Ammortamento francese e vizio del consenso: prime applicazioni giurisprudenziali
21 Gennaio 2020
Ammortamento francese e anatocismo bancario
La pressoché monolitica giurisprudenza di merito (ex multis nel solo periodo 2018/2019: App. Milano 17.4.2018; Trib. Chieti 9.1.2018; Trib. Monza 27.3.2018; Trib. Modena 13.3.2018; Trib. Lucca 24.4.2018; App. Bologna 13.4.2018; Trib. Napoli Nord 26.4.2018; Trib. Santa Maria Capua Vetere 21.5.2018; Trib. Catania 11.7.2018; Trib. Treviso 30.1.2019; Trib. Torino 10.1.2019; Trib. Parma 21.2.2019; Trib. Roma 3.4.2019; Trib. Torino 30.5.2019; App. Ancona 17.4.2019. Contra Trib. Bari, sez. Rutigliano, 29.10.2008; Trib. Larino 3.5.2012; Trib. Ferrara 5.12.2013; Trib. Isernia 28.07.2014; Trib. Napoli 13.2.2018; Trib. Lucca 10.5.2018; Trib. Ferrara 20.4.2018; Trib. Massa 13.11.2018; Trib. Massa 7.2.2019) esclude tassativamente che possa configurarsi un fenomeno anatocistico nella determinazione della quota interesse della rata del mutuo ad ammortamento francese, in linea con quanto reiteratamente ribadito anche dall'Arbitro Bancario Finanziario in sede di risoluzione stragiudiziale delle relative controversie. In particolare, è evidenziato dalla giurisprudenza che il metodo di ammortamento c.d. alla francese – in cui, come noto, la quota capitale aumenta progressivamente mentre la quota interessi decresce – non determina alcuna illegittima capitalizzazione degli interessi corrispettivi, poiché la quota di interessi di ogni rata viene calcolata sul debito residuo del periodo precedente, costituito dalla quota capitale ancora dovuta, detratto l'importo già pagato in linea capitale con le rate precedenti, senza che gli interessi passivi già predisposti costituiscano base di calcolo nella rata successiva. Stando così le cose, tale sistema di calcolo non genera alcun effetto anatocistico (di produzione di interessi sugli interessi scaduti, cfr. art. 1283 c.c.), poiché gli interessi corrispettivi sono calcolati unicamente sulla quota di capitale ancora dovuta e per il periodo di riferimento delle rate: insomma, l'anatocismo concettualmente non è configurabile in riferimento ad un mutuo con ammortamento alla francese, per la inesistenza di un interesse giuridicamente definibile come “scaduto” sul quale calcolare l'interesse composto (Trib. Verona 24.3.2015, 27.4.2016 e 7.7.2016). È stato osservato altresì che, considerato che la rata 'paga', oltre agli interessi sul capitale a scadere, anche una quota del debito in linea capitale, il pagamento a scadenza riduce il capitale che fruttifica nel periodo successivo, ossia si verifica un fenomeno opposto rispetto alla capitalizzazione (Trib. Torino 17.9.2014; Trib. Verona 24.3.2015, Trib. Avellino 31.7.2017 e Trib. Bologna 29.9.2017). Ammortamento francese e vizio del consenso
