Rifacimento dell'appartamento e del lastrico solare condominiale: possibili effetti della delibera nulla e del permesso di costruire

Maurizio Tarantino
05 Marzo 2020

Qualora la Suprema Corte dovesse confermare la nullità della delibera, significa che un condomino ha ottenuto il permesso di costruire dal Comune senza alcuna delibera condominiale che l'autorizzava ad intervenire su parti comuni del condominio?

Qualora la Suprema Corte dovesse confermare la nullità della delibera, significa che un condomino ha ottenuto il permesso di costruire dal Comune senza alcuna delibera condominiale che l'autorizzava ad intervenire su parti comuni del condominio? Pertanto si può ipotizzare che si riesca ad ottenere l'annullamento del permesso di costruire rilasciato dal Comune che, come è noto, rilascia il permesso a costruire solo se il condomino è legittimato a ottenere il permesso perché in possesso di delibera condominiale che gli permette l''intervento su parti comuni del condominio?

La risposta al quesito si basa sulla presunta e possibile nullità del provvedimento; sicché, quanto sarà di seguito esposto, rappresenta una possibile soluzione.

In argomento, sappiamo che il Testo Unico dell'edilizia prescrive che il permesso di costruire sia rilasciato non solo al proprietario dell'immobile, ma anche ai soggetti che abbiano titolo per richiederlo (art. 11, comma 1, d.p.r. n. 380/2001); tra di essi rientrano, per orientamento giurisprudenziale, anche i singoli condomini. Supponendo la sopravvenuta nullità della delibera autorizzativa, il permesso di costruire è valido?

È opportuno porre l'attenzione a quanto accaduto in un precedente amministrativo. In tal vicenda, il condominio aveva chiesto di annullare il titolo abilitativo ottenuto da uno dei condomini per la trasformazione di finestre in balconi, in occasione dei lavori di manutenzione straordinaria alle facciate del palazzo. Nonostante il consesso assembleare si fosse espresso negativamente, durante l'assemblea di condominio, tale trasformazione veniva lo stesso realizzata in virtù di due segnalazioni certificate di inizio attività in cui non veniva dato atto della esistenza di detta delibera condominiale di diniego. In seguito, il condominio chiedeva al Comune di riesaminare le autorizzazioni rilasciate al fine di adottare le conseguenti sanzioni. Tuttavia, i giudici amministrativi respingevano la richiesta, facendo notare che la verifica della validità dei titoli edilizi da parte del Comune non comprende la risoluzione di contrasti tra privati. Insomma, se un condomino possiede i requisiti soggettivi per il rilascio del permesso di costruire, eventuali contrasti tra i condomini non possono essere addotti come causa per annullare il titolo edilizio. Quindi, se il permesso di costruire rilasciato per un intervento edilizio è valido, l'assemblea condominiale non può fare valere il proprio dissenso alla realizzazione dell'opera, anche se espressa in assemblea (TAR Campania-Salerno, sez. I, 22 giungo 2015 n. 1409).

Ed ancora, secondo altra giurisprudenza, i rapporti tra l'istante e i vicini, siano essi titolari di diritti reali individuali ovvero in comunione, hanno natura e rilevanza privatistica e non devono interessare l'amministrazione locale anche perché vi è comunque la clausola di salvaguardia generale che fa salvi i diritti dei terzi prevista dall'art. 11, comma 3, d.p.r. n. 380/2001; è pertanto illegittimo il provvedimento con cui si rifiuta l'adozione di un atto amministrativo abilitativo — sia esso costituito da una concessione edilizia ovvero da una Dia — in assenza di un atto di consenso di natura privatistica ed attinente ai rapporti di diritto privato tra le parti, non previsto e non richiesto dalla legge (TAR Latina, Lazio, sez. I, 9 dicembre 2010, n. 1949; TAR. Venezia-Veneto, sez. II, 2 luglio 2007, n. 2139; Consiglio di Stato, sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 717).

In conclusione, secondo quanto appreso dalla giurisprudenza in esame, se il condomino intendesse richiedere comunque all'assemblea per ragioni di civile convivenza, l'eventuale autorizzazione concessa non può che interpretarsi come mero riconoscimento dell'inesistenza di interesse e di pretese degli altri condomini a questo tipo di utilizzazione, mentre l'eventuale delibera contraria non preclude al richiedente la possibilità di attuare la modifica, indipendentemente dalla mancata impugnazione della stessa (Cass., civ., sez. II, 3 gennaio 2014, n. 53). Diversamente, resta valida l'autorizzazione concessa dal Comune senza l'autorizzazione del Condominio.

Quindi, esclusi i rapporti amministrativi con quelli civili, in caso di nullità della precedente delibera autorizzativa, resta comunque fermo il diritto dei condomini di contestare (in tema civile) gli effetti derivanti dalla delibera nulla ed eventuali lavori realizzati in caso di violazione di norme completamente diverse da quelle urbanistiche (ad esempio, rischi alla stabilità dell'immobile; danni al decoro architettonico del palazzo, ossia all'estetica della sua facciata).

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