La compatibilità dell'art. 591-bis c.p.c. (e della delega obbligatoria delle operazioni di vendita) con le procedure concorsuali

21 Luglio 2020

Il Tribunale fallimentare di Bari ha colto l'occasione per occuparsi della questione della compatibilità della nomina del professionista ex art. 591-bis c.p.c. con i principi della liquidazione dei beni dell'imprenditore commerciale insolvente o in stato di crisi, dettando così una sorta di vademecum per casi analoghi a quello in esame.
Massima

Nell'ambito del procedimento di vendita fallimentare, la delega al professionista ex art. 591-bis c.p.c. è illegittima se non disposta per la migliore soddisfazione dei creditori, potendo tale modalità operativa essere svolta direttamente dal curatore (o dal commissario in sede di concordato liquidatorio).

Il caso

In seguito all'omologazione di un concordato preventivo ed al deposito della perizia di stima dei beni, il commissario liquidatore chiedeva al giudice delegato l'autorizzazione allo svolgimento delle vendite. Il suddetto giudice autorizzava le vendite ma nominava altresì un professionista delegato ex art. 591-bis c.p.c. perché liquidasse i suddetti beni.

Dal proprio canto il commissario chiedeva la revoca del provvedimento di nomina del professionista in quanto: i) al g.d. era sata chiesta la sola autorizzazione alla vendita e non la nomina di un delegato alle vendite, essendo i beni – già stimati - prontamente liquidabili; ii) la nomina avrebbe comunque comportato un inutile aumento dei costi della procedura, essendo il commissario liquidatore funzionalmente deputato (anche) a svolgere le attività liquidatorie.

Il giudice delegato, preso atto di tale istanza, confermava la nomina del professionista, per avere il tribunale fallimentare, in sede di omologa del concordato, «rimesso al g.d. per la vendita; considerato peraltro sotto diverso profilo che il liquidatore non è assimilabile all'ausiliario delegato di cui all'art. 591-bis c.p.c.» Avverso tale provvedimento il commissario liquidatore ha proposto reclamo a norma degli artt. 26 e 164 l. fall. A fondamento dell'impugnazione egli deduceva la superfluità ed onerosità della nomina essendo peraltro lo stesso commissario liquidatore iscritto nell'elenco dei professionisti delegati per le operazioni di vendita. Non solo. A dire del reclamante, il provvedimento sarebbe stato, comunque, illegittimo per molteplici ragioni che possono riassumersi nei seguenti punti: a) carenza del potere del g.d. di nominare d'ufficio il professionista delegato; b) carenza di motivazione del decreto di nomina.

La questione

Il Tribunale fallimentare di Bari ha dichiarato inammissibile il reclamo sollevato nei confronti del provvedimento di diniego della revoca. Il suddetto reclamo è stato, infatti, ritenuto tardivo perché proposto oltre il termine di cui all'art. 26 l. fall., decorrente dalla comunicazione del provvedimento al commissario. In mancanza di specifica previsione normativa e di precedenti giurisprudenziali, il Tribunale di Bari ha colto l'occasione per occuparsi della questione della compatibilità della nomina del professionista ex art. 591-bis c.p.c. con i principi della liquidazione dei beni dell'imprenditore commerciale insolvente o in stato di crisi, dettando così una sorta di vademecum per casi analoghi a quello in esame.

Sotto altro profilo non può tacersi che le considerazioni contenute nel provvedimento si presentano come degli obiter dicta, non rilevando affatto nella definizione della ratio decidendi seguita dal Collegio.

Le soluzioni giuridiche

Così, il Collegio – dopo averdichiarato l'inammissibilità del reclamo per tardività – ha effettuato una ricostruzione della disciplina delle vendite fallimentari sottolineando i seguenti passaggi cruciali.

