Gli atti introduttivi nel rito sommario di cognizione
18 Novembre 2019
L'art. 702-bis c.p.c. dispone che la domanda si propone con ricorso, il cui contenuto ricalca quello dell'atto di citazione di cui all'art. 163 c.p.c., di cui manca, però, l'indicazione della data dell'udienza di comparizione delle parti, nonché l'invito a costituirsi, mentre contiene l'avvertimento di cui all'art. 163, comma 3, n. 7, al convenuto in merito alle decadenze che matureranno a suo carico nel caso in cui si costituisca oltre il termine assegnato dal giudice o, in mancanza, oltre dieci giorni prima dell'udienza fissata nel decreto. Si tratta, in particolare, del potere di proporre eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio (inclusa l'eccezione d'incompetenza territoriale di cui all'art. 38 c.p.c.), domande riconvenzionali, nonché l'istanza per la chiamata in causa del terzo. Tuttavia, nel redigere il ricorso e, in particolare, l'avvertimento, si ritiene (Balena G., 326) che non ci si può limitare a richiamare il termine di cui all'art. 167 c.p.c., ma sia opportuno riferirsi anche alle decadenze di cui all'art. 702-bis, commi 4 e 5, c.p.c., nonché al termine assegnato dal giudice, nel successivo decreto di fissazione dell'udienza, per la costituzione del convenuto. Non occorre, invece, indicare nel ricorso le ragioni di compatibilità della causa con il rito sommario, in ragione della semplicità della trattazione e dell'istruzione, affinché il procedimento prosegua con il rito sommario senza convertirsi in quello ordinario ex art. 702-ter, comma 3, c.p.c. (Arieta G., par. 3; Didone A., 416. Contra Lanni P.P., par. 14; Volpino D., 58 in nota 33). Infatti, questo requisito non è richiesto per la validità dell'atto introduttivo del procedimento, ma solo per la sua perseguibilità con il rito semplificato; perseguibilità che dipende, non solo dalla discrezionalità del giudice, ma anche dalle difese del convenuto e dai successivi sviluppi del giudizio. La procura al difensore dovrà essere rilasciata in calce o a margine del ricorso, non potendosi applicare l'art. 125, comma 2, c.p.c. che consente il conferimento della procura in data posteriore alla notificazione dell'atto, ma prima della costituzione in giudizio (Balena G., 325; Romano A., 174; Volpino D., 58). Tuttavia, ai sensi del novellato art. 182 c.p.c., è possibile sanare, con efficacia retroattiva, il difetto, anche assoluto, di procura attraverso l'assegnazione da parte del giudice di un termine perentorio per il rilascio della procura inizialmente mancante (Tedoldi A., 236). Infine, poiché l'art. 702-bis non prevede alcuna preclusione per l'indicazione dei mezzi di prova, precostituiti o costituendi, a carico dell'attore e del convenuto, una parte della dottrina (Menchini S., 1025 ss.; Arieta G., par. 3; Dittrich L., 1592; Volpino D., 59, nota 37. Contra, in motivazione, Trib. Mondovì (g.u. De Marchi), 12 novembre 2009, in Giur. it., 2010, 899, con nota di Carratta A., Nuovo procedimento sommario di cognizione e presupposto dell'“istruzione sommaria”: prime applicazioni) ritiene che non è imposto, a pena di decadenza, che nel ricorso siano dedotte le istanze istruttorie e/o siano prodotti i documenti di cui ci si vuole avvalere. Tuttavia, è chiaro che avendo il giudice la facoltà di decidere la causa limitando al minimo l'attività istruttoria e nell'arco di poche udienze, sarebbe opportuno indicare già negli atti introduttivi i documenti che si intendono allegare e le prove di cui si chiede l'assunzione. Il deposito del ricorso e i successivi adempimenti
