COVID-19 ed infortunistica privata: siamo di fronte ad un'aporìa o ad un “bug”

17 Luglio 2020

Vale a dire, ci si trova di fronte a tesi opposte ma entrambe valide, per cui la criticità risiede paradossalmente nella natura stessa di quanto in discussione, oppure – come in informatica – siamo di fronte ad un errore di programmazione/progettazione (bug) ?

*Questo scritto è un estratto/sintesi di un più esteso ed articolato testo che verrà inviato alla Rivista Italiana di Medicina Legale

Vale a dire, ci si trova di fronte a tesi opposte ma entrambe valide, per cui la criticità risiede paradossalmente nella natura stessa di quanto in discussione, oppure – come in informatica – siamo di fronte ad un errore di programmazione/progettazione (bug)[1]?

Di ciò cercherò di occuparmi, ritenendo, viceversa, che allo stato la semplice (o meglio semplicistica) affermazione che Covid-19 (e la malattia infettiva in genere) sia da considerare un infortunio indennizzabile[2] debba essere considerata al pari di una fake news, vale a dire di una notizia che, basandosi su parziali/parcellari verità, acquisisce un'apparente plausibilità soprattutto attraverso casse di risonanza mediatiche incontrollate, trovando alimentazione nelle aspettative di taluni. D'altra parte, sarebbe da considerare analogamente una fake news l'affermare che, tenuto conto che nell'Infortunistica del Lavoro sostanzialmente tutte le fratture vengono indennizzate, anche in polizza infortuni debba essere così, adducendo come unica motivazione il fatto che alla base dell'evento-frattura vi sia una “causa fortuita, violenta ed esterna”. Il costrutto poggiante sarebbe lo stesso. Il limite culturale/professionale della suddetta affermazione sarebbe però prontamente colto, probabilmente risultando più frequente la casistica professionale relativa ad eventi consimili, così da essere portati immediatamente a pensare alle fratture su substrato osteoporotico e alla indispensabile verifica anche di altre condizioni di polizza, tra le quali i c.d. “criteri di indennizzabilità”.

In buona sostanza, un'affermazione, per poter essere assoluta, deve necessariamente essere omnicomprensiva. L'enfatizzare un solo aspetto e sostenere che questo sia da solo in grado di giustificare la totalità, non può che inevitabilmente rilevare un costrutto semplicistico o partigiano. Se non fosse altro perché significherebbe non rendersi conto della complessità dell'argomento generale in discussione (malattia Vs infortuni), come già ammoniva il Borri più di un secolo fa: “tra queste configurazioni medico-legali non esiste una divisione costantemente ed esplicitamente netta e recisa, sibbene si ha un trapasso, quasi una zona limite – Grenzgebiet – ove esse possono confondersi come in un segmento di due circoli parzialmente interferentesi”[3].

Venendo comunque all'argomento in discussione, se da una parte si ritiene che l'affermazione di cui sopra non possa rappresentare una indicazione operativa agli addetti ai lavori medico-legali, dall'altra bisogna riconoscerle il pregio di aver stimolato sia un approfondimento delle basi dottrinali fondanti la professione, sia un confronto sulle diverse ipotesi interpretative delle stesse.

Il ritenere che l'affermazione di cui sopra non possa rappresentare – di per sé – una indicazione operativa medico-legale (come è accaduto in ambito INAIL) si fonda preliminarmente su basi scientifiche.

Non vi sono, in effetti, ancor'oggi risposte di certezza su SARS-CoV-2 relativamente alle sue origini[4] (non si tratta di qualcosa di assolutamente “nuovo”) o alla sua (cangiante?) virulenza, non essendo tra l'altro del tutto note le caratteristiche di carica virale e dose infettiva[5]. Vi è poi il tema tuttora aperto relativo alla differente suscettibilità individuale e alla vulnerabilità correlata all'età e alle comorbilità[6]. Ancora a parte, l'aspetto delle infezioni asintomatiche, che, non essendo del tutto chiarito da un punto di vista epidemiologico[7], impedisce interpretazioni motivate in ambito medico-legale, così come il tema del determinarsi o meno di un'eccessiva risposta immunitaria (tempesta di citochine) in grado di provocare multiple insufficienze d'organo ed eventualmente il decesso: sebbene il materiale genetico del virus si rinvenga nei diversi tessuti, non è ancora chiaro se il danno sia causato direttamente dal virus o da una tempesta di citochine[8].

