Presunzione di condominialità e analisi della casistica

15 Gennaio 2020

Gli edifici in condominio sono caratterizzati dalla compresenza di porzioni immobiliari di proprietà esclusiva e di porzioni immobiliari di proprietà comune. Sulle unità immobiliari autonome si costituisce il diritto di proprietà singola di cui agli artt. 832 ss. c.c., mentre sulle porzioni di proprietà comune si costituisce il diritto di condominio disciplinato dall'art. 1118 c.c. Le parti comuni per lo più non costituiscono beni autonomi ed hanno una relazione di accessorietà con le unità immobiliari di proprietà esclusiva. La fonte normativa per individuarle è costituita dall'art. 1117 c.c., norma che, implementata dall'art. 1 della l. n. 220/2012, propone un elenco (diviso in tre sottogruppi) di beni da presumersi oggetto di proprietà comune (dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piani di un edificio) “qualora il contrario non risulti dal titolo”.
Il quadro normativo

La norma è stata concepita in modo “aperto” e contiene una elencazione non tassativa ma solo esemplificativa delle cose comuni che si evince dall'uso terminologico, nel testo normativo, del “come” (Cass.civ., sez.II, 29 gennaio 2015, n.1680; Cass.civ., sez.II, 18 aprile 2002, n.5633; Cass. civ., sez.II, 9 giugno 2000, n.7889).

La presunzione legale di condominialità stabilita per i beni elencati nella norma deriva dal fatto che tra le cose comuni ed i piani (o le porzioni di piano) vi sono differenti tipologie relazionali:

- art. 1117, n. 1), c.c.: i beni elencati nel primo gruppo sono quelli “necessari all'uso comune”. Tale caratteristica si rinviene in tutte le parti strutturali, costitutive ed essenziali dell'edificio, indispensabili e non suscettibili di separazione materiale o funzionale (in genere esiste un legame materiale di incorporazione, che rende le parti comuni indissolubilmente legate a quelle esclusive ed essenziali per la stessa esistenza o per l'uso di queste da cui non possono essere separate: muri, pilastri, travi portanti, tetti, fondazioni, ecc.);

- art.1117, n. 2), c.c.: nel secondo elenco sono inseriti i locali e le aree destinati al servizio comune (portineria, alloggio del portiere, lavanderia, stenditori, sottotetti, parcheggi). Nuova la previsione delle aree destinate al parcheggio che ora hanno una loro autonoma collocazione rispetto ai cortili dai quali si differenziano quanto alla loro specifica funzione. Si tratta di locali per loro natura suscettibili di utilizzazione autonoma e semplicemente funzionali all'uso e al godimento delle unità singole e che per poter entrare nell'art.1117, n. 2), c.c. necessitano di una specifica destinazione al servizio comune. Per detti beni, la cessione in proprietà esclusiva può essere separata dal diritto di condominio sui beni comuni - sicché la presunzione di cui all'art. 1117 c.c. può risultare superata dal titolo (si pensi al sottotetto, allo stenditoio).

- art.1117, n. 3), c.c.: in detto gruppo sono collocate le opere, installazioni e i manufatti di qualsiasi genere che servono all'uso o al godimento comune. Le moderne tecnologie hanno da tempo evidenziato quali beni, oltre a quelli specificamente elencati, rientrino nelle opere comuni: i cornicioni, le grondaie dirette a raccogliere l'acqua piovana, impianto telefonico, le canne fumarie ramificate, l'impianto di ascensore, l'antenna centralizzata, i condotti fognari. La norma precisa che le opere di cui al gruppo numero tre non sono oggetto di proprietà comune per tutta la loro estensione ma solo “fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza”.

