Osservatorio sulla Cassazione – Gennaio 2020
14 Febbraio 2020
Bancarotta: sulla rideterminazione della durata delle pene accessorie può provvedere il giudice dell'esecuzione Cass. Pen. – Sez. I – 27 gennaio 2020, n. 3290, sent. È consentito anche al giudice dell'esecuzione procedere alla nuova determinazione della durata delle pene accessorie, previste dall'art. 216, ult. comma, l. fall., quando siano state inflitte in misura pari a dieci anni e sia richiesto di adeguarle al nuovo testo della norma come risultante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 222 del 2018, che prevede una durata variabile con il solo limite massimo insuperabile di dieci anni.
Anche l'amministratore di fatto risponde per i reati fallimentari Cass. Pen. – Sez. V – 23 gennaio 2020, n. 2727, sent. In tema di reati fallimentari, l'amministratore di fatto della società fallita è da ritenere gravato dell'intera gamma dei doveri cui è soggetto l'amministratore "di diritto", per cui, ove concorrano le altre condizioni di ordine oggettivo e soggettivo, egli assume la penale responsabilità per tutti i comportamenti penalmente rilevanti a lui addebitabili.
Gli amministratori di fatto e di diritto possono rispondere insieme della bancarotta fraudolenta Cass. Pen. – Sez. V – 23 gennaio 2020, n. 2714, sent. L'effettiva gestione, da parte dell'amministratore formale, e l'esercizio di attribuzioni anche d'ordine da parte del gestore de facto non, esclude la concorrente responsabilità del co-amministratore di fatto, ove sia comprovata una gestione paritetica. La nozione di amministratore di fatto, introdotta dall'art. 2639 c.c., presuppone l'esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri inerenti alla qualifica o alla funzione, da non ricondursi, necessariamente, all'esercizio di tutti i poteri tipici dell'organo di gestione, bensì ad un'apprezzabile attività di gestione, che sia effettuata in modo occasionale o non episodico. La prova della posizione di amministratore di fatto, esige, pertanto, l'accertamento di elementi che evidenzino l'inserimento organico del soggetto con funzioni direttive, in qualunque fase della sequenza produttiva, organizzativa o commerciale dell'attività sociale. A tal fine, in sede penale rileva la funzione di regia e di strategica gestione dell'ente, in violazione del complesso dei doveri posti a presidio dell'interesse dei creditori, dei terzi e del mercato. Siffatta condizione ben può coesistere con l'esercizio dei poteri propri dell'amministratore di diritto, o nell'espletamento anche di ordinarie mansioni di dipendente, ove si risolva in una cogestione coordinata dell'organismo societario.
L'insolvenza rilevante ai fini del fallimento Cass. Civ. – Sez. VI-1 – 20 gennaio 2020, n. 1069, ord. Lo stato di insolvenza, richiesto ai fini della pronuncia dichiarativa di fallimento dell'imprenditore, non è escluso dalla circostanza che l'attivo superi il passivo e che non esistano conclamati inadempimenti esteriormente apprezzabili. In particolare, il significato oggettivo dell'insolvenza, che è quello rilevante agli effetti dell'art. 5 l.fall., deriva da una valutazione circa le condizioni economiche necessarie all'esercizio di attività economiche, e si identifica con uno stato di impotenza funzionale non transitoria a soddisfare le obbligazioni inerenti all'impresa esprimendosi, secondo una tipicità desumibile dai dati dell'esperienza economica, nell'incapacità di produrre beni con margine di redditività da destinare alla copertura delle esigenze di impresa, nonché nell'impossibilità di ricorrere al credito a condizioni normali, senza rovinose decurtazioni del patrimonio.
L'esistenza di una società di fatto si prova anche mediante presunzioni semplici Cass. Civ. – Sez. Trib. – 17 gennaio 2020, n. 896, sent. In tema di prova dell'esistenza di una società di fatto, nei rapporti esterni l'esistenza del vincolo sociale può desumersi dalla sua mera esteriorizzazione. Il giudice può procedere all'accertamento di una struttura societaria non formalizzata ricorrendo ad ogni mezzo di prova previsto dall'ordinamento, ivi comprese le presunzioni semplici.
