Il nuovo assetto dei reati fiscali e della responsabilità amministrativa degli enti

17 Gennaio 2020

La Legge di conversione del Decreto Fiscale collegato alla Legge di Bilancio 2020 conferma, se pur con alcune modifiche rispetto alla versione originaria del decreto, l'inasprimento delle pene principali e la riduzione delle soglie di rilevanza penale per la maggior parte dei reati tributari. Confermata, altresì, l'applicazione al comparto penale tributario di misure e sanzioni di natura patrimoniale (sequestro e confisca “per sproporzione”), limitata però alle ipotesi di reato connotate da fraudolenza. Ampliato, infine, il novero dei reati tributari che fanno scattare la responsabilità penale dell'ente ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001.
Le modifiche al D.L. fiscale introdotte in sede di conversione

È stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 301 del 24 dicembre 2019 la Legge n. 157/2019 di conversone del D.L. n. 124/2019. La Legge di conversione conferma, se pur con alcune modifiche, il generale inasprimento delle pene principali e la riduzione delle soglie di rilevanza penale per i reati tributari. Introdotta, inoltre, la possibilità di ottenere una causa di non punibilità per i reati di dichiarazione fraudolenta, qualora sia estinto il debito fiscale.

Confermata la previsione dello strumento della confisca per sproporzione, anche se la stessa è stata confinata solo alle ipotesi di reato connotate da fraudolenza. Viene, inoltre, ampliato il novero dei reati tributari fonte di responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001.

È opportuno fornire una panoramica di tali modifiche, in vigore dal 25 dicembre 2019, e di eventuali problematiche o necessità connesse.

Dichiarazione fraudolenta tramite fatture false: confermato l'aumento di pena e le problematiche connesse

Confermate le modifiche introdotte al reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall'art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000.

In particolare, dal 25 dicembre 2019, la norma punisce, con la reclusione da quattro ad otto anni (pena precedente da 18 mesi a sei anni), chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o l'IVA, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi passivi fittizi.

Prevista una diminuzione della pena (da 18 mesi a 4 anni), qualora l'ammontare complessivo degli elementi passivi fittizi indicati in dichiarazione siano inferiori a 100.000 euro.

Queste novità (aumento pena e previsione attenuante) sono analoghe anche per lo speculare delitto di emissione di false fatture, previsto dall'art. 8 del D.Lgs. n. 74/2000.

L'aumento della reclusione per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di false fatture – come già evidenziato in un precedente contributo: Disciplina dei reati fiscali e responsabilità amministrativa degli enti alla luce del D.L. fiscale: profili critici e perplessità – andrà senz'altro a colpire i numerosi imprenditori che, spesso inconsapevolmente, vengono coinvolti in casi di fatturazioni soggettivamente inesistenti, riferite ad operazioni in cui l'emittente o il beneficiario dell'operazione - risultante dal documento - non sia quello reale.

La contestazione di fatture soggettivamente inesistenti, normalmente rilevata in occasione di controlli fiscali, scatta in genere quando il cedente o il prestatore non ha una struttura idonea ad effettuare l'operazione (c.d. società cartiere) o quando a seguito di alcune operazioni scompare e non adempie agli obblighi fiscali come dichiarazione o versamento.

Dal 25 dicembre scorso, imprenditori inconsapevoli rischiano, di base, la reclusione da 4 anni ed addirittura fino ad otto anni.

Il consiglio è, quindi, quello di accertarsi dell'identità e della idoneità del fornitore ad effettuare la prestazione fatturata.

Altra conseguenza dell'innalzamento di pena per il reato di false fatture è l'aumento del termine di prescrizione dell'illecito. Il termine base, che per i reati commessi fino al 25 dicembre 2019, era di sei anni, diventa di otto anni e, visto che per i reati fiscali è previsto dall'art. 17, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 74/2000 un aumento di un terzo della prescrizione, sono circa altri due anni e mezzo. Ciò vuol dire che il termine base sarà di 10 anni e sei mesi a cui aggiungere eventuali cause di interruzione della prescrizione (che ai fini penali-tributari sono anche la notifica del Pvc o dell'atto di accertamento delle relative violazioni), che aumentano di un quarto il tempo necessario a prescrivere (occorre così aggiungere altri due anni e sei mesi circa, cioè un quarto di 10 anni e sei mesi).

