Impugnazione dei provvedimenti in materia di registro dei protesti

Sergio Matteini Chiari
13 Novembre 2019

Il d.lgs. n. 150/2011 contiene disposizioni complementari al codice di procedura civile, dettando disciplina processuale per varie materie speciali, regolamentando i relativi itinera nella sede giudiziale secondo i riti base del codice, quello lavoristico, quello sommario e quello ordinario. Al rito lavoristico è ricondotta la trattazione delle impugnazioni dei provvedimenti in materia di registro dei protesti
Inquadramento

Il d.lgs. n. 150/2011 contiene disposizioni complementari al codice di procedura civile, dettando disciplina processuale per varie materie speciali, regolamentando i relativi itinera nella sede giudiziale secondo i riti base del codice, quello lavoristico, quello sommario e quello ordinario.

Al rito lavoristico è ricondotta (art. 12 d.lgs. citato) la trattazione delle impugnazioni dei provvedimenti in materia di registro dei protesti, prevista dalla legge 12 febbraio 1955, n. 77 e succ. modif.

A tale oggetto è dedicata la «bussola», con le necessarie premesse in punto di protesti (natura, presupposti e finalità) e di soggetti legittimati alle relative levata e registrazione e con spazi riservati alla trattazione dei casi di levate di protesti illegittime.

Protesti. Presupposti, natura e finalità

Il protesto è l'atto pubblico, redatto da un pubblico ufficiale abilitato (notaio o ufficiale giudiziario o segretario comunale nei Comuni in cui non vi siano sedi notarili), con cui viene fatto constatare il mancato pagamento della somma recata da un assegno o da un vaglia cambiario o la mancata accettazione di una cambiale-tratta.

A tale funzione si affianca quella ulteriore, garantita dalla successiva pubblicazione del protesto, di attestare formalmente e pubblicamente il mancato pagamento da parte del debitore, anche al fine di far conoscere la situazione di difficoltà finanziaria in cui quest'ultimo versa. ;

La levata del protesto ha, inoltre, la specifica funzione di rendere possibile l'azione di regresso nei confronti del girante e degli altri obbligati.

Il protesto di assegni è regolato dagli artt. 60 e ss. del R.d. 21 dicembre 1933, n. 1736 e succ. modif., mentre il protesto delle cambiali è disciplinato dagli artt. 68 e ss. del R.d. 14 dicembre 1933, n. 1669 e succ. modif.

Pubblicazione dei protesti nel registro informatico

Sino all'entrata in vigore (17/11/2000) del d.m. 9 agosto 2000, n. 316 (Regolamento recante le modalità di attuazione del registro informatico dei protesti, a norma dell'art. 3-bis del d.l. 18 settembre 1995, n. 381, convertito con modificazioni nella legge 15 novembre 1995, n. 480), la pubblicazione dei protesti avveniva su apposito bollettino cartaceo.

Dalla suddetta data è subentrato il registro informatico.

Tale registro è tenuto dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (in seguito: C.C.I.A.A.), «in modo da assicurare completezza, organicità e tempestività dell'informazione su tutto il territorio nazionale».

L'art. 3-bis l. cit. detta che la notizia di ciascun protesto levato è conservata nel registro informatico fino alla sua cancellazione, effettuata ai sensi dell'art. 4 della legge 12 febbraio 1955, n. 77 e succ. modif. oppure, in mancanza di tale cancellazione, per cinque anni dalla data della registrazione.

A norma dell'art. 5 del d.m. n. 316/2000, i pubblici ufficiali abilitati redigono, su supporto cartaceo o informatico ed a scadenze predeterminate, l'elenco dei protesti da essi levati ed allo stesso modo devono provvedere i «procuratori dell'ufficio del registro» (ora: i funzionari dell'Agenzia delle Entrate preposti al relativo ufficio) per i rifiuti di pagamento da essi registrati.

Gli elenchi devono contenere le indicazioni di cui all'art. 5 d.m. cit. e devono essere redatti in base ad apposito modello, che è stato approvato con d.m. 23 febbraio 2001.

Gli elenchi devono essere trasmessi al presidente del Tribunale nel cui circondario i soggetti che li hanno redatti esercitano le loro funzioni e devono essere, altresì, trasmessi alla C.C.I.A.A. nella cui circoscrizione territoriale si trova il competente Tribunale.

Le C.C.I.A.A. devono, quindi, provvedere alla pubblicazione ufficiale dei suddetti elenchi mediante il registro informatico, secondo le norme del d.m. n. 316/2000.

