La reclamabilità dell'ordinanza di sospensione resa in pendenza di opposizione a precetto e il requisito dei gravi motivi
08 Ottobre 2019
Massima
L'ordinanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo emessa nell'ambito di una opposizione a precetto è reclamabile ai sensi dell'art. 669-terdecies, in quanto l'art. 624, comma 1, c.p.c. indica espressamente l'art. 615 dello stesso codice che pertanto deve ritenersi richiamato nella sua interezza. Il caso
Ricevuta la notificazione del precetto per il pagamento di una cospicua somma di denaro, la società asserita debitrice proponeva opposizione avverso tale atto di intimazione e contestualmente chiedeva che venisse disposta la sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo. Il giudice adito, tuttavia, rigettava l'istanza cautelare; avverso tale provvedimento veniva interposto reclamo ad opera dell'opponente. Il creditore, costituendosi, contestava l'ammissibilità del reclamo avverso il provvedimento di rigetto dell'istanza di sospensione, a causa della mancanza nel codice di rito di una previsione espressa di impugnabilità del provvedimento reso sull'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva. La questione
Viene dunque sottoposta al collegio la questione – oggetto di un ampio contrasto nella giurisprudenza di merito – concernente l'ammissibilità del reclamo avverso il provvedimento avente ad oggetto la richiesta di sospensione dell'esecutorietà del titolo. Le soluzioni giuridiche
Il collegio, in via pregiudiziale, respinge l'eccezione di inammissibilità sollevata dal creditore, ponendosi consapevolmente nel solco di quell'orientamento sostenuto da parte della giurisprudenza di merito, a mente della quale è reclamabile l'ordinanza emessa sull'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo nell'ambito di un'opposizione a precetto, in quanto l'articolo 624, comma 1, c.p.c. «indica espressamente l'articolo 615 dello stesso Codice che, pertanto, deve ritenersi richiamato nella sua interezza». Inoltre, accoglie nel merito il reclamo, seguendo un percorso logico-argomentativo diverso da quello del giudice di prime cure. In particolare, con riguardo alle “gravi ragioni” che vanno allegate e provate dal debitore a fondamento del reclamo viene escluso che esse possano essere puramente e semplicemente individuate nella probabile fondatezza dell'opposizione di merito proposta, giacché in tal modo – ad avviso del Collegio – viene negata ogni rilevanza al parametro dei “gravi motivi” indicato dal legislatore; a tal riguardo, occorre dedurre e provare una serie di circostanze oggettive in base alle quali possono dirsi sussistenti gravi motivi tali da giustificare l'accoglimento dell'istanza di sospensione. Ciò è quanto aveva fatto il debitore, giacché la circostanza che avverso la sentenza azionata quale titolo esecutivo era stato proposto ricorso per cassazione, che la riscossione coattiva della somma precettata sarebbe stata in grado di determinare serie difficoltà finanziarie all'azienda debitrice e che quest'ultima aveva altresì depositato una fideiussione a prima richiesta a garanzia del pagamento dell'intero debito oggetto di precetto, costituiscono tutti fatti oggettivi e documentati idonei a dar corpo al requisito dei gravi motivi che l'art. 615 c.p.c. impone per la concessione della misura sospensiva. Osservazioni
La decisione merita ampio plauso: con succinta, ma chiara ed esaustiva motivazione affronta i due controversi profili dei presupposti e dell'impugnabilità del provvedimento di sospensione pre-esecutiva, risolvendoli con argomentazioni convincenti e condivisibili. In primo luogo, sostiene la tesi della reclamabilità del provvedimento in questione, facendo leva non solo sul dato letterale dell'art. 624 c.p.c., ma anche sulla natura cautelare del provvedimento. Difatti, l'ordinanza in commento, se espressamente fonda l'ammissibilità del reclamo solo sul dato letterale dell'art. 624, implicitamente corrobora la conclusione raggiunta laddove esamina il requisito dei gravi motivi che deve sussistere per la concessione della misura sospensiva. Come accennato, la decisione sostiene che al precettato non basta provare il fumus boni iuris della sua opposizione, ma che deve altresì dimostrare l'esistenza di circostanze oggettive dalle quali desumere la sussistenza del periculum in mora. In tal modo, viene implicitamente – ma indubitabilmente – sostenuta la natura cautelare del provvedimento sospensivo, così offrendosi, oltre a quello basato sul dato letterale, un altro e ben più pregnante argomento per sostenere la tesi della reclamabilità, di recente affermata anche da Cass. civ., Sez. Un., 23 luglio 2019, n. 19899. Nello stesso tempo, si discosta dalle stesse Sezioni Unite, le quali, premesso che il provvedimento dell'art. 615, comma 1, c.p.c. non è assimilabile alle inibitorie del giudice dell'impugnazione, sempre adottate con ordinanze «non impugnabili», escludono il carattere stricto sensu cautelare dell'ordinanza di sospensione e per tale via ammettono la reclamabilità del provvedimento in base alla sola previsione dell'art. 624 c.p.c., «quale codificazione di un principio generale di reclamabilità dei provvedimenti ordinatori del giudice» (Cass. civ., n. 19899/2019, cit.). Senza voler prendere partito sulla ricostruzione offerta dalla Corte, sia consentito in questa sede osservare come la configurazione di un provvedimento che ha natura cautelare, ma al quale non si possono applicare tutte le norme degli artt. 669-bis e seguenti, ma solo quella sulla reclamabilità rappresenta un non senso e che la creazione di un microsistema (per usare le parole della Cassazione) ad hoc per la regolamentazione di siffatta ordinanza crea una disarmonia nel sistema capace come tale di confondere e disorientare l'interprete.
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