Diniego dell'esecuzione ex art. 46 reg. (UE) n. 1215/2012, sospensione ex art. 51 e disciplina processuale interna

Giuseppe Fiengo
12 Novembre 2019

Il tribunale di Milano ha risposto alle seguenti domande: in quale sede e con quali forme è possibile, in Italia, proporre una domanda di diniego dell'esecuzione ai sensi dell'art. 46 del reg. (UE) n. 1215/2012? La sospensione del giudizio di diniego dell'esecuzione produce effetti anche sul procedimento di esecuzione?
Massima

Ove sia già stato notificato il precetto, il diniego dell'esecuzione ai sensi dell'art. 46, reg. (UE) n. 1215/2012 deve essere proposto mediante opposizione a precetto da trattare nelle forme del rito sommario di cognizione ex artt. 702-bis ss. c.p.c.

Non può, in un caso come quello concreto, essere concessa la sospensione del giudizio di diniego ai sensi dell'art. 51 del reg. (UE) n. 1215/2012, atteso che tale sospensione non pregiudica la possibilità per il creditore di procedere in via esecutiva e stante la diversità di oggetto del giudizio di impugnazione nello Stato d'origine e del giudizio di diniego dell'esecuzione.

Il caso

La X s.r.l. propone, con citazione, opposizione avverso il precetto con il quale la società di diritto straniero Y N.V., sulla base di una decisione del Tribunale di Amsterdam del 14.02.2018 munita del certificato previsto dall'art. 53 del reg. (UE) n. 1215/2012, le ha intimato il pagamento di euro 729.928,10 oltre spese a fronte dell'accertato inadempimento del contratto concluso tra le parti. X s.r.l. chiede l'accertamento dei motivi ostativi al riconoscimento ed all'esecuzione ai sensi degli artt. 45 e 46 del medesimo regolamento deducendo: - di avere, in relazione al medesimo rapporto contrattuale, promosso, avanti al Tribunale di Milano, un giudizio teso ad accertare il corretto adempimento delle proprie obbligazioni e ad ottenere la condanna della controparte al pagamento del pattuito corrispettivo; - che il tribunale di Milano, disposto, su iniziativa dell'attrice, accertamento tecnico preventivo sui beni realizzati da X s.r.l., ha sospeso, ai sensi dell'art. 29 del reg. (UE) n. 1215/2012, il giudizio ordinario, rilevando la previa instaurazione del procedimento avanti al giudice olandese, senza sospendere il procedimento instaurato ai sensi dell'art. 699 c.p.c.; - che il consulente nominato dal Tribunale di Milano ha escluso la gravità dei vizi della fornitura e la sussistenza dei presupposti per la risoluzione del contratto; - di avere quindi impugnato la decisione sulla base della quale è stato notificato il precetto; - che il giudizio di appello è ancora pendente.

X s.r.l. deduce quindi la violazione dell'art. 45, lett. a) del regolamento Bruxelles Ibis (lamentando la lesione del proprio diritto di difesa in conseguenza della decisione assunta dal giudice straniero senza attendere l'esito del procedimento di istruzione preventiva del quale era stato informato) e la violazione dell'art. 45, lett. c) del medesimo regolamento (stante il contrasto tra l'accertamento relativo alla gravità dei vizi contenuto nella sentenza olandese e le conclusioni rassegnate dal consulente nominato dal Tribunale meneghino).

La questione

In quale sede e con quali forme è possibile, in Italia, proporre una domanda di diniego dell'esecuzione ai sensi dell'art. 46 del reg. (UE) n. 1215/2012?

La sospensione del giudizio di diniego dell'esecuzione produce effetti anche sul procedimento di esecuzione?

Le soluzioni giuridiche

Il tribunale di Milano, rigettata l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo, dispone il mutamento del rito ai sensi dell'art. 183-bis c.p.c. avuto riguardo alla natura documentale della controversia ed alla previsione dell'art. 48 del regolamento Bruxelles Ibis.