Trattasi di incombenza demandata in esclusiva.

Cancellazione del nominativo del debitore dal registro dei protesti con riferimento a cambiali-tratte e vaglia cambiari

i) Ai sensi dell'art.4, comma 1,della legge 12 febbraio 1955, n. 77 e succ. modif., il debitore che, entro il termine di dodici mesi dalla levata del protesto, esegua il pagamento della cambiale o del vaglia cambiario protestati (nel citato comma della norma non si fa alcun riferimento agli assegni, in ordine a cui si veda appresso l'apposito paragrafo), nonché degli interessi maturati e delle spese per il protesto, per il precetto e per il processo esecutivo eventualmente promosso, ha diritto di ottenere la cancellazione del proprio nome dal registro informatico.

A tale scopo, l'interessato presenta al presidente della C.C.I.A.A. territorialmente competente una formale istanza, compilata secondo il modello allegato alla citata legge, corredata del titolo quietanzato e dell'atto di protesto o della dichiarazione di rifiuto del pagamento, nonché della quietanza relativa al versamento del diritto dovuto alla C.C.I.A.A., il cui importo, originariamente fissato in Lit. 15.000, è stato nel tempo accresciuto per rivalutazione annuale in base agli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.

ii) Ai sensi dell'art. 4, comma 2, l. cit., analoga istanza può essere presentata «da chiunque dimostri di aver subito levata di protesto, al proprio nome, illegittimamente od erroneamente, nonché dai pubblici ufficiali incaricati della levata del protesto o dalle aziende di credito, quando si è proceduto illegittimamente od erroneamente alla levata del protesto».

iii) Ai sensi del 3° comma della disposizione in esame, il responsabile dirigente dell'ufficio protesti deve provvedere sulle suddette istanze non oltre il termine di venti giorni dalla data di presentazione delle stesse, accogliendole laddove dia esito positivo l'accertamento della regolarità dell'adempimento o della sussistenza dell'illegittimità o dell'errore del protesto.

All'accoglimento deve fare seguito provvedimento di cancellazione del protesto, la cui esecuzione (cancellazione definitiva dal registro dei dati relativi al protesto, «che si considera, a tutti gli effetti, come mai avvenuto», da effettuare entro cinque giorni dalla pronuncia) deve essere curata dallo stesso decidente.

Laddove gli accertamenti di cui sopra diano esito negativo, le istanze di cancellazione devono essere respinte.

La cancellazione può avvenire anche a seguito di provvedimento dell'a.g. avente efficacia esecutiva e, comunque, trascorsi cinque anni dalla pubblicazione.

iv) Da ultimo, va ricordato che il debitore che provveda al pagamento dei titoli protestati oltre il termine di dodici mesi, non ha facoltà di chiedere la cancellazione del protesto, ma può chiedere l'annotazione dell'avvenuto pagamento sul citato registro informatico.

Reiezione dell'istanza di cancellazione del protesto o mancata decisione sulla stessa. Impugnazione

Ai sensi del 4° comma dell'art. 4 della legge n. 77/1955 e succ. modif., in caso di reiezione dell'istanza di cancellazione del protesto o di mancata decisione sulla stessa, da parte del responsabile dirigente dell'ufficio protesti, entro il fissato termine di venti giorni dalla ricezione della richiesta, l'interessato può ricorrere all'autorità giudiziaria ordinaria.

Le relative controversie, disciplinate dall'art. 12 del d.lgs. n. 150/2011, sono regolate dal rito del lavoro e la competenza a conoscerne è demandata al giudice di pace del luogo in cui risiede il debitore protestato.

Ai sensi dell'art. 36 del d.lgs. cit., tale disciplina si applica ai procedimenti instaurati successivamente alla data di entrata in vigore (6 ottobre 2011) del medesimo d.lgs.

