La (ir)revocabilità delle decisioni (sull'opposizione ex art. 617 c.p.c.) del giudice dell'esecuzioneFonte: Trib. Larino , 1 agosto 2019
04 Dicembre 2019
Massima
Il provvedimento adottato dal giudice dell'esecuzione sull'opposizione agli atti esecutivi è reclamabile al collegio e, pertanto, non è revocabile ai sensi dell'art. 487 c.p.c., norma che, nel fare salvo quanto disposto dagli artt. 176 ss. c.p.c., implica il rinvio anche all'art. 177, comma 3, n. 3), c.p.c. stabilisce l'irrevocabilità e l'immodificabilità delle ordinanze per le quali la legge prevede uno speciale mezzo di reclamo. Il caso
Nel corso di un'espropriazione forzata immobiliare il Giudice dell'esecuzione di Larino dichiarava l'improseguibilità della procedura con provvedimento dei 1-2 aprile 2019; il creditore proponeva, avverso tale provvedimento, ricorso in opposizione agli atti esecutivi depositato in cancelleria il 23 aprile 2019. Successivamente, in data 28 maggio 2019, il Giudice dell'esecuzione rigettava, con ordinanza l'opposizione agli atti esecutivi ed il creditore, in data 24 giugno 2019, ne chiedeva la revoca. La questione
Il Giudice di Larino, preso atto della questione dei rapporti tra reclamabilità (o, più in generale, impugnabilità) e revoca dei provvedimenti emessi nel corso dell'espropriazione forzata, si è pronunciato nel senso dell'irrevocabilità ed immodificabilità delle ordinanze per le quali la legge prevede uno speciale mezzo di reclamo. Le soluzioni giuridiche
La soluzione accolta dal Giudice di Larino muove da diversi punti fermi. Il primo. Si tratta della regola di carattere generale stabilita dall'art. 487 c.p.c. amente del quale tutti i provvedimenti del giudice dell'esecuzione sono modificabili e revocabili sempre che non abbiano avuto esecuzione. Al riguardo è bene precisare che la nozione di esecuzione delle ordinanze coincide con la realizzazione dell'atto processuale immediatamente successivo e dipendente dall'ordinanza di cui rappresenta l'attuazione (Per tutti cfr. G. Tarzia, L'oggetto del processo di espropriazione, Milano 1961, 434). Da questa impostazione deriva che sono irrevocabili ed immodificabili tutti i provvedimenti che producono, immediatamente ed automaticamente, i propri effetti, e che, pertanto, non richiedono un ulteriore atto. Tra questi provvedimenti sembra possa includersi quello dichiarativo della improseguibilità dell'esecuzione, che essendo immediatamente esecutivo, non è revocabile. A conforto di tale interpretazione il Giudice dell'esecuzione di Larino richiama anche la giurisprudenza di legittimità, sulla definitività dei provvedimenti «conclusivi del procedimento esecutivo, in coerenza con le caratteristiche di quest'ultimo, che non si svolge nel contraddittorio delle parti e non tende a un provvedimento di merito avente contenuto decisorio, e tuttavia sancisce la irrevocabilità dei provvedimenti del giudice dell'esecuzione, una volta che essi abbiano avuto esecuzione (art. 487 c.p.c.)». (Si tratta di un orientamento risalente a Cass. civ., 3 luglio 1969, n. 2434 e confermato più di recente da Cass. civ., 23 agosto 2018, n. 20994 e da Cass. civ., ord., 13 febbraio 2019, n. 4263). Il secondo. Il provvedimento adottato dal giudice dell'esecuzione sull'opposizione agli atti esecutivi promossa ex art. 617 è reclamabile dinanzi al collegio (Cass. civ. 13 aprile 2017, n. 9652; Cass. civ., 8 maggio 2010, n. 11243) con la conseguenza che lo strumento della revoca ex art. 487 c.p.c. non è praticabile poiché l'art. 487 c.p.c. richiama gli artt. 176 ss. c.p.c., tra i quali l'art. 177, comma 3, n. 3), c.p.c. che stabilisce la irrevocabilità e l'immodificabilità delle ordinanze per le quali la legge prevede uno speciale mezzo di reclamo. In sintesi: la via “ordinaria” per dedurre eventuali irregolarità o illegittimità dei provvedimenti del g.e. è l'opposizione agli atti esecutivi (cfr., per tutti, R. Oriani, L'opposizione agli atti esecutivi, Napoli 1987, 33; in giurisprudenza v. Cass. civ., 29 maggio 2014, n. 12053, secondo cui il provvedimento del giudice dell'esecuzione, una volta eseguito, non è revocabile o modificabile dallo stesso giudice, ai sensi dell'art. 487 c.p.c., ma è impugnabile, con le forme e nei termini di cui all'art. 617 c.p.c., senza che l'avvenuta esecuzione osti all'esame nel merito dei motivi dell'opposizione agli atti esecutivi, la cui fondatezza comporta l'annullamento del provvedimento opposto, ponendo nel nulla retroattivamente gli effetti prodotti in sede esecutiva). Il terzo. Si tratta, a ben guardare, del corollario del precedente assunto, essendo piano che il provvedimento pronunciato all'esito della opposizione agli atti esecutivi (o del provvedimento avverso il quale l'opposizione è stata promossa) è irrevocabile per due diversi ordini di ragioni. Innanzitutto rileva l'esigenza di stabilità degli atti e delle attività compiute nella procedura esecutiva (così Trib. Milano, sez. III, ord., 14 febbraio 2015, richiamata nel testo del provvedimento che si commenta); si aggiunga che, a ritenere diversamente, si finirebbe per aggirare da un lato la natura perentoria del termine per proporre opposizione, dall'altro lo specifico rimedio del reclamo al collegio normativamente previsto.
Osservazioni
Le motivazioni addotte dal Giudice dell'esecuzione di Larino, nel provvedimento in commento, ci sembrano corrette. Alle considerazioni sviluppate poc'anzi va, per completezza, aggiunto un altro elemento che conferma l'irrevocabilità del provvedimento di estinzione da parte del giudice dell'esecuzione: salva diversa disposizione di legge (v., ad es., l'art. 617 c.p.c. quale norma generale di impugnazione dei provvedimenti del g.e. e dunque anche di quelli che dichiarino l'estinzione del giudizio per cause diverse da quelle tipiche previste per legge (Cass. civ., 28 settembre 2011, n. 19858) nel qual caso il rimedio esperibile è quello del reclamo ex art. 629, comma 3, c.p.c.), il giudice quando dichiara l'estinzione/improcedibilità dell'esecuzione si spoglia del relativo procedimento, con conseguente caducazione della competenza a pronunciarsi rispetto ad esso. Sicché correttamente il Giudice di Larino non ha rigettato l'istanza di revoca, limitandosi a pronunciare un mero “non luogo a provvedere”.
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