Distacco transnazionale e caporalato

Pasquale Staropoli
28 Novembre 2019

Il fenomeno del caporalato, riguardando lo sfruttamento lavorativo di persone in stato di bisogno, necessita di una particolare attenzione da parte dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro. Il contributo presenta un'analisi della fattispecie in relazione alle forme di distacco transnazionale non autentico.
Introduzione

Il distacco transnazionale è oggetto di particolare attenzione da parte dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), per via di quella commistione di elementi (interposizione latu sensu della prestazione di lavoro e presenza di soggetti che operano fuori dal territorio nazionale) che richiede una vigilanza puntuale su tutti i requisiti che lo legittimano, impedendo la realizzazione di distacchi “fittizi”, predisposti ad arte per eludere la normativa nazionale in materia di condizioni di lavoro e sicurezza sociale (Circ. INL 9 gennaio 2017 n. 1).

Dall'applicazione elusiva delle norme che regolano il distacco, anche quando operato tra realtà appartenenti a Paesi diversi, possono scaturire evidentemente lesioni dei diritti degli interessati. Le violazioni che ne danno occasione possono condurre non soltanto alla non autenticità del distacco, ma, nei casi più gravi, alla configurabilità del delitto di intermediazione illecita e sfruttamento lavorativo.

La gravità della fattispecie, punita nel nostro ordinamento dall'art. 603 bis c.p., è tale da richiedere l'attenzione massima per contrastare questo fenomeno gravissimo, che si distingue sia dal distacco non autentico “semplice” che dalla somministrazione fraudolenta.

L'autenticità del distacco

La disciplina del distacco transnazionale è prevista innanzi tutto dalla Dir. 2014/67/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, attuatrice della Dir. 96/71/UE, così come modificata dalla Dir. 2018/957/UE, che dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 30 giugno 2020.

La disciplina comunitaria muove dall'affermazione del principio della libera circolazione dei lavoratori, cui consegue la libertà di stabilimento e quindi di prestazione di servizi ed il riconoscimento del diritto per le imprese di prestare servizi in un altro Stato membro distaccando propri dipendenti presso realtà produttive nel Paese di destinazione e mantenendo i canoni fondamentali che contraddistinguono il distacco:

  • la temporaneità della destinazione;
  • la sussistenza di un interesse individuabile in capo alla distaccante;
  • la permanenza degli oneri giuridici ed economici relativi al rapporto di lavoro in capo al distaccante.

L'affermazione di questi princìpi è stata ribadita, coerentemente con la legislazione nazionale, dal D.Lgs. 136/2016 (attuativo della Dir. 2014/67/UE), per il quale il lavoratore distaccato è quello “abitualmente occupato in un altro Stato membro che, per un periodo limitato, predeterminato o predeterminabile con riferimento ad un evento futuro e certo, svolge il proprio lavoro in Italia” (art. 2, lett. e), D.Lgs. 136/2016), con la garanzia dell'applicazione delle “medesime condizioni di lavoro e di occupazione previste per i lavoratori che effettuano prestazioni lavorative subordinate analoghe nel luogo in cui si svolge il distacco” (art. 4, c. 1, D.lgs. 136/2016).

Questi elementi ed l'inquadramento definitorio sono finalizzati a supportare la verifica dell'autenticità del distacco, che richiede il vaglio dei requisiti (art. 3 D.Lgs. 136/2016), che nel fare riferimento al luogo delle imprese interessate dall'operazione di distacco e alla disciplina applicata al rapporto di lavoro, assegna agli organi di vigilanza il compito di verificare “ogni altro elemento utile alla valutazione complessiva” (art. 3, c. 2, lett. g), D.Lgs. 136/2016), per accertare se l'impresa distaccante eserciti effettivamente attività diverse rispetto a quelle di mera gestione o amministrazione del personale dipendente, vietata al di fuori dei canoni della somministrazione.

Il difetto dell'autenticità del distacco e le conseguenze sanzionatorie che ne derivano (art. 3, c. 4 e 5, D.Lgs. 136/2016), è effettivamente oggetto di attenta considerazione da parte dell'INL che si preoccupa di individuare gli elementi che ne rappresentano l'allarme, alla luce delle previsioni normative comunitarie e nazionali.

