeva sulla convenuta l'onere di provare che il comodato fosse vita natural durante.

Per effetto di questa decisione il giudice condannava la convenuta non solo a restituire l'immobile oggetto di causa, ma anche a corrispondere all'attore una somma a titolo di rimborso per l'illecita occupazione dell'appartamento, a partire dalla prima richiesta dell'attore, alla quale sarebbe dovuta seguire la puntuale restituzione del bene.

Osservazioni

Da un lato, infatti, è necessario principiare dall'assunto che il contratto di comodato sia a forma assolutamente libera.

Anche trattandosi di comodato ultraventennale o immobiliare, difatti, detto contratto non soggiace ad alcun vincolo di forma e per l'effetto può essere stipulato oralmente o, come nel caso oggetto di causa, anche solo per facta concludentia.

Sintetizza bene il decidente quando afferma che “per il perfezionamento del contratto di comodato, non essendo necessaria forma scritta, è sufficiente anche un comportamento concludente, il quale non deve rivestire forme solenni, né richiedere materialmente la consegna della cosa da parte del comodante, potendo anche consistere nel semplice mutamento del titolo nella detenzione, ove la cosa sia già detenuta dal comodatario”.

In merito alla prova, poi, è chiaro come il codice civile privilegi la tesi attorea, dato che la succitata formulazione dell'art. 1810 c.c. afferma che, salvo prova contraria, se non viene convenuto un termine allora il comodato si presuppone come precario e il comodatario deve restituire il bene al comodante a sua semplice richiesta.

Tale argomento è confermato, a contrario, da una sentenza di legittimità (Cass. civ., sez. un., 29 settembre 2014, n.20448), nella quale si legge che “Il comodato di un immobile che sia stato pattuito per la destinazione di esso a soddisfare le esigenze abitative della famiglia del comodatario, da intendersi in tal caso “anche nelle sue potenzialità di espansione”, va ricondotto al regime contrattuale di cui all'art. 1809 c.c. che concerne il comodato sorto con la consegna della cosa per un tempo determinato o per un uso che consente di stabilire la scadenza contrattuale. Esso è caratterizzato dalla facoltà del comodante di esigere la restituzione immediata solo in caso di sopravvenienza di un urgente ed imprevisto bisogno”.

Detta decisione comprova che, al fine di qualificare il comodato come diverso dal precario, occorre una diversa pattuizione.

Si può quindi affermare che, stante l'esigenza probatoria, la forma scritta non sia tanto necessaria ad substantiam, quanto consigliabile ad probationem.

Il comodatario vita natural durante, infatti, dovrà essere in grado di fornire prova dell'esistenza del contratto nell'accezione descritta dall'art. 1809 c.c., per evitare di ricadere nel caso del comodato precario ex art. 1810 c.c.

La sentenza, quindi, appare condivisibile.

Guida all'approfondimento

De Tilla, La durata del contratto di comodato, in Riv. giur. edil., 2011, fasc. 4, 898

Frivoli, Nel comodato la mancata registrazione consente la riconsegna dell'immobile in favore del proprietario, in Condominioelocazione.it, 30 novembre 2018

Mendicino, Il comodato con finalità di tutela delle esigenze abitative familiari, la crisi familiare ed il recesso ad nutum, in Diritto & giustizia, 2019, fasc. 153, 4

Merello, Affectiofamiliaris ed opponibilità del diritto al godimento della casa familiare, in Dir. famiglia e delle persone (Il), dicembre 2017, fasc.4, 1371

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