Coronavirus: iniziative del settore assicurativo
12 Marzo 2020
In momenti difficili, come quelli che sta attualmente vivendo la nostra comunità a causa del progressivo propagarsi del Corona Virus, ci si attende da tutti, ma, in particolar modo da chi rappresenta, ai più alti livelli, settori importanti della popolazione, quel senso di responsabilità che possa essere di esempio e di aiuto per contrastare gli effetti dell'attuale situazione sanitaria, anche attraverso i comportamenti dei singoli cittadini.
In nome di quel senso di responsabilità il settore assicurativo, imprese, lavoratori e parti sociali, hanno cercato di agire unitariamente.
Va preliminarmente evidenziato che, sotto il profilo normativo, proprio il recente d.P.C.m. dell'11 marzo 2020, nel prevedere in via generale la obbligatoria sospensione delle attività commerciali, produttive, professionali e di servizi, stabilisce delle deroghe tra cui, a ben vedere, rientrano proprio i c.d. servizi assicurativi.
Ma andando al di là del suddetto dettato normativo e della sua interpretazione letterale, e piuttosto avendo a riferimento la "ratio" sottesa a tutte le iniziative governative fin qui intraprese e volte a evitare il diffondersi del virus, ci preme a questo punto sottolineare l'evidente senso di responsabilità delle Compagnie di assicurazione che, sin dal primo momento dell'affacciarsi dell'emergenza, stanno operando nel senso auspicato dagli organi istituzionali.
In particolare il settore ha già provveduto, in modo che definirei unitario a:
Il settore, quindi, ha dimostrato la sua disponibilità a rinvenire ogni forma di agevolazione per i suoi lavoratori e le loro famiglie, con la volontà di creare le condizioni per una celere ripresa dell'economia quando l'epidemia in atto sarà debellata.
A bene vedere, possiamo quindi ragionevolmente affermare che le imprese di assicurazione abbiano, di fatto, “anticipato” le indicazioni e i contenuti dei numerosi decreto del Presidente del Consiglio. Tanto per fare un esempio, nell'ultimo d.P.C.m. dell'11 marzo 2020 il lavoro agile viene eletto quale principale forma di svolgimento del rapporto di lavoro subordinato nella gestione dell'emergenza Covid-19, dal momento che consente, ove applicabile, di mantenere la produttività aziendale e di tutelare il livello retributivo dei lavoratori (come sancito dall'art. 20, comma 1, l. n. 81 del 2017, che ne statuisce l'invarianza retributiva rispetto ai lavoratori che svolgono la propria prestazione). Tale ultimo decreto amplia, se si può dire, il raggio d'azione che prima derivava dalla previsione dell'art. 2, comma 1, lett. r), d.P.C.m. 8 marzo 2020 che si limitava a disporre che il lavoro agile “potesse essere applicato” in modalità semplificata, senza accordo individuale, con un'unica comunicazione obbligatoria e con invio telematico al dipendente e agli RLS della informativa sulla sicurezza ex art. 22, l. n. 81 del 2017, resa disponibile sul portale Inail.
La nuova previsione dell'art. 1, comma 7 lett. a), d.P.C.m. 11 marzo 2020, raccomanda che “sia attuato il massimo utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza”. La norma in esame spinge, in altri termini, i datori di lavoro del settore privato a verificare la potenziale compatibilità delle lavorazioni all'interno dei propri processi produttivi e di servizio con le peculiarità dello smart working, che consente di dare piena attuazione alla direttiva generale di rimanere nelle proprie case, anche per svolgere la prestazione lavorativa.
La formula adottata alla lett. a) del comma 1, con il riferimento al “proprio domicilio o in modalità a distanza”, pur non snaturando l'essenza del lavoro agile, che nelle intenzioni del legislatore del 2017 intendeva prevedere una forma di lavoro subordinato con l'indifferenza del datore di lavoro rispetto al luogo di svolgimento, inserisce il richiamo iniziale al “proprio domicilio” evidentemente quale sintomo della preoccupazione del contenimento dello spostamento delle persone, obiettivo principale degli interventi che si stanno susseguendo così rapidamente.
In ogni caso, pur in assenza di un esplicito apparato sanzionatorio in caso di mancata adozione del lavoro agile, peraltro tecnicamente poco praticabile, considerato che la norma a rigore non lo impone, ma lo “raccomanda” (art. 1, comma 7, lett. a) o “invita” all'utilizzo (art. 1, lett. 10), la decisa ed evidente presa di posizione del governo in tale direzione, consente di ritenere plausibile la sua pretendibilità anche da parte dei lavoratori qualora il difetto del ricorso al lavoro agile non appaia giustificato da ragioni organizzative o produttive oggettive.
Va poi positivamente sottolineato che tra le iniziative intraprese dal comparto assicurativo, carattere residuale assumono sia la obbligatoria fruizione di ferie e permessi derivanti dal CCNL, sia il ricorso all'assegno ordinario erogabile dal fondo di solidarietà di settore.
In riferimento all'istituto delle ferie, va ricordato che la lett. b) dell'art. 1, comma 7, d.P.C.m. dell'11 marzo 2020, si propone di ampliare quanto già previsto dai precedenti provvedimenti governativi. Se il d.P.C.m. dell'8 marzo disponeva infatti, all'art. 1, comma 1, lett. e), di “promuovere la fruizione dei periodi di congedo ordinario e di ferie”, la richiamata lett. b) del comma 7 dell'art. 1 dispone di incentivare “le ferie e i congedi retribuiti per i dipendenti nonché gli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva”. Rispetto alla più generale definizione di congedi ordinari apparsa nei precedenti decreti, l'ultimo decreto spinge all'utilizzo di congedi retribuiti, richiamando le assenze indennizzate dal nostro ordinamento come il congedo straordinario per l'assistenza dei disabili, i permessi mensili e, ancora, il congedo parentale. L'elenco si arricchisce, poi, di tutti gli strumenti che la contrattazione collettiva.
