La responsabilità verso terzi dell'esecutore dei lavori
15 Gennaio 2020
Massima
La società appaltatrice dei lavori e la società progettista, che li ha eseguiti, rispondono in solido ex art. 2043 c.c. in caso di danni causati a terzi nell'esecuzione del contratto di appalto, in virtù del rapporto che intercorre tra le stesse qualificabile come subappalto, purché sussista un nesso di causalità tra i lavori eseguiti e i danni riscontrati. Dalla specificità dei singoli episodi e dalle modalità con le quali si è verificato l'evento dannoso è desumibile la responsabilità concorrente per fatto ingiusto a danno del terzo tra colui che ha eseguito l'appalto e colui che ha stipulato in origine il contratto di appalto, in deroga alla regola secondo la quale l'appaltatore risponde dei danni cagionati a terzi sul presupposto che abbia operato in autonomia con propria organizzazione e apprestando i messi a ciò necessari. Il caso
Alfa conviene in giudizio Beta, società appaltatrice, e Zeta, società progettista ed esecutore dei lavori, chiedendone l'accertamento della responsabilità solidale e la condanna al risarcimento del dannosubito dall'immobile di proprietà in uso. Le due società si costituiscono in giudizio, chiamando in garanzia le Compagnie X e Y, che contestano nel merito la domanda e la chiamata in garanzia.A seguito del fallimento della società Beta viene interrotto il giudizio, riassunto poi dagli attori. Zeta rappresenta in udienza che Beta era stata sottoposta ad Amministrazione Straordinaria e che era stato dichiarato lo stato di insolvenza con sentenza. Interrotto il processo, gli attori riassumono la causa nei confronti di Beta, in persona del curatore fallimentare, di Zeta, di X e di Y, che viene istruita con l'escussione dei testi e una CTU. Il giudice di prime cure dichiara improcedibile la domanda di garanzia nei confronti di X e Y, poiché le polizze di assicurazione furono stipulate soltanto con una delle due società; rigetta la domanda di garanzia proposta da Zeta perché non è stato prodotto alcun contratto di assicurazione; condanna Zeta al pagamento di una somma, quale risarcimento dei danni a favore di Alfa, riconoscendola responsabile ex art. 2043 c.c.; condanna Beta, in persona del liquidatore pro tempore, al pagamento delle spese processuali in favore degli attori; pone le spese di CTU, liquidate in separato decreto, a carico di Zeta. La questione
Il rapporto tra la società che ha concluso il contratto di appalto e la società che ha eseguito i lavori si può qualificare come subappalto? Nel contratto di appalto risponde dei danni a terzi soltanto l'appaltatore? È ammissibile una responsabilità solidale tra l'appaltatore e l'esecutore dei lavori? Le soluzioni giuridiche
La responsabilità dell'appaltatore L'art. 1655 c.c. stabilisce che l'appalto è il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro. Nell'ipotesi di danni derivanti a terzi dall'esecuzione del contratto risponde di regola esclusivamente l'appaltatore, poiché egli opera in autonomia con propria organizzazione e apprestando i mezzi a ciò necessari (Cass. civ., sez. III, sent. n. 23442/2018; Trib. Pavia, sez. III, sent. 12 aprile 2019).
Il rapporto tra la società appaltatrice e subcommittente Il Tribunale esamina la natura giuridica del rapporto che intercorre tra le società convenute, ovvero tra l'appaltatore e la società, che ha effettuato la progettazione, nonché l'esecuzione dei lavori. Secondo il giudice di prime cure tale rapporto deve essere qualificato come subappalto. Si rammenta che ex art. 105, d.lgs. n. 50/2016, «il subappalto è il contratto con il quale l'appaltatore affida a terzi l'esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto». La norma sancisce che «costituisce comunque subappalto qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l'impiego di manodopera». Ordunque, la mera sostituzione nell'esecuzione della prestazione contrattuale integra la fattispecie. Di talché la società che ha progettato ed eseguito i lavori deve essere considerata titolare di un contratto di subappalto, derivato da quello stipulato dalla società appaltatrice.