Di recente, in riferimento all'ammortamento francese abitualmente utilizzato nella prassi, è stato evidenziato che l'intermediario creditizio, nel predisporre il contratto di mutuo, di regola indica il tasso nominale, la data di inizio e scadenza del finanziamento, l'importo e la periodicità delle rate, e allega il piano di ammortamento, senza alcuna ulteriore indicazione, dando per scontato il regime finanziario composto e il computo degli interessi sul capitale residuo (anziché sulla quota capitale in scadenza). Sul presupposto che - secondo la matematica finanziaria - l'ammortamento alla francese può essere costruito seguendo due distinte regole: 1) regime finanziario semplice o composto e 2) gli interessi ricompresi in ciascuna rata del piano di ammortamento possono essere calcolati sul debito in scadenza (quota capitale della rata) oppure su tutto il debito residuo, è censurato che nel contratto di finanziamento a rimborso graduale frequentemente non risulta alcuna univoca indicazione su due aspetti che qualificano, sempre secondo la matematica finanziaria, l'ammortamento impiegato: il regime finanziario composto e il calcolo degli interessi riferito, non al capitale scaduto, ma a tutto il capitale residuo al momento del pagamento. Tale circostanza, che è ritenuto configuri un vizio del consenso del mutuatario, implicherebbe la nullità della clausola inerente al tasso di interesse per indeterminatezza dell'oggetto del contratto. Questa impostazione è stata in parte recuperata dal Tribunale di Massa (Trib. Massa 13.11.2018; Trib. Massa 7.2.2019; vedi anche Trib. Cremona 28.3.2019 e Trib. Roma 29.6.2019), secondo cui, se il divieto di anatocismo previsto dall'art. 1283 c.c. si riferisce letteralmente alla produzione di interessi su interessi scaduti, parrebbe allora non esservi preclusione normativa di sorta alla pattuizione dell'obbligo di pagamento degli interessi ancor prima di quello relativo al capitale di riferimento. È osservato che in matematica finanziaria il regime composto ricomprende due diverse modalità operative attraverso le quali esso può in concreto realizzarsi: la prima in base alla quale gli interessi vengono capitalizzati e, in quanto tali, assoggettati al medesimo trattamento del capitale, producendo quindi, a loro volta, ulteriori interessi, pagati congiuntamente alla scadenza del capitale; la seconda, per l'appunto solitamente adottata nei finanziamenti a rimborso graduale, attraverso la quale il regime composto viene utilizzato, fin dalla fase genetica del vincolo obbligatorio, per determinare la rata (costante) di rimborso in modo che il pagamento periodico degli interessi venga realizzato, sia pure in forma semplice, su tutto il capitale (oggetto di restituzione frazionata nel tempo), a prescindere dalla scadenza dell'obbligazione restitutoria di quest'ultimo (o delle singole frazioni di capitale che compongono le rate del piano), senza che ciò comporti formalmente produzione di interessi su interessi. In realtà, considerato che trattasi di disciplina imperativa, in quanto tale cogente ed inderogabile, deve ritenersi che il divieto di anatocismo non attenga esclusivamente all'accordo preventivo che preveda direttamente la produzione di interessi su interessi, ma altresì a quelli – anch'essi in ipotesi riconducibili al momento genetico contratto (e quindi integranti una convenzione, ai sensi dell'art. 1283 c.c.) – che producano comunque, sotto il profilo economico, il medesimo effetto della produzione di interessi su interessi.
