Società estinte: è il creditore a dover provare che l'ex socio abbia percepito utilità a seguito della liquidazione

10 Aprile 2020

In tema di effetti della cancellazione di società di capitali dal registro delle imprese, nei confronti dei creditori sociali insoddisfatti, ferma comunque la legittimazione dei soci in quanto successori della società estinta, dei cui debiti essi rispondono secondo lo statuto della propria responsabilità...
Massima

In tema di effetti della cancellazione di società di capitali dal registro delle imprese, nei confronti dei creditori sociali insoddisfatti, ferma comunque la legittimazione dei soci in quanto successori della società estinta, dei cui debiti essi rispondono secondo lo statuto della propria responsabilità, il disposto dell'art. 2495, comma 2,c.c., implica che, rispondendo i soci nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione, grava sul creditore l'onere della prova circa la distribuzione dell'attivo sociale e la riscossione di una quota di esso in base al bilancio finale di liquidazione, trattandosi di elemento della fattispecie costitutiva del diritto azionato dal creditore nei confronti del socio.

Il caso

A seguito di cassazione con rinvio, la società “AlfaSrl”agiva nuovamente innanzi alla Corte di Appello di Milano per sentirsi riconoscere il credito commerciale vantato nei confronti della società “BetaSrl”, quest'ultima socia unica dell'estinta società “Omega Spa”.

La Corte di Appello, quindi, condannava BetaSrl proprio perché, siccome era l'unica socia della Omega Spa, era da considerare“erede”e succeduta nelle obbligazioni di quest'ultima,ai sensi di quanto disposto dall'art. 2495, comma 2, c.c, così come interpretato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 6070 del 2013.

La questione

La questione affrontata dalla Suprema Corte riguarda gli elementi costitutivi della responsabilità dei c.d. “ex soci” di una società estinta per cancellazione dal registro delle imprese.

Più nel dettaglio, l'analisi si è concentrata sul rapporto che intercorre tra il diritto di credito vantato nei confronti della società estinta e la posizione del socio, cioè se si possa affermare la responsabilità dei soci in base al mero fenomeno successorio che si crea una volta estinto l'ente o se sia necessario accertare che, per i soci, vi sia stata una qualche utilità a seguito della liquidazione.

La questione si pone perché, a tenore di legge, i creditori insoddisfatti- cioè i creditori della società che si è estinta e che vantavano un credito nei confronti dell'ente- possono rivalersi sui soci fino a concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione.

Ecco perché la Suprema Corte si è chiesta se “ai fini di vedere affermata la responsabilità dei soci della società estinta verso i creditori insoddisfatti basti evocare, richiamando il dictum di legittimità fissato dalle SS.UU. nelle sentenze 6070, 6071 e 6072 del 2013, il meccanismo di tipo successorio che ha luogo in capo a costoro in conseguenza dell'estinzione o si renda altrimenti necessario accertare se i soci abbiano tratto un qualche beneficio dalla liquidazione della società”.

In definitiva, la questione affrontata nella sentenza in commento riguarda l'analisi degli elementi costitutivi della fattispecie “responsabilità dei soci di una società estinta”.

Le soluzioni giuridiche

Muovendo dalla ratio dell'art. 2495, comma 2,c.c., la Suprema Corte ha stabilito che, con l'estinzione della società,certo non si verifica anche l'estinzione dei debiti ancora insoddisfatti che ad essa facevano capo.

La volontaria cancellazione dal registro delle imprese, difatti,non può consentire al debitore di disporre unilateralmente del diritto (di credito) altrui.

Questa importante lezione nomofilattica, iniziata nel 2010 con le pronunce delle SS.UU. nn. 4060, 4061 e 4062, ha correttamente ricostruito la vicenda dell'estinzione della società in termini successori, proprio per impedire l'unilaterale sottrazione al pagamento del debito determinabile dalla cancellazione del registro delle imprese.

Nonostante ciò, cioè nonostante che l'estinzione della società apra la strada ad una successione sui generis dei soci nella pregressa posizione debitoria (cioè nelle obbligazioni facenti capo alla società estinta e che non sono state definite in fase di liquidazione), nella decisione in commento si ricorda che gli interventi a SS.UU. del 2010 avevano, però,dettato altri importanti corollari, non debitamente considerati dalla Corte d'Appello di Milano.

