La fine dell'emergenza processuale: note a prima lettura del d.l. 25 giugno 2020, n. 70, di conversione del d.l. 30 aprile 2020, n. 28

Roberto Masoni
08 Luglio 2020

Per effetto della conversione in legge del d.l. n. 28/2020 e quale conseguenza del corposo lavoro di maquillage compiuto in seno alla Commissione Giustizia del Senato, nell'innovato testo dell'art. 83 d.l. n. 28/2020 hanno trovato posto tematiche assai eterogenee.
La fine della fase emergenziale

In seguito alla conversione in legge del d.l. n. 28/2020 pare chiudersi la concitata e confusa ed alluvionale stagione legislativa emergenziale che dal 9 marzo scorso ha semi-paralizzato la giustizia civile, ponendo in temporanea sospensione il funzionamento dei tribunali e delle corti ed inaugurando, ora, la fase post emergenziale.

È noto che, durante la prima fase di emergenza, il legislatore ha disposto un vero e proprio blocco dell'attività giurisdizionale, mediante previsione generalizzata del rinvio d'ufficio delle udienze a data successiva al 15 aprile 2020 e conseguente sospensione dei termini processuali prorogati fino all'11 maggio 2020 scorso.

Nella seconda fase i processi civili potevano essere trattati “col contagocce”, con modalità emergenziali. Per motivi sanitari (“onde evitare contatti ravvicinati tra le persone”) è stato bandito ogni contatto fisico tra parti, difensori e giudice; in particolare, garantendo l'utilizzo di modalità da remoto (art. 83, comma 6, lett. f, d.l. n. 18/2020, conv. con modificazioni nella l. 24 aprile 2020, n. 27), ovvero, del modulo di deposito di note scritte in telematico (art. 83, camma 6, lett. h, d.l. cit.), fatta sempre salva la possibilità di rinvio in blocco delle udienze a data successiva al 31 luglio prossimi (art. 83, comma 6, lett. g, d.l. cit.).

Ebbene, con la conv. in legge del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, per effetto della legge 25 giugno 2020, n. 70 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 29 giugno scorso), il Governo sembra avere concluso la fase processuale emergenziale, disponendo la riapertura dei Tribunali e delle Corti in presenza dei difensori, i quali dal 1° luglio possono ritornare a trattare le cause civili nel contraddittorio d'udienza.

Lo strumento legislativo prescelto per inaugurare la fase tre, ancora una volta, è consistito nell'apportare ulteriori innovazioni al già più volte modificato testo dell'art. 83 del d.l. n. 18/2020.

L'articolato normativo, contenutisticamente, appare assai compositivo. In esso trovano collocazione, norme processuali civili, norme processuali penali, norme relativo al giudizio di legittimità civile, norme sull'ordinamento penitenziario, in un testo patchwork che occupa sette pagine della Gazzetta Ufficiale e che non appare di immediato significato, né di agevole lettura.

La salvezza degli atti e provvedimenti adottati

L'art. 1, comma 2 della legge di conversione n. 70/2020 esordisce dichiarando che «restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dell'art. 3, comma 1, lett. i), d.l. 30 aprile 2020, n. 28», ossia fino alla data del 31 luglio 2020. Conformemente a quanto dispone l'ultimo comma dell'art. 77 Cost. («le Camere possono regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti»).

In altre e meno criptiche parole, ciò significa che laddove il giudice, prima della data di pubblicazione della legge di conversione (G.U. 29 giugno scorso), abbia fissato, entro la data del 31 luglio 2020 (termine inizialmente così stabilito dal testo originario del d.l.n. 28/2020), udienza di trattazione da remoto, ovvero mediante previsione di scambio di note scritte in telematico, «i provvedimenti adottati restano validi e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti». Così evitando che tali provvedimenti divengano affetti da nullità processuale (sopravvenuta) per effetto della riduzione alla data del 30 giugno 2020 della possibilità di trattazione delle cause civili con rito emergenziale (inizialmente prevista fino al 31 luglio).

