Assicurazione contro gli infortuni: nessun obbligo per le associazioni tra professionisti
03 Febbraio 2020
Massima
Rientra nella discrezionalità del legislatore la scelta in ordine alle categorie di lavoratori autonomi cui estendere la disciplina di tutela riservata ai prestatori di lavoro subordinati; pertanto, i liberi professionisti non rientrano tra le persone assicurate dall'INAIL, neanche quando esercitino l'attività libero professionale in uno studio associato, in difetto di attività manuale o di attività intellettuale di vigilanza sul lavoro altrui resa in regime di subordinazione. Il caso
Con accesso ispettivo presso uno studio associato di architetti l'INAIL verificava che i singoli professionisti fossero gli unici a garantire lo svolgimento delle attività di lavoro; trattandosi di situazione organizzativa assimilabile a quella dei soci lavoratori delle società semplici, inquadrabile analogamente nella previsione di cui all'art. 4, comma 1, n. 7), d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, l'Istituto accertava la sussistenza dell'obbligo assicurativo in materia di infortuni sul lavoro e di malattie professionali.
Con ricorso al Tribunale lo studio associato contestava gli esiti del verbale ispettivo, disatteso dal giudice di primo grado, secondo cui l'operazione di assimilazione operata dall'INAIL era illegittima, considerata la natura libero professionale dell'attività svolta dagli architetti associati. L'Istituto impugnava la decisione, insistendo per la sussistenza dell'obbligo assicurativo fondato sulla base dell'art. 4, comma 1, n. 7), d.P.R. n. 1124 del 1965, che prevede che vadano assicurati anche i soci delle cooperative e di ogni altro tipo di società.
La Corte di appello respingeva l'appello, escludendo che gli architetti componenti lo studio associato svolgessero un'attività manuale, che si trovassero in posizione di lavoro subordinato e che esercitassero la propria attività sotto la direzione altrui, requisito indispensabile ai fini della copertura assicurativa in caso di attività non manuale.
Con ricorso per cassazione l'Istituto ha chiesto l'annullamento della sentenza di secondo grado, laddove ha negato la ricorrenza dei presupposti per l'esistenza dell'obbligo assicurativo, imposto ai soci di società di qualsiasi tipo, anche di fatto, quando svolgano attività ritenuta pericolosa, ai sensi dell'art. 4, comma 1, n. 7), d.P.R. n. 1124 del 1965, tenuto conto che anche i professionisti associati, addetti ad attività pericolosa, sono soggetti all'obbligo assicurativo INAIL e che le associazioni professionali sono oramai divenute centro autonomo di imputazione di rapporti professionali. La questione
Le questioni esaminate dalla Corte di cassazione sono le seguenti:
I liberi professionisti rientrano tra le persone assicurate dall'INAIL?
Le associazioni di professionisti, che svolgono attività libero-professionale, sono soggette all'obbligo assicurativo in materia di infortuni sul lavoro e di malattie professionali, trattandosi di entità equiparabili a quelle indicate nell'art. 4, comma 1, n. 7), d.P.R. n. 1124 del 1965?
La soluzione giuridica
La Suprema Corte respinge il ricorso per cassazione dell'INAIL, ricordando che l'assicurazione obbligatoria è sorta a tutela principalmente dei lavoratori subordinati e che rientra nella discrezionalità del legislatore la scelta in ordine alle categorie di lavoratori autonomi cui estendere la disciplina di tutela riservata in origine ai prestatori di lavoro subordinati.
Poiché “nel sistema assicurativo gestito dall'INAIL non vige il principio assoluto della copertura universalistica delle tutele”, osserva la Corte, la categoria dei liberi professionisti, non presente nell'elenco di cui all'art. 9, comma 2, d.P.R. n. 1124 del 1965, non è meritevole di tutela.
Tale conclusione, prosegue la Corte, ha ricevuto l'avallo dalla giurisprudenza sia di legittimità (Cass. 27 giugno 2017, n. 15971) sia costituzionale, che non ha rilevato profili di illegittimità nella mancata previsione dell'obbligo assicurativo contro gli infortuni e le malattie professionali in capo agli associati di studi professionali, ancorché legati da un vincolo di dipendenza funzionale (Corte cost. 12 gennaio 2016, n. 25).
Né la Consulta ha ravvisato nel caso di specie una violazione del principio di uguaglianza (art. 3, Cost.), su cui è stata giustificata in passato l'estensione della tutela in favore di lavoratori non ricompresi nell'elenco di cui all'art. 4, d.P.R. n. 1124 del 1965, pur essendo esposti ai medesimi rischi di cui all'art. 1, d.P.R. n. 1124 del 1965, come già avvenuto nei confronti dei commercianti (Corte cost. 13 maggio 1987, n. 158) e dei soci delle cooperative agricole di lavoro (Corte cost. 25 luglio 1985, n. 221), ai quali non è stato applicato il principio che a parità di rischio deve corrispondere pari livello di tutela.
La Corte di cassazione, infine, nega che le associazioni professionali siano assoggettate all'obbligo assicurativo sulla base dell'art. 4, comma 1, n. 7), d.P.R. n. 1124 del 1965, come preteso dall'INAIL, poiché “i soci delle cooperative e di ogni altro tipo di società quando prestano attività lavorativa per lo scopo della società (c.d. dipendenza funzionale) sono assoggettati all'obbligo dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro se svolgono attività lavorativa di tipo manuale ovvero se svolgono, in modo permanente o avventizio, attività non manuale (cioè intellettuale) di sovraintendenza al lavoro altrui”, esclusa nel caso dell'associazione di professionisti, trattandosi di attività libero professionale resa in forma autonoma, in difetto di attività manuale o di attività intellettuale di vigilanza sul lavoro altrui resa in regime di subordinazione. Osservazioni
La Suprema Corte continua ad escludere l'obbligo assicurativo in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali in capo ai liberi professionisti, anche se uniti in associazioni professionali. La motivazione della sentenza si fonda ancora sull'ambito di operatività dell'assicurazione obbligatoria, che non è universale, ma circoscritto in relazione all'aspetto sia oggettivo (art. 1, d.P.R. n. 1124 del 1965) sia soggettivo (art. 4, d.P.R. n. 1124 del 1965).
