Il riparto delle spese nel condominio parziale
18 Marzo 2020
Inquadramento
Il presente focus è incentrato sullo studio di una situazione giuridica peculiare del sistema civilistico nazionale. Il condominio, come è noto, è una delle figure più comuni in Italia ed è la scelta abitativa della maggioranza delle famiglie. La disciplina del diritto condominiale, pur complessa e articolata, è per la gran parte ben descritta e determinata dal codice civile il quale, integrato dalle sentenze di merito e della Cassazione, e da leggi speciali, compone il corpus del diritto condominiale. Esiste un peculiare istituto, tuttavia, che sfugge a questa canonizzazione. L'istituto del condominio parziale è infatti una figura di natura prettamente giurisprudenziale, ma che viene ormai pacificamente riconosciuta e accettato dal sistema. La base dalla quale prendere le mosse al fine di comprendere cosa sia il condominio parziale e come si differenzi la ripartizione delle spese rispetto alla situazione ordinaria è certamente l'art. 1123 c.c. Tale norma afferma che: 1. “Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione. 2. Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne. 3. Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità”. Detta legge, rubricata “ripartizione delle spese”, descrive al comma 1 l'ordinario regime condominiale della gestione dei costi e della loro ripartizione a tutti i condomini, a seconda dei rispettivi millesimi. I successivi commi, tuttavia, di portata generale e astratta, lasciano spazio a situazioni anomale in cui la fruizione dei beni condominiali è differenziata tra i proprietari. Questo è il caso del condominio parziale, ossia la situazione di fatto che si crea laddove in un condominio determinati beni, servizi o opere siano asservite in modo differenziato alle varie proprietà. Il dispositivo dei commi 2 e soprattutto 3, quindi, hanno consentito alla giurisprudenza di elaborare una categoria, o istituto, convenzionalmente chiamata condominio parziale, che altro non è se non la nomenclatura di una variegata riunione di situazioni eterogenee. Si avrà infatti condominio parziale in ogni caso laddove un bene, opera o servizio sia destinato a servire una parte dei proprietari. Prendendo le mosse da tale indicazione del codice civile, quindi, la giurisprudenza ha provveduto a elaborare la categoria, basando ogni ragionamento su un fondamentale principio, ossia che laddove il godimento di un bene (o come detto, servizio, opera, ecc.) sia differenziato e afferisca in proporzioni maggiori a un proprietario o alcuni di essi, allora il costo di gestione e ristrutturazione di questi deve essere sostenuto in modo differente e direttamente proporzionale all'utilità resa dal manufatto. La giurisprudenza ha riconosciuto l'ammissibilità del c.d. condominio parziale in molteplici sentenze. La Cassazione ha, infatti, affermato che “l'esistenza del condominio parziale è ritenuta possibile sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza (v., ex plurimis: Cass.nn. 7885/1995, 1255/1995, 11775/1992, 7449/1993) allorché all'interno del cosiddetto condominio allargato talune cose - qualificate come comuni ex art. 1117 c.c. - siano per oggettivi caratteri materiali e funzionali necessarie per l'esistenza o per l'uso, ovvero siano destinate all'uso o al servizio, non di tutto l'edificio, ma di una sola parte o di alcune unità abitative di esso” (così Cass. civ.,sez. II, 12 febbraio 2001, n. 1959), e anche identificando il condominio parziale come una “appartenenza separata” (come è pure la correlativa responsabilità per le spese inerenti) la cui possibilità va senz'altro ammessa, alla luce del principio sancito dal comma 3 dell'art. 1123 c.c., da cui discende la configurabilità del condominio parziale (Cass. civ. sez. II, 18 aprile 2005, n.8066); da notare come la Corte faccia discendere l'ammissibilità stessa del condominio parziale dall'art. 1123, comma 3, c.c. A nulla rilevano i millesimi generali, infatti, se ci si trova di fronte ad una delle situazioni astrattamente riconducibili ad una situazione di condominio parziale di cui all'art. 1123, comma 3, c.c., che