Locazione ad uso diverso: parziale versamento del canone e risoluzione per inadempimento del contratto

10 Luglio 2020

Il giudicante è stato chiamato ad accertare e dichiarare la risoluzione per grave inadempimento del conduttore in un contratto di locazione ad uso diverso, in applicazione del combinato disposto degli artt. 1453 e 1455 c.c., alla luce dei pagamenti parziali da parte dell'obbligato, che non hanno impedito lo scioglimento del rapporto locatizio, considerando non di scarsa rilevanza l'inadempimento.
Massima

In tema di locazione ad uso commerciale, costituisce grave inadempimento, ai sensi dell'art.1455 c.c., il versamento parziale della pigione da parte del conduttore, comportando come conseguenza la risoluzione del rapporto contrattuale e la condanna al rilascio dell'immobile locato.

Il caso

Il locatore con atto di intimazione conveniva in giudizio il conduttore per sentir convalidare lo sfratto per morosità, ex art.663 c.p.c., intimato in ragione del mancato pagamento dei canoni di locazione e degli oneri condominiali.

Alla prima udienza di comparizione delle parti, l'intimante confermava la persistenza della detta morosità, ed evidenziando il reiterato pagamento parziale del canone dell'obbligato; l'intimato si opponeva alla convalida di sfratto, adducendo di aver effettuato sì i pagamenti in ritardo e parziali però dovuti a motivi personali e famigliari.

Il giudice adito si pronunciava sulla richiesta ex art.665 c.p.c., emettendo ordinanza di rilascio ed ordinava il mutamento di rito ex artt.420 e 667 c.p.c., con assegnazione del termine per l'espletamento del procedimento di media-conciliazione, fissando, altresì, udienza di discussione.

Il giudicante, pertanto, dall'attento esame della documentazione prodotta in atti, ha dedotto che i pagamenti sono tutti stati versati dal conduttore in modo parziale e tardivo, sussistendo i presupposti per la declaratoria, ex art.1453 c.c., della risoluzione del contratto per fatto e colpa del conduttore, confermando il provvedimento di rilascio, ex art. 665 c.p.c., condannando il resistente al pagamento dei canoni scaduti ed a scadere ed a rifondere le competenze legali.

La questione

Si trattava di verificare se fossero presenti, nella fattispecie posta al vaglio del Tribunale competente, i presupposti della declaratoria di risoluzione per inadempimento del contratto di locazione ad uso diverso, sottoscritto tra le parti, ex art.1453 c.c.

Era, altresì, controverso se l'adempimento delle pigioni da parte del conduttore, in modo parziale ed in ritardo, fossero da considerarsi di scarsa rilevanza o meno. In altri termini, il comportamento del conduttore non era proporzionato alla buona fede contrattuale, andando ad incidere in modo assai significativo sul sinallagma contrattuale in relazione al concreto interesse del locatore all'esatta e tempestiva prestazione.

Tale passaggio processuale non aveva impedito al giudicante di valutare rilevante l'inadempimento del conduttore, sotto il profilo del mancato versamento tempestivo della pigione.

Le soluzioni giuridiche

In linea di principio, è stata ritenuta corretta l'affermazione contenuta nella pronuncia del Tribunale, in sede monocratica, secondo cui il ritardato pagamento della pigione comporta la risoluzione per inadempimento, nella disciplina dei rapporti locatizi ad uso diverso. Considerato che, seconda espressa previsione, di cui all'art.1571 c.c., la locazione costituisce il contratto tipico con sui una parte si obbliga a fare godere all'altra una cosa mobile o immobile verso un determinato corrispettivo.

Infatti, l'art.1587 c.c. pone tra le obbligazioni principali del conduttore quella di versare, nei termini convenuti o alla scadenza pattuita, il canone di locazione, contro il godimento della cosa altrui ed il locatore di ricevere l'esatta e puntuale corresponsione della pigione.

