Sulla decadenza dall'impugnativa del licenziamento del dirigente

20 Gennaio 2020

Stante il principio di stretta interpretazione delle norme in materia di decadenza, non è possibile pervenire ad un ampliamento della portata "oggettiva" dell'art. 32, comma 2, l. n. 183 del 2010 (Collegato lavoro) tale da includervi ogni ipotesi di "patologia" del licenziamento...

Il caso. L'ing. S.P., già dirigente della N.G.I. s.p.a., aveva agito per il riconoscimento della “ingiustificatezza” del recesso intimatogli dalla datrice di lavoro e per il pagamento dell'indennità supplementare ex art. 19 CCNL Dirigenti aziende industriale. Sull'impugnativa del licenziamento, il Tribunale di Velletri aveva rilevato l'intervenuta decadenza di cui alla l. n. 183 del 2010, art. 32, comma 1, non avendo il lavoratore provveduto ad impugnare il recesso nei termini previsti dalla citata norma. La Corte di Roma aveva poi accolto l'appello dichiarando tempestiva l'impugnativa e privo di giustificatezza il licenziamento.

La società datrice di lavoro aveva quindi proposto ricorso in Cassazione.

Non estensibilità della disciplina sulla decadenza del Collegato lavoro alle ipotesi di mera ingiustificatezza del licenziamento dei dirigenti. Per la Corte di cassazione, stante il principio di stretta interpretazione delle norme in materia di decadenza, non è possibile pervenire ad un ampliamento della portata "oggettiva" dell'art. 32, comma 2, l. n. 183 del 2010 (Collegato lavoro) tale da includervi ogni ipotesi di "patologia" del licenziamento, neanche considerando la specialità della materia relativa all'impugnazione dei licenziamenti rispetto ai principi di diritto comune.

Dunque, nel concetto di invalidità non può ricondursi l'ipotesi della "ingiustificatezza" di fonte convenzionale, cui consegue la tutela meramente risarcitoria dell'indennità supplementare.

Quest'ultima si collega ad un atto incontestatamente e pacificamente valido, che incide in termini solutori sul rapporto di lavoro. A ciò consegue che l'ambito di applicabilità oggettiva dell'art. 32, comma 2, l. n. 183 del 2010, non può che riferirsi alle ipotesi di stretta invalidità (rectius, nullità) menzionate dall'art. 18, comma 1, St. lav. come modificato, essendo tale opzione interpretativa maggiormente coerente con la descritta evoluzione normativa e con i canoni interpretativi previsti dall'art. 12, Preleggi.

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