Superamento del limite di finanziabilità del mutuo fondiario e altre condizioni per la sua configurabilità quale titolo esecutivo

29 Giugno 2020

La decisione in commento esamina svariate questioni, tra cui particolare importanza riveste quella relativa alla possibile riqualificazione del mutuo fondiario quale mutuo ordinario a seguito del superamento del limite di finanziabilità previsto dall'art. 38, comma 2, TUB.
Massima

In tema di credito fondiario, il limite di finanziabilità previsto dal secondo comma dell'art. 38 del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, come stabilito dalla Banca d'Italia su delibera del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, non esaurisce i suoi effetti sul piano della condotta dell'istituto di credito mutuante, ma è elemento essenziale per la valida qualificazione del contratto di mutuo come fondiario e, quindi, per l'applicabilità della relativa disciplina di privilegio, sostanziale e processuale, in favore del creditore; pertanto, il superamento di tale limite comporta la sua riqualificazione quale mutuo ordinario con disapplicazione della disciplina speciale di privilegio connessa al carattere fondiario del mutuo.

Il caso

Avviata l'espropriazione sulla base di un contratto di mutuo fondiario ai danni dei terzi datori di ipoteca, questi ultimi proponevano opposizione all'esecuzione, con contestuale istanza di sospensione dell'esecuzione già iniziata, rilevando in primo luogo il superamento dei limiti di finanziabilità del contratto di mutuo previsto dall'art. 38 del Testo Unico Bancario, giacché il titolo azionato non era assistito da alcun elaborato tecnico idoneo a comprovare il rispetto del limite di finanziabilità pari all'ottanta per cento del valore dell'immobile posto a garanzia. In secondo luogo, gli opponenti deducevano che con il mutuo era stato superato il tasso soglia, in relazione al tasso moratorio, a causa del cumulo dei costi, giacché, a loro avviso, nell'individuazione del tasso di mora occorreva tener conto non solo del tasso nominale indicato nel contratto, ma anche degli oneri accessori, tra cui quello previsto per la estinzione anticipata. Infine, gli opponenti eccepivano che il contratto di mutuo era inidoneo a costituire titolo esecutivo ai sensi dell'art. 474, comma 2, n. 3, c.p.c., a causa della mancanza in capo al debitore della disponibilità delle somme mutuate, poiché nel caso di specie era mancata la materiale traditio della somma, essendo gli importi finanziati stati costituiti in deposito cauzionale presso la stessa banca mutuante.

La questione

Vengono dunque sottoposte al giudice dell'esecuzione la questione relativa della nullità del contratto in ragione del superamento del limite di finanziabilità di cui all'art. 38 TUB, nonché quella relativa all'usuriarietà del mutuo a causa del superamento del tasso soglia ed infine quella relativa all'idoneità del contratto di mutuo a costituire titolo esecutivo.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale rigetta integralmente l'istanza di sospensione proposta.

Quanto al primo profilo, relativo alla sorte del mutuo fondiario concesso oltre il limite legale, la decisione in commento aderisce alla più recente giurisprudenza in materia secondo cui in caso di comprovato superamento del limite di finanziabilità, il contratto di mutuo non è nullo, ma semplicemente deve essere riqualificato come mutuo ordinario e, dunque, non assistito dalla disciplina del mutuo fondiario.

Ciò perché nell'attuale contesto normativo, “il credito fondiario viene sostanzialmente ad identificarsi con una operazione di finanziamento bancario a medio o lungo termine garantito da ipoteca di primo grado su immobili e limitato ad una certa proporzione rispetto al valore degli immobili ipotecati”; il progressivo venir meno della specialità della disciplina del credito fondiario fino all'attuale normativa contenuta nel TUB, che consente a qualsiasi istituto la erogazione dei mutui fondiari senza alcun collegamento ad una determinata forma di raccolta della provvista permette di ritenere che il mancato rispetto del limite di finanziabilità non può giustificare la nullità del contratto di mutuo, il quale va semplicemente riqualificato come mutuo ordinario.