Con il deposito del ricorso e la contestuale iscrizione della causa a ruolo l'attore si costituisce in giudizio e si producono gli effetti processuali della domanda (prevenzione ai fini della litispendenza, della continenza e della connessione, perpetuatio iurisdictionis ex art. 5 c.p.c.; perpetuatio legitimationis ex art. 111; ecc.). L'iscrizione della causa a ruolo richiede, anche per il procedimento sommario di cognizione, il versamento di un contributo unificato che, tuttavia, è pari alla metàdi quello previsto per le cause soggette al rito ordinario, a norma dell'art. 13, d.P.R.n. 115/2002, T.U. sulle spese di giustizia, salvo, poi, il successivo ed eventuale obbligo di integrare il contributo in caso di mutamento del rito in quello ordinario e, a tal fine, è sempre previsto l'onere di inserire nel ricorso la dichiarazione di valore ai fini dell'individuazione del corretto scaglione di riferimento (In tal senso Circolare 4 agosto 2009 della Direzione generale della giustizia civile del Ministero della giustizia). A seguito della presentazione del ricorso, il cancelliere forma il fascicolo d'ufficio e lo presenta senza ritardo al presidente del tribunale ovvero al presidente della sezione, il quale designa il magistrato cui verrà affidata la trattazione del procedimento (art. 702-bis, comma 2, c.p.c.) che, secondo i protocolli e le circolari dei vari tribunali avviene in base ai consueti criteri tabellari a seconda della materia del contendere (Protocollo dell'osservatorio valore prassi di Verona, in Foro it., 2010, V, 86 ss., cpv. 7; Ordine di servizio Presidente Tribunale Genova 30 settembre 2009, cpv. a) e b); Ordine di servizio del Presidente del Tribunale di Bologna 9 novembre 2009, cpv. 1, 2 e 3). Dopodiché, il giudice designato fisserà con decreto la data dell'udienza di comparizione delle parti, assegnando il termine per la costituzione del convenuto, che deve avvenire non oltre dieci giorni prima dell'udienza(art. 702-bis, comma 3, c.p.c.). Naturalmente, nell'ipotesi in cui il giudice avesse fissato l'udienza troppo distante nel tempo, l'attore ben potrà chiederne l'anticipazione e, ove ottenuta, la notifica di ricorso e del nuovo decreto dovrà essere reiterata al fine di consentire al convenuto di potersi costituire nel rispetto di tale nuova data (Porreca P., 222). Inoltre, poiché nella norma non è previsto un termine entro il quale procedere alla notificazione del ricorso al convenuto, si vanno formando prassi (Protocollo del Tribunale di Verona, cpv. 11 e il Protocollo del Tribunale di Roma, cpv. 3) che suggeriscono la fissazione di un termine ad quem per eseguire la notifica, alla cui eventuale violazione non segue alcuna sanzione, ma solo la possibilità per il convenuto di chiedere un differimento dell'udienza per meglio svolgere le proprie difese. In ogni caso, ai sensi dell'art. 702-bis, comma 3, seconda parte, c.p.c., il ricorso e il decreto di fissazione dell'udienza dovranno essere notificati al convenuto, a cura del ricorrente (Bove M., par. 3; Lanni P.P., par. 19), almeno trenta giorni prima della data fissata per la sua costituzione. Si ritiene che si tratti di giorni non liberi e di un termine a difesa: dunque, non di un vero termine a comparire, dovendo essere riferito al giorno di scadenza per la costituzione del convenuto e non all'udienza fissata nel decreto (Tedoldi A., 246). Pertanto, la notifica del ricorso e del decreto dovrà avvenire almeno quaranta giorni prima dell'udienza fissata e quest'ultima dovrà perfezionarsi entro il termine minimo di trenta giorni prescritto ex lege o in quello eventualmente fissato dal giudice, non bastando che l'atto sia avviato alla notifica (Tedoldi A., 243 ss.). Tuttavia, poiché la norma non fa alcuna distinzione in base al domicilio (in Italia o all'estero) del convenuto, si ritiene che nel caso di manifesto abuso delle forme sommarie per la considerevole lontananza del luogo di notifica o per la complessità della lite, che comprimono le facoltà difensive del convenuto, il giudice designato ben potrà fissare il termine entro il quale la notificazione al convenuto del ricorso e del decreto dovrà perfezionarsi, facendo in modo