Umidità: cos'è e come si manifesta
19 Febbraio 2020
Tutti parlano di umidità, infiltrazioni, percolazioni, muratura umida, umidità relativa, temperatura percepita, ma, in realtà, cos'è questa benedetta/maledetta umidità? Ogni elemento, in natura, può assumere una “fase”, cioè può presentarsi in forma liquida, solida e gassosa; questa considerazione, forse ovvia, ci aiuta a capire rapidamente cos'è l'umidità. L'acqua, l'elemento naturale senza dubbio più importante insieme all'aria, può infatti assumere lo stato solido (ghiaccio), liquido (acqua corrente), gassoso (… bollicine quando aspettiamo per buttare la pasta) e di vapore, quando, per semplicità, si trova nello stato intermedio fra la fase liquida e quella gassosa. Umidità è appunto sinonimo di vapore acqueo presente in atmosfera. Uno stato fisico è, per ciascun elemento presente in natura, un momento molto “piacevole” dal quale non vorrebbe mai allontanarsi: se ne discosta solo se, in cambio, somministro energia sotto forma di calore (torniamo nuovamente all'esempio della pentola per cucinare … il lettore mi perdonerà, spero, ma è un esempio perfetto per rappresentare la somministrazione d'energia, indispensabile per attuare un passaggio di stato). Anche il vapore non è indenne dalla suddetta regola fondamentale della termodinamica anzi, per meglio dire, è la prova lampante della veridicità della stessa: per far passare l'acqua dalla fase liquida a quella gassosa devo somministrare energia, ma questa trasformazione non è immediata bensì passa attraverso la fase di vapore che dura, pertanto, fintato che tutto il liquido si è mutato in gas. Quindi arriviamo ad una nuova, interessantissima considerazione: l'umidità, il vapore acqueo cioè, è sempre presente, in quantità differenti, nella fascia di temperature nelle quali vive ordinariamente l'uomo. Quest'ultimo, a sua volta, inconsciamente contribuisce alla variabilità della percentuale di vapore presente in atmosfera, agendo sugli scambi energetici, di cui sopra scritto, volontariamente, ad esempio facendo una doccia o involontariamente con la sua attività metabolica, cioè respirando, sudando, ecc. Possiamo quindi concludere che, avendo compreso che il vapore è sempre presente negli ambienti dove ci troviamo, dovremo considerarne gli effetti anche in presenza di fenomeni apparentemente scevri da questa fase, come potrebbe sembrare la perdita d'acqua al soffitto dell'appartamento, proveniente dal terrazzo condominiale sovrastante, il perimetro attorno agli infissi della camera da letto che si è ricoperto di un inquietante strato di muffa, ecc. Se invece di somministrazione di energia diamo luogo ad una sottrazione di quest'ultima, l'acqua allo stato di vapore tenderà a tornare allo stato liquido e, se continuo a sottrarre energia, a solidificare in ghiaccio. Abbiamo detto che i cambiamenti di stato sono condizionati da somministrazioni o sottrazioni di energia sotto forma di calore che, intuiamo, dipende dalla temperatura: le variazioni di temperatura, infatti, condizionano i passaggi di stato dell'acqua presente in natura. La prima grandezza da considerare è dunque la temperatura. La temperatura di rugiada è il valore di questa grandezza in corrispondenza del quale il vapore inizia a condensare, a trasformarsi cioè in fase liquida, depositandosi ovunque si trovi, indipendentemente dal fatto che si tratti o meno di superficie impermeabile: l'intonaco è, purtroppo, un materiale poroso e, pertanto, assorbe l'acqua che vi si è depositata nel modo sopra descritto. L'acqua, in fase di vapore, va, come scritto, a contribuire all'atmosfera terrestre che, però, può contenerne solo una certa quantità prima di raggiungere la saturazione: la quantità