è vero e proprio riferimento normativo del condominio parziale. Lo scopo di questa previsione, quindi, è di riuscire a tradurre con maggiore efficacia le indicazioni sulla ripartizione delle spese offerte dalle tabelle millesimali. E' pur vero, infatti, che le tabelle millesimali forniscono una fotografia della situazione condominiale, ma questa fotografia risulterebbe invariabilmente sfocata qualora non vi fosse la possibilità per il condominio di escludere dalla debenza di determinate spese alcuni condomini che sono del tutto estranei o che usano in modo limitato determinati beni o servizi. La ripartizione delle spese condominiali
Come anticipato nel paragrafo che precede, la situazione di differenziazione nel godimento di un bene/servizio crea una differente gestione della ripartizione delle spese condominiali. Per la gestione e le spese relative alle parti comuni del condominio - descritte dall'art. 1117 c.c. - il criterio generale è quello della ripartizione a mezzo dei millesimi. Al momento dell'acquisto dell'abitazione, e con la conseguente accettazione del regolamento di condominio, (o al momento della venuta in essere del condominio di nuova costruzione) il condomino prende atto della sussistenza di parti comuni assoggettate alle parti private e della ripartizione delle spese mediante tabelle millesimali allegate al regolamento stesso. In buona sostanza, comunque, a rilevare per la ripartizione delle spese non sarà la titolarità del bene, ma piuttosto l'utilità effettiva che il condomino ha sullo stesso. Tali tabelle rappresentano (o dovrebbero rappresentare) il valore delle unità immobiliari di modo da rispecchiare il maggior valore di un'abitazione con un maggior importo di spese di gestione. L'art. 68 disp. att. c.c. afferma infatti che: “1. Ove non precisato dal titolo ai sensi dell'articolo 1118, per gli effetti indicati dagli articoli 1123, 1124, 1126 e 1136 del codice, il valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare è espresso in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio. 2. Nell'accertamento dei valori di cui al primo comma non si tiene conto del canone locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione di ciascuna unità immobiliare”. L'ambito applicativo di questa norma è ben delimitato dal Tribunale di Velletri, che ha avuto modo di affermare che “In tema di condominio e ripartizione delle spese., sono le c.d. tabelle d'uso che altro non fanno che dare applicazione concreta al precetto normativo del comma 2 dell'art. 1123 c.c., tabelle millesimali pertanto consentono l'applicazione di quel principio di proporzionalità più volte richiamato. L'art. 68, comma 1, disp. att. c.c. (novellato dalla riforma del condominio) specifica che ove non precisato dal titolo ai sensi dell'art. 1118, per gli effetti indicati dagli artt. 1123, 1124, 1126 e 1136 c.c., il valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare è espresso in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio. Descritta la regola, il condominio parziale ne rappresenta l'eccezione (o, almeno, questa è l'opinione di chi scrive). Valga il vero, il rapporto regola/eccezioni tra i commi 1 e 2/3 dell'art. 1123 c.c. è tutt'altro che pacifico in dottrina. Autorevole dottrina (Triola), infatti, ha affermato che “è dubbia la possibilità di individuare una relazione di regola ed eccezione nello schema delineato dei tre commi dell'art. 1123 c.c. […] rimanendo pressochè impossibile prescegliere, nell'ambito delle variegate posizioni dottrinali, un'enunciazione sintetica e definitoria della ratio sottesa all'art. 1123 c.c.”