che vi sia uno spatium defendendi congruamente superiore ai trenta giorni stabiliti ex lege. Anzi si ritiene che se il giudice, nell'emettere il decreto di fissazione dell'udienza, non tenesse conto dell'illegittima compressione dei diritti di difesa del convenuto, quest'ultimo potrebbe chiedere, prima che scada il termine di costituzione, il differimento dell'udienza, o qualora sia trascorso il termine per la costituzione, la rimessione in termini per causa non imputabile ex art. 153, comma 2, c.p.c. (Tedoldi A., 249 e ss.). Inoltre, con la notifica del ricorso e del decreto si produrranno anche gli effetti sostanziali della domanda, quali l'interruzione della prescrizione ex art. 2943 c.c.; l'impedimento delle decadenze; l'electio nelle obbligazioni alternative, nelle azioni per vizi della cosa compravenduta ex art. 1492 c.c. e nell'azione di risoluzione del contratto, in luogo dell'adempimento, ex art. 1453, comma 2, c.c.; la sospensione del nuovo corso della prescrizione, interrotta per effetto della domanda giudiziale ex art. 2945 c.c.;nonché l'opponibilità ai terzi delle sentenze che abbiano accolto le domande concernenti beni immobili individuate negli artt. 2652 e 2653 c.c. e trascritte prima della trascrizione del titolo d'acquisto dei terzi suddetti. A tal proposito, in tema di trascrizione nei registri immobiliari della domanda giudiziale proposta mediante ricorso per procedimento sommario, si è chiarito che la trascrizione potrà avvenire soltanto dopo la notificazione del ricorso e del decreto, non prima di questa e con il solo ricorso, stante la chiara disposizione contenuta nell'art. 2658, comma 2, c.c., secondo la quale per la trascrizione di una domanda giudiziale occorre presentare al conservatore copia autentica del documento che la contiene, munito della relazione di notifica alla controparte (Trib. Milano, 25 febbraio 2010, in Foro it., 2010, I, 2565, con nota di Mondini; in dottrina Breggia L. e Olivieri G., 107). Infine, poiché il procedimento sommario di cognizione non ha natura cautelare (Metafora R., § 4), si ritiene che i termini inerenti allo stesso siano normalmente soggetti alla sospensione feriale ex lege n. 742/1969, salvo che riguardino le controversie indicate nell'art. 92 ord. giud. (R.d. 30 gennaio 1941, n. 12) o quelle in materie di lavoro e previdenziali, laddove per queste ultime si ritiene applicabile il procedimento sommario (Lanni P.P., par. 16 e il Protocollo del Tribunale di Verona, cit., cpv. 9). Per lo stesso motivo, mancando la necessità di provvedere inaudita altera parte (art. 669-sexies, comma 2, c.p.c.) in via urgente, non è prevista alcuna facoltà del giudice di emettere un provvedimento decisorio prima che venga instaurato il contraddittorio, né di pronunciare, in sede di fissazione dell'udienza e prima di questa, un'ordinanza di incompetenza ex art. 702-ter, comma 1, c.p.c. (Tedoldi A., 245). Al limite, si potrebbe ammettere la facoltà per il giudice di pronunciare, in via immediata e senza contraddittorio, una dichiarazione d'inammissibilità del ricorso sommario, quando abbia ad oggetto una materia manifestamente riservata alla decisione collegiale, che consentirebbe, peraltro, all'attore di sottrarsi dalle conseguenze della soccombenza e, in particolare, dall'onere di dover rifondere le spese alle controparti che eventualmente si costituissero (De MarchiP.G., 418. Contra Lanni P.P., par. 17; Macagno G.P., 3051). Il contraddittorio, nel procedimento sommario di cognizione, si realizza mediante la notifica al convenuto, a cura dell'attore, di un atto complesso costituito dalla copia autentica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza, i cui vizi si possono sanare, applicando, in via analogica, l'art. 164 c.p.c. (Tedoldi A., 257 e ss.; Metafora R.,). Pertanto, i vizi riferibili a elementi propri della vocatio in ius (se è omesso o