Dunque, il corrispettivo non può essere ritardato, sospeso sia totalmente che parzialmente, con autoriduzione, ai sensi dell'art.1460 c.c. ed è legittima solo quando venga a mancare completamente la prestazione del locatore, sicché anche in questo caso vi è l'alterazione dell'equilibrio sinallagmatico del negozio (Cass.civ., sez.III, 27 settembre 2016, n. 18987; Cass.civ., sez.VI/III, 26 gennaio 2015, n.1317).

L'accoglimento della domanda di risoluzione di un contratto di locazione ad uso diverso da quello abitativo presuppone che l'inadempimento sia di non scarsa importanza ai sensi dell'art. 1453 c.c. e sia imputabile al debitore a titolo di dolo o colpa.

In materia di locazione ad uso commerciale, la valutazione della gravità dell'inadempimento va effettuata non con riferimento ai criteri predeterminati dal legislatore all'art. 5,l. n. 392/1978, applicabile alle locazioni ad uso abitativo, ma in relazione alla disposizione contenuta nella norma di carattere generale di cui all'art. 1455 c.c. che richiede un inadempimento tale da ledere in modo rilevante ed apprezzabile l'economia complessiva del rapporto locatizio tanto da non consentire la prosecuzione (Cass.civ., sez. III, 19 settembre 2016, n.18345; Cass. civ., sez. III, 9 dicembre 2014, n. 25853).

La risoluzione del contratto di locazione ad uso commerciale si verifica con riferimento a inadempimenti tali da rompere l'equilibrio contrattuale, tenuto conto del complessivo comportamento osservato dal conduttore (Trib.Treviso, 12 giugno 2017, n.1328).

Si utilizza così un criterio di natura obiettiva, riferito alla rilevanza della prestazione nel quadro dell'economia generale del rapporto, unito ad un criterio soggettivo, fondato sull'interesse del locatore all'adempimento e riguardante l'interesse del conduttore all'esatto e tempestivo adempimento (Cass. civ. sez. III, 27 novembre 2015, n. 24206).

Nel giudizio, il creditore-locatore che agisca per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto, mentre il debitore-conduttore è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto pagamento (Cass. civ., sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533; Trib. Torino,27 febbraio 2019, n. 952; Trib. Cagliari, 18 dicembre 2018, n. 3309).

Nella fattispecie posta al vaglio del giudice tranese, il conduttore non ha contestato il proprio inadempimento dei canoni di locazione, piuttosto la non gravità dello stesso; tale assunto è stato considerato del tutto infondato atteso che il mancato pagamento (parziale ed in ritardo) non consente in alcun modo di provare il fatto estintivo dell'inadempimento che è da considerarsi di non scarsa rilevanza (art. 1455 c.c.).

A differenza del contratto di locazione ad uso diverso, in quello ad uso abitativo, l'ordinamento offre un'ulteriore scelta al conduttore moroso (oltre quella di pagare tutti i canoni, interessi e competenze legali banco iudicis), ovvero può sanare la morosità nel corso del giudizio sommario di intimazione di sfratto per morosità, chiedendo al giudice adito la concessione del termine di grazia, ex artt.5 e 55, l. n. 392/1978, senza, di contro, alcuna forma di opposizione (App.Napoli,6 maggio 2015, n.1727).

In altri termini, l'intimato deve formulare l'istanza di concessione del termine di grazia, motivando le ragioni di tale richiesta ovvero comprovando condizioni di difficoltà, poi il giudicante ha la discrezionalità di concedere un termine di grazia, sino a novanta giorni, per l'adempimento sia dei canoni impagati, interessi e le competenze del difensore dell'intimante, emanando un'ordinanza con fissazione di un'udienza ad hoc, per la verifica dell'adempimento di quanto ordinato dallo stesso (Cass.civ., sez. III, 14 febbraio 1992, n.1830).

A tale udienza, nel denegato caso, l'intimato non dovesse adempiere, il giudicante, senza indugio, emetterà il provvedimento di convalida di sfratto, ex art.663 c.p.c., fissando la data del rilascio dell'immobile, senza necessità di alcuna ulteriore verifica (Cass.civ., sez. III,11 ottobre 2000, n.13538).