Con riferimento alla relazione funzionale, la giurisprudenza ha precisato, anche di recente, che essa sussiste ogni qual volta sia accertato in fatto un rapporto di accessorietà necessaria che lega alcune parti comuni ad unità o porzioni di proprietà individuale, delle quali le prime rendono possibile l'esistenza stessa o l'uso (Cass. civ.,sez. II, 16 gennaio 2018, n. 884: nel caso all'esame della Corte, i posti auto di proprietà esclusiva appartenevano strutturalmente al complesso edilizio condominiale e perciò, rispetto ad essi, sussisteva il collegamento strumentale, materiale funzionale ovvero la relazione di accessorio, con le parti comuni; pertanto, anche i proprietari esclusivi di spazi destinati a posti auto compresi nel complesso condominiale, possono dirsi condomini in base ai criteri di cui all'art. 1117 c.c. e, quindi, presumersi comproprietari di quelle parti comuni che, al momento della formazione del condominio, si trovassero in rapporto di accessorietà, strutturale e funzionale, con le singole porzioni immobiliari).

Villette a schiera e presunzione di condominialità (Cass. civ., sez.II, 3 maggio 2019, n. 11729): in considerazione del rapporto di accessorietà necessaria che lega le parti comuni dell'edificio alle proprietà singole, la condominiale da non è esclusa per il solo fatto che le costruzioni siano realizzate, anziché come porzioni di piano l'una sull'altra (condominio verticale) quali proprietà singole in sequenza (villette a schiera, condominio in orizzontale) poiché la nozione di condominio è configurabile anche nel caso di immobili adiacenti orizzontalmente ove dotati delle strutture e degli impianti essenziali indicati dall'art. 1117 c.c.

Accessorium sequitur principale

Le vicende traslative riguardanti i piani o le porzioni di piano di proprietà individuale estendono i loro effetti, secondo il principio accessorium sequitur principale, alle parti comuni - necessarie per la struttura o destinate per la funzione al servizio degli immobili di proprietà solitaria -; non anche, invece, alle cose legate all'edificio da mera relazione spaziale, costituenti beni ontologicamente diversi suscettibili di godimento fine a se stesso, che si attua in modo indipendente da quello delle unità abitative: così, ad esempio, nel silenzio di un contratto di vendita di un appartamento, può essere escluso che le parti abbiano inteso ricomprendere nel trasferimento anche la quota millesimale di comproprietà di una diversa area condominiale scoperta (l'esempio è tratto da Cass. civ., sez. II, 27 aprile 1993, n. 4931; v. anche Cass. civ., sez. II, 28 aprile 2004, n. 8119; Cass. civ., sez. II, 18 gennaio 2005, n. 962; Cass. civ., sez. II, 16 aprile 1988, n. 2999; Cass. civ., sez. II, 7 maggio 2010, n. 11195).

Conseguenze della presunzione di condominialità

Per effetto della presunzione fissata dall'art.1117 c.c., in tema di condominio negli edifici, per tutelare la proprietà di un bene appartenente a quelli indicati dall'art. 1117 c.c., non è necessario che il condominio dimostri, con il rigore richiesto per la rivendicazione, la comproprietà del medesimo, essendo sufficiente, per presumerne la natura condominiale, che esso abbia l'attitudine funzionale al servizio o al godimento collettivo e, cioè, sia collegato, strumentalmente, materialmente o funzionalmente con le unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini, in rapporto con queste da accessorio a principale, mentre spetta al condomino che ne afferma la proprietà esclusiva darne la prova (v. al riguardo Trib. Roma 23 maggio 2019, n. 10893, in cui si fa applicazione di detto principio di diritto affermato in Cass. civ., sez.II, 5 febbraio 2019, n.3310 e dei precedenti riportati anche in Cass.civ., sez.II, 7 agosto 2018, n. 20593). Secondo la giurisprudenza citata: “in tema di condominio negli edifici, per tutelare la proprietà di un bene appartenente a quelli elencati dall'art.1117 c.c. non è necessario che il condominio dimostri con il rigore richiesto per le rivendicazioni la comproprietà del medesimo bene, essendo sufficiente, per presumere la natura condominiale, che esso abbia l'attitudine funzionale al servizio o al godimento collettivo”.