risulta assolutamente incerto l'ufficio giudiziario adito o il nome delle parti, se manca l'indicazione della data dell'udienza di comparizione, se è stato assegnato al convenuto un termine a difesa o un termine di costituzione inferiore a quelli stabiliti dall'art. 702-bis, comma 3, c.p.c. ovvero se manca l'avvertimento delle decadenze a carico del convenuto, quali sancite dal 4° e dal 5° comma dell'art. 702-bis c.p.c.) si sanano, in via immediata e con efficacia retroattiva nell'ipotesi in cui il convenuto compaia all'udienza, senza eccepire alcunché. Nel caso in cui, invece, il convenuto non compaia, il giudice dovrà fissare una nuova udienza nel rispetto del termine minimo a difesa, disponendo che l'attore notifichi al convenuto, entro un termine perentorio, copia del ricorso e del verbale contenente il differimento d'udienza. In tal caso, la notifica dell'atto rinnovativo, se effettuata tempestivamente, sanerà il vizio con efficacia retroattiva, in caso contrario (ovvero se omessa o tardivamente adempiuta), determinerà l'estinzione del processo, rilevabile anche d'ufficio (art. 164, comma 2, art. 307, comma 3, c.p.c.). Se, invece, il convenuto compaia eccependo il difetto del termine a difesa o la mancanza dell'avvertimento delle decadenze, il giudice dovrà fissare una nuova udienza di prima comparizione in sede sommaria e il convenuto potrà depositare una nuova comparsa di risposta dieci giorni prima della nuova udienza, proponendo eccezioni in senso stretto, domande riconvenzionali e istanze per la chiamata in causa di terzi. Infine, se il giudice ravvisi immediatamente l'impraticabilità di un'istruzione sommaria e ritenga necessario convertire il rito in quello ordinario a norma dell'art. 702-ter, comma 3, c.p.c., in entrambe le ipotesi precedenti fisserà l'udienza ex art. 183 c.p.c. e disporrà la rinnovazione dell'atto introduttivo mediante citazione, nel rispetto dei termini ordinari a comparire di cui all'art. 163-bis c.p.c., così che il convenuto potrà depositare la comparsa di risposta venti giorni prima di tale udienza, a norma degli artt. 166 e 167 c.p.c.. Infatti, si ritiene che non vi sia alcuna necessità di attendere una seconda udienza in sede di procedimento sommario, destinata unicamente a sanare il vizio della vocatio in ius, quando il giudice adito sia già convinto di dover mutare il rito sommario in quello ordinario (Tedoldi A., 258-259). Quando il vizio attiene all'editio actionis, la sanatoria potrà avvenire con efficacia solamente ex nunc. Infatti, il vizio nell'individuazione dell'oggetto della domanda, rilevabile anche d'ufficio nonostante l'avvenuta comparizione del convenuto, comporterà l'assegnazione di un termine perentorio per integrare il ricorso mediante memoria depositata in cancelleria, se il convenuto si è costituito, ovvero mediante notificazione dell'atto d'integrazione unitamente al verbale di differimento dell'udienza; la quale, in entrambi i casi, andrà rifissata avendo cura di osservare il termine minimo a difesa di trenta giorni tra atto di integrazione e scadenza del termine di costituzione del convenuto. Inoltre, poiché la nullità del ricorso introduttivo per difetto di editio actionis comporta che la materia del contendere non risulta sufficientemente determinata, non dovrebbe essere possibile un passaggio immediato al rito ordinario, come si è proposto per vizi afferenti alla vocatio in ius. Il vizio, infatti, impedisce di valutare la complessità della lite, fin quando questa non sia individuata nei suoi elementi oggettivi e soggettivi. Quanto alle istanze istruttorie, si ritiene che non verificandosi alcuna preclusione in coincidenza con gli atti introduttivi, l'integrazione o la rinnovazione del ricorso determinerà automaticamente la possibilità di compiere nuove allegazioni, produrre nuovi documenti e dedurre nuove prove costituende, senza alcuna