La conclusione della fase emergenziale

Per effetto della conversione in legge del d.l. n. 28/2020 e quale conseguenza del corposo lavoro di maquillage compiuto in seno alla Commissione Giustizia del Senato, nell'innovato testo dell'art. 83 d.l. n. 28/2020 hanno trovato posto tematiche assai eterogenee.

In vero, vi sono disposizioni normative la cui efficacia temporale, del tutto temporanea e meramente emergenziale, si è ormai temporalmente esaurita; in particolare, quelle riguardante gli «incontri tra genitori e figli in spazio neutro o alla presenza degli operatori dei servizi socio assistenziali, disposti con provvedimento giudiziale fino al 31 maggio» scorsi (art. 83, comma 7-bis d.l. n. 28/2020).

Lo stesso dicasi per la previsione concernente la sospensione di termini per lo svolgimento della mediazione e della negoziazione assistita, anch'essa esauritasi alla medesima data del 31 maggio scorsi (art. 83, comma 20 d.l. n. 28/2020).

Per altre prescrizioni il termine di efficacia, invece, si è esaurito alla data del 30 giugno.

In particolare, con riguardo alla possibilità di depositare atti e documenti con modalità telematica nei processi civili innanzi alla Corte di cassazione” (art. 83, comma 11-bis). Come pure con riguardo alla possibilità per il giudice di trattare da remoto la causa, ovvero mediante assegnazione di note scritte in telematico, quale conseguenza della modifica del termine di efficacia delle misure di rito emergenziale che era stato originariamente fissato al 31 luglio, per effetto dell'originaria previsione dettata dal d.l. n. 28/2020 (v. oggi il testo dell'art. 83, comma 6 d.l. n. 28/2020).

Il periodo emergenziale è rimasto invece fissato al 31 luglio prossimo con riferimento al dovere del tribunale e della Corte di depositare «gli atti del magistrato esclusivamente con modalità telematiche», salva solo la possibilità di depositarli in cartaceo «quando i sistemi informatici del sistema giustizia non siano funzionanti».

Gli istituti conservati dopo l'emergenza

Ulteriori previsioni normative contenute nell'art. 83 (come ulteriormente innovato in sede di conversione in legge) non rivestono efficacia meramente emergenziale, limitate unicamente al periodo virtualmente terminato al 30 giugno scorso, in quanto destinate a durare nel tempo, ponendosi quali innovazioni normative durature del tessuto processuale.

Ad esse va rivolta un'attenzione un poco meno fuggevole rispetto a quelle determinanti effetti già conchiusi.

La possibilità (prevista dall'art. 83, comma 20-bis d.l. n. 18/2020) di espletare, in via eccezionale fino al 30 giugno 2020, gli incontri di mediazione “in via telematica mediante sistemi di videoconferenza, è stata estesa anche al “periodo successivo”, “con il consenso di tutte le parti coinvolte nel procedimento”.

In tal modo, viene estesa una modalità di svolgimento degli incontri di mediazione che l'art. 3, comma 4, d.lgs. n. 28/2010, ammetteva in via eccezionale, laddove tale modalità fosse stata prevista dal “regolamento dell'organismo”. Una modalità di espletamento che può rivelarsi assai utile in presenza di parti residenti in luoghi territorialmente diversi e lontani.

La possibilità per il difensore di certificare la sottoscrizione della procura da parte del cliente pur non in sua presenza, mediante utilizzo di modalità telematiche, è stata temporalmente estesa fino «alla cessazione delle misure di distanziamento previste dalla legislazione emergenziale in materia di prevenzione e contagio da COVID-19» (art. 83, comma 20-ter d.l. n. 18/2020).

Con riguardo a tale previsione può sorgere un dubbio.

Ci si chiede se, con tale lata formula lessicale, il legislatore abbia temporalmente inteso riferirsi alla conclusione della fase emergenziale, fissata alla data del 30 giugno, ovvero abbia inteso richiamare la dichiarazione di emergenza pandemica disposta da parte del Governo con delibera del CdM in data 31 gennaio e con termine previsto al 31 luglio prossimi.