Rilievi critici di trasparenza bancaria
Premesso che una informativa ex ante chiara e corretta è sempre auspicabile e opportuna – dunque ben possono essere indicati in contratto il regime finanziario adottato e le modalità di calcolo degli interessi (i più diffusi e recenti manuali di matematica finanziaria, a quanto è dato conoscere, sono impostati sull'ammortamento a rata costante in capitalizzazione composta con gli interessi della rata calcolati sul debito residuo) -, dall'esame della disciplina Bankitalia sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari attualmente vigente (Provvedimento 29 luglio 2009 e successive modifiche) non emerge alcun esplicito riferimento alla necessità di indicare in contratto o nel Prospetto Informativo Europeo Standardizzato (c.d. PIES, di ispirazione comunitaria) il regime finanziario e il criterio di calcolo degli interessi adottato nella prassi negoziale; né l'informativa su tali dati – non contemplati dall'art. 1283 c.c., notoriamente focalizzato sulla produzione di interessi sugli interessi scaduti – è espressamente richiesta dalla normativa primaria e regolamentare per il calcolo del TAEG/ISC e nemmeno dalle Delibere del CICR in tema di anatocismo bancario. La circostanza pare attestare che tali informazioni non siano riconducibili tra gli « ;elementi essenziali del rapporto contrattuale ;» (così Bankitalia, Provvedimento 29 luglio 2009 e successive modifiche) che devono essere resi noti ex lege al cliente; coerentemente non risulta che la Banca d'Italia, nell'adempimento delle sue funzioni di vigilanza anche sulla modulistica contrattuale adottata dagli istituti di credito, abbia mai censurato la mancata indicazione delle modalità di calcolo degli interessi (ossia se sul debito residuo piuttosto che sul debito in scadenza). Invero, anche lo schema negoziale di “Contratto di finanziamento fondiario” e “Capitolato di patti e condizioni generali” condiviso da Associazione Bancaria Italiana, Consiglio Nazionale del Notariato e le Associazioni dei consumatori nel 2001 non prevede l'indicazione del regime finanziario e del criterio di calcolo degli interessi. Tale schema di contratto, come noto, è stato a suo tempo elaborato tenendo conto dei principi normativi in materia di tutela del consumatore e nello spirito di un equilibrio più generale nel rapporto banca-cliente (cfr. Circolari ABI, serie Legale n. 37 – 2 novembre 2001 – Contratti bancari (Pos. 1195-II) – Tavolo di lavoro con le Associazioni dei consumatori e Protocolli di intesa. Condizioni generali relative al rapporto banca-cliente. Contratto di finanziamento fondiario stipulato in atto unico e Capitolato di patti e condizioni generali. La Banca d'Italia, con il provvedimento n. 150/A del 30 maggio 2001, ha ritenuto gli schemi negoziali in oggetto compatibili con la normativa Antitrust. Con successiva Circolare ABI del 25.2.2005, n. LG 000906, il suddetto schema di contratto è stato riproposto con adeguamenti in esito alle istruttorie compiute dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (provvedimento n. 13697 del 28 ottobre 2004) e dalla Banca d'Italia (provvedimento n. 53 del 12 novembre 2004)). In tale contesto legislativo - in cui «non si vede in base a quale riferimento normativo si possa richiedere la prospettazione di regimi finanziati alternativi, non oggetto di proposta né di trattativa, o la discussione critica del regime finanziario applicato» (Trib. Roma 19.9.2019) -, non è scontato ritenere poco diligenti o in malafede gli intermediari creditizi che, operando nel perimetro di indicazioni primarie e secondarie delineato dal legislatore e da Bankitalia, abbiano omesso di fornire indicazioni che nessuna fonte normativa gli imponeva espressamente di dare. Tali circostanze inducono a ritenere che, a tutto concedere, una siffatta informativa vada rubricata tra le regole “di comportamento” dei contraenti (come il TAEG/ISC nei mutui, secondo la ricostruzione della prevalente giurisprudenza) piuttosto che tra le regole “di