preclusione (Tedoldi A., 259 ss.). Ai sensi del 4° e 5° comma dell'art. 702-bis c.p.c., il convenuto deve costituirsi, dieci giorni (non liberi) prima dell'udienza fissata nel decreto, mediante deposito in cancelleria della comparsa di risposta, nella quale deve proporre le sue difese e prendere posizione sui fatti posti dal ricorrente a fondamento della domanda, indicare i mezzi di prova di cui intende avvalersi e i documenti che offre in comunicazione, nonché formulare le conclusioni. A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio. Se intende chiamare un terzo in garanzia deve, a pena di decadenza, farne dichiarazione nella comparsa di costituzione e chiedere al giudice designato lo spostamento dell'udienza. Il giudice, con decreto comunicato dal cancelliere alle parti costituite, provvede a fissare la data della nuova udienza, assegnando un termine perentorio per la citazione del terzo. La costituzione del terzo in giudizio avviene con le stesse modalità e nei medesimi termini del convenuto. La norma riprende pedissequamente il testo normativo contenuto nell'art. 167 c.p.c., salvo alcune lievi previsioni di dettaglio, come il codice fiscale o la PEC del difensore, richieste sotto comminatoria, rispettivamente, di sanzioni erariali o di domiciliazione telematica coatta in cancelleria, ragione per la quale si ritiene, pacificamente, che si applichi, in via analogica, la disciplina dettata nell'art. 125 c.p.c., nonché, per i profili fiscali, il T.U. delle spese di giustizia d.P.R. n.115/2002. Quanto alle attività che il convenuto deve svolgere, l'art. 702-bis, comma 4, c.p.c., riproducendo il testo dell'art. 167 c.p.c., come si è già detto, non impone di svolgere, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta l'attività di contestazione, né le istanze istruttorie, sebbene l'estrema concentrazione del procedimento sommario inviti a redigere un atto tendenzialmente completo (Consolo C., 883; Romano A., 176; Lanni P.P., par. 20). Pertanto, appare difficile onerare l'attore, alla prima udienza, del compito di svolgere una contestazione specifica rispetto ai fatti affermati dal convenuto nel proprio atto difensivo. Sarà, dunque, onere del giudice, alla prima udienza e nel contraddittorio delle parti, chiedere a queste ultime, ovvero ai loro difensori, i fatti realmente controversi, al fine di concentrare su questi la successiva attività istruttoria nelle forme rapide e snelle di cui all'art. 702-ter, comma 5, c.p.c. Solo dopo che il giudice abbia definito il thema probandum ed abbia disposto l'assunzione dei mezzi di prova, ogni successiva contestazione risulterà tardiva, salva la facoltà di chiedere, ai sensi dell'art. 153, comma 2, c.p.c., la rimessione in termini. Invece, nell'ipotesi in cui dovesse sopravvenire la conversione del rito in quello ordinario, la contestazione potrà avvenire nelle memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c. e, in particolare, con la seconda di queste. In piena applicazione dell'art. 171, comma 2, c.p.c., si ritiene, inoltre, che il convenuto possa costituirsi anche direttamente all'udienza, restando, però, ferme le decadenze sancite dall'art. 702-bis, commi 5 e 6, c.p.c. Al contrario, poiché l'attore si costituisce in giudizio con il deposito del ricorso, non trova applicazione il 1° comma dell'art. 171 c.p.c., sicché non è prospettabile né la mancata costituzione bilaterale disciplinata da tale norma, né la contumacia dell'attore di cui all'art. 290 c.p.c. Infine, nell'ipotesi in cui il convenuto nella comparsa di risposta proponga domanda riconvenzionale, il legislatore, avendo basato il procedimento in esame sulla necessaria semplicità della controversia, ha previsto lo strumento della separazione di cause, pur se soggettivamente od oggettivamente connesse. Pertanto, quanto più il giudizio si complica attraverso cumuli oggettivi o