Secondo le indicazioni rilasciate dall'INL (Circ. INL 9 gennaio 2017 n. 1), “dalla lettura degli elementi fattuali previsti dal citato art. 3 si evince che le ipotesi di distacco non autentico sono configurabili ogniqualvolta il datore di lavoro distaccante e/o il soggetto distaccatario pongano in essere distacchi “fittizi” per eludere la normativa nazionale in materia di condizioni di lavoro e sicurezza sociale, distacchi “fittizi” che possono essere riscontrati, a titolo esemplificativo, nei seguenti casi:

1. l'impresa distaccante è una società fittizia, non esercitando alcuna attività economica nel Paese di origine;

2. l'impresa distaccante non presta alcun servizio ma si limita a fornire solo il personale in assenza della relativa autorizzazione all'attività di somministrazione;

3. il lavoratore distaccato al momento dell'assunzione da parte dell'impresa straniera distaccante già risiede e lavora abitualmente in Italia;

4. il lavoratore distaccato, regolarmente assunto dall'impresa distaccante, è stato licenziato durante il periodo di distacco e, in assenza di una comunicazione di modifica della data di cessazione del periodo di distacco, lo stesso continua a prestare attività lavorativa, sostanzialmente in nero, presso l'impresa distaccataria.

Mentre “in merito alle fattispecie di distacco non autentico, si precisa altresì che le stesse possono ricomprendere o anche coincidere con le note ipotesi di interposizione illecita di cui al D.Lgs. n. 276/2003 (appalto, distacco e somministrazione illeciti/non genuini), ma non devono necessariamente identificarsi con quest'ultime. L'interposizione illecita, anche se spesso ricorrente, costituisce infatti soltanto una delle ipotesi integranti la fattispecie di distacco transnazionale non autentico.”

Emerge pertanto uno spettro di tutela significativamente ampio, rispetto al quale si apprezza l'attenzione nei confronti di una fattispecie che può dare la stura a violazioni delle norme con ricadute sostanziali particolarmente gravi sui diritti e sulle condizioni delle persone coinvolte.

Le Linee guida dell'Ispettorato

La Nota 1° agosto 2019 n. 622 dell'INL, recante le “Linee guida per l'attività ispettiva in materia di distacco transnazionale”, dedica un apposito capitolo al caporalato come conseguenza di “operazioni transnazionali”.

La terminologia adottata – operazioni e non distacco – è indicativa dell'ampiezza delle fattispecie che si vogliono ricondurre in questo ambito di attenzione ispettiva, nel quale la gravità delle conseguenze e la pericolosità del caporalato richiedono un raggio d'azione certamente più ampio che non quello, tecnicamente più circoscritto, del distacco.

Ecco che allora a fronte della gravità delle infrazioni, “occorre altresì tener conto della possibile configurabilità del delitto di intermediazione illecita e sfruttamento lavorativo (c.d. caporalato), fattispecie che si distingue sia dal distacco non autentico che dalla somministrazione fraudolenta” (Nota INL 1° agosto 2019 n. 622).

Il rinvio, esplicito ed immediato, è all'art. 603 bis c.p., che “individua due autonome condotte penalmente rilevanti: l'una di reclutamento della manodopera oggetto di intermediazione/sfruttamento ricondotta al reclutatore/caporale (intermediazione illecita) e l'altra di utilizzo della manodopera oggetto di sfruttamento ricondotta al datore di lavoro/utilizzatore, anche mediante la preventiva attività di intermediazione del “caporale”. Entrambe le condotte sono caratterizzate dall'approfittamento dello stato di bisogno dei lavoratori. Gli elementi costitutivi del reato di intermediazione, possono ricorrere anche nei confronti di imprese straniere che provvedano a fornire manodopera ad operatori italiani. In tal caso, anche laddove il personale “reclutato” provenga da uno Stato membro dell'UE, l'indagine ispettiva andrà condotta secondo le indicazioni della circolare n. 5/2019, non vertendo più in una ipotesi di distacco transnazionale non autentico. A tale riguardo appare utile differenziare l'ingaggio/assunzione del lavoratore da parte dell'impresa straniera - riscontrabile sia nelle fattispecie di distacco non autentico che nella somministrazione fraudolenta - dall'attività di reclutamento del caporalato. Quest'ultima, infatti, si sostanzia in una attività di vero e proprio procacciamento di manodopera da parte dell'impresa straniera con approfittamento della situazione di debolezza/stato di bisogno del lavoratore che quindi è costretto ad accettare le deteriori condizioni di lavoro per far fronte alle esigenze primarie, proprie e dei suoi familiari. A tal fine risulta indifferente che l'attività di reclutamento avvenga in Italia o nello Stato estero, così come non rileva la nazionalità del lavoratore.”