Segue. Giudice competente

Giusta il principio, consolidato in giurisprudenza, secondo cui è qualificabile come diritto soggettivo pieno la posizione giuridica del debitore che, avendo provveduto al pagamento della cambiale o del vaglia cambiario protestati nel rispetto dei tempi e degli adempimenti prescritti dall'art. 4 della legge n. 77/1955 e succ. modif., proponga istanza, in sede amministrativa, al responsabile dirigente dell'ufficio protesti della competente C.C.I.A.A. per ottenere la cancellazione del proprio nominativo dal registro informatico dei protesti, spetta al g.o. la cognizione sulla successiva opposizione avverso il provvedimento di diniego o l'omessa pronuncia da parte del suddetto responsabile amministrativo, senza che rilevi in senso ostativo il generale divieto per il g.o. di sostituirsi nell'esercizio di un'attività amministrativa, ricadendosi, nel caso di specie, in una di quelle ipotesi eccezionali in cui al predetto giudice è riconosciuta la legittimazione ad attuare la tutela giurisdizionale piena e completa del diritto soggettivo leso dal provvedimento amministrativo, attraverso non soltanto la disapplicazione, ma anche la sua diretta caducazione (v., ex multis, Cass. civ., Sez. Un., 25 febbraio 2009, n. 4464).

Nella specie, l'incombenza è stata attribuita al giudice di pace.

Segue. Rito da osservare

Il ricorso al giudice di pace introduce un ordinario giudizio di cognizione, pienamente autonomo rispetto alla pregressa fase amministrativa, nel quale il giudice di merito deve procedere al concreto accertamento del diritto fatto valere dall'interessato, applicando esclusivamente le norme di cui agli artt. da 414 a 438 c.p.c., espressamente richiamate dal 4° comma dell'art. 4 della legge n. 77/1955 e, quindi, avvalendosi dei poteri istruttori concessi dagli artt. 420 e 421 dello stesso codice di rito.

Segue. Legittimazione passiva

Laddove si tratti di cambiali-tratte e vaglia cambiari, la richiesta di cancellazione del protesto può essere fondata sia sull'avvenuto pagamento sia sull'illegittimità od erroneità della levata del protesto (come si vedrà appresso, nell'apposito paragrafo, tale seconda via può essere percorsa anche con riguardo alla cancellazione del protesto di assegni).

Laddove ricorra la prima ipotesi, non appare dubitabile che il solo soggetto passivamente legittimato sia la C.C.I.A.A., soggetto deputato all'incombente di cancellazione.

Laddove ricorra la seconda ipotesi, è incontroverso che il giudizio debba svolgersi in contraddittorio con il soggetto cui la responsabilità per protesto asseritamente illegittimo od erroneo potrebbe essere astrattamente addebitata, vale a dire il pubblico ufficiale che lo ha levato, cui – va rammentato - compete la verifica della sussistenza di tutti i requisiti formali dei titoli all'atto della loro emissione (Cass. civ., sez. I, 10 giugno 2010, n. 14005; Cass. civ., sez. I, 26 novembre 2013, n. 26417).

È parimenti non controverso che il carattere materiale e non tipicamente amministrativo dell'attività che la C.C.I.A.A. svolge in materia di pubblicazione dell'elenco dei protesti non preclude al soggetto interessato all'accertamento dell'illegittimità della levata di protesto ed alla conseguente cancellazione del suo nominativo dall'apposito elenco di convenire in giudizio anche la C.C.I.A.A. stessa, affinché l'eventuale pronuncia di accertamento dell'illegittimità del protesto - alla cui ottemperanza quest'ultima non potrebbe in ogni caso sottrarsi - faccia direttamente stato anche nei suoi confronti per la parte relativa all'obbligo di cancellazione (Cass. civ., sez. I, 28 giugno 2006, n. 14991; Cass. civ., sez. I, 10 giugno 2010, n. 14005; Cass. civ., sez. I, 26 novembre 2013, n. 26417).

Segue. Oneri probatori del debitore

Anche nella sede giudiziale, al pari di ciò che è prescritto con riguardo alla sede amministrativa, il debitore che chiede la cancellazione del protesto deve dimostrare l'avvenuto pagamento producendo il titolo quietanzato e l'atto di protesto oppure la dichiarazione di rifiuto del pagamento.

Il giudice non può ammettere e ritenere sufficiente una prova diversa da quella espressamente prevista dalla legge (v. Cass. civ., Sez. Un., 25 febbraio 2009, n. 4464, secondo cui va cassata senza rinvio la sentenza che ordini la cancellazione di un nominativo dal registro informatico dei protesti sulla base di prove diverse da quelle documentali previste dalla legge n. 235 del 2000, che ha introdotto il testo vigente del 1° comma dell'art. 4 della legge n. 77/1955).

Viceversa, qualora l'impugnazione venga proposta per illegittimità od erroneità del protesto, il ricorrente può dare dimostrazione del relativo assunto con qualsiasi mezzo di prova.