Ciò detto (e non è cosa da poco), addentriamoci comunque nella attuale querelle, ricordando che la discussione medico-legale nasce dal DL 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27 (art. 42) e dalle Circolari Inail n. 13 del 3 aprile 2020 e n. 22 del 20 maggio 2020. Così come riportato in quest'ultima circolare: “l'art. 42, comma 2, del citato decreto-legge 17 marzo 2020, n. 181, ha anzitutto chiarito che l'infezione da SARS-Cov-2, come accade per tutte le infezioni da agenti biologici se contratte in occasione di lavoro, è tutelata dall'Inail quale infortunio sul lavoro e ciò anche nella situazione eccezionale di pandemia causata da un diffuso rischio di contagio in tutta la popolazione. Si tratta della riaffermazione di principi vigenti da decenni, come già richiamati dalla circolare 3 aprile 2020, n. 13, nell'ambito della disciplina speciale infortunistica, confermati dalla scienza medico-legale e dalla giurisprudenza di legittimità in materia di patologie causate da agenti biologici. Le patologie infettive (vale per il COVID-19, così come, per esempio, per l'epatite, la brucellosi, l'AIDS e il tetano) contratte in occasione di lavoro sono da sempre, infatti, inquadrate e trattate come infortunio sul lavoro poiché la causa virulenta viene equiparata alla causa violenta propria dell'infortunio, anche quando i suoi effetti si manifestino dopo un certo tempo”. Ciò ha dato inizio all'attuale dissertazione sul tema del riconoscimento o meno anche nella Assicurazione Privata dell'infezione da SARS-Cov-2 come infortunio.

Risulta comunque che già 25 anni fa (circolare n.74 del 23 novembre 1995) l'INAIL ebbe a ribadire quello che risultava un principio storico nell'infortunistica del lavoro: “si conferma che tutte le malattie infettive e parassitarie devono continuare ad essere trattate come infortuni sul lavoro (salvo, ovviamente, l'anchilostomiasi)”. Appare, pertanto, quanto meno strano che la “Medicina Legale” non abbia percepito prima l'esigenza di confrontarsi su quella che oggi pare una tematica di così prioritario interesse, oppure si dovrà ammettere che la previsione delle ricadute (anche) medico-legali di questa pandemia abbia catalizzato l'interesse su quello che prima non aveva attirato assolutamente l'attenzione di studiosi e professionisti.

Or bene, se si deve ammettere che la dottrina medico-legale si è particolarmente concentrata negli anni sul concetto di infortunio in ambito di tutela sociale, non si può fare a meno di domandarsi se i suoi approdi a tale proposito possano essere trasferiti sic et simpliciter nell'ambito dell'infortunistica privata. È parere di chi scrive che se, da una parte, possa anche farsi riferimento a nozioni dottrinarie simili/sovrapponibili, dall'altra, la specificità dei diversi ambiti influenzi poi inevitabilmente l'interpretazione dei singoli concetti.

Appare di certo interessante notare che ancor'oggi in quell'ambito (Infortunistica del Lavoro) tutto (ancora) si incentri sull'equiparazione tra causa violenta e virulenta (Circolare Inail n. 22 del 20 maggio 2020) e che al riguardo vi sia storicamente una unanime concordanza della dottrina medico-legale [9], [10], [11], [12], [13].

Ma questo è altro, rispetto all'ambito specifico in discussione.

In considerazione di ciò, si ritiene che valga la pena ricordare che normalmente – in ambito dell'assicurazione privata – l'oggetto della tutela è rappresentato dall'infortunio definito come “evento dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna, che produca lesioni fisiche oggettivamente constatabili”[14]. In questa definizione è possibile notare come vengano ricompresi contemporaneamente il “fatto” (dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna) e la “sua possibile conseguenza dannosa”, così che il rischio assicurato venga rappresentato congiuntamente da entrambi e non solo dall'evento[15]. Questa è, in massima sintesi, la vera peculiarità del contratto assicurativo in discussione, che prevede che venga considerata la causa, ma anche la sua conseguenza: ognuna dotata di propria dignità interpretativa e valutativa, ma che necessariamente non conduce all'indennizzo in maniera autonoma. Quest'ultimo, per realizzarsi, deve – inoltre – riferirsi soltanto a quelle “lesioni fisiche oggettivamente constatabili” conseguenza diretta ed esclusiva dell'infortunio. Così da determinare una situazione circolare come sottorappresentata.

In buona sostanza, l'indennizzabilità deriva dalla combinata interazione del “fatto” (dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna) e della “conseguenza”, qualora quest'ultima soggiaccia alla regola causale diretta ed esclusiva. Talchè, è bene dirlo sin da subito, la discussione che si sta muovendo in polizza privata al riguardo di Covid-19/infortunio è forse di per sé “sterile” da un punto di vista di ricaduta indennitaria, qualora ci si concentri soltanto sulla “causa”, non prendendo in considerazione la “conseguenza”, la quale potrebbe presentare limiti invalicabili rappresentati dalla riconducibilità “diretta ed esclusiva” alla prima.