Alla fine, considerando il tutto, si arriva ad un termine di prescrizione in primo grado pari a 13 anni, contro i precedenti 10 anni. Ciò si traduce in più tempo, sia per la Guardia di finanza che per l'Agenzia delle entrate, per stanare l'evasione e giungere, eventualmente, ad una condanna in primo grado.

Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifizi

Confermato l'aumento di pena anche per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici che passa da 18 mesi/sei anni a tre anni di minimo edittale ed otto di massimo.

Tale fattispecie di reato è commessa da chiunque, compiendo operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente ovvero avvalendosi di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento e ad indurre in errore l'amministrazione finanziaria, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi, quando, sono superate determinate soglie (imposta evasa superiore a 30.000 euro e ammontare complessivo della base imponibile sottratta ad imposizione superiore al 5% degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o comunque, superiore a euro 1,5 milioni).

Dichiarazioni fraudolente ed estinzione del debito tributario

Una novità rilevante introdotta in sede di conversione in legge del decreto fiscale è la previsione della possibilità di ottenere una causa di non punibilità per i reati di dichiarazione fraudolenta (artt. 2 e 3), in caso di estinzione del debito tributario.

La legge di conversione estende, infatti, la non punibilità già prevista dall'art. 13, comma 2, del D.Lgs. n. 74/2000, per i reati di dichiarazione infedele e omessa presentazione (rispettivamente artt. 4 e 5 del D.Lgs. n. 74/2000) anche alla dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e mediante altri artifici. Essa scatterà allorché i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, siano estinti con l'integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso, sempreché la regolarizzazione intervenga prima che l'autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

La causa di non punibilità si basa sostanzialmente sul ravvedimento della dichiarazione contenente false fatture ovvero connotata da altri artifizi.

Finora, sia l'Agenzia delle Entrate che la Guardia di finanza avevano sempre escluso la possibilità di effettuare il ravvedimento per questo tipo di violazioni. Tale posizione di chiusura era stata da ultimo ribadita nel corso di Telefisco 2018 e si basa sulla circolare n. 180/1998, secondo cui potevano essere regolarizzati soltanto «errori e omissioni». Secondo l'Amministrazione la registrazione di fatture per operazioni inesistenti non può definirsi errore o omissione.

È evidente che l'introduzione della causa di non punibilità per queste ipotesi di reato, comporta la necessità che il fisco, contrariamente a quanto sostenuto finora, ritenga ammissibile il ravvedimento operoso delle dichiarazioni fraudolente.

Modifiche agli altri reati dichiarativi

Il reato di omessa dichiarazione di cui all'art. 5 del D.Lgs. n. 74/2000 subisce un inasprimento minore.

Il decreto-legge aveva previsto un innalzamento della pena della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni, alla reclusione da due a sei anni. La legge di conversione ha, invece, previsto che la pena, per le omesse dichiarazioni commesse a partire dal 25 dicembre 2019, è quella della reclusione da due a cinque anni.

Ciò comporta una serie di conseguenze dal punto di vista pratico poiché, ad esempio, sarà possibile continuare ad utilizzare l'istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto, previsto dall'art. 131-bis del Codice penale (il quale è applicabile ai reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla pena detentiva).

