Giudizio innanzi alla Corte di cassazione ed operatività delle cause di interruzione del processo

06 Maggio 2020

La questione affrontata dalla Suprema Corte nella pronuncia in commento è la seguente: la revoca del mandato ad litem può determinare l'interruzione del giudizio?
Massima

La revoca della "procura ad litem", in quanto atto espressione della autonomia negoziale della parte e rimesso esclusivamente a quest'ultima nell'esercizio del diritto potestativo di recesso dal rapporto professionale instaurato con il contrato d'opera intellettuale, non integra (come peraltro esplicitamente previsto dall'art. 301, comma 3, c.p.c.) causa interruttiva del processo, diversamente dalla morte dell'unico difensore, avvenuta dopo il deposito del ricorso e prima dell'udienza di discussione e sempre che la parte, avuta conoscenza dell'evento non abbia provveduto a nominare un nuovo difensore sebbene avesse un congruo tempo a disposizione per la sostituzione, trattandosi di evento sottratto alla disponibilità della parte che, peraltro, non determina l'interruzione del processo, ma attiva il potere della Corte di differire l'udienza di discussione, disponendo la comunicazione alla parte personalmente per consentirle la nomina di un nuovo difensore.

Il caso

A seguito della conferma da parte della Corte di cassazione della sentenza del giudice di merito che aveva dichiarato inammissibile la opposizione agli atti esecutivi proposta dalla debitrice esecutata avverso l'ordinanza di aggiudicazione dell'immobile di sua proprietà, la parte soccombente proponeva ricorso per revocazione.

Nella pendenza del giudizio, il difensore dei ricorrenti faceva pervenite memoria attestante l'intervenuta revoca del mandato professionale conferito al procuratore ad litem, ma la Corte di cassazione – nel rigettare il ricorso per revocazione – rilevava che la revoca della procura ad litem, in quanto atto espressione della autonomia negoziale della parte e rimesso esclusivamente a quest'ultima nell'esercizio del diritto potestativo di recesso dal rapporto professionale instaurato con il contrato d'opera intellettuale, non integra (come peraltro esplicitamente previsto dall'art. 301, comma 3, c.p.c.) causa interruttiva del processo, osservando che nel caso di specie che alcun pregiudizio al diritto di difesa si era in concreto verificato, atteso che il difensore dei ricorrenti aveva partecipato alla udienza.

La questione

La questione in esame è la seguente: la revoca del mandato ad litem può determinare la interruzione del giudizio?

Le soluzioni giuridiche

Nel giudizio di cassazione, dominato dallo impulso di ufficio, non trova applicazione l'istituto della interruzione del processo, per uno degli eventi di cui agli artt. 299 c.p.c. e ss., onde una volta istaurato il contraddittorio con la notifica del ricorso, la morte dello intimato non produce la interruzione del processo neppure nel caso in cui sia intervenuta prima della notifica del ricorso presso il difensore costituito nel giudizio di merito e dalla cui relata non emerga il decesso del patrocinato.

In tale direzione si è affermato che il fallimento di una delle parti avvenuto dopo l'introduzione del giudizio di cassazione non ne determina l'interruzione, atteso che in tale giudizio, dominato dall'impulso d'ufficio, non trovano applicazione le comuni cause di interruzione del processo previste in via generale dalla legge (Cass. civ., n. 7477/2017; Cass. civ., n. 21153/2010).

Sotto altro aspetto, la procura generale alle liti (cd. procura ad lites, contrapposta alla procura ad litem, ossia conferita per una sola lite e, in altri termini, alla procura speciale) conferisce al difensore la facoltà di patrocinare il cliente in tutte le liti che lo interessino, indipendentemente dall'esistenza di esse al momento del conferimento (a valere, dunque, anche per le liti future) e senza che la medesima, ovviamente, debba contenere menzione delle liti cui si riferisce: tale procura, secondo quanto espressamente stabilisce l'art. 83, comma 2, c.p.c., deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata, e cioè, nell'ipotesi più comune, per atto di notaio.

Da ciò consegue che diversamente dalle ipotesi della morte, della radiazione e della sospensione dall'albo che sono indipendenti (almeno in via diretta) dalla volontà del professionista o del cliente, la revoca della procura o la rinuncia ad essa risale direttamente alla volontà della parte o del procuratore: non è perciò causa di interruzione del giudizio ai sensi del comma 3, dell'art. 301 c.p.c.

La revoca della procura da parte del cliente o la rinuncia alla procura da parte del difensore, a norma dell'art. 85 c.p.c., non fanno perdere al procuratore (rinunciante o revocato) lo ius postulandi e la rappresentanza legale del cliente per tutti gli atti del processo, fino a quando non si sia provveduto alla sua sostituzione con un altro procuratore.

