Nel caso in cui un avvocato abbia scelto di agire ex art. 28, legge n. 794/1942, come modificato dalla lett. a) del comma 16 dell'art. 34 d.lgs. n. 150/2011, nei confronti del proprio cliente, proponendo l'azione prevista dall'art. 14 del medesimo decreto legislativo e chiedendo la condanna del cliente al pagamento dei compensi per l'opera prestata in più gradi e/o fasi di giudizio, la competenza è dell'ufficio giudiziario di merito che ha deciso per ultimo la causa.
Il caso. La sentenza in commento trae origine dall'ordinanza con la quale il Tribunale di Napoli ha dichiarato la propria incompetenza in relazione alla domanda di liquidazione dei compensi professionali proposta da un avvocato per il patrocinio svolto in favore di un proprio cliente nel giudizio definito in primo grado dallo stesso Tribunale di Napoli e in sede di gravame dalla Corte d'appello della medesima località.
Secondo il Tribunale, infatti, nel caso in cui la richiesta abbia ad oggetto la richiesta di compensi per l'attività professionale svolta in più gradi di giudizio, l'intera lite rientra nella competenza del Giudice di secondo grado (o di quello che abbia conosciuto per ultimo della controversia), essendo solo questi in condizione di valutare l'intera attività svolta e di liquidare il compenso nella misura più adeguata.
Via libera al Giudice che ha deciso per ultimo la causa. Avverso la decisione del Tribunale di Napoli è stato proposto regolamento di competenza strutturato in un unico motivo.
Secondo il ricorrente, i Giudici di merito avrebbero infatti disatteso le indicazioni di una sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione del 2018 – attenendosi invece a un'asseritamente isolata sentenza della Suprema Corte, peraltro precedente – secondo la quale nei procedimenti ex art. 14 d.lgs. n. 150/2011, quando le prestazioni del difensore siano svolte dinanzi a uffici giudiziari diversi, per ottenere il relativo compenso occorrerebbe proporre domande autonome dinanzi a ciascun Giudice adìto per il processo, con esclusione della possibilità di riconoscere al Giudice di secondo grado la competenza per l'intera controversia.
Respingendo il ricorso, le Sezioni Unite, cui la questione era stata rimessa, hanno in primo luogo precisato che l'indirizzo favorevole alla proponibilità al Giudice che ha deciso per ultimo la causa della domanda cumulativa relativa a tutti i compensi dovuti per prestazioni professionali svolte dall'Avvocato per il medesimo cliente in più gradi o fasi del processo ai sensi dell'art. 28 legge n. 794/1942 (nella sua formulazione originaria), non ha la sua fonte un un'isolata sentenza della Corte di cassazione, ma in un risalente e consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, peraltro mai contraddetto.
A fronte di tali orientamenti maggioritari soltanto in poche pronunce è stata esclusa la possibilità di proporre l'anzidetta domanda cumulativa in un unico giudizio dinanzi al Giudice che ha emesso l'ultima decisione nell'ambito del processo.
Peraltro, tali decisioni – oltre a essere numericamente esigue – non possono dirsi realmente in contrasto con l'indirizzo dominante in quanto, dalle relative motivazioni, si desume che, in realtà, le stesse non sono altro che il frutto di un differente approccio ermeneutico basato sul valore preminente attribuito all'interpretazione letterale del sopra citato art. 28 applicabile ratione temporis, mentre l'orientamento maggioritario è il risultato di un'esegesi della norma non soltanto letterale, ma anche logico-sistematica e teleologica.
Per tale ragione le Sezioni Unite hanno delineato il seguente principio di diritto: nel caso in cui un Avvocato abbia scelto di agire ex art. 28 legge n. 794/1942, come modificato dalla lett. a) del comma 16 dell'art. 34 d.lgs. n. 150/2011, nei confronti del proprio cliente, proponendo l'azione prevista dall'art. 14 del medesimo decreto legislativo e chiedendo la condanna del cliente al pagamento dei compensi per l'opera prestata in più gradi e/o fasi di giudizio, la competenza è dell'ufficio giudiziario di merito che ha deciso per ultimo la causa.
*Fonte: www.dirittoegiustizia.it