Sinistro privo di scontro tra veicoli: come opera la presunzione di colpa?
02 Marzo 2020
La prova del nesso di causalità, che grava a carico dell'attore, si risolve nella prova di un comportamento del conducente contrario alle norme, generiche e specifiche, che regolamentano la circolazione stradale, e che ha generato il danno posto a fondamento della domanda. Il principio, ormai risalente, è stato ribadito dalla III Sezione Civile della Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 5433/2020 depositata il 27 febbraio.
I fatti. L'amministratore di sostegno di un uomo agiva per il risarcimento dei danni che aveva riportato il proprio amministrato, caduto dallo scooter a seguito di una brusca frenata. Dalla caduta era seguita una grave invalidità permanente. L'amministratore sosteneva la tesi secondo la quale il sinistro era stato originato da una manovra di emergenza posta in essere dall'amministrato, dopo che si era visto invadere parzialmente la propria carreggiata, da parte di un'autovettura condotta da un uomo. Asseriva inoltre che, alla responsabilità del conducente dell'autoveicolo, doveva sommarsi, a titolo di responsabilità concorrente, quella di una donna che aveva parcheggiato la propria automobile in una zona vietata e in una posizione che, di fatto, ostacolava la libera visuale sull'incrocio. Ciò posto, l'amministratore di sostegno conveniva in giudizio entrambi gli automobilisti e le loro rispettive compagnie di assicurazione, chiedendo l'accertamento delle rispettive responsabilità e, per l'effetto, il risarcimento dei danni subiti dall'amministrato in conseguenza del sinistro, nonostante non si fosse verificato scontro alcuno.
L'inoperatività del principio di presunzione di pari responsabilità. Nei gradi di merito era stato osservato che, stante la mancanza di un effettivo scontro tra i veicoli asseritamente coinvolti nel sinistro stradale, per l'effetto risultava non applicabile la presunzione di pari responsabilità disciplinata dall'art. 2054, comma 2, c.c., e neppure la previsione del comma primo, in quanto non era stata fornita la prova della correlazione causale tra il danno subito dal soggetto amministrato e l'ulteriore di cui si era prospettata la condotta colposa. Dai rilievi eseguiti dalla Polizia Locale e dalle dichiarazioni rese da un testimone, era emerso che uno degli automobilisti convenuti in giudizio proveniva da una strada con diritto di precedenza, e che la sua automobile non aveva invaso la carreggiata occupata dallo scooterista che, invece, stava percorrendo una strada inibita ai veicoli ordinari, peraltro procedendo a velocità elevata. Pertanto, nel merito, si era concluso che l'incidente fosse riconducibile, in via esclusiva, alla condotta gravemente colposa dell'amministrato il quale, verosimilmente, aveva perso il controllo del motoveicolo, dato che nessun ulteriore mezzo aveva interessato la corsia dal medesimo percorsa. Più precisamente, la donna che aveva parcheggiato la macchina in sosta vietata era stata sanzionata ai sensi dell'art. 158 c.d.s. (Divieto di fermata e di sosta dei veicoli), riconoscendo tuttavia che tale condotta non aveva fornito alcun contributo causale nell'evento dannoso.
Quando opera il principio dell'uguale concorso di colpa. L'amministratore di sostegno ricorre per la Cassazione, dove il Collegio della III Sezione Civile, dopo aver precisato gli estremi dell'applicabilità dei principi di cui all'art. 2054 c.c., ha rigettato il ricorso. Lo stesso Collegio di legittimità ha infatti posto in rilievo che il giudice di il secondo cuore ha reso una conclusione corretta, negando l'applicabilità del disposto di cui al comma 1 dell'art. 2054, decisa a seguito dell'esclusione della sussistenza del nesso di casualità tra le condotte dei due automobilisti convenuti e la caduta del motociclista, e da ciò ha fatto conseguire l'impossibilità di richiedere ai medesimi convenuti la prova liberatoria sull'assenza di colpevolezza prevista dal comma 1. E ciò in conformità al principio affermato da Cass. civ., sez. III, 20 agosto 1998, n. 8249 (e già reso nel 1978), secondo cui la circostanza che non si sia verificato uno scontro tra i veicoli asseritamente coinvolti impedisce l'applicazione della presunzione dell'uguale concorso di colpa, prevista al comma 2 dell'art. 2054 c.c., ma non la presunzione di responsabilità dettata al primo comma dello stesso articolo, in quanto tale presunzione sorge a carico del conducente sempre che sia stata accertato il nesso di causalità tra la circolazione di un veicolo e il danno all'ulteriore veicolo. La prova del nesso di causalità, che grava a carico dell'attore, si risolve nella prova di un comportamento del conducente contrario alle norme, generiche e specifiche, che regolano la circolazione stradale, causativo del danno posto a fondamento della domanda. Per il collegio di legittimità non potrebbe ritenersi sufficiente che il danno si sia verificato nell'ambito della circolazione stradale, poiché l'onere del convenuto di fornire la prova liberatoria di aver posto in essere tutto il possibile per evitare il danno, può insorgere unicamente quando si è stato dimostrato, da parte dell'attore, che il danno sia stato realmente causato dall'asserito responsabile.
La circostanza che fosse vietato il transito veicolare. L'amministratore di sostegno, nel ricorso di legittimità, ha inoltre denunciato la nullità della sentenza, resa dal giudice di seconde cure, per travisamento della prova, rilevando che il medesimo giudice aveva fondato la decisione sulla circostanza, smentita dagli atti di causa, che lungo la via interessata fosse stato vietato il transito ai veicoli, ed altresì evidenziando che nel verbale del sinistro non era stato neanche menzionato il divieto di transito.
I risvolti umani “delicatissimi” della vicenda non incidono sulla liquidazione delle spese processuali. Infine, l'amministratore di sostegno ha assunto che le “gravi ragioni” le quali, secondo il giudice del gravame, avevano giustificato la compensazione delle spese del giudizio innanzi al Tribunale, avrebbero dovuto condurre a compensare finanche le spese innanzi alla Corte d'Appello, tenuto conto che la vicenda in questione aveva sortito dei “risvolti umani delicatissimi”. Secondo il Collegio di legittimità lo spiegato motivo risulta infondato, poiché la circostanza che il giudice di seconde cure avesse ritenuto non censurabile la decisione del Tribunale in ordine alla compensazione delle spese, non comportava che pure il giudice d'appello dovesse avvalersi della facoltà di compensare, tanto più in un contesto ove non si era manifestata la necessità di svolgere, per la prima volta, la ricostruzione delle dinamiche del sinistro stradale.
(Fonte: www.dirittoegiustizia.it) |