Osservazioni

L'art.1453 c.c. contiene un precetto fondamentale ove si individua la presenza di un contratto con attribuzioni corrispettive e in caso di inadempimento la possibile risoluzione.

L'inadempimento può essere assoluto o definitivo oppure ritardato ovvero non tempestivo, come la fattispecie posta al vaglio del Tribunale pugliese.

Il pagamento del canone in misura inferiore a quella convenzionalmente stabilita integra inadempimento grave secondo la valutazione fattane dal legislatore, anche se il conduttore abbia ritenuto di giustificare il suo comportamento con il fatto di essere titolare di un credito per restituzione di somme pagate in più del dovuto (Cass. civ., sez. III, 22 settembre 2000, n. 12527; Cass. civ., sez. III, 1 giugno 2000, n. 7269).

La valutazione, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1455 c.c., della non scarsa importanza dell'inadempimento - riservata al giudice di merito - deve comunque ritenersi implicita qualora l'inadempimento riguardi il pagamento dei canoni dovuti, che è da ritenersi un'obbligazione primaria ed essenziale del contratto di locazione (Cass. civ., sez. III, 18 novembre 2005, n. 24460).

L'azione di risoluzione per inadempimento è da configurarsi come un'azione di accertamento costitutivo (Cass.civ., sez. III, 31 maggio 2010, n.13248) e dalla formulazione della norma dell'art.1455 c.c., combinata con la norma contenuta nell'art.1453 c.c., si deduce che la gravità dell'inadempimento si deve determinare considerando la posizione di entrambe le parti, quindi sia l'inadempimento di una che l'interesse all'adempimento dell'altra (Cass.civ., sez.III, 20 gennaio 2017, n.1428).

Nella locazione per la risoluzione del contratto, devono sussistere contemporaneamente gli elementi di colpevolezza e gravità dell'inadempimento (Cass.civ.,sez. un., 13 dicembre 2011, n.26709).

In altri termini, deve essere chiara la colpa del conduttore nel ritardo del pagamento del canone e la sua reiterata non tempestività nell'adempimento.

Il mancato o ritardato pagamento del canone non comporta l'automatica risoluzione del rapporto, ma resta sottoposta al vaglio del giudice a cui spetta decidere l'incidenza dell'inadempimento sull'equilibrio del contratto.

I contraenti del contratto ad uso diverso possono convenire espressamente che il contratto di risolva nel caso l'obbligazione non sia adempiuta nelle modalità stabilite, con una clausola risolutiva espressa, la cui disciplina è convenuta nell'art.1456 c.c.

Affinché la risoluzione del contratto possa essere pronunciata sulla base di una clausola risolutiva espressa, dunque indipendentemente dalla prova dell'importanza dell'inadempimento, in quanto predeterminata negozialmente dagli stessi contraenti, la parte nel cui interesse la clausola è stata prevista deve formulare espressa e specifica domanda giudiziale in tal senso, non potendo tale pronuncia intervenire d'ufficio (Trib. Bologna, 2 ottobre 2018)

La clausola risolutiva espressa non determina automaticamente lo scioglimento del contratto a seguito del previsto inadempimento, essendo sempre necessario, per l'art.1218 c.c., l'accertamento dell'imputabilità dell'inadempimento al debitore almeno a titolo di colpa, necessitando una pronuncia da parte dell'autorità giudiziaria (Cass.civ.,sez.III, 6 febbraio 2007, n.2553).

Guida all'approfondimento

Cirla, La sanatoria della morosità nei contratti ad uso diverso, in Immob. & diritto, 2010, fasc. 7, 46

Farina - Ferrari - Gaudio - Redivo, Trattato pratico delle locazioni, Padova, 2006, 499

Frivoli - Tarantino, Le proroghe nel contratto di locazione ad uso abitativo, Milano, 2015, 66

Giove, Sanatoria per morosità e locazioni ad uso non abitativo, in I contratti, 1999, fasc. 7

Masoni, Risoluzione del contratto di locazione per fatto del conduttore, in Condominioelocazione.it

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