Il credito per aggio del concessionario e ammissione allo stato passivo
17 Marzo 2020
Secondo la condivisibile ricostruzione operata dal giudice della nomofilachia, nel sistema della riscossione coattiva a mezzo ruolo disciplinato dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, il diritto di procedere in executivis dell'agente della riscossione si fonda su un peculiare e caratterizzante titolo esecutivo, rappresentato, a mente del citato D.P.R. n. 602 del 1973, art. 49, comma 1, dal ruolo, ovvero l'elenco dei debitori predisposto dall'ente creditore e trasmesso all'agente della riscossione, avente natura di titolo di formazione amministrativa, munito ab origine e per espressa volontà di legge, di idoneità esecutiva senza necessità, a tal fine, di alcuna comunicazione o notificazione al debitore. Di siffatto peculiare titolo esecutivo costituisce riproduzione il cd. estratto di ruolo, un documento che, giusta quanto prescritto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, riporta i dati relativi al soggetto contribuente, alla natura ed entità delle pretese iscritte a ruolo, nonchè la descrizione, il codice e l'anno di riferimento del tributo, l'anno di iscrizione a ruolo, la data di esecutività del ruolo, l'ente creditore: esso, corredato della dichiarazione di conformità all'originale resa dall'agente della riscossione, integra idonea prova del credito, ai sensi dell'art. 2718 c.c., anche in ordine all'accertamento della giurisdizione del giudice adito (tra le varie, Cass. 11794/2016). La cartella di pagamento, invece, non è altro che la stampa del ruolo in unico originale notificata alle parti che, redatta in conformità al relativo modello ministeriale, reca l'indicazione dei medesimi elementi identificativi della pretesa risultanti dal ruolo, innanzi analiticamente menzionati (Cass. 12888/2015). Precisamente, nel sistema della riscossione a mezzo ruolo la notificazione della cartella di pagamento assolve uno actu le funzioni che nella espropriazione forzata codicistica sono svolte dalla notificazione del titolo esecutivo ex art. 479 c.p.c. e dalla notificazione del precetto, risolvendosi, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 2, nell'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo, così come il precetto contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal titolo esecutivo (da ultimo, Cass. 24235/2015; in precedenza, Cass.6721/2012). La notificazione della cartella configura, poi, attività prodromica necessaria al pignoramento eseguito (in una delle varie modalità stabilite dalla legislazione speciale) dall'agente della riscossione: in tal senso, univocamente depone il disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, laddove prevede che “il concessionario procede ad espropriazione forzata quando è inutilmente decorso il termine di sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento”. La trascritta formulazione letterale della norma offre un indice inequivoco per la corretta delimitazione della funzione della cartella: la locuzione “procede ad espropriazione”, infatti, va intesa in senso proprio e stretto, come riferita unicamente all'atto di promuovimento della procedura di riscossione, nelle differenti tipologie previste in ragione del bene (mobile, immobile o credito) staggito. La cartella di pagamento costituisce, dunque, atto preliminare indefettibile solo di una delle due possibili declinazioni dell'azione esecutiva: condiziona cioè esclusivamente l'effettuazione di un pignoramento da parte dell'agente della riscossione, e non invece l'intervento di questi in procedura espropriativa già intrapresa. Il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 87, comma 2, prevede che se il debitore è dichiarato fallito “il concessionario chiede, sulla base del ruolo, per conto dell'Agenzia delle entrate l'ammissione al passivo della procedura” ed il successivo art. 88, comma 1, aggiunge che “se sulle somme iscritte a ruolo sorgono contestazioni, il credito è ammesso al passivo con riserva, anche nel caso in cui la domanda di ammissione sia presentata in via tardiva a norma del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 101”. Come già ripetutamente affermato dalla Suprema corte (cfr. Cass. 5063/2008, Cass. ord. 12019/2011, 3876/2015, 4631/2015) i crediti iscritti a ruolo ed azionati da società concessionarie per la riscossione seguono, nel caso di avvenuta dichiarazione di fallimento del debitore l'iter procedurale prescritto per gli altri crediti concorsuali dalla L. fall., artt. 92 e ss., legittimandosi la domanda di ammissione al passivo, se del caso con riserva (ove vi siano contestazioni), sulla base del solo ruolo, senza