massima di vapore acqueo, ammissibile in atmosfera, varia anche in funzione della temperatura. Il vapore acqueo contribuisce alla pressione atmosferica con la sua pressione, detta appunto pressione di vapore: quando quest'ultima raggiunge un determinato valore, detto pressione di saturazione, il vapore acqueo cambia di stato, condensando ovunque si trovi: questo succede, ahimè, anche nella stanza da bagno quando, per effetto della considerevole quantità di vapore acqueo prodotto durante la doccia, osserviamo che si formano goccioline d'acqua sulle piastrelle, aventi superficie pressoché impermeabile, ma non ci accorgiamo che lo avviene anche sul succitato intonaco … Possiamo adesso definire l'umidità assoluta che esprime quanti grammi di vapore acqueo sono presenti in un kg di aria secca e l'umidità e la ben più familiare umidità relativa. A parità di pressione atmosferica, quest'ultima è pari al rapporto fra la pressione del vapore, presente alla temperatura dell'aria nel momento della misura e la pressione di saturazione alla stessa temperatura, si esprime in termini percentuali ed ha dipendenza inversamente dalla temperatura ambientale cioè all'aumentare di quest'ultima, si riduce l'umidità relativa. Vanno infine considerati quei parametri fisici che caratterizzano il comportamento dei materiali rispetto al vapore acqueo. La permeabilità al vapore è l'attitudine di un materiale a trasmettere per diffusione il vapore d'acqua: i valori per i materiali da costruzione più diffusi sono raccolti nella norma UNI 10351:2015 “Materiali da costruzione. Conduttività termica e permeabilità al vapore”. Questa caratteristica è di nostro interesse, ad esempio per prevedere la capacità di captazione e rilascio del vapore acqueo nelle malte da intonaco. Il fattore di resistenza al vapore esprime l'attitudine del materiale a resistere al passaggio del flusso di vapore ed è dato dal rapporto fra la permeabilità dell'aria in quiete e la permeabilità del materiale da costruzione considerato. I valori di questo fattore, propri dei principali materiali di costruzione di uso più frequente, sono contenuti nella norma UNI EN ISO 10456 “Materiali e prodotti per l'edilizia – Proprietà igrotermiche. Valori tabulati di progetto e procedimenti per la determinazione dei valori termici dichiarati e di progetto”. L'acqua è componente essenziale per la vita dell'uomo ed è presente, oltre che nell'atmosfera, anche all'interno dei materiali da costruzione: essa si troverà pertanto anche all'interno delle murature in percentuali volumiche di ridotta entità. Stando alle fonti autorevoli ed all'esperienza pratica “sul campo”, è ammissibile in un'opera muraria un contenuto d'acqua fino al 30% del peso della stessa, cioè una tonnellata d'opera muraria può contenere fino a 300 kg d'acqua, omogeneamente distribuita, senza che si possa definire “umida”. Nel momento in cui questa quantità cresce oltre questo limite, oppure occorrano concentrazioni anomale della distribuzione dell'umidità muraria, insorgono danni di diverso tipo ed entità: deterioramento strutturale, aumento della dispersione termica, perdita di decorazioni superficiali, sviluppo di microorganismi talvolta dannosi per la salute dell'uomo. L'umidità può generarsi, all'interno di un'opera d'edilizia, a seguito di condensazione anomala del vapore acqueo presente in atmosfera, può essere causata dalla dispersione prodotta da una tubatura non più efficiente, può introdursi a causa della capillarità propria dei materiali porosi ed infine può essersi annidata all'interno dell'opera, in fase di realizzazione degli impasti o dei blocchi, adoperati per la sua costruzione: vediamo singolarmente ognuno di questi stati di degrado.
