Il criterio di liquidazione del danno alla salute in caso di aggravamento di menomazione preesistente

Redazione Scientifica
13 Novembre 2019

In tema di danno alla salute, se una menomazione già preesistente viene aggravata da una menomazione sopravvenuta, ci si trova in presenza di postumi concorrenti, non coesistenti, la cui liquidazione dovrà avvenire secondo un preciso criterio.

IL CASO. Nell'ambito di un giudizio avente ad oggetto la richiesta di risarcimento del danno subito dalla vittima del sinistro stradale, il quale sosteneva che l'incidente del 2004 avesse aggravato i postumi residuati dal precedente del 1998, elevando così la misura di invalidità dal 60% al 70%, la Cassazione ha l'occasione di ribadire importanti principi in tema di danno alla salute.

MENOMAZIONI CONCORRENTI E COESISTENTI. La Suprema Corte afferma che «lo stato anteriore di salute della vittima di lesioni personali può concausare la lesione, oppure la menomazione che da quella è derivata», ma tale concausa di lesioni è giuridicamente irrilevante. In particolare, «la menomazione preesistente può essere concorrente o coesistente col maggior danno causato dall'illecito» e, al tal proposito, sono considerate «coesistenti le menomazioni i cui effetti invalidanti non mutano per il fatto che si presentino sole od associate ad altre menomazioni, anche se afferenti ai medesimi organi». Viceversa, sono considerate «concorrenti le menomazioni i cui effetti invalidanti sono meno gravi se isolate, e più gravi se associate ad altre menomazioni, anche se afferenti ad organi diversi».

LIQUIDAZIONE DEL DANNO. In ambito di responsabilità civile, ai fini della liquidazione del danno, le menomazioni coesistenti sono di norma irrilevanti, non valendo neppure «la regola sorta nell'ambito dell'infortunistica sul lavoro che abbassa il risarcimento sempre e comunque per i portatori di patologie pregresse». Per quanto riguarda, invece, le menomazioni concorrenti queste «vanno tenute in considerazione stimando in punti percentuali l'invalidità complessiva dell'individuo e convertendola in denaro», «stimando in punti percentuali l'invalidità teoricamente preesistente all'illecito e convertendola in denaro» e, infine, sottraendo dal primo importo ottenuto il secondo importo.

EQUITÀ. In ogni caso, conclude la Cassazione, «resta imprescindibile il potere-dovere del giudice di ricorrere all'equità correttiva ove l'applicazione rigida del calcolo che precede conduca, per effetto della progressività delle tabelle, a risultati manifestamente iniqui per eccesso o per difetto».

(Fonte: dirittoegiustizia.it)

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.