Risolta positivamente la questione relativa alla proponibilità dell'istanza di diniego della esecuzione della decisione nelle forme dell'opposizione a precetto (senza necessità, a tale fine, di instaurare autonomo giudizio di accertamento della ricorrenza di uno dei motivi previsti dall'art. 45), il tribunale esclude la ricorrenza in concreto anche dei presupposti della sospensione disciplinata all'art. 51 del regolamento. Richiamato il generale favor per la circolazione delle decisioni risultante dalla complessiva disciplina posta dal regolamento Bruxelles Ibis, il giudice milanese ritiene in particolare non “utile” la sospensione del giudizio in ragione della mera pendenza dell'appello avverso la decisione in forza della quale è stato notificato il precetto opposto. Potendo infatti la decisione di primo grado adeguatamente certificata circolare anche in pendenza di gravame, deve ritenersi esistente tanto l'interesse della debitrice ad un celere accertamento dei presupposti del diniego dell'esecuzione, quanto l'interesse della creditrice ad ottenere l'accertamento della insussistenza di tali presupposti. Del resto, prosegue il provvedimento che si annota, stante la diversità dell'oggetto e dei rispettivi limiti, il giudizio promosso ai sensi dell'art. 46 nello Stato richiesto ed il giudizio di impugnazione promosso innanzi al giudice dello Stato d'origine «non sembrano porsi, almeno in linea di principio, su un piano di reciproca interferenza»; il primo, infatti, non potrà estendersi all'esame del merito della decisione (esame invece riservato al secondo). Ferma la diversità di oggetto, l'eventuale accoglimento (totale o parziale) dell'impugnazione da parte del giudice dello Stato d'origine potrà del resto esser fatta valere in sede di esecuzione nello Stato richiesto, dovendo il giudice dell'esecuzione italiano, anche d'ufficio, verificare l'idoneità del titolo esecutivo giudiziale a fondare l'esecuzione.

Infine, il provvedimento che si annota esclude la ricorrenza dei dedotti presupposti previsti alle lettere a) e c) dell'art. 45 del reg. (UE) n. 1215/2012. Con riferimento alla prima lettera, in particolare, il Tribunale esclude che la mancata acquisizione da parte del giudice olandese della relazione depositata in sede di accertamento tecnico preventivo e la mancanza di motivazione su tale profilo, integri una manifesta violazione dell'ordine pubblico. Non solo, infatti, anche nell'ordinamento italiano, il diritto alla prova «non può essere inteso come diritto della parte a vedere indiscriminatamente accolta ogni istanza istruttoria, dovendo l'ammissibilità e rilevanza della prova essere oggetto di vaglio da parte del giudice istruttore», ferma la facoltà di gravame, ma, anche, la consulenza tecnica d'ufficio non può considerarsi un mezzo di prova.

Esclusa anche la ricorrenza del motivo previsto all'art. 45, lett. c), non potendo l'accertamento tecnico preventivo (e la relazione in tale sede depositata dal consulente) considerarsi “decisione” ai sensi del regolamento, il tribunale rigetta quindi l'opposizione a precetto.

Osservazioni

Il provvedimento che si annota, che costituisce una delle prime decisioni italiane in materia di circolazione delle decisioni nel regime del regolamento Bruxelles Ibis, offre numerosi, interessanti spunti su questioni controverse relative al giudizio di diniego dell'esecuzione.

Mediante la conversione del rito (da cognizione ordinaria a sommario di cognizione), il Tribunale di Milano prende, innanzitutto, netta posizione sulla disciplina processuale interna meglio in grado di rispettare la norma regolamentare (art. 48) che richiede una decisione “senza indugio”. La condivisibile soluzione, sostenuta peraltro in modo sostanzialmente unanime dalla dottrina (Carbone – Tuo, 343; D'Alessandro, 338; Salerno, 384), rischia tuttavia di creare qualche inconveniente – come si dirà – nel caso in cui il giudice debba pronunciare la sospensione ai sensi dell'art. 51 del medesimo regolamento.

Meno univoca è stata la posizione della dottrina con riferimento alla sede nella quale deve esser proposta la domanda di diniego dell'esecuzione.

A fronte della soluzione per la quale l'accertamento dei motivi di diniego del riconoscimento e dell'esecuzione ex artt. 45 e 46 nel nostro ordinamento dovrebbe configurarsi come unitario (quanto alla procedura da seguire ed all'autorità che ne deve essere investita) autonomo e sganciato dal processo esecutivo, sì che i motivi previsti dall'art. 45 (richiamato anche dal 46) non potrebbero farsi valere in sede di opposizione all'esecuzione (Carbone-Tuo, 346 ss., cui si rinvia per l'articolata motivazione della tesi), altri autori (D'Alessandro, 338 ss.; Salerno, 379 ss.) hanno invece ritenuto che, ove vi sia stata la notifica (almeno) del precetto (e, chiaramente, del titolo munito del certificato rilasciato ai sensi dell'art. 53 del regolamento), la domanda di diniego dell'esecuzione debba essere proposta in sede di opposizione all'esecuzione. Tale soluzione, accolta anche dal provvedimento che si annota, risulta preferibile non solo perché maggiormente rispettosa del (pur non vincolante) considerando 30 del regolamento (il quale non ha riguardo al giudizio di riconoscimento), ma, anche, perché, in difetto di espressa preclusione, meglio in grado di rispettare esigenze di economia processuale e di coordinamento tra la domanda di diniego dell'esecuzione e quella di opposizione all'esecuzione tradizionalmente intesa.