Tanto più che il condominio può provare l'appartenenza dei beni ai sensi del citato art.1117 c.c. facendo ricorso a presunzioni (Cass.civ., sez.II, 28 luglio 2015, n.15929; Cass.civ., sez.II, 8 maggio 2017, n.11184, in una fattispecie relativa ad un sottotetto).

Il titolo contrario

L'art. 1117 c.c. presume la condominialità di alcune parti dell'edificio. Ma tale presunzione ha effetto “se non risulta il contrario dal titolo”. Il titolo ai sensi dell'art. 1117 c.c. consente di escludere la comunione delle parti dell'edificio indicate dalla stessa norma. La riserva di proprietà esclusiva può riguardare ogni parte del palazzo condominiale senza limitazione alcuna. Il titolo non può che essere rappresentato dall'atto costitutivo del condominio e, quindi, dal primo atto di trasferimento di una unità immobiliare dell'originario proprietario ad altro soggetto (Cass.civ., sez.II,22 agosto 2002,n.12340; Cass.civ., sez.II, 27 maggio 2011, n.11812). Pertanto, se in occasione della prima vendita la proprietà di un bene potenzialmente rientrante nell'ambito dei beni comuni risulti riservata ad uno solo dei contraenti, deve escludersi che tale bene possa farsi rientrare nel novero di quelli comuni (Cass.civ., sez. II, 9 agosto 2018, n. 20693).

Si ritiene, invece, che il regolamento di condominio non abbia la capacità di superare la suddetta presunzione di condominialità, salvo il caso particolare in cui il regolamento di condominio sia stato redatto da tutti i condomini. In tal caso, infatti, il regolamento condominiale sostanzialmente assurge a valore di contratto tra le parti integrato al rogito. Analoga situazione si può avere quando è lo stesso costruttore dell'immobile a redigere il regolamento di condominio, contenente una clausola con cui esclude una (o più) parti dalla comunione. Tale regolamento depositandolo agli redatti dal notaio, e successivamente richiamato da tutti gli atti di acquisto, costituisce parte integrante di questi ultimi. Quindi, sebbene il regolamento di condominio non possa considerarsi titolo autonomo attributivo del diritto di proprietà, con quello predisposto dall'originario unico proprietario dell'intero edificio, qualora esso sia stato accettato dagli acquirenti dei singoli appartamenti e regolarmente trascritto nei registri immobiliari, può essere attribuita la comproprietà di beni non facenti parte nella elencazione di cui all'articolo 1117 c.c. (Cass. civ., sez.II, 11 novembre 2002, n.15794).

L'inclusione di un bene nelle tabelle millesimali, come proprietà esclusiva del singolo condomino (Cass.civ., sez.II, 23 agosto 2007, n.17928) non vale a superare la citata presunzione di condominialità. Parimenti va detto per la scheda catastale, avente solo valore indiziario (Cass. civ., sez.II, 30 aprile 2014, n.9523).

Ai fini della esclusione della presunzione di proprietà comune prevista dall'art. 1117 c.c. non è necessario che il contrario risulti in modo espresso dal titolo, essendo sufficiente che da questo emergano elementi univoci in contrasto con la reale esistenza di un diritto di comunione, dovendo la citata presunzione fondarsi sempre su elementi obiettivi che rivelino l'attitudine funzionale del bene al servizio o al godimento collettivo. Ne consegue che viene meno il presupposto della suddetta presunzione quando il bene, per le sue obiettive caratteristiche strutturali, serve in modo esclusivo all'uso o al godimento di una sola parte dell'immobile, oggetto di un autonomo diritto di proprietà, o risulta comunque essere stato a suo tempo destinato dall'originario proprietario dell'intero immobile ad un uso esclusivo, così da rivelare - sulla base di elementi oggettivi, secondo l'incensurabile apprezzamento del giudice di merito - che si tratta di un bene dotato di propria autonomia e perciò non destinato a servizio dell'edificio condominiale (Cass. civ., sez. II, 24 aprile 2018, n. 10073).