Onde evitare future contestazioni procedurali è da accogliere l'invito alla cautela, affinchè fin d'ora i difensori recuperino l'ordinario regime di rilascio della procura alle liti, a norma dell'art. 83 c.p.c.

Nel convertire il d.l. n. 28 il legislatore si è spinto fino ad adeguare le modalità di sottoscrizione del verbale di conciliazione, modificando il testo dell'art. 88 att. c.p.c., laddove vengano adottate modalità informatiche.

In tal caso la sottoscrizione del verbale da parte di parti, difensori e cancelliere, viene sostituita da «apposita dichiarazione del giudice che tali soggetti, resi pienamente edotti del contenuto degli accordi, li hanno accettati» (art. 3, comma 1-bis, d.l. n. 28/2020).

La nuova condizione di procedibilità

Dulcis in fundo, la Commissione Giustizia del Senato, in sede di conversione in legge del d.l. n. 28/2020, all'articolato normativo originario ha aggiunto una nuova disposizione, di non certo secondario impatto sistemico sull'ordinamento processuale, dettando una nuova condizione di procedibilità.

All'art. 3 del d.l. 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni nella l. 5 marzo 2020, n. 13 (cd. decreto cura Italia), dopo il comma 6-bis, è stato aggiunto il comma 6-terche così recita: «nelle controversie in materia di obbligazioni contrattuali, nelle quali il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto, o comunque disposte durante l'emergenza epidemiologica da COVID-19 sulla base di disposizioni successive, può essere valutato ai sensi del comma 6-bis, il preventivo esperimento del procedimento di mediazione ai sensi del comma 1-bis dell'articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, costituisce condizione di procedibilità' della domanda».

Mentre il precedente comma, con un testo normativo di non agevole lettura, a sua volta, dispone: «il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti».

Con riguardo al nuovo comma 6-ter, i primi commentatori si sono cimentati in un non agevole sforzo interpretativo per attribuire un senso alla nuova condizione di procedibilità, peraltro, criticando la “congruenza linguistica” della norma, la cui costruzione semantica è stata completamente ribaltata onde chiarirne il senso (De Stefano).

Sulla già ardua elaborazione ermeneutica della norma sostanziale presupposta (sulla quale la dottrina ha tentato di elaborare soluzioni interpretative compatibili con i principi generali in materia di responsabilità del debitore) si è innestata l'innovazione procedurale in discorso la quale, pure essa, non spicca per trasparenza, chiarezza ed utilità pratica.

Nell'ottica di conservazione della novellata prescrizione, si è ipotizzato che potrebbe scontare la condizione di procedibilità in discorso la domanda avanzata dal debitore e volta alla risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta, ovvero alla risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta, quando la prestazione sia divenuta impossibile o eccessivamente onerosa a causa delle misure di contenimento della pandemia (Valerini).

Per quanto tali ipotesi siano ipotizzabili, le stesse non trovano alcun riscontro statistico nella prassi curiale, che sostanzialmente ignora iniziative giudiziarie intraprese da parte di debitori in materia.

Secondo un commentatore l'attore dovrebbe avanzare (in prevenzione) domanda di mediazione «tutte le volte in cui la sua pretesa possa coinvolgere problematiche connesse all'emergenza sanitaria» (De Stefano). Ovvero, in presenza di problematiche che impingano eccezioni debitorie, «quando le parti saranno davanti al giudice» (Valerini).

Il caso potrebbe essere quello dell'esercizio dell'azione di adempimento (esercitata in via monitoria da parte del creditore), contro cui il debitore, opponendo il decreto ingiuntivo, eccepisca la “scusabilità” dell'inadempimento, causa pandemia, ex art. 3, comma 6-bis, d.l. n. 6/2020. Oppure, ancora, analogamente, la proposizione di ricorso ex art. 702-bis c.p.c. avanzato per l'adempimento della prestazione, contro cui il convenuto sollevi eccezione di scusabilità dell'inadempimento per COVID-19.