L'attenzione sollecitata dall'INL è fisiologica in riferimento ai diritti cui attinge il reato di caporalato. Laddove infatti il semplice distacco non autentico si configura quando manchino i requisiti oggettivi (art. 3 D.Lgs. 136/2016), mentre la somministrazione è fraudolenta (art. 38 bis D.Lgs. 81/2015) se posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore, diversi sono gli interessi lesi, ed i diritti tutelati, per il caso della fattispecie penale in discorso.

Il reato di caporalato punisce infatti il reclutamento, l'utilizzazione, l'assunzione o l'impiego di manodopera sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno, in buona sostanza strumentalizzando la condizione di particolare debolezza della vittima del reato.

Questa circostanza configura l'ipotesi di reato, per il grave detrimento delle condizioni della persona, il cui stato di soggezione comporta la violazione reiterata di norme fondamentali, previste a presidio della tutela della persona umana, a prescindere delle forme contrattuali attraverso le quali è disciplinata la prestazione lavorativa.

Caratteristiche del caporalato

Nel confronto tra le fattispecie di irregolarità del distacco e quella, ben più grave, del caporalato, anche le linee guida dell'INL propendono per la necessità di un'attenzione specifica da rivolgere alle condizioni di sfruttamento lavorativo, che quando si accompagnano all'intermediazione illecita, configurano un'ipotesi di reato. Gravità, e speculare esigenza di risposta forte dell'ordinamento, che fa degradare fino all'indifferenza la dimensione spaziale del fenomeno, tale da risultare “indifferente che l'attività di reclutamento avvenga in Italia o all'estero, così come non rileva la nazionalità del lavoratore” (Nota INL 1° agosto 2019 n. 622).

Gli elementi fondamentali qualificanti la fattispecie di reato in discorso sono previsti dall'art. 603 bis c.p., che li individua nel reclutamento di manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento dello stato di bisogno dei lavoratori, al pari della loro utilizzazione, assunzione, impiego, anche mediante l'attività di intermediazione, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.

L'intermediazione, nel caso del caporalato, dunque è una mera eventualità, non necessaria alla configurabilità dell'ipotesi di reato, così come è irrilevante, ai fini della individuazione della fattispecie e della conseguente punibilità dei responsabili, che interessi più Paesi.

Le finalità di tutela sottese all'impianto sanzionatorio previsto per il caporalato sono tali da consentire di pretermettere tali aspetti, in considerazione del fine che perseguono: l'eliminazione dello sfruttamento delle persone.

Lo sfruttamento è individuato dalla verifica degli indici previsti ancora dalla norma penale:

  • la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;
  • la reiterata violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie;
  • la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro;
  • la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.
Conclusioni

Si delinea un quadro piuttosto chiaro, nell'ambito del quale l'INL non fa che confermare l'orientamento prospettato dal legislatore.

Nell'ambito del distacco, alla necessità di distinguerlo dalla fattispecie della somministrazione si aggiunge, nell'ipotesi di quello internazionale, la verifica della liceità delle condizioni, derivanti dalla circostanza che almeno uno dei soggetti interessati dal distacco operi stabilmente all'estero. Nel caso invece del più ampio riferimento alle “operazioni” che riguardano realtà operanti in Paesi diversi, che fanno innanzi tutto degradare l'interesse alla qualificazione giuridica della fattispecie a fronte della suscettibilità della verifica della sussistenza del “caporalato”, l'elemento territoriale, qualificativo per il distacco, è “indifferente”, perché ciò che rileva, ai fini dell'inquadramento della eventuale perseguibilità del comportamento, sono gli indici della condizione di sfruttamento, anche a prescindere dalla nazionalità del lavoratore.

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