La configurazione della responsabilità Il Tribunale evidenzia che la fattispecie configura responsabilità ex art. 2043 c.c. L'appaltatore ha commesso un errore nell'individuazione della società che ha eseguito i lavori e ha disatteso l'obbligo di sorveglianza e controllo sulla stessa, omettendo di monitorare l'attività da essa svolta. Nel caso di specie, l'ordinamento appresta maggiore tutela ai terzi dai danni ingiusti causati dall'agente. Ne consegue che la società appaltatrice e la società che ha eseguito i lavori sono responsabili in solido art. 2043 c.c. nei confronti degli attori, proprietari dell'immobile danneggiato.
Il nesso di causalità e i profili risarcitori Il Tribunale rileva nel corso dell'istruttoria che l'immobile di parte attrice era stato ristrutturato di recente e si presentava in ottime condizioni e privo di difetti prima dell'inizio dei lavori di prolungamento della rete metropolitana urbana. Successivamente all'apertura del cantiere nel tratto antistante l'edificio, le vibrazioni e gli scuotimenti prodotti dagli scavi effettuati a ridosso delle fondamenta del fabbricato hanno provocato fessurazioni lungo le pareti e dietro il mobilio, come evidenziato dal consulente di parte e teste escusso. Nel caso di specie, il nesso di causalità consiste nella peculiare relazione tra fatto illecito e danno ingiusto, che non si sarebbe verificato senza la realizzazione dei lavori. Il profilo risarcitorio rileva in capo alla società appaltatrice e al subappaltatore, che ha eseguito i lavori, entrambi responsabili in solido dei «danni causati dal cantiere a terzi, dovendosi avere riguardo alla specificità dei singoli episodi e alle modalità con le quali si è verificato l'evento dannoso (Cass. civ., sez. III, sent. n. 25758/2013)».
Il danno patito e risarcito Il Tribunale, rilevato il danno ingiusto causato dal comportamento colpevole del soggetto agente e dell'appaltatore che non ha effettuato sui lavori eseguiti dallo stesso alcun controllo e la vigilanza dovuta, condanna le società convenute al risarcimento dei danni patrimoniali e morali subiti da parte attrice. Data la prevalente funzione riparatoria della responsabilità ex art. 2043 c.c., la quantificazione del danno patrimoniale diretta al ristoro dei comproprietari danneggiati comprende le spese sostenute per la riparazione dei danni, così come indicate dal CTU e il corrispettivo pagato per la consulenza; il danno per il mancato godimento dell'immobile viene determinato dal giudice in via equitativa.
Osservazioni
La pronuncia analizza i criteri di imputazione della responsabilità ex art. 2043 c.c., muovendo dal principio secondo cui «l'appaltatore di opere pubbliche è di regola da considerarsi l'unico responsabile dei danni cagionati a terzi nel corso dei lavori, poiché i limiti della sua autonomia non fanno venir meno il suo dovere di assumere le iniziative necessarie per la corretta attuazione del contratto anche a tutela dei terzi (Cass. civ., sez. I, ord. 22 agosto 2018 n. 20942)». Qualificato il rapporto tra la società appaltatrice e l'esecutore dei lavori, quale subappalto, addebita a entrambi l'evento dannoso ex art. 2043 c.c.: alla prima per culpa in eligendo, poiché il subappaltatore mancava delle necessarie capacità tecniche indispensabili per realizzare a regola d'arte le opere, nonché per culpa in vigilando, in quanto è venuta meno all'obbligo di sorveglianza e controllo dell'attività svolta dal predetto; alla seconda per aver cagionato il danno ingiusto a terzi. Si rammenta che l'obbligazione assunta dal subappaltatore ha natura di obbligazione di risultato. Di conseguenza, «la diligenza nell'adempimento deve essere valutata in base ai criteri dell'art. 1176, comma 2, c.c. (App. Milano, sez. IV, 22 febbraio 2019)». Con riguardo al subappalto, si segnala che la Corte di Giustizia europea, con la sentenza C63/2019, ha affermato che il limite generale e astratto (30%) previsto dall'art. 105, d.lgs. n. 50/2016, ossia la restrizione quantitativa al ricorso di tale istituto, non rappresenta uno strumento efficace per garantire l'integrità del mercato dei contratti pubblici e la prevenzione di infiltrazioni della criminalità organizzata in questo settore. La responsabilità per fatto illecito risponde al bisogno di apprestare ampia tutela per il danno ingiusto cagionato ai terzi. Il rimedio risarcitorio assume una connotazione satisfattiva, parametrata sia alla misura effettiva del danno, sia al valore del mancato godimento dell'immobile, ovvero al diritto negato.
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