Si ricorda che le nuove regole saranno già applicabili alle dichiarazioni omesse per il periodo di imposta 2018 (dichiarazioni 2019). A differenza degli altri reati dichiarativi (i quali si consumano con la presentazione della dichiarazione), il reato di omessa presentazione si perfeziona, infatti, trascorsi infruttuosamente 90 giorni dalla scadenza. Dal momento che per le dichiarazioni 2019 i termini scadevano alla fine del mese di ottobre (per la dichiarazione del sostituto d'imposta) e di novembre 2019 (per le altre dichiarazioni), alle dichiarazioni delle imposte sui redditi e del sostituto di imposta omesse (con imposta evasa superiore a 50mila euro) si applicheranno da subito le nuove regole.

Anche le modifiche al reato di dichiarazione infedele, previsto dall'art. 4 del D.Lgs. n. 74/2000, sono state leggermente mitigate in sede di conversione in legge.

Il D.L. n. 124/19, oltre ad abbassare la soglia di punibilità da 150.000 a 100.000 euro, aveva innalzato la pena da uno a tre anni a due/cinque anni.

In sede di conversione in legge, la pena massima è stata abbassata a 4 anni e sei mesi, con la importante conseguenza che ad esempio non può essere applicato l'istituto della custodia cautelare in carcere la quale è applicabile solo ai delitti puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.

Inoltre, è stata eliminata la disposizione che abrogava il comma 1-ter dell'art. 4, introdotto con l'ultima riforma apportata dal D.Lgs. n. 158/2015. Tale disposizione consentiva di ritenere non punibili le valutazioni che singolarmente considerate, producessero una differenza inferiore al 10 per cento rispetto a quelle corrette.

Il D.L. fiscale aveva inizialmente abrogato il comma 1-ter creando una serie di problematiche (si veda il precedente contributo: Disciplina dei reati fiscali e responsabilità amministrativa degli enti alla luce del D.L. fiscale: profili critici e perplessità).

La legge di conversione ha, invece, mantenuto la previsione, modificando solo la parola “singolarmente” con “complessivamente”. Di conseguenza, continueranno ad essere non punibili le valutazioni che – complessivamente e non più singolarmente considerate - differiscano in misura inferiore al 10% da quelle ritenute corrette.

Occultamento o distruzione di documenti contabili

Confermato l'aumento di pena per il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10), che passa dalla pena della reclusione da 18 mesi a sei anni a quella attuale da tre a sette anni.

Ciò ovviamente andrà ad incidere sul termine prescrizionale che passerà da un termine base di otto anni, a quello di nove anni e tre mesi (senza considerare poi l'aumento di un quarto dovuto all'interruzione).

Si ricorda che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, il delitto di distruzione di documenti o scritture contabili di cui sia obbligatoria la conservazione presenta natura di reato istantaneo e si realizza nel momento dell'eliminazione della documentazione (comprese eventuali apposizioni di cancellature o abrasioni).

Il delitto di occultamento di documenti o scritture contabili presenta, invece, natura di reato permanente, che si protrae nel tempo fino a quando il contribuente esibisca i documenti ovvero fino a quando cessi l'obbligo di conservazione ovvero, comunque, fino al momento dell'accertamento.

La diversa natura dei reati incide sulla decorrenza dei termini di prescrizione. In particolare, la condotta soppressiva di scritture contabili, avente natura istantanea, in mancanza di elementi di segno contrario, deve farsi risalire all'ultimo momento utile per la compilazione delle scritture stesse.

Quella di occultamento invece, per la sua natura permanente si protrae fino al momento dell'accertamento.

Ne deriva che, per provare a far risalire la commissione del reato ad un tempo anteriore – e beneficiare così di un termine di prescrizione allungato – in fase di controllo conviene far emergere la distruzione del documento piuttosto che occultarlo al fisco.

Le severe modifiche saranno immediatamente operative per le condotte di occultamento ma non di sottrazione. L'occultamento è infatti una condotta di tipo permanente poiché l'obbligo perdura fino a che sia consentito il controllo. Ne consegue che, in presenza di controllo successivo all'entrata in vigore della nuova normativa, troveranno applicazione le più severe pene, nonostante le scritture siano state materialmente occultate in precedenza. Al contrario, qualora sia possibile dimostrare la distruzione della documentazione in epoca antecedente l'entrata in vigore, troveranno applicazione le attuali regole e quindi le pene più miti.