Ritornando alla dottrina medico-legale ed affrontando il problema della “causa” che sostiene l'evento, è da ricordare che il Cazzaniga nel suo Programma di Medicina Legale[16] del 1950 affermava che “le polizze identificano, quanto alla causa, l'infortunio con la lesione corporale. Sotto il rispetto medico-legale è conveniente distinguere e considerare in modo particolare la causa dell'azione menomante, causa che deve essere fortuita, violenta ed esterna. Per i primi due requisiti (fortuito e violento) si rimanda a quanto si è detto trattando gli infortuni del lavoro. Circa l'esteriorità è da rilevare che, oltre alle violenze meccaniche, sono previste come rientranti nel rischio coperto dall'assicurazione l'asfissia per subitanea e violenta fuga di gas o di vapori, la caduta del fulmine, l'investimento da correnti elettriche, i contatti improvvisi con corrosivi […]. Sono escluse invece le influenze termiche (quindi, a rigore, le ustioni e le scottature) od atmosferiche, l'azione di sostanze ingerite od assorbite, gli avvelenamenti, le punture di insetti, comprese quelle da zanzare malarigene, i contagi infettanti che non abbiano per causa diretta ed esclusiva una lesione corporale obiettivamente constatabile dovuta a causa fortuita e violenta. Sono pure esclusi gli interventi chirurgici e i trattamenti non resi necessari dall'infortunio come pure quelli attinenti alla cura della propria persona. Lo sforzo come causa di lesione è pure esplicitamente escluso”. Ciò detto (e non trascurando di ricordare che alcune di queste estensioni/esclusioni si sono modificate con il tempo), pare opportuno sottolineare l'ultima esclusione del suddetto paragrafo (§747): “Lo stesso dicasi delle <malattie in genere>”. Analoga formulazione complessiva si ritrova nel testo Medicina Legale e delle Assicurazioni[17], scritto dal Cazzaniga insieme al Cattabeni nel 1961. In questo, si precisa, inoltre, riguardo alla non indennizzabilità per l'intervento di eventuali concause, che “unica eccezione è fatta per le infezioni, le quali non sono considerate concausa, quando abbiano a loro volta per causa diretta ed esclusiva una lesione corporale obiettivamente constatabile, dovuta a violenza esterna accidentale”. Su tale binario prosegue la Scuola milanese con il Luvoni e quindi con il Mangili: “[…] Tutte le malattie infettive (cioè quelle prodotte da microorganismi), appunto perché “malattie”, sono escluse dall'indennizzo, a meno che non abbiano per “causa diretta ed esclusiva” una lesione, che sia effetto di infortunio nei termini che si sono descritti. Ciò significa che il microorganismo (microbio, germe, virus, ecc) deve penetrare attraverso una lesione corporale constatabile; il penetrare di microorganismi attraverso la via respiratoria o digerente od il virulentarsi di quelli già presenti nell'organismo non determinano forme morbose indennizzabili […]”[18]. Analoga posizione si rinviene anche nei testi successivi, che presero il nome di Compendio di Medicina Legale e delle Assicurazioni. In tutte le sue edizioni[19] si chiarisce che “in via definitoria la polizza esclude implicitamente le malattie, per le quali non vi è che da dire che, non trattandosi di infortuni, ai sensi di polizza, mai comunque potrebbero rientrare nel rischio tutelato. Tutte le malattie infettive (cioè quelle prodotte da microrganismi) appunto perché malattie sono escluse perciò dall'indennizzo, a meno che non abbiano per “causa diretta ed esclusiva” una lesione che sia effetto di infortunio nei termini che si sono descritti. Ciò significa che il microrganismo (germe, virus, etc) deve penetrare attraverso una lesione corporale constatabile: sono così indennizzabili, ad esempio, il tetano o la setticemia conseguenti a ferite, la malattia da graffio di gatto, le infezioni da morso di animali, ecc. Invece il penetrare di microrganismi attraverso la via respiratoria o digerente od il virulentarsi di quelli già presenti nell'organismo non determina forme morbose indennizzabili”.

In buona sostanza la scuola medico-legale milanese storicamente parte da un assunto recepito a livello di communis opinio (l'evento infortunio è altra cosa rispetto all'evento malattia) e coniuga il concetto della causa esterna con quello della indispensabile necessità di una lesione fisica, la quale alterando traumaticamente l'integrità biologica, consenta la penetrazione dell'agente infettante[20]. In questa maniera l'evento “dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna” determina la “lesione corporale constatabile”, via di accesso “traumatica” all'infezione. La mancanza di questa ed un accesso naturale non configurerebbe -pertanto- l'identificazione del ricorrere di un infortunio. Tant'è, si sostiene, che proprio al riguardo sono state introdotte estensioni mirate per forme apparentemente prive di questa caratteristica (quali, ad esempio, l'asfissia non di origine morbosa, l'avvelenamento acuto da ingestione o da assorbimento di sostanze, i colpi di sole e di calore) che, altrimenti, non sarebbero indennizzabili (pur risultando recepibili come evento-infortunio, invece che come evento-malattia, dai non addetti ai lavori, vale a dire dai “cittadini-consumatori”). “Il fatto stesso che l'assicuratore, per sua precisa volontà, abbia inserito nella garanzia questi eventi, premettendo per tutti l'equiparazione ad infortunio, sta chiaramente ad indicare che si tratta di condizioni che in assenza di questa estensione non sarebbero, o meglio potrebbero non essere considerate infortuni indennizzabili, lasciandosi di volta in volta al collegio arbitrale la più corretta interpretazione”[21]. Pare al riguardo solo il caso di annotare che, tra le estensioni di garanzia più comuni, compare quella relativa alle “infezioni conseguenti a morsi di animali e punture di insetti”, che bene condensa il senso che prima si diceva riguardo al concetto traumatico del preliminare evento discontinuativo penetrante. Al pari è da ritenere quest'altra estensione -meno comune- che prevede l'equiparazione ad infortunio delle “infezioni – escluso il virus HIV – sempreché il germe infettivo si sia introdotto nell'organismo attraverso una lesione esterna traumatica contemporaneamente al verificarsi della lesione”. In buona sostanza, così come affermato dal sottoscritto e dagli altri Co-autori della Guida alla valutazione medico-legale dell'invalidità permanente[22]: l'infortunio, “perché operi la tutela, deve produrre, attraverso una modalità che viene indicata da una successiva clausola (quella definita <criteri di indennizzabilità>), una <lesione fisica oggettivamente constatabile>, la quale poi determini una delle varie conseguenze per il cui ricorrere è previsto un beneficio economico”.

