Riforma della decisione in appello e statuizione sulle spese

27 Febbraio 2020

La questione processuale esaminata dalla sentenza in commento si correla alla sussistenza o meno di un dovere del giudice che accolga, anche in parte, l'impugnazione proposta, di modificare d'ufficio il capo contenente la decisione sulle spese.
Massima

In tema di liquidazione delle spese di lite il giudice d'appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, è tenuto a provvedere, anche d'ufficio, ad un nuovo regolamento di dette spese alla stregua dell'esito complessivo della lite, in quanto, in base al principio di cui all'art. 336 c.p.c., la riforma della sentenza del primo giudice determina la caducazione del capo della pronuncia che ha statuito sulle spese.

Il caso

Il tribunale di Napoli, in sede di appello contro una decisione del giudice di pace, accoglieva parzialmente il gravame proposto.

In conseguenza pronuncia sul merito dell'impugnazione, la decisione effettua alcune considerazioni sulle conseguenti statuizioni sulle spese.

La questione

La questione processuale esaminata dalla sentenza in commento si correla alla sussistenza o meno di un dovere del giudice che accolga, anche in parte, l'impugnazione proposta, di modificare d'ufficio il capo contenente la decisione sulle spese.

Le soluzioni giuridiche

La pronuncia che si annota afferma il principio in virtù del quale in tema di liquidazione delle spese di lite il giudice d'appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, è tenuto a provvedere, anche d'ufficio, ad un nuovo regolamento di dette spese, in quanto, in base al principio di cui all'art. 336 c.p.c., la riforma della sentenza del primo giudice determina la caducazione del capo della pronuncia che ha statuito sulle spese, stante l'esigenza, peraltro, di provvedere alla liquidazione delle spese in considerazione dell'esito complessivo della lite, in omaggio al cd. principio di globalità nell'individuazione della parte soccombente.

In tale direzione, la pronuncia del tribunale di Napoli si conforma all'orientamento dominante per lungo tempo nella giurisprudenza di legittimità per il quale nell'ipotesi di accoglimento, in tutto o in parte, dell'impugnazione, anche a prescindere dalla proposizione di un motivo di gravame in tal senso, il giudice d'appello allorché riforma in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d'ufficio ad una nuova regolamentazione delle intere spese processuali, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, poiché l'onere delle stesse deve essere attribuito e ripartito avendo riguardo all'esito complessivo della controversia (cfr., tra le tante, Cass. civ., 7 luglio 2006 n. 15557).

Alla medesima stregua della sentenza in esame, anche la S.C. ha invero evidenziato che occorre a riguardo considerare il disposto dell'art. 336, comma 1, c.p.c., sul c.d. effetto espansivo interno della riforma o cassazione della sentenza, per il quale la riforma o la cassazione parziale della sentenza ha effetto anche sui capi della stessa dipendenti dalla parte riformata o cassata, che, invero, trova applicazione rispetto ai capi di sentenza non impugnati autonomamente, ma necessariamente collegati ad altro capo che sia stato impugnato (v., ex ceteris, Cass. civ., 8 febbraio 2011, n. 3129).

In sostanza, in accordo con il prevalente indirizzo interpretativo, il giudice d'appello, a seguito di una riforma totale o parziale della decisione gravata dovrà provvedere d'ufficio ad un nuovo regolamento delle spese, con una pronuncia che deve avvenire con riferimento all'intero processo ed all'esito finale della lite, indipendentemente dalla sorte delle fasi incidentali eventualmente apertesi nel suo corso (cfr., tra le altre, Cass. civ., 19 gennaio 2010, n. 712).

Osservazioni

La tesi suffragata dalla giurisprudenza dominante e dalla stessa pronuncia in esame, in ordine al dovere d'ufficio del giudice che accolga, in tutto o in parte, l'appello, di pronunciarsi nuovamente anche sulle spese del giudizio di primo grado è condivisibile.

