Infortunio e Covid-19: la presunzione dell'occasione professionale alle porte del processo penale
02 Giugno 2020
Contagio da SARS-COV: la presunzione dell'occasione lavoro come si riflette sulla responsabilità penale del datore?
L'art. 42, comma 2, del cd. Decreto Cura Italia, ha qualificato tale ipotesi di contagio come infortunio, il che può riflettersi sul piano penalistico qualora il datore non abbia in concreto adottato le misure necessarie alla prevenzione del rischio. Il datore è titolare di una posizione di garanzia cui fondamento giuridico è individuato nell'art. 2087 c.c. nonché nel d.lgs. n. 81 del 2008 (in modo particolare nell'art. 18). A tali disposizioni deve, oggi, affiancarsi anche la normativa emergenziale: l'art. 2, comma 6, d.P.C.m. 26 aprile 2020, impone di rispettare quanto previsto dal "protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus covid-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Governo e le parti sociali".
Alla luce di quanto sopra, e considerando un'ipotesi di responsabilità penale colposa del datore, è possibile chiedersi, laddove suddette misure siano state seguite a menadito, se sia in concreto rimproverabile al garante l'eventuale contagio comunque verificatosi. Oltre al profilo della colpevolezza, non preteribile è anche quello eziologico, tenuto conto sia dell'arco temporale necessario perché vi sia una manifestazione dei sintomi, sia della possibile incidenza di fattori esterni al contesto lavorativo, considerati gli ulteriori spostamenti del dipendente.
L'INAIL, con circolare n. 13 del 3 aprile 2020, ha posto -per una certa categoria di lavoratori- una presunzione semplice dell'origine professionale. Tale presunzione, tuttavia, difficilmente potrebbe ex se ritenersi sufficiente nell'accertamento della responsabilità penale, in ragione del grado probatorio richiesto dalla legge ("oltre ogni ragion dubbio"- art. 533 c.p.p.).
Discutibile, pertanto, è sia la concreta rimproverabilità del datore, data l'attuale magmaticità delle prescrizioni - e salvo che le peculiarità dell'attività svolta richiedano misure di tutela ulteriori rispetto a quelle indicate nel protocollo summenzionato - sia la sussistenza del nesso causale tra la condotta colposa e l'evento-contagio, rispetto al quale la pubblica accusa non potrà prescindere da una prova rigorosa, operando la presunzione di innocenza di cui all'art. 27, comma 2, Cost.
Tale conclusione sembrerebbe essere stata avallata dall'INAIL: in un comunicato stampa del 15 maggio 2020, l'istituto ha precisato che: "il riconoscimento dell'infortunio... Non assume alcun rilievo per sostenere l'accusa in sede penale, considerata la vigenza in tale ambito del principio di presunzione di innocenza nonché dell'onere della prova a carico del pubblico ministero". |