La decisione in commento, inoltre, rigetta anche il secondo motivo di opposizione, relativo all'usurarietà del mutuo, in virtù della osservazione che “la previsione di un tasso di mora pari alla soglia non determina… alcuno sforamento rispetto al limite dell'usura, atteso che non è possibile ipotizzare alcuna forma di sommatoria di un onere eventuale (l'interesse di mora) con gli oneri c.d. ordinari”.

Infine, con riguardo alla questione della configurabilità del contratto di mutuo fondiario quale titolo esecutivo, osserva il Tribunale sammaritano che, nonostante sia mancata la concreta messa a disposizione del mutuatario della somma mutuata al momento della stipula, perché depositata in deposito cauzionale infruttifero, deve ritenersi che, poiché la costituzione del deposito è in grado di realizzare quella piena disponibilità giuridica considerabile come equivalente della traditio materiale della somma, il contratto può considerarsi pienamente perfezionato e, di conseguenza, è idoneo a costituire titolo esecutivo per l'avvio del processo di espropriazione.

Osservazioni

L'art. 38 del d.lgs. n. 385/1993 (cd. Testo Unico Bancario), dopo aver precisato al primo comma che «il credito fondiario ha per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili», al secondo comma attribuisce alla Banca d'Italia il potere – da esercitarsi in conformità delle deliberazioni del C.I.C.R. – di «determinare l'ammontare massimo dei finanziamenti, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati e al costo delle opere da eseguire sugli stessi, nonché le ipotesi in cui la presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie non impedisce la concessione dei finanziamenti».

Con deliberazione C.I.C.R. 22 aprile 1995 e con la successiva circolare della Banca d'Italia 26 giugno 1995 di aggiornamento della circolare 29 marzo 1988, contenente “Istruzioni in materia di particolari operazioni di credito”, il limite dell'ammontare massimo dei finanziamenti è stato fissato nella misura dello 80% del valore dell'immobile ipotecato, salva la possibilità di un ampliamento (sino al 100%) in presenza di garanzie integrative variamente individuate.

L'emersione della questione attinente al mancato rispetto del limite massimo di finanziabilità di cui all'art. 38 TUB è sorta a causa del crollo del mercato immobiliare dovuto alla recente crisi economico-finanziaria e del conseguente rilevante deprezzamento dei cespiti immobiliari, nonché della concessione da parte delle banche di finanziamenti fondiari erogati sulla base di stime immobiliari effettuate in violazione dei criteri prudenziali stabiliti dalla disciplina di settore per la valutazione dei beni immobili, con la conseguente sopravvalutazione dei cespiti medesimi.

Mancando una specifica disposizione volta a individuare un rimedio idoneo al superamento del limite prudenziale, sono state prospettate da giurisprudenza e dottrina diverse soluzioni.

Secondo un primo indirizzo, in caso di superamento del limite massimo di finanziabilità, il mutuo resta pienamente valido ed efficace e, pertanto resta connotato dal suo carattere fondiario, per cui le uniche (ma soltanto eventuali) conseguenze scaturenti dal superamento del limite sono circoscritte all'irrogazione di sanzioni amministrative previste dalla disciplina del settore bancario (Cass. civ., 28 novembre 2013, n. 26672; Cass. civ., 6 dicembre 2013, n. 27380; Cass. civ., 6 maggio 2016, n. 9132; Trib. Cagliari, 29 marzo 2016; Trib. Nuoro, 17 maggio 2016).

La tesi appena riportata è stata tuttavia criticata in dottrina, osservandosi che la soluzione proposta si appalesa inefficace, in quanto incapace sia di evitare il verificarsi del rischio della futura concessione di mutui fondiari "sovrabbondanti", sia di porre rimedio alla violazione già perpetrata (Pagliantini, La logica (illogica) dell'art. 38 tub ed il canone (mobile) della Cassazione, in Contratti, 2014, V, 437 ss.; Farina M., Superamento del limite di finanziabilità e (nullità del) credito fondiario, in Banca, borsa, tit. cred., 2015, IV, 560 ss.).