A ben guardare, però, si deve ammettere che tale costruzione (che si allinea con quanto sostenuto storicamente dalla Scuola medico-legale milanese) prende in considerazione la malattia infettiva unicamente come conseguenza di una preliminare “lesione oggettivamente constatabile”, ma non affronta, da un punto di vista speculativo (come spiegazione si potrebbe avanzare il mandato operativo della Guida), l'ipotesi che il contagio che la sostiene -di per sé- possa anche rappresentare l'evento.

Si cercherà allora di analizzare la questione intraprendendo il “circuito” definitorio sopra schematizzato per cercare di verificare se il contagio della malattia infettiva derivante da antefatto atraumatico possa essere considerato prima di tutto “evento” e quindi “infortunio” (vale a dire “evento dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna, che produca lesioni fisiche oggettivamente constatabili) ed infine “infortunio indennizzabile”.

Or bene, si può ammettere che il mancato inquadramento definitorio/eziologico di “evento” potrebbe -in effetti- consentire di considerare in questo anche l'ipotesi di un contagio “atraumatico”, anche se pragmaticamente si potrebbe dire[23] che, attese le estensioni ad eventi con meccanismi d'azione avvicinabili -per alcune analogie- al contagio infettivo non traumatico (quali, ad esempio, l'asfissia non di origine morbosa, l'avvelenamento acuto da ingestione o da assorbimento di sostanze, i colpi di sole e di calore), le “malattie infettive”, per essere equiparate ad evento-infortunio, dovrebbero essere necessariamente ricomprese nelle estensioni di polizza.

Qualora si ritenesse -comunque- di superare questa interpretazione riguardo al concetto di “evento”, occorrerà intraprendere necessariamente l'analisi causale. Al riguardo si potrà prendere atto della sostanziale soddisfazione secondo la dottrina medico-legale della riconducibilità del contagio infettivo atraumatico a “causa fortuita, violenta ed esterna”, anche se -relativamente al concetto di “violenta”- qualche ulteriore riflessione la si potrebbe fare[24]. Se da una parte il Borri[25], al riguardo dell'insorgenza di un processo infettivo, enfatizzava la “azione violenta perturbatrice” dell'agente microbico rispetto -magari- ad una primitiva “soluzione di continuo anche insignificante del comune tegumento”, dall'altra non si può fare a meno di considerare che il peculiare ambito dell'infortunistica privata impone una visione/interpretazione vincolata alle condizioni di polizza. A tal riguardo si potrebbe -ad esempio- finalmente riflettere sul fatto che la virulenza rappresenta una proprietà complessa[26], [27] costituita da infettività[28], invasività[29] e patogenicità[30], vale a dire componenti che potrebbero meritare una individuale interpretazione ai fini causali anche nell'ambito qui in discussione. Così come ci si potrebbe soffermare sul fatto che la virulenza -oggi- non può essere considerata -di per sé- una variabile microbica indipendente, perché viene ad essere espressa soltanto in un ospite (host) che risulti sensibile. Pertanto, la domanda “che cos'è un agente patogeno?” non può essere scissa da quella: “che cos'è un host?”. In buona sostanza, la virulenza è il risultato dell'interazione ospite-microbo, che non è “invariante” da ospite a ospite[31].

