La relazione dell'ufficiale giudiziario non è soggetta a querela di falso

21 Maggio 2020

Nel caso di notifica ai sensi dell'art. 140 c.p.c., la relazione dell'ufficiale circa l'effettiva residenza (o dimora o domicilio) del destinatario dell'atto, presso l'indirizzo indicato dal notificante, costituisce mera presunzione, superabile con qualsiasi mezzo di prova, senza necessità di ricorrere alla querela di falso.

La sesta sezione civile della Suprema Corte si è espressa in tema di efficacia probatoria delle attestazioni dell'ufficiale giudiziario, nell'ambito del procedimento di notificazione degli atti esecutivi.

Il caso. La questione in fatto aveva ad oggetto un'opposizione agli atti esecutivi, proposta dalla esecutata ai sensi dell'art. 617 c.p.c., nel corso di una procedura esecutiva immobiliare.
Il ricorso era stato rigettato dal Tribunale di Catania, di guisa che l'opponente si era vista costretta a ricorrere innanzi alla Suprema Corte, con atto affidato a sei motivi i diritto.
In particolare, con i primi due motivi l'esecutata ha lamentato la violazione degli artt. 139 e 140 c.p.c., sia ai sensi dell'art. 360, n. 3, che n. 4, c.p.c., affermando che il Tribunale aveva accertato la residenza effettiva del destinatario in base ad una valutazione ex post.
Con il terzo motivo è stata denunciata la violazione degli artt. 139 e 140 c.p.c. e degli artt. 2699 e 2700 c.c. per aver il Tribunale ritenuto che la relata di notifica fa fede fino a querela di falso.
Il quinto motivo ha riguardato, ancora una volta, la violazione degli artt. 139 e 140 c.p.c., oltre che dell'art. 156 c.p.c., per omessa pronuncia circa la nullità della notifica del pignoramento, avendo l'atto raggiunto il suo scopo.
Infine, con l'ultimo motivo, è stata denunciata la pronuncia per aver ritenuto che la ricorrente non avesse subito alcun danno dalla nullità della notifica del precetto.

La pronuncia della Corte. Dopo aver disposto la trattazione della causa in camera di consiglio, con motivazione redatta in forma semplificata, la Suprema Corte ha deciso per il rigetto del ricorso.
I primi quattro motivi sono stati scrutinati congiuntamente, in quanto connessi, e ritenuti in parte inammissibili ed in parte manifestamente infondati.
Invero, nonostante la ricorrente ha sostenuto che gli atti di precetto e di pignoramento erano stati notificati presso un luogo in cui ella non aveva la residenza, di fatto, non ha fornito prove sufficienti al riguardo, così come rettamente accertato dal Tribunale. Tale statuizione, poi, non può essere scrutinata in sede di legittimità, trattandosi di accertamento di fatto, sostenuto da adeguata motivazione.
Il contenuto delle denunciate relate di notifica, vieppiù, non è stato indicato in ricorso, con conseguente inammissibilità della censura.
In diritto, poi, ha aggiunto il Collegio, la decisione di merito è pienamente conforme al costante orientamento della giurisprudenza, in tema di valenza delle risultanze anagrafiche e degli accertamenti svolti dall'ufficiale giudiziario, sull'effettiva residenza del destinatario della notificazione.
Sul punto, la ordinanza in commento chiarisce che, nel caso di notifica ex art. 140 c.p.c., costituisce mera presunzione che nel luogo di notifica si trovi l'effettiva residenza del destinatario dell'atto, superabile con qualsiasi mezzo di prova e senza necessità di impugnare con querela di falso la relazione dell'ufficiale giudiziario. Spetta, quindi, al giudice del merito compiere tale accertamento, in base alle risultanze probatorie fornite dalle parti.
Con riferimento al quinto motivo, ne è stata dichiarata l'infondatezza poiché se il giudice del merito ha accertato la regolarità della notifica del precetto, è corretto ritenere irrilevante l'accertamento di quella del successivo pignoramento: la stessa opposizione svolta dalla ricorrente, dimostra la sua conoscenza dell'atto, con evidente sanatoria per raggiungimento dello scopo.
In conseguenza, il Collegio ha ritenuto infondato anche il sesto motivo di ricorso, essendo stata esclusa la nullità della notificazione dell'atto di precetto.
Ciò premesso, la ricorrente è stata anche condannata alla refusione delle spese di lite ed al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

*Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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