soggettivi, possibili sin dall'inizio del processo a norma degli artt. 33, 103 e 104 c.p.c. o sopravvenuti per effetto di domande riconvenzionali o di interventi volontari ex art. 105 o coatti ex artt. 106 e 107 c.p.c., tanto meno il procedimento sommario risulterà esperibile, rendendosi necessaria una trattazione e un'istruzione non sommarie, se non per tutte le domande oggettivamente o soggettivamente cumulate, almeno per alcune di esse. Di conseguenza, quando possa farsi luogo a separazione delle domande per scindibilità delle stesse (ivi incluse le domande proposte in cumulo oggettivo dall'attore per ragioni di mera connessione soggettiva ex art. 104 c.p.c.), è necessario e, se non addirittura doveroso, che il giudice si avvalga di tale potere-dovere previsto dall'art. 702-ter, comma 4, c.p.c., mutando il rito solo per quelle cause che effettivamente richiedano un ampliamento dei temi d'indagine. Dunque, nell'ipotesi in cui venga proposta una domanda riconvenzionale non suscettibile di istruzione sommaria, l'art. 702-ter, comma 4, c.p.c., prevede la separazione delle cause, al fine di evitare che il procedimento sommario subisca dei ritardi per effetto di cumuli oggettivi di domande, talvolta volontariamente proposte dal convenuto al fine di guadagnare tempo. Nell'ipotesi, invece, in cui venga proposta una domanda riconvenzionale non suscettibile di istruzione sommaria ma legata alla domanda principale da un forte nesso di pregiudizialità – dipendenza o d'incompatibilità che ne impedisca, sul piano logico-giuridico, la separazione, si ritiene che sia doveroso disporre il mutamento di rito da sommario in ordinario per l'intera causa, compresa la domanda principale, e fissare l'udienza ex art. 183 c.p.c., onde scongiurare sospensioni del processo sommario ex art. 295 c.p.c. o successivi conflitti pratici tra giudicati (Tedoldi A., 279 ss.). Laddove, invece, la domanda riconvenzionale proposta risulti particolarmente complessa e non presentieffettivi legami di connessione oggettiva con il titolo della domanda principale o dell'eccezione, il giudice dovrà dichiararla inammissibile(per difetto, appunto, di dipendenza dal titolo della domanda principale o dell'eccezione), come è previsto espressamente per l'ipotesi in cui venga proposta una domanda riconvenzionale che, seppur connessa ex art. 36 c.p.c. e, dunque, cumulabile nel medesimo processo, rientri in uno dei casi per i quali è imposta la composizione collegiale dell'organo giudicante ex art. 50-bis, c.p.c. (art. 702-ter, comma 2, c.p.c.). Infine, nell'ipotesi in cui la domanda riconvenzionale presenti eventuali difetti di editio actionis, sembra compatibile con il rito sommario, alla stregua di quanto prevede l'art. 167, comma 2, c.p.c., la possibilità che il giudice, previo differimento dell'udienza (da fissare in tempi brevi in virtù delle esigenze di concentrazione del procedimento sommario), assegni un termine perentorio al convenuto per integrare la domanda riconvenzionale (Porreca P., 223; Romano A., 176 nota 42). Dopodiché, una volta sanato il vizio, potrà, poi, valutarsi se sia o meno possibile un'istruzione sommaria anche sulla riconvenzionale, o se sia invece necessario disporne la separazione. Quando, invece, già la domanda dell'attore, alla stregua anche delle difese del convenuto, non appaia suscettibile d'istruzione sommaria, non sarà necessario assegnare, prima, al convenuto il termine per sanare la riconvenzionale invalidamente proposta in sede sommaria per difetto di editio actionis, ma il giudice, nello stesso provvedimento ove disporrà la conversione del rito per l'intera causa, principale e riconvenzionale, e la fissazione dell'udienza di trattazione ex art. 183 c.p.c., potrà assegnare direttamente al convenuto il termine per effettuare la suddetta sanatoria (Tedoldi A., 282 ss.). La chiamata in causa del terzo e i suoi presupposti