Segnatamente, le SS.UU. non si sono limitate ad affermare una responsabilità dei soci per il sol fatto di essere eredi dell'ente estinto, bensì hanno ricordato che:

- quello dei soci non è un debito nuovo ma è lo stesso che i creditori avrebbero potuto far valere in danno della società se non si fosse estinta;

- la speciale responsabilità sancita dalla norma a carico dei soci opera fermo restando il loro diritto di opporre al creditore agente il limite “quantitativo” di responsabilità circoscritta alla concorrenza delle somme eventualmente riscosse in base al bilancio finale di liquidazione;

- il subingresso dei soci nei debiti sociali avviene fino a concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione;

- in termini più generali,“le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali”.

Questi importanti principi sono poi stati ben ribaditi dalla giurisprudenza (di legittimità) tributaria, che ha colto i riflessi sul piano che effettivamente oggi rileva, cioè il piano dell'onere probatorio.

Può non esservi coincidenza, difatti, tra onere probatorio e fatti da provare, perché la responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali non assolte è limitata alla parte da ciascuno di essi conseguita nella distribuzione dell'attivo risultante dal bilancio di liquidazione della società ed il creditore, se intende agire nei confronti del socio, è tenuto a dimostrare il presupposto della responsabilità di quest'ultimo (vale a dire la sua legittimazione passiva), e cioè che, in concreto, in base al bilancio finale di liquidazione, vi sia stata la distribuzione dell'attivo risultante dal bilancio medesimo e che una quota di tale attivo sia stata da questi riscossa”, così come chiarito da Cass., Sez. V, 26/06/2015, n. 13259.

In definitiva, quanto alla soluzione giuridica adottata nella pronuncia in commento, per la S.C. la responsabilità dei soci postula due elementi (come chiarito proprio dalla giurisprudenza della Sezione tributaria, cfr. Cass. n.15474/2017):

A) l'estinzione dell'ente con conseguente innesco del meccanismo di tipo successorio;

B) l'assegnazione di una quota residua del patrimonio sociale risultante dalla liquidazione.

Il fenomeno successorio, dunque, è uno dei due elementi costitutivi della fattispecie “responsabilità dell'ex socio”, necessario ma non sufficiente alla fruttuosa azione nei suoi confronti, perché il creditore dovrà dare la prova che vi sia stata l'assegnazione di un'utilità a seguito della liquidazione: È evidente, infatti, che la percezione della quota dell'attivo sociale assurga a elemento della fattispecie costitutiva del diritto azionato dal creditore nei confronti del socio … in base alla regola generale posta dall'art. 2697, cod.civ., … grava sul creditore insoddisfatto l'onere della prova circa la distribuzione dell'attivo e circa la riscossione di una quota di esso da parte del socio”.

Osservazioni

La sentenza in commento, a parere di chi scrive, risulta degna di un encomio per l'importante chiarificazione intervenuta in ordine alla posizione del socio della società estinta: la delimitazione “quantitativa” di responsabilità fissata dall'art. 2495, c.c., non incide sulla legittimazione processuale ma sull'interesse ad agire dei creditori sociali, perché se non vi fosse alcuna utilità su cui rivalersi, i creditori sociali insoddisfatti sarebbero privi dell'interesse a promuovere l'azione nei confronti dei soci, con la conseguenza che non si può affermare la responsabilità di costoro per i crediti rimasti insoddisfatti per il solo fatto che essi sono succeduti come legittimati processuali.

Del resto, secondo la Suprema Corte, “legittimazione dei soci” e “responsabilità dei medesimi” sono istituti che coprono ambiti concettuali del tutto differenti e che non sono sovrapponibili: “il campo della responsabilità che fa capo ai soci a mente dell'art. 2495, comma 2, cod. civ., sebbene postuli per il visto meccanismo successorio che segue all'estinzione della società la legittimazione dei soci, è intuitivamente meno esteso di quello in cui si manifesta la legittimazione che compete più generalmente a costoro in vista della loro qualità di successori della società estinta”.

Il dualismo tra responsabilità e legittimazione passiva, secondo questa giurisprudenza, ben si apprezza, per esempio, nei casi di sopravvenienze attive o di escussione di garanzie prestate da terzi nei confronti della società estinta, perché in queste ipotesi il creditore può avere interesse all'azione nei confronti del socio, ma per un titolo di responsabilità che non coincide con la mera figura di “erede” della società estinta.

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