I liberi professionisti, sebbene possano svolgere una delle attività protette (elemento oggettivo), servendosi ad esempio di un personal computer, non rientrano nella categoria delle “persone protette”, rappresentate dalle categorie di lavoratori più deboli, con tendenziale preferenza per i lavoratori subordinati (art. 4, comma 1, n. 1), d.P.R. n. 1124 del 1965).
Tale limitazione ha superato indenne il giudizio della Corte Costituzionale, che ha respinto i dubbi sulla legittimità della carenza di tutela assicurativa in favore dei lavoratori autonomi che esercitino una delle attività indicate nell'art. 1, d.P.R. n. 1124 del 1965 (Corte cost. 15 luglio 1994, n. 310), dei soci delle cooperative agricole di lavoro (Corte cost. 25 luglio 1985, n. 221) o dei commercianti (Corte cost. 13 maggio 1987, n. 158), rientrando nella discrezionalità del legislatore la scelta in ordine alle categorie di lavoratori autonomi cui estendere la portata dell'assicurazione obbligatoria.
Nella normativa vigente (artt. 1, 4 e 9, d.P.R. n. 1124 del 1965) non è contemplato neanche l'assoggettamento all'obbligo assicurativo del libero professionista o delle associazioni professionali (Cass. 27 giugno 2017, n. 15971).
I dubbi sulla legittimità della mancata tutela assicurativa delle associazioni professionali sono stati respinti dalla Consulta, che ha evidenziato, anche in questo caso, la necessità di demandare alla discrezionalità del legislatore la modulazione dell'obbligazione assicurativa “secondo schemi molteplici, che individuino in maniera univoca e coerente le situazioni meritevoli di tutela”, “a fronte della multiforme realtà degli studi professionali, contraddistinta dalla coesistenza dei disparati assetti organizzativi, che l'accordo degli associati prefigura (art. 36 del codice civile), e dal vario atteggiarsi dei rapporti di lavoro, secondo i tratti dell'autonomia o di un coordinamento più incisivo delle prestazioni” (Corte cost. 12 gennaio 2016, n. 25).
Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione, ancora una volta, ha negato la tutela assicurativa delle associazioni professionali, ritenute estranee alle norme di cui all'art. 4, comma 1, n. 7), d.P.R. n. 1124 del 1965, in base al quale i soci delle cooperative e di ogni altro tipo di società quando prestano attività lavorativa per lo scopo della società (c.d. dipendenza funzionale) sono assoggettati all'obbligo assicurativo se svolgono attività lavorativa di tipo manuale ovvero se svolgono, in modo permanente o avventizio, attività non manuale (cioè intellettuale) di sovraintendenza al lavoro altrui e dell'art. 9, comma 2, d.P.R. n. 1124 del 1965, che considera datore di lavoro pure “le società cooperative e ogni altro tipo di società, anche di fatto, comunque denominata, costituite totalmente o in parte da prestatori d'opera, nei confronti dei propri soci addetti ai lavori nei modi previsti nel n. 7) dell'art. 4, d.P.R. n. 1124 del 1965”.
Secondo la Suprema Corte, infatti, “nel caso dell'associazione di professionisti, si tratta pur sempre di attività libero professionale resa in forma autonoma per cui, in difetto di attività manuale o di attività intellettuale di vigilanza sul lavoro altrui resa in regime di subordinazione, non può ravvisarsi la copertura assicurativa obbligatoria gestita dall'INAIL”.
La suddetta motivazione appare convincente, laddove fa intendere che l'art. 4, comma 1, n. 7), d.P.R. n. 1124 del 1965, non sia applicabile estensivamente alle associazioni di professionisti che svolgono prestazioni di lavoro rientranti in attività libero professionali, riferendosi ai soci di cooperative o di società di ogni altro tipo che svolgono un lavoro simile a quello che avrebbe esercitato un lavoratore subordinato; mentre sembra meno rilevante ai fini della decisione l'accertato difetto di un'attività manuale esercitata dal professionista appartenente all'associazione professionale in quanto tale requisito ha oramai perduto la sua connotazione selettiva soggettiva dopo che la Consulta ha ricavato la sussistenza dell'obbligo assicurativo dalla semplice esposizione del lavoratore al rischio (Corte cost. 17 dicembre 1969, n. 152; Corte cost. 9 giugno 1977, n. 114), anche quello ambientale (Cass. s.u. 14 aprile 1994, n. 3476).
Nonostante la Corte costituzionale abbia fatto intendere che l'esigenza di tutelare il lavoro attraverso l'estensione dell'assicurazione obbligatoria non debba essere condizionata dalla questione della qualificazione della natura giuridica del rapporto di lavoro (Corte cost. 10 maggio 2002, n. 171; Corte cost. 10 dicembre 1987, n. 476; Corte cost. 4 aprile 1990, n. 160; Corte cost. 15 luglio 1992, n. 332), quasi che sia sufficiente per ottenere la copertura assicurativa l'esposizione ad un rischio obiettivamente riferibile alle lavorazioni protette (Corte cost. 2 marzo 1990, n. 98), la giurisprudenza continua a delegare al legislatore l'ultima e definitiva evoluzione verso un modello di tutela universale.
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