Come rilevato da Cass. civ., Sez. Un., n. 11303/1995, tali eventi, infatti, non fanno perdere al procuratore (rinunciante o revocato) lo ius postulandi e la rappresentanza legale del cliente per tutti gli atti del processo, fino a quando non si sia provveduto alla sua sostituzione con un altro procuratore (art. 85 c.p.c.): ne consegue che la revoca o la rinuncia non hanno efficacia alcuna nel processo e non determinano, a norma dell'art. 301 c.p.c. l'interruzione di esso (norma riconosciuta costituzionalmente legittima da Corte cost., 12 marzo 1975, n. 57), fin a quando non sia avvenuta la sostituzione del difensore. Fino a tal momento il procuratore, anche se rinunciante, è legittimato non solo a ricevere la notifica della sentenza, ma addirittura ad impugnarla in appello (v., anche, Cass. civ., n. 17649/2010; Cass. civ., n. 5410/2001; Cass. civ., n. 4226/1989; Cass. civ., n. 1383/1987; Cass. civ., n. 3227/1984).

La revoca del mandato ad litem da parte della ricorrente non incide sulla prosecuzione del giudizio atteso che, in ossequio al principio della cd. perpetuatio dell'ufficio defensionale consacrato negli artt. 85 e 301 c.p.c., fino alla sua sostituzione, il difensore revocato (o rinunciante) conserva lo ius postulandi con riguardo al processo in corso, sia per quanto riguarda la legittimazione a ricevere gli atti nell'interesse del mandante, sia per quanto riguarda la legittimazione a compiere atti nell'interesse di quest'ultimo.

Sicché la volontaria cancellazione dall'albo professionale del procuratore costituito non dà luogo all'applicazione dell'art. 301, comma 1, c.p.c., e non determina quindi l'interruzione del processo, in quanto, mentre le ipotesi ivi previste sono accomunate dal fatto di essere indipendenti (almeno in via diretta) dalla volontà del professionista o del cliente, la volontaria cancellazione è assimilabile alle ipotesi indicate nel terzo comma del medesimo articolo (revoca della procura o rinuncia ad essa). Infatti, la cancellazione volontaria dall'albo del difensore non può assolutamente essere equiparata alla morte o radiazione o sospensione del medesimo, essendo all'evidenza quest'ultimi eventi, a differenza del primo, indipendenti dalla volontà dell'interessato, che non può affatto interferire sulla loro realizzazione neppure sotto il profilo temporale.

Osservazioni

La Corte di cassazione, con la sentenza in commento, consolida il principio ormai ampiamente consolidato a mente del quale l'istanza di interruzione del processo per morte del controricorrente, formulata dal difensore di quest'ultimo e contrastata dalla ricorrente, non può essere accolta, dal momento che l'evento segnalato è intervenuto nel corso del giudizio di legittimità a contraddittorio già instaurato.

Si è, infatti, statuito (Cass. civ., n. 8377/1992) che al giudizio innanzi alla Corte di cassazione, in considerazione della particolare struttura e della disciplina del procedimento di legittimità, non è applicabile l'istituto dell'interruzione del processo, con la conseguenza che la morte di una delle parti, intervenuta dopo la rituale instaurazione del giudizio, non assume alcun rilievo, né consente agli eredi di tale parte l'ingresso nel processo.

Il processo di cassazione, caratterizzato dall'impulso d'ufficio, non è soggetto ad interruzione in presenza degli eventi di cui agli art. 299 ss. c.p.c., tenendo conto che tali norme si riferiscono esclusivamente al giudizio di merito e non sono suscettibili di applicazione analogica in quello di legittimità, e ciò - pur considerato il rilievo delle attività espletabili dagli avvocati delle parti dopo il deposito del ricorso (produzione di documenti, integrazione del contraddittorio, partecipazione alla discussione orale, ecc.) - non contrasta, manifestamente, con gli art. 3, comma 1, 24, comma 2, e 111 Cost., perché il legislatore ben può - nei limiti della ragionevolezza - ridurre la rilevanza di eventi che in astratto potrebbero compromettere l'effettività del contraddittorio (ciò che avviene anche per il giudizio di merito quanto a vicende quali la rinuncia o la revoca del mandato), ovvero escludere per il solo giudizio di Cassazione, in considerazione delle sue caratteristiche, l'effetto interruttivo collegato ad eventi (come, appunto, la morte del difensore) viceversa incidenti sul giudizio di merito, ritenendo che a tali evenienze possa e debba far fronte la parte, gravata quindi dell'onere di attivarsi, o - nel giudizio di legittimità - di prestare particolare attenzione. Un problema di effettività del diritto di difesa potrebbe porsi, invece, nel caso di morte del difensore successiva alla notifica dell'avviso dell'udienza davanti alla Corte di cassazione, sotto il profilo della esiguità del tempo a disposizione della parte per munirsi di un nuovo difensore che possa partecipare all'udienza con la necessaria preparazione.

Tuttavia, al fine di evitare che il decesso dell'unico difensore possa incidere concretamente sul diritto di difesa, l'attestazione nella forma legale della relata di notifica dell'avviso di udienza del decesso attiva il potere della Corte di cassazione, posto al fine di assicurare il diritto di difesa nella fase finale della trattazione, di differire l'udienza disponendo la comunicazione della stessa alla parte personalmente onde consentirle di nominare un nuovo difensore (Cass. civ.,Sez. Un., n. 477/2006; Cass. civ., n. 21142/2007).

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