Per un secondo orientamento, il mutuo fondiario concesso oltre il limite legale è affetto da nullità per violazione di norma imperativa ai sensi dell'art. 1418, comma 1, c.c. (Trib. Venezia, 26 luglio 2012 e Trib. Firenze, 30 ottobre 2014).

Le conseguenze di tale indirizzo appaiono particolarmente gravi, giacché la banca da creditore ipotecario fondiario si ritroverebbe ad essere un creditore chirografario che potrebbe domandare la restituzione del tantundem solo a titolo di indebito oggettivo ai sensi dell'art. 2033 c.c.

Le immaginabili ricadute che si produrrebbero sul settore creditizio hanno spinto taluni a ipotizzare la più mite sanzione della nullità parziale ex art. 1419 c.c. (Cass. civ., 1 settembre 1995, n. 9219) o, ancora, la soluzione che vede possibile, una volta dichiarata la nullità, la conversione del conversione del mutuo fondiario "illegale" in un mutuo ipotecario ordinario ai sensi dell'art. 1424 c.c.

La tesi della conversione del mutuo fondiario eccedente, tuttavia, non ha convinto tutti gli interpreti; parte della dottrina ha ipotizzato che l'istituto bancario, al momento della conclusione del contratto, ben potrebbe essere consapevole della "sovrabbondanza" del finanziamento e, dunque, della causa di invalidità del contratto, con conseguente inoperabilità della conversione, essendo lo stato di ignoranza di entrambe le parti uno dei presupposti per l'applicazione dell'art. 1424 c.c. (Bertolotti, Nullità di mutuo fondiario e il dilemma della convertibilità, in Giur. it., 2013, X, 2056).

Infine, secondo un più recente filone interpretativo sostenuto da parte della giurisprudenza di merito (Trib. Udine, 29 maggio 2014, in Banca, borsa, tit. cred., 2015, IV, 466 ss.; Trib. Mantova, 27 dicembre 2018; Trib. Napoli 5 giugno 2019) e di legittimità (Cass. civ., 28 giugno 2019, n. 17439), condiviso anche dalla decisione in commento, il mutuo fondiario eccedente, essendo privo di uno di quei requisiti essenziali e caratteristici della nozione di credito fondiario previsti dall'art. 38 TUB (cioè del rapporto di finanziabilità pari all'80%), va qualificato come un mutuo ipotecario ordinario, al quale conseguentemente non potrà applicarsi la disciplina speciale fondiaria di cui agli artt. 39 ss. TUB.

In tal modo, viene da un lato tutelata la posizione della banca creditrice (e, più in generale, la stabilità dell'intero sistema bancario nazionale), in quanto salvaguardata dalla conservazione della garanzia ipotecaria (sebbene ordinaria) mentre dall'altro vengono garantiti i terzi creditori del mutuatario fallito, in quanto il mutuo fondiario eccedente, perdendo la peculiare natura fondiaria, viene riqualificato quale mutuo ipotecario ordinario, per il quale la legge non prevede esenzioni normative eccezionali.

La soluzione da ultimo ricordata e proposta dalla sentenza in commento pare dunque quella che meglio riesce a contemperare tutti gli interessi coinvolti, sebbene non possano sottacersi talune perplessità riguardo alla teoria della riqualificazione del mutuo fondiario. La rigida automaticità della disapplicazione del regime fondiario, infatti, è in sé criticabile, non essendo in grado di tenere in adeguato conto né la volatilità connessa all'utilizzo dei criteri di stima immobiliare, né la buona fede che la banca potrebbe aver riposto nel rispetto del limite di finanziabilità nel caso concreto, con il rischio di disincentivare le stesse banche a erogare mutui fondiari (Farina, op. cit.).