Dopo essersi soffermati sulle aggettivazioni causali, occorrerà poi rifarsi al ricorrere o meno di una “lesione fisica oggettivamente constatabile”. Indispensabile, al riguardo, soffermarsi sul concetto di lesione. Volendo avere una maggiore aderenza con nozioni comprensibili da tutti e non solo dai tecnici, si propone la definizione di lesione in medicina riportato nel vocabolario Treccani: “qualsiasi modificazione menomante a carico di un organo o di un tessuto con alterazione della continuità della forma o posizione o struttura o funzione, provocata da cause varie, di natura fisica (traumi, agenti termici, radianti), chimica (sostanze tossiche, squilibrî metabolici, ormonici, ecc.), biologica (microrganismi patogeni, tossine, ecc.)”[32]. Ciò detto, non bisogna però trascurare che la lesione -per definizione di polizza- deve essere “fisica”. Così da poter intendere per “lesione fisica”: “una modificazione menomante a carico di un organo o di un tessuto con alterazione” fisica “della continuità della forma o posizione o struttura o funzione”. È possibile ora calare tale definizione nell'ottica del ricorrere di una malattia infettiva propriamente detta (non intesa come derivante da un antefatto traumatico). C'è chi sarebbe forse propenso ad identificarla, ad esempio nel caso di SARS-CoV-2, nella polmonite. A mio modo di vedere, però, quest'ultima rappresenterebbe una evoluzione successiva (mi si passi il termine di “danno conseguenza”) della primitiva lesione, che, pertanto, non può che ricercarsi, nel caso delle infezioni virali, nella penetrazione nella cellula nel sito di iniziale insediamento e nell'alterazione di quest'ultima. Tale visione, che necessariamente si discosta da quella macroscopico-meccanicistica a cui siamo abituati in sede traumatologica classica, appare in linea, d'altra parte, con lo storico concetto medico-legale di malattia: “per malattia si intende il processo morboso, cioè una sequenza di fenomeni che realizza quel complesso di azioni e reazioni che costituiscono l'organismo in uno stato anormale, essenzialmente caratterizzato da perturbazioni funzionali, associate oppure no a modificazioni anatomiche e a sofferenze subiettive[33]. La malattia, essendo un processo evolutivo, dovrà necessariamente avere un inizio (quanto meno cronologicamente): questo sarà o endogeno (vale a dire a genesi interna all'organismo umano stesso, non derivando così da causa “esterna”) o esogeno (vale a dire riconducibile a fatti agenti sull'organismo umano, ma provenienti dall'esterno e che -pertanto- dovranno necessariamente con questo entrare a contatto, penetrare ed interagire). È evidente che nell'ambito qui in discussione ci riferiremo unicamente a quest'ultimo caso, ferma restando la coscienza di quante sfumature e sovrapposizioni vi possono in realtà essere in ambito ezio-patogenetico.

Premettendo che l'argomento potrebbe consigliare un approfondimento collegiale infettivologico/medico-legale, generalmente si può comunque affermare che “i virus possono danneggiare le cellule dell'ospite penetrando in esse e replicandosi a loro spese. La preferenza dei virus per determinati tipi di cellule rispetto ad altri è chiamata tropismo ed è determinata da diversi fattori come: 1) l'espressione di recettori della cellula ospite per il virus, 2) la presenza di fattori di trascrizione cellulari che riconoscono sequenze enhancer e promoter virali, 3) le barriere anatomiche e 4) la temperatura, il pH e le difese locali dell'ospite. […]. Una volta che i virus si trovano all'interno delle cellule, possono danneggiare o uccidere le cellule con una serie di meccanismi: effetti citopatici diretti…, risposte immunitarie antivirali…, trasformazione delle cellule infettate …”[34]. A ciò si deve poi aggiungere che “un malinteso comune è che l'infezione da virus provochi inevitabilmente una malattia. In realtà, è vero il contrario: solo una piccola minoranza di infezioni virali provoca sintomi di malattia”[35]. Tematiche, per l'appunto, di natura scientifica, ma con rebound non indifferenti in ambito medico-legale, ancor più se calati in sede assicurativa privata.

Si deve pertanto annotare che nelle malattie virali, e quindi facendo anche riferimento all'azione di SARS-CoV-2, il tutto inizialmente si “giochi” a livello di recettori[36]: quelli virali (antirecettori) e quelli cellulari (recettori) posti sulla membrana plasmatica[37], con una permissività di ingresso correlata al fatto che l'antirecettore virale assomiglia alla forma chimica del ligando. Vi sarà, pertanto, da chiedersi se tutto ciò possa concretizzare il determinarsi di una “lesione fisica oggettivamente costatabile”. Si potrebbe anche giungere a fornire una risposta affermativa, ricordando la citata definizione della Treccani riguardo al concetto di lesione: alterazione della continuità della forma o posizione o struttura o funzione. Si dovrebbe poi disquisire se la stessa possa considerarsi propriamente come lesione fisica, arrivando magari anche a ritenerla tale sotto un'ottica ultrastrutturale, considerando le fasi di adsorbimento, di penetrazione e di spoliazione del virus e, quindi, della successiva trasformazione cellulare.