Reati di omesso versamento

Il D.L. fiscale aveva abbassato le soglie di punibilità per i reati di omesso versamento delle ritenute dovute o certificate (si passava da 150.000 a 100.000 euro) e di omesso versamento IVA (da 250.000 a 150.000 euro), previsti rispettivamente dagli artt. 10-bis e 10-ter.

In sede di conversione in legge, tali modifiche sono state soppresse e dunque continuano ad essere in vigore le norme così come precedentemente formulate.

Tale cambio di rotta è sicuramente rilevante, in tema di omesso versamento IVA, anche per la scadenza del 27 dicembre 2019: l'abbassamento della soglia aveva infatti fatto sorgere il problema della rilevanza della soglia più bassa già a partire da quest'anno. Le conseguenze sarebbero state piuttosto gravi perché, verosimilmente, chi aveva omesso di versare Iva nel 2018 per carenza di liquidità e aveva provato – anche dietro suggerimento del proprio consulente - nel corso del 2019 a pagare imposta in modo da collocarsi al di sotto della soglia di rilevanza penale di 250mila si sarebbe troverebbe improvvisamente a confrontarsi con una nuova e più bassa soglia.

L'abrogazione delle modifiche originariamente apportate dal decreto fiscale al reato di omesso versamento IVA risolve tale problema; così, anche per l'IVA del 2018, la soglia di rilievo penale continua ad essere 150.000 euro.

La confisca per sproporzione

Il D.L. 124/19, oltre a inasprire il trattamento sanzionatorio dei reati tributari, introduce un'ipotesi di confisca per sproporzione (nuovo art. 12-ter del D.Lgs. 74/2000, modificato in sede di conversione in legge). Si tratta di un istituto previsto dapprima dall'art. 12-sexies del D.L. 306/1992 e poi confluito nell'art. 240-bis del Codice penale che, da strumento eccezionalissimo di lotta alla mafia qual era, ha attratto nel tempo numerosi altri reati e adesso, anche quelli tributari, seppur con alcuni limiti.

Originariamente estesa dal decreto-legge a quasi tutti i reati fiscali, con la legge di conversione questa misura riguarderà solo i delitti tributari più gravi e caratterizzati da un comportamento fraudolento, commessi dopo l'entrata in vigore della legge di conversione.

Viene così introdotta la possibilità di confiscare denaro, beni o altre utilità di cui il condannato non possa giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito dichiarato o alla propria attività economica. Mentre sinora il sequestro preventivo sin dalle fasi delle indagini preliminari finalizzato alla futura confisca, riguardava il prodotto o il profitto del reato (l'ammontare dell'imposta evasa), ora in aggiunta vi sarà la possibilità di sequestrare e poi, in caso di condanna, confiscare, anche ciò che appare sproporzionato rispetto a quanto dichiarato e all'attività economica svolta.

Si trasferisce sul soggetto che ha la titolarità o la disponibilità dei beni l'onere di dare un'esauriente spiegazione in termini economici (e non solo giuridico-formali) della liceità della loro provenienza, con l'allegazione di elementi che siano idonei a vincere questa presunzione.

In merito alla giustificazione della provenienza dei beni, il contribuente potrà evidenziare che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell'evasione fiscale, solo però se l'obbligazione tributaria sia stata estinta mediante adempimento nelle forme di legge. Così, se l'evasione da cui trae origine il reato tributario giustifica anche la sproporzione, estinguendo il relativo debito tributario si potrà prevenire l'eventuale sequestro/confisca per sproporzione.

Modifiche apportate al D.Lgs. n. 231/2001

L'art. 39, comma 2, del D.L. fiscale ha inserito l'art. 25-quinquiesdecies nel D.Lgs. n. 231/2001, relativo alla responsabilità degli enti.