La decisione si mostra invece pienamente condivisibile nella parte in cui afferma che nell'individuazione del tasso di mora non è possibile tener conto non solo del tasso nominale indicato nel contratto, ma anche degli oneri accessori, tra cui quello previsto per la estinzione anticipata. Ciò perché, malgrado tale commissione abbia la funzione di ristorare indirettamente la banca delle remunerazioni contrattuali perdute per effetto dell'anticipato rimborso, tale onere non può ritenersi “costo collegato all'erogazione del credito” perché: 1) tale debito viene a esistenza solo se il mutuatario eserciti il diritto potestativo di recedere dal contratto; 2) tale atto di esercizio costituisce espressione di autonomia negoziale su cui la banca non può interferire. In sostanza, non può affermarsi il superamento della soglia d'usura per effetto della pattuizione della commissione di estinzione anticipata, poiché il costo non può ritenersi collegato all'erogazione del credito.

Del pari, pieno apprezzamento deve essere espresso con riguardo all'ultima massima enunciata dalla decisione in commento, secondo cui il contratto di mutuo, nonostante la mancanza di una materiale traditio, può e deve ritenersi titolo esecutivo, qualora il mutuatario abbia comunque conseguito la disponibilità giuridica della somma.

La decisione in commento si pone nel solco dell'orientamento maggioritario a mente del quale per il perfezionamento del contratto di mutuo non occorre la materiale traditio del denaro al mutuatario, essendo sufficiente il conseguimento della disponibilità giuridica, da ritenere sussistente nelle ipotesi in cui il mutuante crei un autonomo titolo di disponibilità a favore del mutuatario, in modo da determinare l'uscita della somma dal patrimonio del mutuante e l'acquisizione al patrimonio del mutuatario contratto (Trib. Roma, 16 gennaio 2019, in REF, 2019, 370, con nota di Caprio; Cass. civ., 27 agosto 2015, n. 17194).

Pertanto, la costituzione presso la banca di un deposito cauzionale infruttifero intestato alla mutuataria destinato ad essere svincolato all'esito dell'adempimento degli obblighi ed alla realizzazione delle condizioni contrattuali, si considera come effettiva erogazione della somma da parte della mutuante perché la costituzione del deposito realizza la piena disponibilità giuridica considerabile come equivalente alla traditio materiale della somma (Cass. civ., 27 ottobre 2017, n. 25632).

Ad onor del vero vi è un'altra parte della giurisprudenza di merito, per la quale il contratto di mutuo non può considerarsi titolo esecutivo, anche se stipulato per atto pubblico notarile, laddove sia dalle parti previsto che la somma mutuata venga depositata presso la stessa banca mutuante in deposito cauzionale a garanzia dell'adempimento di tutte le condizioni poste a carico della parte finanziata (Trib. Lagonegro, 20 marzo 2018, n. 89; Trib. Campobasso, 25 luglio 2017; Trib. Avezzano, 18 luglio 2017; Trib. Chieti, 13 luglio 2017; Trib. Pescara, 12 giugno 2017); sennonché, siffatto indirizzo, oltre a mostrarsi minoritario, non merita di essere condiviso, giacché la creazione di un pegno sulle somme o la costituzione di un deposito cauzionale rappresentano la sicura testimonianza di un atto di disposizione del finanziato, che, in tutta evidenza, presuppone giuridicamente che la somma sia entrata nella sua sfera giuridica di utilizzo (Trib. Napoli Nord, 7 settembre 2018; Trib. Arezzo, 24 giugno 2017; Trib. Napoli, 23 marzo 2017, n. 3477; Trib. Paola, 25 gennaio 2017, n. 58; Trib. Napoli, 17 aprile 2015, n. 5681; Trib. Napoli, 18 ottobre 2013).

Guida all'approfondimento
  • Caprio, Validità del contratto di mutuo come titolo esecutivo e rimedi all'abuso del cumulo dei mezzi di espropriazione, in REF, 2019, 372 ss.;
  • D'Amico, Sull'ambito di applicazione della disciplina del credito fondiario, in Contratti, 2014, V, 454 ss.;
  • Minneci, Mutui fondiari e interesse del cliente: est modus in rebus, in Banca, borsa, tit. cred., 2014, II, 134 ss.;
  • Sangiovanni, Superamento dei limiti di finanziabilità nel mutuo fondiario ed effetti sul contratto, in Fallimento, 2016, XI, 1242 ss.
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