A ben vedere, però, l'estremizzazione della suddetta speculazione potrebbe anche condurre a derive imbarazzanti. Qualora, infatti, si valorizzasse il significato di concentrazione cronologica e di efficacia insito nel concetto di “violenza”, riconsiderando la definizione di “lesione” della Treccani (“qualsiasi modificazione menomante a carico di un organo o di un tessuto con alterazione della continuità della forma o posizione o struttura o funzione, provocata da cause varie”), anche la fecondazione naturale potrebbe rientrare nel concetto di “infortunio” (ed in tal senso forse alcune volte lo è, risultando la causa dell'evento oltre che “esterna”, talvolta anche “fortuita”). Si consideri l'avvicinamento e la penetrazione delle barriere dell'ovocita da parte del gamete maschile (Vs fasi di adsorbimento e penetrazione del virus) e le reazioni dell'ovocita con l'unione dei cromosomi (Vs spoliazione del virus e modificazione della cellula). Si tratterebbe certo di una “modificazione”, così come indicato dalla definizione della Treccani, rimanendo poi da discutere se di carattere “menomante” (morboso). In ambito tecnico infortunistico sarebbe da chiedersi se quanto prodottosi potrebbe essere definito come una alterazione architettonica ultrastrutturale della cellula uovo, tale da poter essere identificata come una “lesione fisica oggettivamente costatabile”. Quanto meno in senso “transeunte”, dovendo poi necessariamente interrogarsi se la sua evoluzione (gravidanza) possa definirsi come una perturbazione morbosa (ma tale problematica verrebbe allora superata nel caso di una gravidanza ectopica?).

Parlavo – comunque – di speculazione e poi di sua deriva. La precisazione merita di essere ribadita, perché la speculazione (intesa come attività di pensiero relativa a una sfera teorica d'indagine e di approfondimento) deve in ogni caso poi ancorarsi necessariamente alla concretezza dei parametri di riferimento del contesto a cui praticamente si rivolge ed è noto che “[…] le polizze assoggettano l'infortunio a talune limitazioni, cosicché l'infortunio assicurato viene ad avere una latitudine minore rispetto alla più ampia definizione dottrinale”[38].

Questa indispensabile intersezione di coordinate porta a meglio focalizzare l'ambito operativo in discussione, che dovrà fondarsi su una rigorosa metodologia. Si dovrà preliminarmente avere contezza delle precise condizioni che caratterizzano ogni polizza (non la polizza infortuni in generale, ma quella inerente al caso proposto), nelle quali possono comparire esclusioni ed estensioni dirimenti ai fini medico-legali che qui si discutono (e delle quali già si detto), ma anche peculiarità riguardo ai criteri di indennizzabilità (talora, ad esempio, viene fatto riferimento alle conseguenze “dirette ed esclusive”, altre a solo quelle “dirette” e non è cosa da poco…). Ed è a causa di questi ultimi – soprattutto – che le maglie di inclusione si serrano, da qui l'orientamento operativo consolidato che induce a ritenere che – in generale – per le malattie infettive primariamente intese (non come “complicanze” di un antefatto traumatico) risulti proibitivo configurare un “infortunio indennizzabile”, attese le predisposizioni individuali interagenti con l'evoluzione della malattia, se non già – come si diceva – addirittura prima con il suo insediamento. Scendendo nel particolare e venendo all'azione di SARS-CoV-2, potrebbe valere un analogo discorso, ma la prudenza impone che – nel caso specifico – si risolvano prima le incertezze scientifiche che lo riguardano e di cui si diceva all'inizio di questo scritto. A prescindere da questi risvolti di carattere più propriamente tecnico medico-legale, non si potrà poi non considerare quelli di altra natura, ma sempre agenti in materia restrittiva: l'obbligo – ad esempio – di denuncia (non di rado identificato come “momento di insorgenza del sinistro”, vale a dire dell'evento) entro pochi giorni dal suo determinarsi (anche 3-5 giorni) indicando “con precisione il luogo, il giorno, l'ora dell'evento e le cause che lo hanno determinato, allegando alla denuncia i certificati medici”.

Lo stesso Borri, d'altra parte, affermava che “l'assicurazione privata pretende una dimostrazione del nesso (di causalità tra un fatto e una lesione) piena ed assoluta (accertata); ma per quanto ciò sia facilitato dalla circostanza che, nel caso speciale, si tratta degli effetti immediati di una forza meccanica esterna, per lo più cadenti sotto l'apprezzamento dei sensi (perché il contratto tali effetti specifica come oggetto dell'assicurazione), nondimeno non sempre un siffatto apprezzamento si può conseguire. Ed allora, poiché le condizioni di polizza sono esplicite, a stretto rigore, la Società potrebbe rifiutarsi al pagamento dell'indennità. Si può ora domandare se la pretesa di un tale rigore di dimostrazione si possa ritenere come giustificata nell'ambito dell'assicurazione obbligatoria”[39]. Forse in tali considerazioni vi erano già le risposte all'attuale querelle: da una parte l'ambito valutativo diverso, dall'altra le imposizioni delle condizioni di polizza.

Ciò detto, ritengo comunque estremamente interessante l'impulso di stimoli di riflessione che l'argomento in discussione sta generando e che potrebbe, ad esempio, condurre finalmente a formulare una definizione dell'evento che si vuole assicurare (a prescindere dalle sue cause) e magari a ridiscutere le architetture assicurative fondanti le attuali polizze infortuni e malattia, in linea con i cambiamenti sociali/lavorativi intervenuti nel corso degli ultimi decenni.