validità” del contratto, secondo la fondamentale classificazione messa a fuoco dalle Sezioni Unite nel 2007 (Cass., Sez. Un., 19.12.2007, nn. 26724 e 26725); la violazione delle regole “di comportamento” implica, nell'eventualità, una obbligazione risarcitoria a titolo di responsabilità della banca per violazione degli obblighi di informazione, dovendo tuttavia in tal caso il cliente fornire la circostanziata dimostrazione che, ove gli fossero state dettagliate le modalità di determinazione del tasso di interesse (regime finanziario e criterio di calcolo degli interessi), non avrebbe verosimilmente stipulato quel contratto di finanziamento (probatio diabolica se è vero che nella prassi l'ammortamento francese è sempre in regime composto con calcolo degli interesse sul capitale residuo). Ove compiutamente dimostrata la generalizzata esistenza di modalità di calcolo degli interessi alternative a quelle di regola utilizzate nella prassi (ammortamento francese) – ossia capitalizzazione composta e computo degli interessi calcolato sul debito residuo – si potrebbe forse configurare, da parte delle banche, una violazione della normativa Antitrust: tutela della concorrenza e dei consumatori. La innovativa impostazione qui illustrata - ammortamento francese e vizio del consenso - deve essere altresì armonizzata, relativamente agli aspetti di “trasparenza bancaria”, con la circostanza che i contratti di mutuo sono di regola stipulati per atto pubblico, il che implica: l'approvazione specifica per iscritto delle clausole vessatorie non è richiesta nell'ipotesi in cui la pattuizione si sia tradotta in un atto pubblico, e quindi il testo sia stato approvato in tutte le sue parti alla presenza del notaio; negli atti pubblici « ;manca il presupposto della predisposizione unilaterale delle clausole. Pur se il testo sia preparato da una delle parti, il contratto si conclude in quanto il pubblico ufficiale accerta che esso è l'espressione della comune volontà di entrambe le parti ;» (Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1987). Nei mutui a tasso fisso è possibile avere una dettagliata rappresentazione ex ante (importo rata e piano di ammortamento) dei costi del finanziamento, evenienza che esclude la configurabilità di “effetti sorpresa” in fase di rimborso del mutuo; il TAEG/ISC di regola indicato nel contratto di mutuo pare anch'esso escludere, in linea di carattere generale, un consenso non adeguatamente informato da parte del mutuatario sugli oneri connessi alle modalità di ammortamento del mutuo. L'esatta indicazione in contratto dell'importo della rata che il mutuatario si impegna a pagare (perché evidentemente confacente alle sue aspettative) comprende l'accettazione delle sottostanti modalità matematico finanziarie - giuridicamente irrilevanti - di costruzione della stessa. Come detto, qualora il contratto di mutuo sia stato stipulato per atto pubblico, il mutuatario avendo « letto, firmato e sottoscritto » dimostra di avere espresso un consenso consapevole sui contenuti dello stesso (Trib. Chieti 3.10.2017; Trib. Lanciano 4.4.2018). Merita, altresì, di essere verificato se, a fronte di una tale riscontrabile alternatività delle modalità di calcolo della rata, non possa essersi consolidato, nella prassi, un uso negoziale tra le parti (art. 1340 c.c.), essendo l'individuazione del regime finanziario e il criterio di calcolo degli interessi indiscutibilmente nella disponibilità delle parti (Trib. Torino 30.5.2019). Appare evidente, infine, che, in linea di carattere generale, l'approccio all'anatocismo bancario prospettato dal Tribunale di Massa valorizza l'interpretazione logica della norma (c.d. ratio iuris) piuttosto che l'interpretazione letterale (c.d. vox iuris) del dato normativo, circoscritto alla produzione di interessi sugli interessi scaduti: art. 1283 c.c.: « ;gli interessi scaduti possono produrre interessi solo ... ;» e art. 120, comma 2, TUB: « ;gli interessi debitori maturati ... non possono produrre interessi ulteriori ;».