Il convenuto che intenda chiamare in causa un terzo dovrà rendere apposita dichiarazione nella comparsa di costituzione, depositata dieci giorni prima dell'udienza, echiedere al giudice designato lo spostamento della stessa al fine di poter chiamare in causa il terzo nel rispetto del termine minimo a difesa (art. 702-bis, ultimo comma, c.p.c.). In tal caso, il giudice, con decreto comunicato dal cancelliere alle parti costituite, provvederà a fissare la data della nuova udienza, assegnando un termine perentorio per la citazione del terzo, avendo cura di far sì che venga osservato il termine minimo di cui al terzo comma dell'art. 702-bis c.p.c. (Balena G., 326; Romano A., 178; Lanni P.P., par. 21; il Protocollo del Tribunale di Verona, cit., cpv. 14). Pertanto, la notifica dell'atto di chiamata dovrà perfezionarsi almeno quaranta giorni prima della nuova udienza e, comunque, il procedimento notificatorio dovrà essere avviato dal chiamante entro il termine perentorio fissato dal giudice. In altre parole, per l'osservanza del termine perentorio, fissato dal giudice al chiamante per l'espletamento della vocatio del terzo, sarà sufficiente che sia avviata la notifica entro tale termine, mentre, il rispetto del termine a difesa per il chiamato di quaranta giorni prima della nuova udienza impone che il procedimento notificatorio si perfezioni del tutto, dovendo pervenire l'atto nella sfera di conoscibilità del terzo nei modi e nei termini prescritti dalla legge. La chiamata del terzo avverrà, di regola, con citazione, la quale, analogamente a quanto richiesto per il ricorso introduttivo del procedimento sommario, dovrà contenere nella vocatio in ius l'avvertimento ex art. 163, n. 7, c.p.c. delle decadenze a carico del terzo chiamato. L'inosservanza del termine perentorio assegnato dal giudice al convenuto per notificare la citazione di terzo (o meglio, per avviare la notifica della citazione di terzo, sempre che questa si perfezioni entro il termine minimo a difesa) determinerà l'estinzione parziale del processo, pronunciabile anche d'ufficio a norma dell'art. 307, commi 3 e 4, c.p.c., limitatamente al rapporto processuale tra convenuto e terzo chiamato, purché scindibile (Tedoldi A., 285). Qualora, invece, il termine sia rispettato avuto riguardo alla consegna dell'atto per la notifica, ma la notificazione si perfezioni tardivamente, con riguardo al termine minimo a difesa, oppure quando la citazione del terzo, pur tempestivamente consegnata per la notifica, risulti manchevole di qualche requisito attinente alla vocatio in ius,potrà darsi luogo a sanatoria, con efficacia ex tunc, del vizio,secondo le modalità previste dall'art. 164, commi 3 e 4, c.p.c., a seconda che il terzo si sia o meno costituito in giudizio. Nell'ipotesi, invero assai rara, in cui l'atto di chiamata presenti dei vizi attinenti all'editio actionis, l'eventuale sanatoria, sprovvista di efficacia retroattiva, impedirebbe di recuperare il termine perentorio assegnato dal giudice, ai sensi dell'art. 702-bis, ultimo comma, c.p.c., per effettuare la chiamata, pertanto, il rapporto processuale tra convenuto e terzo verrà dichiarato estinto per inosservanza del termine perentorio stabilito per effettuare la chiamata. Inoltre, nel procedimento sommario, contrariamente a quanto dispone il penultimo comma dell'art. 269 c.p.c. per il rito ordinario, non è previsto l'onere di depositare l'atto di chiamata entro i dieci giorni dal perfezionarsi della notifica al terzo. Mentre, al pari del rito ordinario, anche la costituzione del terzo avviene mediante il deposito in cancelleria, dieci giorni (non liberi) prima dell'udienza fissata nel decreto, di una comparsa di risposta, contenente le medesime attività difensive che, si è visto innanzi, può svolgere il convenuto al momento della costituzione. Tuttavia, considerata la disposizione contenuta