Con questa tipologia d'umidità s'indicano le evidenze di degrado che si generano a seguito di perdite d'impianto di adduzione idrica, fognario, termico, oppure a seguito della rottura di parti idrauliche fuori terra (discendenti pluviali ad esempio) che sversano impropriamente nel terreno acqua meteorica. È condizionata dalla variabilità del flusso idraulico: carattere intermittente, secondo l'andamento del regime pluviometrico, se la perdita è localizzata in un impianto di raccolta e scarico, quasi permanente, se riconducibile ad una criticità d'impianto d'adduzione idrica o termico. Va inoltre considerata, all'interno di questa famiglia di degradi, quello provocato dalle piogge, che va ad attaccare le discontinuità presenti all'interno dell'involucro costruito degli edifici che necessitano di manutenzione. “Vittime predestinate” di questa patologia sono le zone di giunto fra infissi e pareti e le discontinuità degli intonaci, provocate dalla loro obsolescenza o da vibrazioni a cui possano essere stati sottoposti nel tempo.
La capillarità è un fenomeno curioso in quanto “sfida” apparentemente la Legge della gravità. L'esperienza ci insegna infatti che, se prendiamo una bacinella piena fino ad una certa altezza d'acqua e la posizioniamo su una superficie piana, il liquido si dispone parallelamente al piano d'appoggio del contenitore fino alla quota q1; se s'immerge verticalmente un tubo diametro molto stretto ed aperto da un lato, un capillare appunto, nel suddetto liquido, quest'ultimo va ad occupare il volume delimitato dalle pareti del tubo risalendo, però, oltre il livello circostante, come se le pareti interne del capillare esercitassero un'attrazione ulteriore, capace di vincere parzialmente la forza di gravità alla quale è sottoposta l'intera massa liquida in questione: l'altezza raggiunta dal liquido all'interno del tubo è inversamente proporzionale al suo diametro. A livello microscopico si è appurato che questa “forza aggiuntiva” è provocata dall'interazione elettrostatica fra l'acqua e le pareti del tubo. Analogamente si comportano le strutture dei materiali da costruzione che sono costitute di una matrice reticolare che assomiglia molto a capillari di ridottissima dimensione. L'umidità da risalita capillare è causata da fonti d'alimentazione costanti: falda freatica, acque di scorrimento sotterranee, banco di terreno costantemente intriso d'acqua a causa di un'errata regimentazione delle stesse. Essa è ulteriormente incentivata dalla dimensione del capillare interno murario, dall'esposizione della parete affetta (il setto rivolto a nord/ nord-est è più degradato degli altri), dalla presenza di sali idrosolubili (il salnitro è il più famoso, ma ce ne sono molti altri e tutti si rendono presenti quando l'acqua evapora dalla parete) e dalla tipologia di rivestimento utilizzato per la parete ammalorata (una parete a faccia vista è meno degradata di una intonacata, dato che la superficie, rivolta verso l'esterno, della prima è in grado di smaltire per evaporazione l'acqua in essa contenuta più rapidamente della seconda). Al contrario della forma d'umidità, precedentemente descritta, non dipende da cause antropiche quali rotture di tubazioni di carico e scarico idraulico, d'impianto idrotermosanitario, serbatoi interrati, ecc.