. A parere dello scrivente, è invece possibile delineare due contrapposti sistemi di imputazione delle spese: quello identificato dall'art. 1123, comma 1, c.c., incentrato sul valore della proprietà individuale (espresso in millesimi) e uno, basato sui commi 2 e 3 della medesima norma, che tiene conto del criterio fattuale dell'uso potenziale del bene/servizio. Ben diversa, infatti, è l'applicazione di una tabella con millesimi stabiliti ex ante, rispetto al vaglio, individuale, delle situazioni di uso attuale e potenziale dei beni condominiali. Con la sent. n. 6010 del 28 febbraio 2019, la Cassazione ha affermato, sul punto, che “le attribuzioni dell'assemblea ai sensi degli artt. 1135 e 1123 c.c. sono circoscritte alla verifica e applicazione dei criteri fissati dalla legge. Se le cose comuni sono state destinate a servire i condomini di un edificio in misura diversa, le spese, a norma del comma 2 dell'art. 1123 c.c., vanno ripartite in misura proporzionale all'uso che ogni condomino può farne, salvo eventuali accordi, approvati all'unanimità dei condomini, con cui si preveda la ripartizione in misura proporzionale ai millesimi di proprietà. In mancanza di una tale convenzione, ove vi sia contrasto circa la relativa ripartizione, deve escludersi che l'assemblea possa diversamente suddividere la spesa, vincolando anche i dissenzienti, essendo la legittimità delle decisioni assembleari subordinata all'osservanza del criterio che tenga conto dell'utilità che ciascuno dei condomini possa trarre dalla cosa comune, come risultante all'esito di una verifica da compiere in concreto”. La ripartizione delle spese in caso di condominio parziale
Il condominio parziale, quindi, deve essere visto come una situazione accidentale, che insiste nel contesto condominiale e si realizza laddove uno o più condomini abbiano un minore godimento su un bene o servizio comune. In presenza di tale condizione, l'amministratore dovrà differenziare la ripartizione delle spese. In prima battuta, il professionista avrà l'onere di rilevare l'esistenza di un godimento differenziato e, conseguentemente, fare riferimento allo stesso in assemblea, illustrando la necessità di variare le tabelle millesimali esistenti. Tale situazione, naturalmente, sempre nel caso che le tabelle non diano già una differenziazione del godimento dei condomini, adeguando le spese di conseguenza. Il caso tipico in cui i confini tra la realtà espressa dalle tabelle millesimali e l'uso effettivo del bene si elidono è quello delle tabelle differenziali per le spese relative all'ascensore. Nei condomini in cui vi è un ascensore, infatti, allegate al regolamento vi sono due tipi di tabelle millesimali: quelle relative alle spese generali e quelle particolari inerenti all'impianto di ascensore nelle quali vi è una differenziazione di costi non incontrata sul valore della proprietà, ma piuttosto sull'uso effettivo dell'ascensore. Relativamente a tale manufatto, infatti, i condomini dei piani superiori pagheranno di più di quelli ai piani inferiori. Da notare, però, che anche i condomini del piano terra pagheranno una quota relativa al mantenimento dell'impianto di ascensore in quanto la sussistenza e il buono stato dello stesso giova in senso lato conferendo lustro al palazzo intero. Questo esempio è fatto per illustrare che la nozione di “uso” o “utilità” che i condomini traggono dai beni in modo differenziato può anche essere di tipo immateriale e legato al giovamento che il palazzo nel suo complesso ha dal bene (sul versante dottrinale, Guida). Nel caso citato, la nozione di uso differenziato è palese ed è riconosciuta, ma esistono casi più sottili i quali devono essere analizzati con attenzione. Si pensi a dei lavori straordinari di manutenzione della facciata condominiale. Questi, naturalmente, dovranno essere corrisposti da tutti i condomini, in misura proporzionale ai millesimi di proprietà (tabella millesimale ordinaria). Ipotizzando una situazione che pare abbastanza comune, tuttavia, si può pensare al negozio sito al piano terra, i cui millesimi sono in parte dovuti all'esercizio commerciale sito sulla facciata condominiale e che si affaccia sulla strada, e in parte alla proprietà di un basso fabbricato nell'interno cortile nel quale l'imprenditore svolge le sue lavorazioni, poi esposte nelle vetrine del negozio. Orbene, in questo caso la tabella millesimale ordinaria non rappresenta la realtà dello stabile, in quanto il condomino si giova solo parzialmente del buono stato della facciata, mentre per la porzione interna egli non trae beneficio dai lavori straordinari. Si aggiunga che, per i lavori relativi al basso fabbricato, generalmente gli unici