Patteggiamento di reati tributari: sì alla confisca, ma non sempre alle pene accessorie Cass. Pen. – Sez. III – 15 gennaio 2020, n. 1439, sent. L'applicazione su richiesta di pena detentiva inferiore a due anni, per reati tributari, non comporta la condanna alle pene accessorie: l'art. 445, comma 1, c.p.p., è norma speciale che prevale sulle norme generali e, pertanto, anche sull'art. 12 d.lgs. n. 74/2000. Il patteggiamento non fa venir meno, invece, la confisca dei beni costituenti il profitto o il prezzo del reato, che rimane sempre obbligatoria.
Licenziamento disciplinare ed esclusione del socio lavoratore e art. 18 Cass. Civ. – Sez. Lav. – 15 gennaio 2020, n. 707, sent. In tema di società cooperativa di produzione e lavoro, l'art. 2 della l. n. 142 del 2001, esclude l'applicazione dell'art. 18 dello statuto de/lavoratori nell'ipotesi ove, con il rapporto di lavoro, venga a cessare anche quello associativo, sicché l'accertata illegittimità della delibera di esclusione del socio, con conseguente ripristino del rapporto associativo, determina l'applicabilità della tutela di cui all'art. 18 nel testo vigente all'epoca del licenziamento.
Sulla responsabilità del liquidatore verso i creditori sociali rimasti insoddisfatti dopo la cancellazione Cass. Civ. – Sez. I – 15 gennaio 2020, n. 521, sent. In tema di responsabilità del liquidatore nei confronti dei creditori sociali rimasti insoddisfatti dopo la cancellazione della società, ex art. 2495, comma 2, c.c., il conseguimento, nel bilancio finale di liquidazione, di un azzeramento della massa attiva non in grado di soddisfare un credito non appostato nel bilancio finale di liquidazione, ma comunque provato quanto alla sua sussistenza già nella fase di liquidazione, è fonte di responsabilità illimitata del liquidatore verso il creditore pretermesso, qualora sia allegato e dimostrato che la gestione operata dal liquidatore evidenzi l'esecuzione di pagamenti in spregio del principio della par conditio creditorum, nel rispetto delle cause legittime di prelazione ex art. 2741 c.c., comma 2. Pertanto, ove il patrimonio si sia rivelato insufficiente per soddisfare alcuni creditori sociali, il liquidatore, per liberarsi dalla responsabilità su di lui gravante in riferimento al dovere di svolgere un'ordinata gestione liquidatoria del patrimonio sociale destinato al pagamento dei debiti sociali, ha l'onere di allegare e dimostrare che l'intervenuto azzeramento della massa attiva tramite il pagamento dei debiti sociali non è riferibile a una condotta assunta in danno del diritto del singolo creditore di ricevere uguale trattamento rispetto ad altri creditori, salve le cause legittime di prelazione ex art. 2741 c.c.
L'autoriciclaggio può concorrere con la bancarotta fraudolenta distrattiva Cass. Pen. – Sez. II – 14 gennaio 2020, n. 1203, sent. Il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione può concorrere, in qualità di reato presupposto, con il delitto di autoriciclaggio di cui all'art. 648 ter.1 c.p., in presenza di tutti gli elementi costitutivi di tale ultima fattispecie, e ciò sia nel caso di bancarotta per distrazione post fallimentare che in quella prefallimentare. Per configurare, accanto alla bancarotta per distrazione dei beni dell'impresa, poi fallita, o del loro ricavato a finalità estranee all'impresa medesima, anche il delitto di autoriciclaggio non basta il mero impiego di quegli stessi beni in attività imprenditoriali, ma occorrono pure gli ulteriori elementi specificamente descritti dall'art. 648 ter.1, commi 1 e 4, c.p. |