Tale articolo è stato modificato in sede di legge di conversione, la quale ha previsto – accanto al reato di dichiarazione fraudolenta tramite fatture false, già punito con la sanzione fino a 500 quote – l'inserimento nel novero dei reati “fonte” della responsabilità penale per le società, anche i reati di:

  • dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (sanzione fino a 500 quote), art. 3 del D.Lgs. n. 74/2000;
  • emissione di fatture per operazioni inesistenti sia per importi superiori a 100.000 euro (sanzione fino a 500 quote), sia inferiori (sanzione fino a 400 quote), art. 8 del D.Lgs. n. 74/2000;
  • occultamento o distruzione di documenti contabili (sanzione fino a 400 quote), art. 10 del D.Lgs. n. 74/2000;
  • sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (sanzione fino a 400 quote), art. 11 del D.Lgs. n. 74/2000.

Il valore della quota, lo si ricorda, può variare da un minimo di 258 euro a un massimo di 1.549 euro: l'importo finale della sanzione irrogabile a cura del giudice penale sarà, dunque, il prodotto della singola quota per il numero di quote da applicare, per un ammontare complessivo di 619.600 euro (400 quote x 1.549,00 euro) ovvero di 774.500 euro (500 quote x 1.549,00 euro). In caso di rilevante profitto, la sanzione sarà aumentata di un terzo con la conseguenza che per gli illeciti puniti fino a 400 quote la sanzione potrà giungere fino a 815.333 euro (619.000 + 1/3) e per quelli fino a 500 quote la sanzione giungerà fino a 1.032.666 euro (774.500+1/3).

Altra novità derivante dalla legge di conversione è la possibilità di applicare le sanzioni interdittive di cui all'articolo 9, comma 2, lettere c), d) ed e) del D.Lgs. n. 231/2001, ovvero:

a) (…)

b) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;

c) l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi;

d) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

L'introduzione dei predetti delitti comporta la necessità di aggiornare i modelli di organizzazione, gestione e controllo, prevedendo l'inserimento di punti di controllo volti a minimizzare il rischio di commissione dei reati. Tra questi certamente utili possono risultare gli spunti offerti nel precedente contributo (cfr. Disciplina dei reati fiscali e responsabilità amministrativa degli enti alla luce del D.L. fiscale: profili critici e perplessità) per le ipotesi di cui all'art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000 (fatture soggettivamente e oggettivamente inesistenti e per la sovrafatturazione).

Si aggiungono, poi, i controlli validi a mitigare la fattispecie di cui all'art. 3, ovvero la dichiarazione fraudolenta tramite altri artifizi. Sul punto, dalla casistica giurisprudenziale, si suggerisce di verificare, tra gli altri, i contratti di vendita, la cessione di quote sociali, le svalutazioni del valore delle partecipazioni societarie, poiché potrebbero costituire degli artifizi utilizzati per abbattere il volume d'affari ed addivenire, così, ad una riduzione delle imposte da pagare.

Il rischio dell'emissione di fatture false, potrebbe essere mitigato prevedendo una procedura ad hoc per l'emissione delle fatture attive coinvolgendo, come spesso già accade per le società strutturate, più funzioni interne, così da avere riscontro effettivo dell'attività erogata a favore di terzi. In tali contesti, infatti, l'emissione della fattura è subordinata all'invio di una richiesta dal responsabile della commessa a favore dell'ufficio amministrazione.

Infine, per l'occultamento o la distruzione di documenti contabili e per le condotte di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte possono certamente ritenersi utili, e inserirsi nei flussi tra OdV e funzioni aziendali, i libri e la documentazione obbligatoria (es. libro giornale, libro inventari, registri Iva, libro cespiti, bilancio di esercizio, etc.), in modo da poter verificare la regolarità di tali scritture contabili e monitorare eventuali cessioni di beni.

È evidente la necessità di coinvolgere tutte le risorse aziendali nell'aggiornamento del modello così da fornire loro la corretta formazione aziendale anche in termini di whistleblowing fiscale.

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