L'accertamento relativo al fatto che un determinato bene, per la sua struttura e conformazione e per la funzione cui è destinato, rientri tra quelli condominiali oppure sia di proprietà esclusiva di uno dei condomini (sussistenza del legame di essenziale indissolubilità e/o di accessorietà tra il bene di proprietà singola e gli altri beni, dotati astrattamente di una propria autonomia) è valutazione in fatto, sottratta al giudizio di legittimità, ove adeguatamente motivata, da parte del giudice di merito e “allo stesso giudice è demandata anche l'interpretazione dei titoli allegati per escludere il diritto di condominio e la valutazione sulla loro idoneità e sufficienza rispetto al fine dedotto” (Cass.civ., sez. II, 21 dicembre 2007, n. 27145).

Va precisato, infine, che la clausola contenuta nel contratto di vendita di una unità immobiliare di un condominio, con la quale viene esclusa dal trasferimento la proprietà di alcune parti comuni è nulla poiché con essa si attua la rinuncia di un condomino alle predette parti vietata dal capoverso dell'art.1118 c.c. (Cass.civ., sez.II, 29 gennaio 2015, n. 1680).

Delibera condominiale

La delibera condominiale, che accerti a maggioranza l'ambito dei beni comuni e l'estensione delle proprietà esclusive in deroga all'art.1117 c.c. è nulla perché inidonea a comportare l'acquisto a titolo di relativo di tali diritti, non essendo sufficiente, all'uopo, un atto meramente cognitivo ed occorrendo al contrario l'accordo di tutti i comproprietari espresso in forma scritta (Cass.civ., sez.II, 31 agosto 2017,n.20612). In tema di condominio infatti non rientra nei poteri dell'assemblea la deliberazione che determini a maggioranza l'ambito dei beni comuni e delle proprietà esclusive potendo ciascun condomino interessato far valere la conseguente nullità senza essere tenuto all'osservanza del termine di decadenza di cui all'art. 1137 c.c. (Cass.civ., sez.II, 20 marzo 2015, n.5657).

Usucapione

In tema di comunione, non essendo ipotizzabile un mutamento della detenzione in possesso, né una interversione del possesso nei rapporti tra i comproprietari, ai fini della decorrenza del termine per la usucapione è idoneo soltanto un atto un comportamento il cui compimento da parte di uno dei comproprietari realizzi l'impossibilità assoluta per gli altri partecipanti di proseguire un rapporto materiale con il bene e, inoltre, denoti inequivocabilmente l'intenzione di possedere bene in maniera esclusiva (Cass. civ., sez.II, 9 giugno 2015, n.11903).

Non è sufficiente che gli altri condomini si siano astenuti dall'uso del bene comune ma occorre allegare e dimostrare di avere goduto del bene stesso attraverso un proprio possesso esclusivo in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale è da evidenziare una inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus, senza opposizione, per il tempo utile ad usucapire (Cass.civ., sez.II, 23 luglio 2010, n.17322).

Il condominio, invece, deve ritenersi privo di legittimazione attiva ad avanzare domanda ex art. 1158 c.c. salvo che per i limitati effetti previsti dalla novella in tema di trascrizione in quanto mero ente di gestione privo di soggettività giuridica e di autonomia patrimoniale come si ricava dall'art. 1131 c.c. che qualifica l'amministratore come rappresentante dei condòmini, dalla natura (parziaria) delle obbligazioni dei condomini, dall'inesistenza di un fondo del condominio. Pertanto, l'acquisto della proprietà dei beni comuni non può che affermarsi in capo ai condomini, soli soggetti attivamente legittimati.

Condominio parziale

Sussiste condominio parziale ex lege, in base alla previsione dell'art. 1123, comma 3, c.c., ogni volta che un bene, rientrante tra quelli ex art. 1117 c.c. sia destinato, per obiettive caratteristiche strutturali e funzionali, servizio e il godimento esclusivo di una parte soltanto dell'edificio condominiale; tale figura risponde alla ratio di semplificare i rapporti gestori interni alla collettività condominiale, sicché il quorum, costitutivo deliberativo, dell'assemblea nel cui ordine del giorno risultino argomenti afferenti la comunione di determinati beni o servizi limitati solo ad alcuni condomini, va calcolato con esclusivo riferimento a costoro e alle unità immobiliari direttamente interessate (Cass.civ., sez.II, 2 marzo 2016, n. 4127).