Concludendo, non posso fare a meno, comunque, di sottolineare che l'iniziale affermazione riguardo all'indennizzabilità in polizza privata infortuni di Covid-19 potrebbe in effetti anche rappresentare un cortocircùito[40] nella nostra Disciplina, qualora qualcuno non comprenda – citando Calvino – che "la semplicità non è il risultato di una difficoltà evitata, ma il frutto di una difficoltà risolta" e qualcun altro non prenda finalmente il coraggio di dimostrare che “la scienza non è democratica” [41].


[1] Un “bug” informatico è un errore nel codice sorgente di un programma software od anche un difetto di progettazione in una periferica hardware. Quelli più diffusi riguardano errori di sintassi o di logica, od ancora quelli che si verificano nella fase di esecuzione del programma. Il bug (o baco, in italiano) limita fortemente le operazioni del dispositivo e può addirittura mandare in tilt l'intero sistema (tutti si ricorderanno la problematica del Millenium Bug).

[2] Si sottolinea che l'affermazione riportata riguarda espressamente il concetto di “infortunio indennizzabile”

[3] Borri L, Gli infortuni del lavoro sotto il rispetto medico-legale, vol. primo, Soc. Ed. Libraria, Milano, 1910.

[4] I coronavirus sono una famiglia di virus che causa malattie con ampio spettro, dal comune raffreddore (HCoV-OC43 e HCoV-HKU1, HCoV-229E e HCoV-NL63) a forme più gravi: MERS-CoV (Sindrome respiratoria mediorientale - Middle East respiratory syndrome), SARS-CoV, e SARS-CoV-2 (Sindrome respiratoria acuta grave - Severe acute respiratory syndrome).

[5] In un recente studio – ad esempio – si è registrata una non uniformità di reazioni biologico/cliniche in diversi soggetti (operatori sanitari privi di dispositivi di protezione individuale) esposti ad un paziente SARS-Covid-2 positivo inizialmente non noto (Cyranoski D, Profile of a Killer: The Complex Biology Powering the Coronavirus Pandemic, Nature, 2020 May;581(7806):22-26).

[6] Ceccarelli M, Berretta M, Venanzi Rullo E, Nunnari G, Cacopardo B. Differences and similarities between Severe Acute Respiratory Syndrome (SARS)-CoronaVirus (CoV) and SARS-CoV-2. Would a rose by another name smell as sweet? Eur Rev Med Pharmacol Sci. 2020 Mar;24(5).

[7] Gao M, Yang L, Chen X, Deng Y, Yang S, Xu H, Chen Z, Gao X. A study on infectivity of asymptomatic SARS-CoV-2 carriers. Respir Med. 2020 May 13

[8] David Cyranoski, Profile of a Killer: The Complex Biology Powering the Coronavirus Pandemic, Nature, 2020 May;581(7806).

[9] Borri L, Gli infortuni del lavoro sotto il rispetto medico-legale, vol. primo, Soc. Ed. Libraria, Milano, 1910

[10] Diez S, Infortunistica. Patologia traumatica e medicina legale, Minerva Medica, Torino, 1959.

[11] Cazzaniga A, Cattabeni CM. Medicina Legale e delle Assicurazioni, Torino,1961

[12] Alibrandi G, Infortuni sul lavoro e malattie professionali. Giuffrè Editore, 2002

[13] Fucci P, Rossi P. La medicina legale degli infortuni e delle malattie professionali. Con appendice di aggiornamento. Giuffrè Editore, 1999

[14] Talora a questa definizione (che risulta sia identica in tutti i contratti presenti in Italia) si accompagna l'aggiunta “le quali abbiano per conseguenza la morte, un'invalidità permanente oppure un'inabilità temporanea”, in Ronchi E, Mastroroberto L, Genovese U, Guida alla valutazione medico-legale dell'invalidità permanente. Giuffrè Ed, Milano, 2015.

[15] Scalfi G. Contratti di assicurazione. L'Assicurazione danni vol.1, Torino, 1991.

[16] Ed. La Sorgente, Milano

[17] Ed. Torino.

[18] Luvoni R, Mangili F, Bernardi L. Guida alla valutazione medico-legale dell'invalidità permanente. Giuffrè Editore. 2002.

[19] Al Cazzaniga e al Cattabeni si affiancarono dapprima il Luvoni (1984), poi lo Zoja (2015), fino all'ultima gestita direttamente da quest'ultimo (2018). Si precisa che in queste due ultime edizioni il capitolo delle Assicurazioni Private fu realizzato con la collaborazione di Osvaldo Morini.

[20] È quello che si è già riportato riguardo all'affermazione di Cazzaniga e Cattabeni in tema di concausa in polizza infortuni: “unica eccezione è fatta per le infezioni, le quali non sono considerate concausa, quando abbiano a loro volta per causa diretta ed esclusiva una lesione corporale obiettivamente constatabile, dovuta a violenza esterna accidentale”.