che occorra la previa notifica della cartella esattoriale al curatore. L'organo del fallimento è pienamente edotto della pretesa erariale con la comunicazione del ruolo contenuta nella domanda di ammissione e che, ai sensi del D.Lgs. n. 465 del 1992, art. 19, ha da quel momento la possibilità di opporsi a detta pretesa impugnando il ruolo dinanzi alle competenti Commissioni Tributarie, senza alcuna necessità che gli venga preventivamente intimato il pagamento (Cass. 655/2016). Infatti, “è ben vero che questa Corte ha affermato, non di recente, che ai fini dell'ammissione dei crediti tributari al passivo del fallimento del contribuente è necessaria la previa notifica del ruolo al curatore, onde consentire a quest'ultimo di ricorrere avverso il ruolo stesso in vista della conseguente ammissione del tributo con la “riserva” prevista dal D.P.R. cit., art. 45 (Cass. 6032/1998). Quel precedente, tuttavia, era riferito al testo del D.P.R. anteriore alle modifiche introdotte dal D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, che ha riscritto gli artt. 87 e 88, citt.” (Cass. 6126/2014). Con il termine “ruolo” ed “estratto di ruolo” si indicano due documenti tra loro differenti da un punto di vista sostanziale: infatti, “il “ruolo”, come noto ha una sua precisa definizione legislativa, posto che per il vigente testo del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 10,lett. b), esso è “l'elenco dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall'ufficio ai fini della riscossione a mezzo del concessionario” e che, per il medesimo D.P.R., art. 11, “nei ruoli sono iscritte le imposte, le sanzioni e gli interessi”. A norma del successivo art. 12 l'ufficio competente “forma ruoli distinti per ciascuno degli ambiti territoriali in cui i concessionari operano. In ciascun ruolo sono iscritte tutte le somme dovute dai contribuenti che hanno il domicilio fiscale in comuni compresi l'ambito territoriale cui il ruolo si riferisce”; nel ruolo “devono essere comunque indicati il numero del codice fiscale del contribuente, la specie del ruolo, la data in cui il ruolo diviene esecutivo e il riferimento all'eventuale precedente atto di accertamento, ovvero, in mancanza, la motivazione, anche sintetica, della pretesa; in difetto di tali indicazioni non può farsi luogo all'iscrizione”; “il ruolo è sottoscritto, anche mediante firma elettronica, dal titolare dell'ufficio o da suo delegato” e “con la sottoscrizione il ruolo diviene esecutivo”, cioè costituisce titolo esecutivo. Dai riprodotti dati normativi discende che il “ruolo” è un atto amministrativo impositivo (fiscale, contributivo o di riscossione di altre entrate allorchè sia previsto come strumento di riscossione coattiva delle stesse) proprio ed esclusivo dell'ufficio competente (cioè dell'ente creditore impositore), quindi “atto” che, siccome espressamente previsto e regolamentato da norme legislative primarie, deve ritenersi tipico sia quanto alla forma che quanto al contenuto sostanziale. Il “documento” denominato “estratto di ruolo”, tale indicato dallo stesso concessionario che lo rilascia, non è invece specificamente previsto da nessuna disposizione di legge vigente. Esso - che viene formato (quindi consegnato) soltanto su richiesta del debitore - (v. Consiglio di Stato, IV, n. 4209 del 2014) semplicemente un “elaborato informatico formato dall'esattore... sostanzialmente contenente gli... elementi della cartella...”, quindi anche gli “elementi” del ruolo afferente quella cartella (il C.d.S., peraltro, ha affermato l'inidoneità del suo rilascio ad ottemperare all'obbligo di ostensione all'interessato che ne abbia fatto legittima e motivata richiesta, della copia degli originali della cartella, della sua notificazione e degli atti prodromici. Da quanto sopra esposto emerge con sufficiente chiarezza la differenza sostanziale tra “ruolo” ed “estratto di ruolo” (termini talvolta impropriamente utilizzati come sinonimi): il “ruolo” (atto impositivo espressamente previsto e regolato dalla legge, anche quanto alla sua impugnabilità ed ai termini perentori di impugnazione) è un “provvedimento” proprio dell'ente impositore (quindi un atto potestativo contenente una pretesa economica dell'ente suddetto); l'”estratto di ruolo”, invece, è (e resta sempre) solo un “documento” (un “elaborato informatico... contenente gli... elementi della cartella”, quindi unicamente gli “elementi” di un atto impositivo) formato dal concessionario della riscossione, che non contiene (nè, per sua natura, può contenere) nessuna pretesa impositiva, diretta o indiretta (Cass. SU 19704/2015). Nonostante la differenza sostanziale che caratterizza il “ruolo” e “l'estratto di