Casistica

Portone di ingresso-androne-scale dell'androne essendo elementi strutturali necessarie all'edificazione di uno stabile condominiale e mezzo indispensabile per accedere al tetto e al terrazzo di copertura conservano, in assenza di titolo contrario, la qualità di parti comuni, come indicato nell'art. 1117 c.c., anche relativamente ai condòmini proprietari di negozi con locali sotterranei con accesso dalla strada, poiché anche tali condòmini usufruiscono, quanto meno in ordine alla conservazione e manutenzione, della copertura dell'edificio; ne consegue l'applicabilità della tabella millesimale generale ai fini del computo dei quorum per la ripartizione delle spese per i lavori di manutenzione straordinaria dell'androne delle scale cui anche di tutti i condomini sono tenuti a concorrere, in un rapporto e in proporzione all'utilità che possono in ipotesi di trarne (Cass.civ., sez.II. 20 aprile 2017,n. 9986).

Impianti destinati all'uso comune: premesso che a norma dell'art. 1117, n.3), c.c. si presumono comuni i canali di scarico solo fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva, va escluso che rientri nella proprietà condominiale la c.d. braga (vale a dire l'elemento di raccordo tra la tubatura verticale di pertinenza del singolo appartamento e quella verticale di pertinenza condominiale ) atteso che la stessa, a differenza della colonna verticale che raccogliendo gli scarichi di tutti gli appartamenti è funzionale all'uso di tutti i condomini, serve soltanto a convogliare gli scarichi di pertinenza del singolo appartamento (Cass. civ., sez.II, 17 gennaio 2018, n.1027).

La presunzione di proprietà comune dell'impianto idrico di un immobile condominiale, ex art. 1117, n. 3), c.c., non può estendersi a quella parte dell'impianto ricompresa nell'appartamento dei singoli condomini, cioè nella sfera di proprietà esclusiva di questi e, di conseguenza, nemmeno alle diramazioni che, innestandosi nel tratto di proprietà esclusiva, anche se questo sia allacciato a quello comune, servono ad addurre acqua negli appartamenti degli altri proprietari (la S.C. ha enunciato il detto principio in una fattispecie in cui le infiltrazioni erano state causate dalla rottura della chiave di distacco dell'acqua sita nella cucina dell'appartamento sovrastante: Cass. civ., sez. II, 26 ottobre 2018, n. 27248).

Spazio sottostante il suolo in cui sorge l'edificio: lo spazio sottostante il suolo di un edificio condominiale, in mancanza di un titolo che ne attribuisca la proprietà esclusiva ad uno dei condomini, va considerato di proprietà comune, per il combinato disposto degli artt. 840 e 1117 c.c., sicché, ove il singolo condomino proceda, senza il consenso degli altri partecipanti, a scavi in profondità del sottosuolo, così attraendolo nell'orbita della sua disponibilità esclusiva, si configura uno spoglio denunciabile dall'amministratore con l'azione di reintegrazione (Cass. civ., sez.II, 24 luglio 2019 n.22163; Cass.civ., sez.II, 30 marzo 2016, n. 6154).

Sottoscala: Cass.civ., sez.II, 9 settembre 2019, n.22442.