[21] Ronchi E, Mastroroberto L, Genovese U, Guida alla valutazione medico-legale dell'invalidità permanente. Giuffrè Ed, Milano, 2015.

[22] Enzo Ronchi e Luigi Mastroroberto; Giuffrè Ed, Milano, 2015.

[23] … e lo abbiamo detto (in Ronchi E, Mastroroberto L, Genovese U, Guida alla valutazione medico-legale dell'invalidità permanente. Giuffrè Ed, Milano, 2015).

[24] A prescindere dalla presenza nel nostro organismo anche di virus non inducenti patologie, si può dare per assodata la causa esterna nel caso di SARS-CoV-2

[25] L. Borri, Gli infortuni del lavoro sotto il rispetto medico-legale, vol. primo, Soc. Ed. Libraria, Milano, 1910.

[26] Frobisher M, Fundamentals of microbiology. W. B. Saunders Company, Philadelphia, PA, 1962

[27] Pratt HD, Epidemiology and control of vector-borne diseases. U.S. Public Health Service, Communicable Disease Center, Atlanta, GA, 1963.

[28] Capacità di iniziare e mantenere un'infezione nell'ospite.

[29] Capacità di progredire ulteriormente nell'ospite dal sito iniziale dell'infezione.

[30] Capacità di aggredire un ospite.

[31] Ceccarelli M, Berretta M, Venanzi Rullo E, Nunnari G, Cacopardo B. Differences and similarities between Severe Acute Respiratory Syndrome (SARS)-CoronaVirus (CoV) and SARS-CoV-2. Would a rose by another name smell as sweet? Eur Rev Med Pharmacol Sci. 2020 Mar; 24(5).

[32] Definizione che, d'altra parte, risulta pienamente in linea con l'interpretazione classica medico-legale di alterazione, concepita estensivamente, dello stato fisico e/o psichico del soggetto: “alterazione menomante del complesso somatopsichico della persona, cioè a dire la modificazione peggiorativa (talora fino all'annullamento) del suo stato fisico e psichico” (A. Cazzaniga, C.M. Cattabeni, Medicina Legale e delle Assicurazioni, Torino,1961).

[33] A. Cazzaniga, C.M. Cattabeni, Medicina Legale e delle Assicurazioni, Torino,1961

[34] Mcadam AJ, Sharpe AH. Malattie Infettive. In “Robbins e Cotran - Le basi patologiche delle malattie”. 8° Edizione, Elsevier, 2010 pagg. 334-336

[35] Cann AJ, Principles of Molecular Virology, Sixth Edition. Elsevier Academic Press 2015. Chapter 6 - Infection, pagg. 173-220

[36] In generale il significato di recettore è ciò che ha funzione o capacità ricettiva

[37] Sarebbe dimostrato che SARS-CoV-2 interagisce con l'enzima di conversione dell'angiotensina 2 (ACE-2), lo stesso recettore utilizzato da SARS-CoV e CoV-NL63, per entrare nelle cellule dell'ospite e in particolare nelle cellule epiteliali alveolari. Tuttavia, la proteina SARS-CoV-2 S è più lunga della proteina SARS-CoV S e la sua regione di legame del recettore è diversa. Inoltre, la proteina nucleocapside (N) SARS-CoV ha la capacità di neutralizzare la risposta immunitaria dell'ospite, fungendo da antagonista all'azione di IFN-g, e non è ancora noto se la proteina SARSCoV-2 N condivide la stessa capacità (Ceccarelli M, Berretta M, Venanzi Rullo E, Nunnari G, Cacopardo B. Differences and similarities between Severe Acute Respiratory Syndrome (SARS)-CoronaVirus (CoV) and SARS-CoV-2. Would a rose by another name smell as sweet? Eur Rev Med Pharmacol Sci. 2020 Mar;24(5))

[38] Candian A, Polotti di Zumaglia A, Santaroni M. Assicurazione vita e infortuni. Contratti para-assicurativi, Torino, 1992, pagg. 208-211.

[39] Borri L, Gli infortuni del lavoro sotto il rispetto medico-legale, vol. primo, Soc. Ed. Libraria, Milano, 1910.

[40] Si consideri con approccio analogico il significato di cortocircùito in elettrotecnica: considerevole aumento della corrente circolante in un circuito causato dall'annullarsi accidentale, in seguito a contatto, della resistenza tra punti che solitamente sono a potenziale diverso; il calore sviluppato produce effetti deleterî sugli impianti e sulle apparecchiature elettriche ove non si adottino opportuni dispositivi protettivi quali limitatori di corrente oppure valvole fusibili (Vocabolario Treccani).

[41] In Burioni R, La congiura dei somari - Perché la scienza non è democratica (Prefazione), Rizzoli ed, 2017 e in Piero Angela, “La scienza è una e non è democratica. Occorre distinguere i fatti dalle opinioni”, https://www.sanitainformazione.it/ del 30 marzo 2018

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