nell'ultima frase dell'art. 702-bis, ultimo comma, c.p.c., che rinvia al solo quarto comma del medesimo articolo e l'ottica di ridurre al minimo le complicazioni oggettive e soggettive del procedimento sommario, si ritiene che qualora il terzo chiamato intenda, a sua volta, chiamare in causa un terzo, avrà l'onere di dichiararlo, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta depositata dieci giorni prima dell'udienza, chiedendo il differimento d'udienza (Tedoldi A., 286). In tal caso, il giudice non sarà tenuto a differire l'udienza con decreto, ma potrà all'udienza o negare del tutto l'autorizzazione alla chiamata, disponendo che la lite prosegua interamente con il rito sommario, ovvero separare lacausa tra convenuto e terzo chiamato, perché bisognevole di trattazione e istruzione non sommarie (ex art. 702-ter, comma 4, c.p.c.), convertendo il rito in quello ordinario e fissando l'udienza ex art. 183 c.p.c., ove potrà autorizzare il terzo chiamato a chiamare, a sua volta, un ulteriore terzo, in applicazione analogica del combinato disposto degli artt. 271 e 269, comma 4, c.p.c. Ciò detto, problema principale che pone la chiamata in causa del terzo è posto dall'ultimo comma dell'art. 702-bis c.p.c. che fa riferimento alla sola chiamata in garanzia, obliterando del tutto la chiamata per comunanza di causa. Pertanto, seppur l'interpretazione maggioritaria ritiene che la norma vada integrata con la possibilità di chiamare un terzo anche nell'ipotesi di comunanza di causa (Balena G., 326; Romano A., 177; Olivieri G., 731; Arieta G., par. 5; il Protocollo del Tribunale di Verona, punto 13; Protocollo sul procedimento sommario di cognizione dell'Osservatorio romano sulla giustizia civile, in Foro it., 2010, V, 196, punto 7) sembra difficile considerare casuale e frutto di una mera svista la scelta del legislatore di prevedere nel procedimento sommario di cognizione la sola chiamata in garanzia ex art. 702-bis, comma 5, c.p.c. Inoltre, dovrebbe trattarsi della sola garanzia propria (includendo nel novero anche la chiamata dell'assicuratore per la responsabilità civile, in quanto espressamente prevista dall'art. 1917 c.c. e dipendente dalla situazione sostanziale di responsabilità civile del convenuto, dedotta in giudizio dall'attore quale oggetto della domanda principale), rispetto alla quale si crea quel nesso d'inscindibile pregiudizialità-dipendenza che va a derogare la regola, vigente nel procedimento sommario, che impone la separazione delle cause, consentendo, invece, il simultaneus processus laddove la parte convenuta lo richieda e senza alcun potere discrezionale da parte del giudice del procedimento sommario. Ciò comporta che nella sola ipotesi di chiamata in causa di un terzo in garanzia propria (ivi inclusa la chiamata dell'assicuratore per la responsabilità civile), il giudice dovrà necessariamente differire l'udienza, mediante decreto reso fuori udienza e comunicato alle parti costituite a norma dell'art. 702-bis, ultimo comma (secondo periodo), c.p.c. Mentre, nei casi di chiamata in causa per comunanza di causa o per garanzia impropria il giudice all'udienza stessa (e non con decreto emesso fuori udienza, come previsto per la chiamata in garanzia propria), potrà compiere tutte le valutazioni discrezionali del caso, non solo sui presupposti giuridici di comunanza della lite e di garanzia impropria, ma anche sull'opportunità di autorizzare la chiamata in causa in base alle esigenze di economia processuale e, ove decida di autorizzare la chiamata del terzo cui la causa sia comune o in garanzia impropria, potrà anche disporre la separazione della causa tra convenuto e terzo chiamato, convertendo il rito e fissando solo per quest'ultima l'udienza ex art. 183 c.p.c., quando la ritenga di lunga indagine (Dittrich L., 1594 ss.). Riferimenti
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