Prime applicazioni giurisprudenziali
Di recente, l'orientamento sopra descritto (potenziale vizio del consenso riveniente dalla mancata esplicitazione in contratto del regime finanziario e delle modalità di calcolo degli interessi), in parte recepito dal citato Trib. Massa, appare sostanzialmente sottoposto a critica dal Trib. Milano 26.3.2019, le cui argomentazioni sono sintetizzabili come segue: stabilito nell'accordo delle parti l'ammontare della rata (i.e. uno degli elementi accidentali del contratto, inerente alle modalità del rimborso), le modalità del relativo calcolo non si riverberano da un punto di vista giuridico sulla validità del piano di ammortamento, né vengono in rilievo argomentazioni relative alla convenienza di un piano basato su una rata di tale ammontare: una volta determinata la rata, « ;ogni questione sul come si sia pervenuti al relativo ammontare non ha più interesse giuridico ;»; quando negli atti processuali siano riportati concetti tratti dalla matematica finanziaria è necessario che degli stessi sia esplicitato il riferimento giuridico o, meglio, che siano rese chiare quali siano « ;le criticità contrattuali che il concetto matematico serve a disvelare ;». Dello stesso tenore sono i rilievi del Trib. Roma 19.9.2019, riassumibili come segue: a) non si vede in base a quale riferimento normativo si possa richiedere la prospettazione di regimi finanziati alternativi, non oggetto di proposta né di trattativa, o la discussione critica del regime finanziario applicato; b) l'accettazione del piano di ammortamento ricomprende l'accettazione delle modalità matematico finanziarie di costruzione del medesimo: l'accettazione dell'applicazione di tali parametri e del loro risultato, trasfuso nel piano di ammortamento, deve ritenersi idoneamente operata dal mutuatario, quale corrispondente ad una valutazione complessiva di convenienza dell'autoregolamentazione degli interessi attuata nel contratto; c) sul piano generale, quando si fa riferimento a concetti tratti dalla matematica finanziaria è necessario che degli stessi sia esplicitato il riferimento giuridico e che sia individuabile un risultato giuridicamente rilevante conseguente alla loro applicazione. In difetto tale riferimento si risolve nell'impropria invocazione dell'autorità, su una questione eminentemente giuridica, di conclusioni che si assumono scientificamente fondate in un altro ambito del sapere; d) l'approccio all'anatocismo bancario di cui si discute trascura il dato normativo, che si riferisce esclusivamente alla produzione di interessi sugli interessi scaduti (art. 1283 c.c.: « gli interessi scaduti possono produrre interessi solo ... » e art. 120 comma 2 T.U.B.: « gli interessi debitori maturati ... non possono produrre interessi ulteriori »). Anche Trib. Torino 30.5.2019 non appare persuaso della potenziali ricadute anatocistiche dell'orientamento qui illustrato (e comunque del piano di ammortamento alla francese). Nel mutuo con ammortamento francese, o a rata costante, è rilevato, mancano entrambe le caratteristiche determinanti del divieto di anatocismo - rischio di crescita indefinita e incalcolabile ex ante del debito d'interessi dal lato del debitore; esigibilità immediata del pagamento degli interessi primari dal lato del creditore - anche a considerare la circostanza che il calcolo della rata utilizza l'interesse composto. Il primo rischio non sussiste, se si considerano gli interessi corrispettivi (o “di ammortamento”). Anche se la quota interessi, calcolata sulla quota capitale in scadenza, rende evidente la produzione di interessi su interessi per annualità successive alla prima, è decisiva la considerazione che gli interessi corrispettivi sono conosciuti o conoscibili ex ante sulla base degli elementi contenuti nel contratto e non sono esposti a una crescita indefinita, poiché la loro produzione cessa alla scadenza del periodo di ammortamento. Questo rende il debito per interessi perfettamente determinato, salva l'eventuale variabilità del parametro. Manca infine, quasi per definizione, l'attributo dell'esigibilità immediata, visto che non soltanto la quota di interessi “di ammortamento”, comunque calcolata, sul debito residuo o sul capitale in scadenza, ma la stessa quota capitale è inesigibile prima della scadenza convenuta. In conclusione
Il dibattito è aperto. Parte della giurisprudenza pare finora avere assunto un atteggiamento prudente (se non addirittura critico) nei confronti dell'innovativo approccio alla questione dei contratti di mutuo per i quali è prevista la restituzione della somma mutuata mediante l'ammortamento alla francese.
(Il presente contributo è frutto della rielaborazione di una Relazione, con adattamenti essenziali, tenuta presso l'Università di Teramo il 21 novembre 2019 in occasione della presentazione del libro 'Controversie bancarie. Casi e soluzioni giurisprudenziali', Milano, 2019, da cui sono estratti alcuni stralci).
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