a dovere provvedere sono i condomini proprietari, venendosi a creare così una difformità di trattamento rispetto al condominio. Nel caso in questione, quindi, anche al fine di evitare liti giudiziali, l'amministratore avrà cura di notificare l'assemblea della sussistenza di un godimento separato e quindi di un condominio parziale, non applicando le tabelle millesimali, ma ripartendo le spese dei lavori in base all'uso effettivo che i condomini hanno del bene (in modo non dissimile dall'ascensore condominiale). Alla differente situazione in materia di spese, tuttavia, corrisponderà una diversa rappresentatività in sede di assemblea. Laddove un condomino si ritenga escluso dalle spese di un manufatto in quanto - in ragione di una situazione di condominio parziale - egli non fruisca dello steso bene; sarà esentato dal pagamento delle relative spese di gestione, ma gli sarà altresì preclusa la possibilità di decidere in assemblea in merito alla gestione dello stesso bene. Il parallelismo che si può fare, con le dovute proporzioni, è con il principio del diritto americano del no taxation, without representation, ossia nessuna tassazione (costo) senza rappresentazione (potere gestionale) e quindi, di converso, se non si pagano i costi di gestione si perde il diritto di decidere sul bene. Il Tribunale di Piacenza ha specificato sul punto che “i presupposti per l'attribuzione della proprietà comune a vantaggio di tutti i partecipanti vengono meno se le cose, i servizi e gli impianti di uso comune, per oggettivi caratteri materiali e funzionali, sono necessari per l'esistenza, e per l'uso, ovvero sono destinati all'uso o al servizio, non di tutto l'edificio, ma di una sola parte, o di alcune parti di esso, ricavandosi dall'art. 1123, comma 3, che le cose, i servizi, gli impianti, non appartengono necessariamente a tutti i partecipanti. Ne consegue che dalle situazioni di cosiddetto condominio parziale derivano implicazioni inerenti la gestione e l'imputazione delle spese; in particolare non sussiste il diritto di partecipare all'assemblea relativamente alle cose, ai servizi, agli impianti, da parte di coloro che non ne hanno la titolarità, ragion per cui la composizione del collegio e delle maggioranze si modificano in relazione alla titolarità delle parti comuni che della delibera formano oggetto” (v. Trib. Piacenza, 22 maggio 2001). In conclusione
I precedenti paragrafi hanno illustrato l'istituto, di natura dottrinale e giurisprudenziale, del condominio parziale. Il focus ha tentato di illustrare le particolarità di tale figura e dare atto, anche con esempi di carattere pratico e attuale, della corretta applicazione della normativa dell'art. 1123 c.c., a volte disapplicato quanto ai commi 2 e 3. Le differenziazioni sui criteri di ripartizione delle spese risultano fondamentali al fine di gestire il condominio in quanto, applicando correttamente la disciplina normativa e giurisprudenziale esistenti, si allontanerà il rischio di incomprensioni e liti giudiziali. Da notare come, a seguito della riforma del 2013, il codice civile ha cominciato ad interiorizzare situazioni di godimento differenziato di beni comuni accomunabili al condominio parziale, come la possibilità di distaccarsi dall'impianto comune di riscaldamento (art. 1118 c.c.). Nulla è peggio, infatti, di credere di avere subito un torto pagando più del dovuto quanto a spese condominiali per la gestione di parti comuni. Quindi, un buon amministratore - a parere di chi scrive - non solo deve gestire le parti comuni e curarne il buono stato, ma anche avere conto della correttezza dei riparti delle spese di gestione e manutenzione, con riguardo alla complessità dei criteri sopra esplicati. Celeste, I servizi in uso al condominio: le problematiche più controverse, in Giur. merito, 2011, fasc. 3, 870; Guida, La ripartizione delle spese dell'ascensore: una soluzione controversa?, in Condominioelocazione.it, 17 dicembre 2018; Pironti, Problematicità del riparto spese delle terrazze a livello ricoprenti un unico piano dell'immobile, in Giur. merito, 1999, fasc. 1, 143. Triola, Il nuovo condominio, Torino, 2013, cap. XII |