In primo luogo, rispetto alla percorribilità di tale soluzione interpretativa non osta l'omessa impugnazione ad opera della parte soccombente del capo della decisione gravata avente ad oggetto la statuizione sulle spese di lite, in quanto si tratta di un capo dipendente da quello sul merito della controversia, con la conseguenza che, ancorché non espressamente impugnato, sullo stesso non si formerà il giudicato a seguito della proposizione del gravame con incidenza, di qui, della riforma della decisione principale anche sulla statuizione dipendente relativa alle spese del giudizio.

In tale direzione, la più recente giurisprudenza di legittimità appare tuttavia incline a ritenere che la decisione dell'impugnazione sulla questione principale può comportare la modificazione, in virtù del cosiddetto "effetto espansivo interno" anche della questione dipendente (nella specie, riguardante le spese di lite del primo grado), pur se autonoma e non investita da specifica censura, fermo restando che tale "modificabilità" dei capi di sentenza autonomi ma dipendenti da altro capo, costituendo un'eccezione al principio della formazione del giudicato in mancanza di impugnazione, va applicata con estremo rigore, dovendosi perciò escludere che l'impugnazione della statuizione sulla questione principale rimetta in ogni caso in discussione la decisione sulla questione dipendente, attribuendo perciò sempre al giudice dell'impugnazione il potere di deciderla nuovamente e autonomamente, posto che ciò potrà e dovrà accadere solo ove sia imposto dal tenore della decisione relativa all'impugnazione principale, ossia quando tale ultima decisione si ponga in contrasto con quella sulla questione dipendente (cfr. Cass. civ., 26 settembre 2019, n. 23985).

Come non trascura di evidenziare la decisione in commento, l'esigenza, nell'ipotesi di riforma della sentenza di primo grado, di modificarne la statuizione sulle spese processuali si correla, oltre che al disposto dell'art. 336 c.p.c., alla necessità di individuare la parte soccombente in forza dell'esito complessivo della controversia.

Anche sotto tale profilo, si condivide la decisione del tribunale di Napoli, coerente con l'assunto, condiviso dalla stessa dottrina che si è occupata specificamente della problematica, per il quale nell'ipotesi in cui un processo civile venga definito dopo differenti gradi di giudizio, il principio di soccombenza deve essere inteso in senso globale, i.e. l'onere delle spese processuali deve essere attribuito e ripartito in relazione all'esito complessivo della lite, dovendo la soccombenza, ai fini della liquidazione delle spese, essere stabilita in base ad un criterio unitario e globale (Gonnelli, 503 ss.). In altri termini violerebbe la regola fondamentale di cui all'art. 91 c.p.c. il giudice di merito che ritenesse la parte soccombente in un grado di giudizio e, invece, vincitrice in un altro grado (cfr., tra le molte, Cass. civ., 30 settembre 2009, n. 20966).

In questa direzione si iscrive l'orientamento, più volte ribadito dalla stessa S.C., per il quale il giudice d'appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d'ufficio ad una nuova regolamentazione delle spese processuali quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, dato che l'onere di esse va attribuito e ripartito tenendo presente l'esito complessivo della lite, mentre, se conferma la sentenza di primo grado, non può modificare la pronuncia del primo giudice sulle spese, a meno che questa non sia stata oggetto di uno specifico motivo di impugnazione (v., ex ceteris, Cass. civ., 30 agosto 2010, n. 18837; Cass. civ., 22 dicembre 2009, n. 26985).

Guida all'approfondimento
  • Cerino Canova, Le impugnazioni civili. Struttura e funzione, Padova 1973;
  • Consolo, L'impugnazione delle sentenze e dei lodi, Padova 2006;
  • Gonnelli, Il principio di globalità nelle spese processuali, in Riv. dir. proc., 2003, 503 ss.;
  • Liebman, “Parte” o “capo” di sentenza, in Riv. dir. proc., 1964, 56;
  • Poli, In tema di estensione dell'impugnazione delle parti di sentenza dipendenti, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2001, 705.

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