Onere di repêchage in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo

25 Novembre 2019

Giova ribadire, quanto all'onere di repêchage, che in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, per la soppressione del posto di lavoro cui era addetto il lavoratore, il datore di lavoro ha l'onere di provare non solo...

Il caso. La Corte d'appello di Ancona aveva riformato la sentenza di primo grado (che aveva rigettato il ricorso del lavoratore) e dichiarato illegittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato dalla società datrice di lavoro e condannato la società al pagamento, a titolo risarcitorio, di sei mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori.

La Corte territoriale, pur ritenuta l'effettività della crisi aziendale giustificante la soppressione del posto del lavoratore, aveva escluso la prova dell'offerta di mansioni anche inferiori, con il conseguente mancato assolvimento dell'obbligo datoriale di repêchage, configurabile pure per mansioni di tale natura, se rientranti nel bagaglio professionale del lavoratore e compatibili con l'assetto aziendale.

L'onere di repêchage in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Giova ribadire, quanto all'onere di repêchage, che in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, per la soppressione del posto di lavoro cui era addetto il lavoratore, il datore di lavoro ha l'onere di provare non solo che al momento del licenziamento non sussistesse alcuna posizione di lavoro analoga a quella soppressa per l'espletamento di mansioni equivalenti, ma anche, in attuazione del principio di correttezza e buona fede, di aver prospettato al dipendente, senza ottenerne il consenso, la possibilità di un reimpiego in mansioni inferiori rientranti nel suo bagaglio professionale.

L'art. 2103 c.c. si deve, infatti, interpretare alla stregua del bilanciamento del diritto del datore di lavoro a perseguire un'organizzazione aziendale produttiva ed efficiente e quello del lavoratore al mantenimento del posto, in coerenza con la ratio di numerosi interventi normativi, quali l'art. 7, comma 5, d.lgs. n. 151 del 2001, l'art. 1, comma 7, l. n. 68 del 1999, l'art. 4, undicesimo comma d.lgs. n. 223 del 1991, anche come da ultimo riformulato dall'art. 3, comma 2, d.lgs. n. 81 del 2015: senza necessità, ove il demansionamento rappresenti l'unica alternativa al recesso datoriale, di un patto di demansionamento o di una richiesta del lavoratore in tal senso anteriore o contemporanea al licenziamento, essendo onere del datore di lavoro, in attuazione del principio di correttezza e buona fede, prospettare al dipendente la possibilità di un reimpiego in mansioni inferiori compatibili con il suo bagaglio professionale.

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