La prospettazione dell'obbligatorio esperimento della mediazione, quale condizione di procedibilità della domanda, in forza della previsione di nuovo conio, secondo tale tesi, supporrebbe che l'adempimento compositivo dovrebbe subentrare secundum eventum litis, in relazione alla tipologia di eccezioni sollevate dal debitore in sede giudiziale, e perciò non ex ante, ma, con inversione logica dei fattori, ex post.

Ma questa possibilità non parrebbe ipotizzabile, dovendo il legislatore, in funzione deflattiva e perciò prima dell'inizio della lite giudiziale, determinare l'obbligatorietà della procedura di componimento, in relazione alla tipologia di un preciso contenzioso, astrattamente inteso, a prescindere dal concreto atteggiamento difensivo che, volta a volta, potrebbe assumere il convenuto.

Sarebbe privo di senso logico imporre un tentativo di componimento a lite pendente, dato che, in tal caso, la funzione deflattiva dell'istituto ne risulterebbe frustata; la mediazione non essendo in grado di sortire alcun risultato utile.

Il dato testuale della norma in oggetto, laddove richiama e rende applicabile l'art. 5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28/2010, sottopone a mediazione obbligatoria unicamente “la domanda in materia contrattuale”, quando il rispetto delle misure di contenimento possa giustificare l'attenuazione della responsabilità debitoria ex artt. 1218 e 1223 c.c.

Se fosse corretta tale proposta ricostruttiva, la portata della nuova condizione di procedibilità testè introdotta potrebbe rivestire un assai circoscritto ambito applicativo, dato che resterebbe confinata alle sole ipotesi in cui sia il debitore ad agire in giudizio avanzando specifica “domanda”, tra cui potrebbero nuovamente richiamarsi le azioniesercitate dal debitoredi prestazione dallo stesso non adempiuta, ex artt. 1463 e 1469 c.c.

In sostanza, parrebbe corretto ritenere che unicamente la “domanda” attorea soggiaccia alla nuova ipotesi di tentativo di mediazione obbligatorio, come dispone il richiamatao art. 5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28/2010; risultando, invece, irrilevante il tenore delle difese dispiegate dal convenuto (sub specie di eccezione di inadempimento alla domanda di adempimento) nell'ottica di attenuare la sua responsabilità, in forza del comma 6 bis del decreto c.d. cura Italia.

D'altro canto, che soggiaccia a mediazione la domanda e non l'eccezione sembra emergere trasparente dall'art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 28/2010, laddove lo stesso faculitizza espressamente il convenuto ad eccepire l'improcedibilità, “non oltre la prima udienza”.

Resta inteso che, nelle specifiche materie “contrattuali”, relativamente alle quali è già prevista la mediazione quale condizione di procedibilità (in materia di locazione, affitto d'aziende, comodato, assicurazione, contratti bancari e finanziari: art. 5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28/2010), nulla è stato innovato dalla più generica previsione di nuovo conio.

In conclusione, non si va lontano dal vero evidenziando l'inutilità dell'innovazione normativa in oggetto e ritenendo che il legislatore della conversione in legge del d.l. n. 28/2020 abbia introdotto «un assolutamente ultroneo capitolo del contenzioso da emergenza sanitaria, che si può temere affliggerà per i prossimi decenni la Giustizia civile italiana»(De Stefano).

Guida all'approfondimento
  • Dalla Massara, I ritardi di pagamento nel tempo della pandemia, in Contratti, 2020, 3, 351 e ss.;
  • Dalmotto, La fine anticipata della seconda fase e la ripresa dei processi dopo il Covid 19, in Il caso.it;
  • De Stefano, Il processo civile in fase tre, in Giustizia insieme;
  • Masoni, in Giordano, Vaccari, Masoni, Arbitrato deflattivo, negoziazione assistita e mediazione, Milano, 2016, 316 e ss.;
  • Valerini, Nuove ipotesi di mediazione obbligatoria: le controversie contrattuali da rispetto delle misure COVID-19, in questo Portale, 30 giugno.

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