Ascensore: Trib. Napoli 24 luglio 2019, n. 2475: l'impianto di ascensore, in quanto mezzo indispensabile per accedere al tetto ed al terrazzo di copertura, riveste la qualità di parte comune anche relativamente condomini proprietari di locali sotterranei i quali ne fruiscono, quanto meno in ordine alla conservazione e manutenzione della copertura dell'edificio con conseguente obbligo in assenza di titolo contrario per costoro di concorrere ai lavori di manutenzione straordinaria e sostituzione

Lastrico solare: App.Salerno 10 luglio 2019, n. 999: il lastrico solare, potendo essere utilizzato in altri usi accessori è compreso nel novero delle parti comuni dell'edificio per il quale opera una presunzione legale di comunione che può essere superata solo se viene dimostrato che il titolo di acquisto originario aveva attribuito al singolo bene, in modo chiaro e univoco, un uso diverso da quello sinistro all'art. 1117 c.c.

terrazze a livello: pur offrendo rispetto al lastrico utilità ulteriori quali il comodo accesso e la possibilità di trattenersi svolgono pur sempre le medesime funzioni di copertura dell'edificio di lastrici e di protezione dagli agenti atmosferici devono perciò ritenersi di proprietà comune ai sensi dell'art. 1117, n.1), c.c. rimanendo attribuite in condominio ai proprietari delle singole unità immobiliari ed essendo passibili di uso esclusivo (Trib. Roma 3 dicembre 2018, n.23179).

Muri perimetrali anche se non portanti devono considerarsi muri maestri al fine della presunzione di comunione poiché determinano la consistenza volumetrica dell'edificio unitariamente considerato proteggendolo dagli agenti atmosferici e tecnici, delimitano la superficie coperta e delineano la sagoma architettonica dell'edificio stesso (Cass. civ., sez.II, 10 maggio 2018, n.11288).

Cortile comune. Il novellato art. 1117 c.c, comprende il cortile tra i beni comuni. Con tale termine si intendonotutte le aree scoperte esistenti tra una o più costruzioni che abbiano quale funzione essenziale quella di dare aria e luce, tuttavia, in tale nozione devono essere ricompresi anche gli spazi vuoti posti all'esterno delle facciate degli edifici, gli spazi verdi, le zone di rispetto, le intercapedini, i parcheggi, quand'anche non menzionati nel predetto art. 1117 c.c. Le chiostrine sono cortili interni destinati a dare aria e luce a determinati piani o porzioni di piano, attribuite per titolo in proprietà esclusiva ai proprietari dei piani superiori (Cass. civ., sez.II, 9 novembre 1993, n.11435).

Costituiscono, invece, le intercapedini, quelle zone di rispetto tra diversi edifici prescritte per esigenze di contemperamento di interessi contrapporti dei proprietari vicini, quali: l'igiene e la sicurezza pubblica/privata (Cass. civ., sez. II, 2 agosto 1977, n. 3380).

I giardini svolgono invece le seguenti funzioni: fornire aria e luce alle finestre che si affacciano sullo stesso; e, infine, concorrere al decoro architettonico dell'edificio comunale.

La Suprema Corte (Cass.civ., sez.II, 29 ottobre 2003, n. 16241) ha aderito all'orientamento maggioritario, che recepisce una nozione unitaria di cortile, comprendente le chiostrine, le intercapedini ed i giardini. In Cass. civ., sez.II, 28 gennaio 2018, n.4687 si ribadisce la natura di bene condominiale del cortile, se diversamente non risulta dal titolo. Ciò anche caso in di trasformazione in area edificabile destinata alla realizzazione di autorimesse come evidenziato in Cass.civ., sez. II, 14 giugno 2019, n. 16070 (nella specie, si era precisato come la realizzazione delle autorimesse nel cortile condominiale, sia pure in base ad una concessione rilasciata su richiesta di alcuni condomini, ne aveva determinato, in assenza di accordo rivestente la forma scritta, l'acquisto, per accessione e pro indiviso, in favore di tutti i condomini).

Piscina: il Tribunale di Termini Imerese, consent. 8 gennaio 2019, n. 7, ha accertato la natura non condominiale di una piscina sulla base della sua collocazione rispetto al restante complesso immobiliare. In realtà, le piscine non realizzano mai un nesso di condominialità agli effetti dell'art. 1117 c.c., in quanto non sono, per loro natura, caratterizzate da una relazione di accessorietà rispetto alle unità immobiliari di proprietà esclusiva.