ruolo”, comunque “l'estratto di ruolo è la fedele riproduzione della parte del ruolo relativa alla o alle pretese creditorie azionate verso il debitore con la cartella esattoriale” (Cass. 11794/2016). La L. Fall., art. 93, richiede ai fini dell'ammissione al passivo l'allegazione al ricorso dei documenti dimostrativi del diritto del creditore e, a tali fini, non solo il ruolo ma anche l'estratto di ruolo è idoneo a dimostrare l'esistenza del diritto di credito (Cass. 5244/2017), nè, esigendo la notifica della cartella di pagamento, si può imporre all'agente della riscossione un onere maggiore, equivalente ad esigere inammissibilmente un titolo esecutivo in allegazione al proprio credito. A tal proposito si è ritenuto che “per l'ammissione al passivo fallimentare dei crediti insinuati dai concessionari della riscossione dei tributi è sufficiente, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 87, comma 2, n. 46, la produzione del solo estratto di ruolo, senza che occorra, in difetto di espressa previsione normativa, anche la previa notifica della cartella esattoriale” (Cass. 12117/2016, 655/2016). L'indirizzo può dirsi consolidato (Cass. 2078/2020, 16112/2019, 2732/2019, 23576/2017), avendo la Suprema corte da ultimo precisato che “in ragione del processo di informatizzazione dell'amministrazione finanziaria che, comportando la smaterializzazione del ruolo, rende indisponibile un documento cartaceo, imponendone la sostituzione con una stampa dei dati riguardanti la partita da riscuotere... stante il disposto del D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 23 (modificato dal D.Lgs. n. 235 del 2010, art. 16, comma 1), gli estratti del ruolo, consistenti in copie operate su supporto analogico di un documento informatico, formate nell'osservanza delle regole tecniche che presiedono alla trasmissione dei dati dall'ente creditore al concessionario, hanno piena efficacia probatoria ove il curatore non contesti la loro conformità all'originale”. Indirizzo cui va inscritta, come recentemente sancito da Cass. 21271/2018, anche Cass. SU 19704/2015, secondo cui il contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale - a causa dell'invalidità della relativa notifica sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione in quanto a ciò non osta del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, u.p.. Una lettura costituzionalmente orientata impone - secondo le Sezioni Unite - di ritenere che l'impugnabilità, prevista da tale norma, dell'atto precedente non notificato unitamente all'atto successivo notificato non costituisca l'unica possibilità di far valere l'invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza e quindi non escluda la possibilità di far valere l'invalidità stessa anche prima, giacchè l'esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione. Quanto richiamato opera per tutti i crediti veicolati dall'agente di riscossione, mutando solo, con la contestazione sostanziale, lo sviluppo processuale del relativo accertamento: per Cass. 2732/2019, infatti, “l'ammissione allo stato passivo di crediti sia previdenziali che tributari, può essere richiesta dalle società concessionarie per la riscossione, sulla base del semplice estratto del ruolo, senza che occorra, in difetto di espressa norma di legge, la previa notifica della cartella esattoriale, salva la necessità, in caso di contestazioni del curatore, per i crediti tributari, di provvedere all'ammissione con riserva, e per i crediti previdenziali, in quanto assoggettati alla giurisdizione del giudice ordinario, della necessità da parte del concessionario di integrare la prova con altri documenti giustificativi in possesso dell'ente previdenziale”. La pacifica riproduzione, già nell'estratto di ruolo, di tutti gli elementi essenziali del credito così come contenuti nella cartella, la non contestazione del fatto in sè della notifica della cartella, la non impugnazione infine di quest'ultima determinano dunque l'irrilevanza, se non la speciosità, della mancata “decodificazione” dei codici degli importi iscritti a ruolo, presupponendo la circostanza, già con la conoscenza dei codici, la piena ricostruzione della natura dei crediti alla stregua della ordinaria diligenza. Riguardo alla prescrizione, la premessa cristallizzazione dei crediti, quale effetto della mancata impugnazione delle cartelle notificate, si correla al principio, anche di recente ribadito, per cui “il contribuente non può, mediante l'impugnazione dell'estratto del ruolo, formulare l'eccezione di prescrizione e decadenza per mancata notifica nei termini di legge delle relative cartelle di pagamento, dovendo essa proporsi entro il termine di