Cancellazione del protesto di assegni

i) L'art. 4, comma 1, della legge n. 77/1955 e succ. modif. detta disposizioni unicamente in ordine alla cancellazione del protesto di titoli cambiari, nei casi di avvenuto pagamento delle somme dagli stessi portate e di alcune poste «accessorie».

La questione di legittimità costituzionale della norma nella parte in cui non consente al traente di un assegno bancario protestato, o ai soggetti legittimati, di adire il presidente della C.C.I.A.A. per ottenere la cancellazione del protesto pubblicato nel registro informatico – poggiata sull'assunto che la disposizione determinava una ingiustificata disparità di trattamento tra il «ravvedimento operoso» avente ad oggetto la cambiale-tratta o il vaglia cambiario e quello avente ad oggetto l'assegno, soltanto nel primo caso consentendo il rimedio della cancellazione del protesto – è stata dichiarata infondata dalla Consulta sul rilievo che, pur non potendo disconoscersi il rilevante avvicinamento, sotto più profili, in forza dell'evoluzione legislativa, della regolamentazione normativa dell'assegno bancario a quella della cambiale, tuttavia persistono significative e strutturali e non irragionevoli diversità di disciplina fra le due specie di titoli, essenzialmente in ragione dell'essere l'assegno bancario un mezzo di pagamento e dell'essere, invece, la cambiale, uno strumento di credito (Corte cost., 14 marzo 2003, n. 70; Corte cost., 2 marzo 2004, n. 84).

ii) Per ciò che, invece, attiene alla fattispecie descritta nel 2° comma dell'art. 4 l. cit., non è controverso che la disciplina ivi dettata sia applicabile sia ai titoli cambiari che agli assegni, nella considerazione che, a fronte di un'illegittimità o erroneità nella levata del protesto, nessuna incidenza riveste la qualità del titolo al quale esso fa riferimento, non apparendo configurabile alcuna rilevanza della diversità funzionale tra cambiale ed assegno (Corte cost., 14 marzo 2003, n. 70; Cass. civ., sez. I, 28 giugno 2006, n. 14991; Cass. civ., sez. I, 10 giugno 2010, n. 14005, nonché, in sede di merito, App. Cagliari, 4 luglio 2006, in Banca, borsa, tit. credito 2009, II, 187; Trib. Torre Annunziata, 20 febbraio 2007, in Giur. merito 2007, 9, 2213).

Quanto al soggetto passivamente legittimato nella relativa procedura, devono valere, con riguardo al caso in esame, le medesime considerazioni svolte nel precedente paragrafo dedicato allo specifico tema: la domanda di accertamento dell'illegittimità o erroneità del protesto deve essere proposta nei confronti del soggetto (che, in ogni caso, deve ritenersi parte necessaria del giudizio) cui l'asserita illegittimità/erroneità della levata potrebbe essere astrattamente addebitata, e può essere proposta anche nei confronti della C.C.I.A.A. affinché la sentenza faccia direttamente stato nei suoi confronti per la parte relativa all'obbligo di cancellazione (Cass. civ., sez. I, 28 giugno 2006, n. 14991; Cass. civ., sez. I, 10 giugno 2010, n. 14005; Trib. Savona, 24 marzo 2014).

Domanda di risarcimento del danno. Oneri di allegazione e prova in capo al danneggiato

Non appare dubitabile che, nei casi di illegittima od erronea levata del protesto, considerato il regime di pubblicità connesso alla medesima, possano prodursi a carico del soggetto protestato dei danni, sia patrimoniali (ad es., pregiudizi per l'attività commerciale, in ragione della chiusura del credito e della diminuzione dei guadagni etc.) sia non patrimoniali (derivanti da lesione della reputazione commerciale e personale).

La Suprema Corte ha chiarito che il danno da illegittimo protesto, in tutti i suoi aspetti, non è in re ipsa, ma è un danno-conseguenza. Pertanto, il danneggiato, onde ottenere l'auspicato ristoro, è tenuto ad assolvere a specifici oneri di allegazione e di prova (Cass. civ., sez. VI, ord., 24 settembre 2013, n. 21865; Cass. civ., sez. III, 15 aprile 2015, n. 7661).