Venendo, infine, al tema degli ammortizzatori sociali, alla lettera e) del d.P.C.m. 11 marzo 2020, è prevista l'incentivazione di sanificazione dei luoghi di lavoro, “anche utilizzando a tal fine forme di ammortizzatori sociali”. Sul tema va sottolineato quanto recentemente disposto dall'art. 13 del d.l. n. 9 del 2020 (in corso di conversione in legge) che prevede un utilizzo più agevole del c.d. assegno ordinario disciplinato dall'articolo 30, comma 1, del d.lgs. n. 148 del 2015 (c.d. Jobs Act) e dai Regolamenti dei fondi di solidarietà dei vari settori merceologici (tra i quali quello del settore assicurativo e di assicurazione/assistenza). Trattasi della prestazione d'integrazione salariale che interviene nei confronti dei lavoratori dipendenti (esclusi i dirigenti nel caso del Fondo intersettoriale di solidarietà del settore assicurativo) di datori di lavoro, nell'ambito e in connessione con processi di ristrutturazione e/o di situazioni di crisi e/o di rilevante riorganizzazione aziendale o di riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, per le cause previste dalla normativa sull'integrazione salariale ordinaria e straordinaria (situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all'impresa o ai dipendenti; situazioni temporanee di mercato; riorganizzazione aziendale; crisi aziendale, ecc.). L'accesso all'intervento ordinario è subordinato all'espletamento delle procedure legislative e contrattuali di confronto sindacale previste dalla contrattazione collettiva ed è condizionato alla conclusione delle suddette procedure con un accordo sindacale aziendale.
L'integrazione salariale deve essere concessa per il tempo necessario alla ripresa dell'attività produttiva interrotta; l'intervento, dunque, è finalizzato a supportare sia ipotesi di crisi aziendali contingenti e di breve durata, sia ipotesi di crisi aziendali prolungate nel tempo e legate ad un ridimensionamento produttivo.
La portata innovativa dell'art. 13 del provvedimento sopra indicato è, in primo luogo, quella di consentire all'impresa di utilizzare l'assegno ordinario erogabile dal fondo di solidarietà (nel nostro caso assicurativo) per affrontare la grave problematica del Corona Virus (come causale autonoma, indipendentemente da quanto previsto dai singoli Regolamenti dei fondi di solidarietà); ciò facendo leva sulle causali della cassa integrazione ordinaria, avuto particolare riguardo alle situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all'impresa o ai dipendenti.
Al riguardo, per inquadrare bene la fattispecie occorre richiamare sia il d.m. n. 95442/2016 sia la circolare INPS n. 139/2016.
Il primo provvedimento, nel disciplinare nel dettaglio le singole fattispecie che integrano le causali di intervento della CIGO e gli elementi oggettivi da valutare in relazione ad esse, all'art. 8 comma 2, dispone che “integrano le fattispecie impraticabilità dei locali anche per ordine di pubblica autorità e sospensione o riduzione dell'attività per ordine di pubblica autorità per cause non imputabili all'impresa o ai lavoratori, rispettivamente, la sospensione o riduzione dell'attività per eventi improvvisi e di rilievo, quali alluvioni o terremoti, e la sospensione o riduzione dell'attività per fatti sopravvenuti, non attribuibili ad inadempienza o responsabilità dell'impresa o dei lavoratori, dovuti ad eventi improvvisi e di rilievo o da ordini della pubblica autorità determinati da circostanze non imputabili all'impresa”.
La circolare n. 138 del 2016, al punto 6.6, afferma invece che “l'art. 8 del decreto n. 95442/16 raggruppa un insieme di fattispecie per le quali la sospensione o riduzione dell'attività lavorativa sono dovute dalla forza maggiore o ordine della pubblica autorità. Si tratta cioè di incendi, alluvioni, sismi, crolli, mancanza di energia elettrica, impraticabilità dei locali anche per ordine di pubblica autorità e sospensione dell'attività per ordine di pubblica autorità per cause non imputabili all'azienda e/o ai lavoratori. Ferma restando la consueta relazione descrittiva dell'evento e degli effetti sull'attività dell'azienda istante, in alcune delle fattispecie su indicate potrebbe essere necessario produrre anche verbali ed attestazioni delle competenti autorità comprovanti la natura dell'evento (VV.FF., Enti erogatori, etc.) e per la fattispecie che integra la causale di cui al comma 2 (impraticabilità dei locali o sospensione dell'attività per ordine di pubblica autorità), dichiarazione (es. ordinanze) della pubblica autorità circa l'impraticabilità dei locali e le cause che ne hanno determinato la decisione. In caso di mancata fornitura dell'energia elettrica deve inoltre risultare che la stessa sia stata imprevista ed imprevedibile… (Omissis)”.
In secondo luogo, va evidenziato che, sempre nell'art. 13 sopra menzionato, il Legislatore prescinde da una fase di consultazione sindacale e dalla conseguente a stipula di uno specifico accordo sindacale aziendale, circostanza questa che invece il Regolamento del Fondo di solidarietà del settore assicurativo e di assicurazione/assistenza pone come condizione indispensabile per richiedere l'assegno ordinario nella fattispecie “classica” di riorganizzazione/ristrutturazione aziendale.
|