Assai interessante risulta anche la decisione resa con riferimento all'art. 51 del regolamento; norma – si anticipa – non poco problematica e rispetto alla quale è stato formulato l'auspicio di interventi chiarificatori da parte della Corte di giustizia (tra gli altri, Fitchen, 13.459).

Il Tribunale rileva d'ufficio la questione relativa alla applicabilità di tale norma. Una simile soluzione appare conforme alla lettera della disposizione, pur non essendo mancato chi (Salerno, 409-410), autorevolmente, ha ritenuto necessaria l'istanza della parte debitrice sulla base di una lettura congiunta degli artt. 51 e 44 del regolamento.

Proprio la possibilità (o meno) di procedere ad una simile, combinata lettura pare destinata ad assumere un ruolo decisivo in ordine alla concreta portata applicativa dell'art. 51. Ove di tale disposizione si offra un'interpretazione autonoma rispetto all'art. 44 (ciò che risulta del tutto legittimo avuto riguardo alla lettera del regolamento), infatti, la sospensione del giudizio di diniego dell'esecuzione risulterebbe addirittura pregiudizievole per il debitore, il quale vedrebbe temporaneamente precluso l'esame dei motivi ostativi proposti ai sensi degli artt. 46 e 45, ferma la possibilità per il creditore di procedere sulla base di un titolo la cui esecutività resterebbe intatta (non a caso, il provvedimento del Tribunale di Milano che si annota ha escluso il provvedimento ex art. 51 anche in considerazione di un simile argomento che, fermo l'espresso riferimento della decisione al caso concreto, pare in verità suscettibile di generalizzazione); una simile sospensione troverebbe quindi giustificazione solo in una prospettiva di economia processuale (consentendo di non procedere nel giudizio di diniego dell'esecuzione allorquando si ritenga che la decisione possa essere riformata all'esito del giudizio di impugnazione nello Stato d'origine).

La lettura combinata degli artt. 51 e 44 (proposta, tra gli altri, da Salerno, 408 ss., ma sui rapporti tra le due norme da ultimo citate si veda anche Fitchen, 13.451 ss.) risponderebbe invece ad una esigenza di tutela effettiva del debitore, consentendo di accompagnare alla sospensione del giudizio di diniego dell'esecuzione anche la sospensione dell'esecuzione. Non può peraltro sottacersi come dubbi potrebbero sorgere quanto alla compatibilità di una simile lettura con l'interpretazione restrittiva di tutte quelle disposizioni che, comportando un ritardo nell'esecuzione, si traducono in un possibile ostacolo alla circolazione delle decisioni (fortemente favorita dalla complessiva disciplina del regolamento Bruxelles Ibis).

Non poco problematica è, ancora, l'individuazione dell'iter logico che dovrebbe essere alla base della decisione giudiziale della sospensione qui in esame.

In modo estremamente succinto, basti pensare che la tesi secondo la quale il giudice dello Stato richiesto dovrebbe compiere una sommaria delibazione in chiave prognostica sia sulla fondatezza dei motivi di diniego dell'esecuzione, sia, soprattutto, sul contenuto della decisione estera sul gravame (Biavati, 194) potrebbe (in questo senso, Salerno, 408 ss.) contrastare con il generale divieto di riesame nel merito della decisione adottata nello Stato d'origine. L'autore da ultimo citato (in una prospettiva che pare coerente con la lettura combinata degli artt. 44 e 51) ha invece proposto di ancorare la decisione da adottare ai sensi dell'art. 51 ad un parametro di proporzionalità del danno paventato avendo tuttavia sempre presente la presunzione di favor sottesa al riconoscimento automatico della decisione straniera (Salerno, 409).