impugnazione di quest'ultime, decorso il quale, divengono definitive” (Cass. 19010/2019). A fronte di molteplici decisioni della Suprema corte a proposito dell'ammissione allo stato passivo del credito erariale sulla base del solo (estratto di) ruolo, mancano pronunce che si sono occupate della diversa questione relativa all'ammissione allo stato passivo del credito per aggio. In attesa della decisione della Cassazione sul ricorso n. 19966/2015 r.g. (che a quanto risulta sembra essersi occupata per la prima volta della questione), deve ritenersi che l'aggio può essere ammesso al passivo alla sola condizione che la cartella sia stata notificata, irrilevante essendo se anteriormente o successivamente al fallimento. Come, infatti, precisato da Cass. 6646/2013, occorre tenere ben distinta l'esistenza del credito tributario, che sorge in relazione ai diversi anni d'imposta quando si realizza il relativo presupposto impositivo, credito certamente preesistente alla dichiarazione di fallimento, e l'attività di esazione di detto credito a seguito del mancato pagamento. Tale attività posta in essere dall'esattore dà luogo ad una procedura di riscossione speciale definita per l'appunto esattoriale che comporta che il concessionario, una volta ricevuto il ruolo formato dall'Amministrazione finanziaria, che costituisce il titolo esecutivo, proceda sulla base di esso alla notifica della cartella esattoriale, equiparabile al precetto, con cui chiede al contribuente il pagamento delle somme portate dal ruolo. In caso di mancato pagamento, l'esattore procede alla esecuzione in via coattiva espressamente disciplinata dalla normativa tributaria e, in particolare, dal D.P.R. n. 602 del 1973, che detta norme per la riscossione delle imposte sul reddito (v. per l'esecuzione art. 49 e segg. contenenti disposizioni generali e disposizioni particolari in materia di espropriazione mobiliare, di espropriazione presso terzi, di espropriazione immobiliare e di espropriazione di beni mobili registrati) la cui applicazione è stata estesa dal D.Lgs. n. 46 del 1999 anche a tutte le altre imposte, diverse da quelle sui redditi, da riscuotersi mediante ruolo. È solo in virtù dello svolgimento della predetta attività di riscossione e di eventuale esecuzione che all'esattore compete un aggio sulle somme riscosse. Se tale attività viene iniziata e svolta prima della dichiarazione di fallimento, sia pure con la sola notifica della cartella di pagamento, non è dubbio che all'esattore competa l'aggio di cui al D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 17. Nel caso,invece, in cui l'attività di esazione abbia avuto inizio dopo la dichiarazione di fallimento, l'aggio che compete per lo svolgimento di detta attività non riveste natura concorsuale in virtù del principio generale della cristallizzazione operata dalla dichiarazione di fallimento sulla situazione del passivo dell'imprenditore, che comporta che i diritti i cui elementi costitutivi non si siano integralmente realizzati anteriormente alla detta dichiarazione, trattandosi di crediti non ancora sorti, sono estranei alla procedura concorsuale ed ad essa inopponibili (nello stesso senso, v. pure Cass. 9370/2015 e Cass. 18645/2015). Una conferma di tale assunto la si rinviene nel D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 33 laddove lo stesso espressamente prevede che, qualora i debitori d'imposta siano sottoposti a procedure concorsuali, l'ente creditore iscrive a ruolo il credito ed il concessionario provvede all'insinuazione del credito in tali procedure secondo le modalità prescritte dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 87 e segg. relative alla ammissione al passivo del fallimento e della liquidazione coatta amministrativa. La norma di cui al citato D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 33 in altri termini, esclude la necessità che l'esattore debba procedere ad iniziare la procedura di esecuzione esattoriale a partire dall'atto prodromico costituito dalla notifica della cartella di pagamento prescrivendo l'insinuazione al passivo sulla base del (solo) ruolo. Il tribunale fallimentare, pertanto, una volta accertata la sussistenza del titolo (nel caso di specie iscrizione a ruolo) per l'insinuazione del credito, deve limitarsi ad ammettere lo stesso al passivo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 45, comma 2, con riserva eventualmente dell'esito della contestazione davanti alle Commissioni Tributarie se proposta (Cass. sez. un. 11214/1997). La concessionaria, quindi, può limitarsi a presentare istanza di insinuazione al passivo sulla base del solo ruolo chiedendo per tale attività le spese ai sensi