Incombe sul danneggiato l'onere di allegare con sufficiente precisione i fatti nei quali il danno si concreta e di offrire elementi per la relativa valutazione, ad es. la durata della pubblicazione del protesto, la presenza o meno di rettifica, l'eventuale difficoltà di accesso al credito e/o l'eventuale contrazione dell'attività economica quale effetto di tale difficoltà; l'onere, in altri termini, di offrire riferimenti non generici in ordine a fatti incidenti sull'attività imprenditoriale o professionale, atti a far desumere l'esistenza e l'entità di pregiudizi sul piano patrimoniale e/o sul piano della reputazione che abbiano le caratteristiche della gravità della lesione e della non futilità del danno (Cass. civ., sez. III, 16 febbraio 2012, n. 2226; Cass. civ., sez. I, 11 ottobre 2013, n. 23194; si vedano anche, per gli aspetti di principio in tema di danno non patrimoniale, ex multis, Cass. civ., sez. III, ord., 26 ottobre 2017, n. 25420; Cass. civ., sez. VI, ord., 28 marzo 2018, n. 7594; Cass., sez. III, ord. 6 dicembre 2018, n. 31537 e, da ultimo, Cass., sez. I, ord. 2 maggio 2019, n. 11555, secondo cui in tema di responsabilità civile derivante da pregiudizio all'immagine ed alla reputazione, il danno risarcibile non coincide con la lesione dell'interesse tutelato dall'ordinamento, ma con le conseguenze di tale lesione, sicché la sussistenza di tale danno deve essere oggetto di allegazione e prova, e la sua liquidazione deve essere compiuta dal giudice sulla base non di valutazioni astratte ma del concreto pregiudizio presumibilmente patito dalla vittima, per come da questa dedotto e provato).

La prova per presunzioni dell'esistenza del danno viene ritenuta ammissibile, a condizione che le allegazioni siano state adeguate e complete, perché, in difetto, il ricorso a presunzioni darebbe in concreto vita a un automatismo fra illegittimità del protesto e sussistenza del danno che, appunto per la natura di danno-conseguenza, deve essere ripudiato (Cass. civ., sez. III, 15 aprile 2015, n. 7661).

Procedura d'urgenza

Con risalenti pronunce, il giudice di legittimità si espresse nel senso che la richiesta di divieto di pubblicazione sul bollettino della C.C.I.A.A. di protesti cambiari già levati apparteneva alla giurisdizione del g.o., cui doveva ritenersi essere data facoltà di esercitare anche i poteri cautelari previsti dall'art. 700 c.p.c., con conseguente possibilità di ordinare la sospensione della pubblicazione stessa in caso di sussistenza di fondato timore che durante il tempo occorrente per far valere in via ordinaria il diritto vantato si potesse verificare un pregiudizio irreparabile (Cass., sez. un., 29 agosto 1990, n. 8983 e Cass. civ., sez. II, 3 febbraio 2000, 1168).

Secondo l'orientamento attualmente prevalente in giurisprudenza, anche successivamente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2011 è da ritenere esperibile procedura cautelare d'urgenza ex art. 700 c.p.c., al fine di ottenere la cancellazione dal registro informatico di un protesto del quale si asserisca l'illegittima levata. E ciò a prescindere dalla preventiva esperibilità della procedura amministrativa di cui all'art. 4 della legge n. 77/1955 e succ. modif., dal momento che la proposizione dell'istanza al responsabile dell'ufficio protesti della C.C.I.A.A. costituisce una condizione di procedibilità unicamente del giudizio di merito (Trib. Novara, 1° dicembre 2011, in NovaraIUS.it 2011; Trib. Palermo, 27 marzo 2013, in Il caso.it 2013; Trib. Venezia, ord., 28 dicembre 2013, in Foro It., 2014, 4, I, 1315; si veda anche, per il periodo precedente all'entrata in vigore del d.lgs. citato, Trib. Torre Annunziata, 20 febbraio 2007, in Giur. merito 2007, 9, 2213; contra, invece, Trib. Pistoia, 19 maggio 2001, in Giur. it. 2002, 531).

È controverso se la procedura cautelare possa essere promossa unicamente nei confronti del responsabile dell'ufficio protesti della C.C.I.A.A., soggetto diverso da quello (il pubblico ufficiale che ha levato il protesto) destinato ad essere convenuto nel giudizio di merito da instaurare per far accertare l'illegittimità del protesto ed ottenere il risarcimento del danno (v., in senso affermativo, Cass. civ., sez. I, 30 agosto 2004, n. 17415 e Trib. Torre Annunziata, 20 febbraio 2007, in Giur. merito 2007, 9, 2213; v., in senso contrario Trib. Macerata, 7 novembre 2006, in Banca, borsa e tit. di credito 2008, II, 179).

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