Da ultimo, deve segnalarsi come l'interprete sia chiamato a verificare anche quale norma nazionale consenta di pronunciare la sospensione ai sensi dell'art. 51 (essendo la questione lasciata dal regolamento ai legislatori nazionali).

Il mancato intervento del legislatore italiano sulla materia impone all'interprete di avvalersi degli strumenti processuali preesistenti (evidentemente elaborati per disciplinare situazioni diverse da quella qui in esame); strumenti potenzialmente diversi a seconda che il diniego dell'esecuzione sia proposto in sede di opposizione pre-esecutiva (art. 615, comma 1, c.p.c.) ovvero di opposizione all'esecuzione (art. 615, comma 2, c.p.c.) ed a seconda che dell'art. 51 si offra una lettura autonoma o meno rispetto all'art. 44 del regolamento.

Nel primo caso (art. 615, comma 1, c.p.c.) non peregrino potrebbe risultare il richiamo dell'art. 337, comma 2, c.p.c. la cui applicazione richiede, secondo la costante giurisprudenza di legittimità «un'espressa valutazione di plausibile controvertibilità della decisione di cui venga invocata l'autorità in quel processo, sulla base di un confronto tra la decisione stessa e la critica che ne è stata fatta. Ne consegue che la sospensione discrezionale in parola è ammessa ove il giudice del secondo giudizio motivi esplicitamente le ragioni per le quali non intende riconoscere l'autorità della prima sentenza, già intervenuta sulla questione ritenuta pregiudicante, chiarendo perché non ne condivide il merito o le ragioni giustificatrici» (Cass. civ., sez. VI-3, ord., 29 maggio 2019, n. 14738). Peraltro una simile soluzione richiederebbe la scelta del rito di cognizione ordinaria, avendo la Suprema Corte escluso la possibilità di applicare la norma da ultimo citata in sede di cognizione sommaria (Cass. civ., sez. VI-3, ord., 27 ottobre 2015, n. 21914; Cass. civ., sez. VI-3, ord., 24 ottobre 2014, n. 22605; Cass. civ., sez. VI-3, ord., 2 gennaio 2012, n. 3) e, pertanto, sarebbe non del tutto compatibile con la necessità di decidere il giudizio “senza indugio” (art. 48 del regolamento). La decisione eventualmente assunta ai sensi dell'art. 337, comma 2, c.p.c. sarebbe infine impugnabile con regolamento di competenza (da ultimo, Cass. civ., sez. VI-L, ord., 24 maggio 2019, n. 14337).

In caso di diniego dell'esecuzione proposto mediante opposizione ex art. 615, comma 2, c.p.c., invece, ove si propenda per una lettura dell'art. 51 del regolamento disgiunta dall'art. 44 il giudice dell'esecuzione non dovrebbe adottare alcun provvedimento sulla (per assunto non concedibile) sospensione dell'esecuzione, ma dovrebbe limitarsi ad assegnare i termini per l'introduzione della fase di merito del giudizio oppositivo (nella quale, solo, potrebbe essere pronunciata la sospensione ai sensi dell'art. 337, comma 2, c.p.c.).

Propendendo per una lettura combinata degli artt. 51 e 44 del regolamento, invece, già in fase camerale il giudice dell'esecuzione sarebbe chiamato ad adottare un provvedimento sulla sospensione (art. 624 c.p.c.); provvedimento suscettibile di reclamo ai sensi dell'art. 624, comma 2, c.p.c.

Guida all'approfondimento
  • Biavati, L'esecutorietà delle decisioni nell'Unione europea alla luce del reg. UE n. 1215/2012, in Il processo esecutivo. Liber amicorum Romano Vaccarella, Torino, 2014, 189 ss.;
  • Carbone – Tuo, Il nuovo spazio giudiziario europeo in materia civile e commerciale. Il regolamento UE n. 1215/2012, Torino, 2016;
  • D'Alessandro, Il titolo esecutivo europeo nel sistema del regolamento 1215/2012, in Besso, Frus, Rampazzi, Ronco, Trasformazioni del processo civile. Dalla l. 69/2009 al d. d. l. delega 10 febbraio 2015, Bologna, 2015, 321 ss.;
  • Fitchen, Article 51, in Dickinson, Lein, The Brussels I Regulation Recast, 2015, 13.449 ss.;
  • Salerno, Giurisdizione ed efficacia delle decisioni straniere nel Regolamento (UE) n. 1215/2012, Padova, 2015.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario