Infortuni sul lavoro: i limiti della rilevanza del comportamento del lavoratore

La Redazione
28 Novembre 2019

Al di fuori dei casi di rischio elettivo, qualora in caso di infortunio del lavoratore ricorrano comportamenti colposi di quest'ultimo trova applicazione l'art. 1227, comma 1, c.c. Tuttavia, "la condotta incauta del lavoratore non comporta concorso...

Il fatto. La Corte d'appello di Trieste accoglieva parzialmente la domanda di risarcimento proposta da un lavoratore nei confronti del Comune e del proprio superiore per l'infortunio sul lavoro patito a causa del crollo di un capannone metallico di proprietà dell'ente.

La Corte riconosceva nell'imprudente condotta del lavoratore una causa preponderante alla realizzazione dell'evento, fissando il risarcimento dovuto nella misura del 35%, sulla base di un contributo causale del lavoratore pari al 65%.

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore. Con le (numerose) censure sollevate, il ricorrente lamenta sostanzialmente il riconoscimento della rilevanza causale del suo comportamento nella ricostruzione della vicenda operata dai Giudici di merito.

Comportamento incauto del lavoratore. Secondo la giurisprudenza ormai consolidata, il nesso causale tra l'attività lavorativa ed il danno è escluso in presenza di un c.d. rischio elettivo, in riferimento a comportamenti abnormi del lavoratore (come in caso di azioni intraprese volontariamente e per motivazioni personali estranee all'attività lavorativa) ma anche a condotte non prevedibili nell'ambito della prestazione né in concreto impedibili secondo il grado di diligenza richiesto. Si tratta quindi di ipotesi destinare ad operare come caso fortuito rispetto alla responsabilità datoriale.


Ciò posto, la Corte afferma che in materia di infortuni sul lavoro, al di fuori dei casi di rischio elettivo dove la responsabilità datoriale è appunto esclusa, qualora ricorrano comunque comportamenti colposi del lavoratore trova applicazione l'art. 1227, comma 1, c.c.

Tuttavia, "la condotta incauta del lavoratore non comporta concorso idoneo a ridurre la misura del risarcimento ogni qual volta la violazione di un obbligo di prevenzione da parte del datore di lavoro sia giuridicamente da considerare come munita di incidenza esclusiva rispetto alla determinazione dell'evento dannoso, il che in particolare avviene quando l'infortunio si sia realizzato per l'inosservanza di specifici ordini o disposizioni datoriali che impongano colpevolmente al lavoratore di affrontare il rischio o quando l'infortunio scaturisca dall'avere il datore di lavoro integralmente impostato la lavorazione sulla base di disposizioni illegali e gravemente contrarie ad ogni regola di prudenza o infine quando vi sia inadempimento datoriale rispetto all'adozione di cautele, tipiche o atipiche, concretamente individuabili, nonché esigibili ex ante ed idonee ad impedire, nonostante l'imprudenza del lavoratore, il verificarsi dell'evento dannoso".

Inoltre, se risulti accertata l'inosservanza, da parte del datore di lavoro, di specifici doveri informativi o formativi del lavoratore sull'attività da svolgere "tali da rendere altamente presumibile che, ove quegli obblighi fossero stati assolti, il comportamento del lavoratore da cui è scaturito l'infortunio non vi sarebbe stato, non è possibile addossare al lavoratore, sotto il medesimo profilo, l'ignoranza delle circostanze che dovevano essere oggetto di informativa (o di formazione), al fine di fondare una colpa idonea a concorrere con l'inadempimento datoriale e che sia tale da ridurre, ai sensi dell'art. 1227 c.c., la misura del risarcimento dovuto".


La Corte accoglie quindi il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'appello di Venezia.

(Fonte: Diritto e Giustizia)

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