del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 17, comma 6, ma non già l'aggio (le spese d'insinuazione al passivo sostenute dall'Agente della riscossione (cd. diritti di insinuazione) rappresentano i costi normativamente forfetizzati di una funzione pubblicistica e, in quanto previste da una disposizione speciale equiordinata rispetto al principio legislativo di eguaglianza sostanziale e di pari accesso al concorso di tutti i creditori di cui alla L. Fall., artt. 51 e 52, hanno natura concorsuale e vanno ammesse al passivo fallimentare in ragione di un'applicazione estensiva del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 17, che prevede la rimborsabilità delle spese relative alle procedure esecutive individuali, atteso che un trattamento differenziato delle due voci di spesa risulterebbe ingiustificato, potendo la procedura concorsuale fondatamente ritenersi un'esecuzione di carattere generale sull'intero patrimonio del debitore. Il credito per le spese di insinuazione va, peraltro, riconosciuto in via chirografaria e non privilegiata, dovendo escludersi l'inerenza delle stesse al tributo riscosso: cfr. Cass. 25802/2015; Cass. 4861/2010). In definitiva l'aggio costituisce il compenso spettante al concessionario esattore per l'attività svolta su incarico e mandato dell'ente impositoreed il relativo credito non muta la sua natura di corrispettivo per un servizio reso in relazione al soggetto (contribuente, ente impositore o entrambi pro quota) a carico del quale, a seconda delle circostanze, è posto il pagamento: pertanto, in sede di accertamento al passivo dei crediti insinuati dal concessionario, il credito per aggio non può (diversamente da quello che mostra di ritenere la ricorrente: v. pag. 18) in alcun modo essere considerato inerente al tributo riscosso, e non è quindi assistito dal relativo privilegio (cfr. da ultima Cass. 24588/2019). Dal principio espresso nel precedente § 1 non si può far derivare la sufficienza della produzione del ruolo (ovvero dell'estratto) ai fini dell'ammissione allo stato passivo (anche) del credito per aggio. Ed infatti, il ruolo è sufficiente per l'ammissione allo stato passivo del credito tributario e/o previdenziale perché è la legge (art. 87, comma, cit.) che espressamente lo prevede. Non certo perché dal ruolo (o dall'estratto di ruolo) può evincersi la data di notifica della cartella di pagamento. Se, dunque, l'ammissione allo stato passivo dei crediti esattoriali (e previdenziali) avviene sulla base del solo ruolo, e non sulla base della cartella di pagamento sì come notificata in base alle indicazioni provenienti dal ruolo, è abbastanza evidente come il concessionario sia tenuto a dimostrare – mediante la produzione delle relate di notifica – che le cartelle di pagamento sono state notificate anteriormente al fallimento, perché solo in quel caso il relativo credito ha natura concorsuale. Già si è detto, infatti, che l'aggio è il compenso che spetta al concessionario per l'attività svolta per incarico e su mandato dell'ente impositore e che in nessun modo inerisce al credito tributario, con la conseguenza che per esso non possono valere le stesse regole dell'ammissione allo stato passivo dei crediti che si riscuotono a mezzo ruolo. In questa prospettiva, stante la qualifica di agente contabile alla società concessionaria del servizio di riscossione delle imposte, essendo quest'ultima incaricata, in virtù di una concessione contratto, di riscuotere denaro di spettanza dello Stato o di enti pubblici, del quale la stessa ha il maneggio nel periodo compreso tra la riscossione ed il versamento (Cass., Sez U., 23302/2016), la giurisdizione sui rapporti di dare ed avere tra esattore delle imposte ed ente impositore e del risultato contabile finale di detti rapporti appartiene alla Corte dei conti (Cass., Sez U., 16014/2018). In caso di domanda di ammissione allo stato passivo, viceversa, è il giudice ordinario ad essere munito di giurisdizione sul rapporto tra il concessionario e il debitore erariale, con la duplice conseguenza: a) che è il giudice delegato (ovvero il Tribunale in sede di opposizione) a dover accertare la natura concorsuale del credito (per aggio) fatto valere; b) che sussistendo (come nella specie, per aver il Tribunale rilevato d'ufficio la questione relativa ai fatti costitutivi della pretesa creditoria: v., infra, § 4) contestazione al riguardo, il concessionario, secondo le ordinarie regole di riparto in materia di onere della prova (art. 2697 c.c.), è tenuto a dimostrare (ovviamente mediante produzione delle relate di notifica) non solo di aver notificato la cartella anteriormente al fallimento, ma anche di averlo fatto ritualmente. |