Meglio nota come “condensa”, questa forma d'umidità può affliggere una parete sia sulle facce esterne che al suo interno: si chiamerà nel primo caso “condensa superficiale” e nel secondo “condensa interstiziale”. Quando una superficie raggiunge la temperatura di rugiada, il vapore acqueo, contenuto in atmosfera, condensa su quello spazio presentandosi sotto forma di piccole gocce d'acqua, allorché il materiale dove si è depositato è impermeabile ed in forma di macchiatura umida, quando l'area attaccata ha un'elevata porosità. Le cause della bassa temperatura superficiale possono essere molteplici: scarso isolamento termico dall'esterno, provocato da “ponti termici”, cioè punti della parete che veicolano più facilmente di altri la temperatura esterna verso l'interno dell'immobile, parti idrauliche non isolate termicamente e che corrono a ridotta distanza dallo strato superficiale interno della parete, ecc. Secondo quanto in precedenza narrato, la condensazione può avvenire per raggiungimento anche della pressione di vapore saturo in ambienti confinati con elevata produzione di vapore, come cucine, stanze da bagno, camere da letto. Il caso della condensa interstiziale si verifica quando la sequenza degli strati costituenti la parete non è corretta dal punto di vista della resistenza alla migrazione del vapore attraverso il setto stesso ed è di notevole gravità perché frequentemente invisibile ad occhio nudo ma chiaramente percepibile, ad esempio, a causa del sensibile decremento delle proprietà termoigrometriche della parete ammalorata. Questa tipologia di degrado, di genesi prevalente in regime invernale, è quasi sempre accompagnata da crescita di colonie fungine sulle superfici di condensa (muffe), degrado degli intonaci, rovina delle parti lignee, riduzione dell'isolamento termico dell'involucro edilizio, migrazione di sali con formazione di efflorescenze. Questa forma di umidità si annida, all'interno delle parti costituenti l'immobile durante la sua costruzione: è l'acqua utilizzata per la realizzazione delle malte idrauliche (intonaci, allettamenti e massetti, calcestruzzo armato, ecc.), per bagnare le superfici in modo da renderle idonee a ricevere le malte di finitura e quella contenuta nelle parti già realizzate ma non ancora rese dovutamente impermeabili. Qualora non si riesca ad asciugare per tempo, può dare vita a ed efflorescenze saline, distacchi, macchiature e rigonfiamento degli intonaci. Questa forma d'umidità, oltre che agli effetti indesiderati sopra descritti e comuni anche ad altre forme di umidità, è facilmente confondibile con quest'ultime. Il degrado prodotto dall'umidità è raramente riconducibile univocamente ad uno dei quattro tipi sopra elencati ma ne contempla, quasi sempre, almeno due: uno, causa primaria dell'insorgenza dell'ammaloramento, l'altro, derivante dalla presenza della criticità. È dunque fondamentale accettare, fin da subito, che la soluzione al problema individuato dovrà essere trovata “per parti”, affrontando cioè la causa scatenante il degrado e, una volta acquisita la certezza della sua rimozione, procedere all'eliminazione degli effetti collaterali. Ogni atto di risanamento, pertanto, deve seguire una logica generale d'intervento in modo che non si generino conflittualità fra le lavorazioni eseguite, pur essendo esse, prese a sé stanti, tutte sacrosantamente giuste: effettuare, ad esempio un risanamento a cappotto di una parete per eliminare la condensa interna senza aver in precedenza eliminato il problema contestuale della risalita capillare è un errore madornale che frequentemente s'incontra. La risalita capillare, infatti, continua ad interessare la parete ma mentre la tipologia della superficie rivestita con il cappotto è mutata, l'altra faccia del setto è rimasta invariata. Dal lato dell'isolamento, infatti, la superficie muraria ha acquisito si maggiore resistenza termica ma, allo stesso tempo, anche ridotto fortemente la capacità di disperdere vapore acqueo: quest'ultimo, restando all'interno della stratigrafia muraria, provoca, ad esempio, la formazione di muffe all'interno della parete! Dal lato non coibentato, invece, concentrandosi l'evaporazione di quasi tutta l'umidità contenuta nella parete, aumenta il contenuto d'acqua nella muratura oltre i limiti consentiti e si genera, di conseguenza, il deperimento dei materiali costituenti la parete, la formazione di muffe, ecc. Le soluzioni quindi devono essere progettate da un professionista, specializzato in questioni d'umidità, che esegua prima una diagnostica delle patologie murarie effettivamente presenti e della qualità dell'aria degli ambienti da confinati in esame, discerna di quali tipologia si tratti, vista la facilità con la quale, talvolta, si possano confondere fra loro e, solo dopo questo studio, individui gli interventi tenendo conto della giusta sequenza con cui gli stessi vadano eseguiti. |