Sottotetto: per accertare la natura condominiale con pestilenziale del sottotetto di un edificio, in mancanza del titolo, deve farsi riferimento alle sue caratteristiche strutturali e funzionali, sicché, quando il sottotetto sia oggettivamente destinato anche solo potenzialmente all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune può applicarsi la presunzione di comunione ex art. 1117 c.c.; viceversa, allorché il sottotetto assolva l'esclusiva funzione di isolare di proteggere dal caldo, dal freddo e dall'umidità all'appartamento dell'ultimo piano e non abbia dimensioni caratteristiche strutturali tali da consentirne l'utilizzazione come vano autonomo, va considerato pertinenza di tale appartamento (App. Napoli, 5 marzo 2019, n. 1224).E' oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio il sottotetto destinato all'uso comune in virtù delle sue caratteristiche strutturali e funzionali (Cass. civ., sez.VI, 15 marzo 2019, n. 7483).

Muro di recinzione di un giardino: il muro di recinzione e delimitazione di un giardino di proprietà esclusiva, pur inserito nella struttura del complesso immobiliare, non può di per sé ritenersi incluso fra le parti comuni ai sensi dell'art. 1117 c.c. atteso che tale bene è per sua natura destinato a svolgere funzioni di contenimento di quel giardino e, quindi, a tutela degli interessi del suo proprietario, e può essere compreso tra le cose condominiali solo ove ne risulti obiettivamente la diversa destinazione al necessario uso comune ovvero qualora sussista un titolo negoziale che consideri espressamente detto manufatto di proprietà comune (Trib. Roma 7 gennaio 2019, n. 184).

In conclusione

Per completezza, va accennato ad alcuni aspetti processuali.

Nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, l'accertamento in un altro giudizio dell'esclusione del rapporto di condominialità e della conseguente insussistenza dell'obbligo di concorrere alle spese, in quanto antecedente logico, è rilevante, in termini di giudicato esterno ed impedisce la riapertura della questione in difetto di elementi sopravvenuti (Cass.civ., sez. II, 23 maggio 2019, n. 14082).

Nel giudizio promosso per conseguire la rimozione di una costruzione, illegittimamente realizzata in un'unità immobiliare in danno delle parti comuni di un edificio condominiale, sono litisconsorti necessari tutti i comproprietari di tale unità, indipendentemente dal fatto che solo uno od alcuni di essi ne siano stati gli autori materiali (Cass.civ., sez. II, 28 febbraio 2018, n. 4685).

La domanda di un terzo estraneo al condominio, volta all'accertamento, con efficacia di giudicato, della proprietà esclusiva su di un bene condominiale ed al conseguente rilascio dello stesso in proprio favore, si deve svolgere in contraddittorio con tutti i condomini, stante la loro condizione di comproprietari dei beni comuni e la portata delle azioni reali, che incidono sul diritto pro quota o esclusivo di ciascun condomino, avente pertanto reale interesse a contraddire (Cass.civ., sez. II, 14 febbraio 2018, n. 3575).

In tema di condominio negli edifici, qualora un condomino agisca per l'accertamento della natura condominiale di un bene, non occorre integrare il contraddittorio nei riguardi degli altri condomini, se il convenuto eccepisca la proprietà esclusiva, senza formulare, tuttavia, un'apposita domanda riconvenzionale e, quindi, senza mettere in discussione - con finalità di ampliare il tema del decidere ed ottenere una pronuncia avente efficacia di giudicato - la comproprietà degli altri soggetti (Cass.civ., sez. un., 13 novembre 2013, n. 25454).

L'utilizzazione in via esclusiva di un bene comune da parte del singolo condomino in assenza del consenso degli altri condomini, ai quali resta precluso l'uso, anche solo potenziale, della res, determina un danno in re ipsa, quantificabile in base ai frutti civili tratti dal bene dall'autore della violazione (Cass. civ., sez. II, 28 settembre 2016, n. 19215).

Guida all'approfondimento

Mazzon, Manuale del contenzioso condominiale, Rimini, 2019

Triola, Il nuovo condominio, Torino, 2017

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