Rimessione alla Corte di giustizia UE della questione interpretativa su un caso di licenziamento collettivo
Sabrina Apa
19 Dicembre 2019
Alla luce del fatto che nel giro di soli tre anni (2015 - 2018) il Legislatore nazionale ha introdotto diversi modelli sanzionatori concorrenti per i licenziamenti collettivi, determinando così la coesistenza di regimi profondamente diversi tra loro che possono trovare contestuale applicazione per una stessa violazione in una medesima procedura di licenziamento collettivo, sono state sottoposte alla Corte di giustizia dell'Unione europea le seguenti questioni interpretative...
Alla luce del fatto che nel giro di soli tre anni (2015-2018) il Legislatore nazionale ha introdotto diversi modelli sanzionatori concorrenti per i licenziamenti collettivi, determinando così la coesistenza di regimi profondamente diversi tra loro che possono trovare contestuale applicazione per una stessa violazione in una medesima procedura di licenziamento collettivo, sono state sottoposte alla Corte di giustizia dell'Unione europea le seguenti questioni interpretative:
Se l'art. 30 della CDFUE debba essere interpretato nel senso di riconoscere, in caso di licenziamenti collettivi illegittimi, un diritto a una tutela qualificata da parametri di effettività, efficacia, adeguatezza e deterrenza, in quanto tali requisiti costituiscono il carattere delle sanzioni previste dal “diritto dell'Unione” a salvaguardia del rispetto di valori fondamentali, rispetto ai quali la norma nazionale - ovvero la prassi applicativa - che assicura la concreta misura sanzionatoria contro ogni licenziamento ingiustificato, deve conformarsi. Se, di conseguenza, i suddetti parametri costituiscano un limite esterno rilevante e utilizzabile nel giudizio ai fini delle azioni riconosciute al Giudice nazionale per l'adeguamento al diritto dell'UE della normativa o della prassi nazionale attuativa della direttiva 98/59/CE.
Se, al fine di definire il livello di tutela imposto dall'ordinamento dell'Unione, in caso di licenziamento collettivo illegittimo, l'art. 30 della CDFUE debba essere interpretato tenendo “in debito conto”, e quindi considerando rilevante, il significato materiale dell'art. 24 della Carta sociale europea revisionata, richiamata nelle Spiegazioni, così come risultante dalle decisioni del Comitato europeo dei diritti sociali, e se, di conseguenza, il diritto dell'Unione osti ad una normativa nazionale e ad una prassi applicativa che, nell'escludere una misura reintegratoria del posto di lavoro, limiti la tutela ad un rimedio meramente indennitario, caratterizzato da un plafond parametrato al criterio prioritario dell'anzianità lavorativa, e non al ristoro del danno subito dal lavoratore per effetto della perdita della sua fonte di sostentamento.
Se, quindi, il Giudice nazionale, nel valutare il grado di compatibilità della norma interna che attua, ovvero stabilisce la misura della tutela in caso di licenziamenti collettivi illegittimi (per violazione dei criteri di scelta), debba considerare il contenuto elaborato dalla Carta sociale europea risultante dalle decisioni dei suoi organi e comunque ritenere necessaria una tutela satisfattiva piena o, quantomeno tendenzialmente tale, delle conseguenze economiche derivate dalla perdita del contratto di lavoro.
Se gli articoli 20-21, 34 e 47 della CDFUE ostino all'introduzione di una normativa o di una prassi applicativa da parte di uno Stato membro, attuativa della direttiva 98/59/CE, che preveda, per i soli lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015 coinvolti nella medesima procedura, un sistema sanzionatorio che esclude, diversamente da quanto assicurato agli altri lavoratori sottoposti alla medesima procedura, ma assunti in data antecedente, la reintegra nel posto di lavoro e, comunque, il ristoro delle conseguenze derivanti dalla perdita del reddito e dalla perdita della copertura previdenziale, riconoscendo esclusivamente un indennizzo caratterizzato da un importo determinato in via prioritaria sul parametro dell'anzianità lavorativa, differenziando, quindi, sulla base della data di assunzione, la sanzione in modo da generare una diversità di livelli di tutela basati sul summenzionato criterio e non sulle conseguenze effettive subite a seguito della ingiusta perdita della fonte di sostentamento.
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