Innanzitutto ha affermato che, a norma del primo comma dell'art. 107 l. fall., le vendite e gli altri atti di liquidazione, compiuti in esecuzione del programma di liquidazione, sono realizzati dal curatore tramite procedure competitive, anche avvalendosi di soggetti specializzati; e che il comma successivo della medesima disposizione consente al curatore di prevedere, nell'ambito del programma ex art. 104-ter l. fall., che le vendite siano svolte dal giudice delegato nel rispetto delle disposizioni proprie del codice di procedura civile in quanto compatibili. Fatta salva l'approvazione del comitato dei creditori, tale assetto normativo rimette, dunque, in capo al curatore la scelta tra le vendite competitive di cui al primo comma, dove il potere di nomina di soggetti specializzati è del medesimo curatore; e le vendite compiute dal giudice che recupera il potere-dovere di nominare il professionista ex art. 591-bis c.p.c.

Così tratteggiato il paradigma delle vendite dei beni dell'imprenditore dichiarato fallito, deve aggiungersi che i termini della questione non mutano per le vendite attuate nell'ambito di concordato preventivo liquidatorio. Ed infatti, a norma dell'art. 182, comma 1, l. fall., se la proposta omologata contempli la cessione dei beni ai creditori, il tribunale nomina uno o più liquidatori e stabilisce le altre modalità di liquidazione. Si aggiunga che il comma quinto della medesima disposizione chiarisce che alle vendite, alle cessioni, ed ai trasferimenti successivi alla domanda di concordato o comunque nella fase di esecuzione operano gli artt. 105 ss. l. fall., in quanto compatibili.

Dopo aver precisato che la vendita delegata di cui all'art. 591-bis c.p.c. è stata introdotta per accelerare la definizione delle espropriazioni immobiliari, il Collegio ha affermato che «tale finalità induce a ritenere incompatibile, costituendone un inutile e sovrabbondante aggravio, l'applicazione dell'istituto in sede fallimentare, in forza della previsione del quarto comma dell'art. 104-terl. fall., che persegue con norma specifica lo stesso scopo».

Se tali considerazioni ci sembrano corrette, a noi sembra che le ragioni dell'incompatibilità della delega obbligatoria in sede concorsuale siano profondamente radicate non solo nel succedersi e nell'evoluzione della disciplina normativa nel tempo ma anche nella ratio che sorregge le norme di riferimento. Vale a dire gli artt. 104-ter e 107 l. fall. da un lato e l'art. 591-bis c.p.c. dall'altro. In sintesi, e più semplicemente, ci sembra che la compatibilità della delega del professionista con le norme proprie della l. fall. vada risolta alla luce del principio della responsabilità patrimoniale di cui all'art. 2740 c.c. e della migliore (più elevata e/o più rapida) soddisfazione dei creditori.

Osservazioni

Si è visto che il terzo comma dell'art. 104-ter l. fall. dispone che il curatore può affidare eventuali incombenze della fase di liquidazione a professionisti, previa autorizzazione del giudice delegato, mentre il primo comma dell'art. 104-terl. fall. su richiamato subordina le scelte del curatore all'approvazione del comitato dei creditori. Il curatore deve precisare già nel programma di liquidazione se intende delegare le operazioni di vendita (o parte delle stesse) ad altri soggetti, specificandone i nominativi. Anche per (disporre) la delega delle operazioni di vendita, il curatore deve ottenere l'approvazione del comitato dei creditori e l'autorizzazione del giudice delegato, come previsto in termini generali per il programma di liquidazione.

Quanto ai soggetti specializzati di cui al primo comma dell'art. 107 l.fall., il legislatore si limita a precisare che i loro requisiti di onorabilità e di professionalità sono stabiliti con Regolamento del Ministro della Giustizia, in analogia a quanto previsto dal settimo comma della medesima norma per gli operatori esperti (stimatori). Nulla si dice, però, in ordine alle ipotesi in cui al curatore è consentito avvalersi dei soggetti specializzati, né alle competenze professionali che costoro debbono possedere.

La genericità del dato normativo induce ad alcune precisazioni.

La prima. I soggetti specializzati coinvolti nelle vendite competitive sono di due tipologie diverse. Da un lato abbiamo gli operatori esperti, intesi – lo suggerisce l'aggettivo “esperti” – come stimatori, la cui attività è indispensabile per la preventiva stima dei beni. La stima dei soggetti specializzati “esperti” viene resa nell'interesse della procedura fallimentare: sicché, anche in considerazione della preparazione tecnica di tali operatori, la liquidazione del compenso di costoro non incide su quello spettante al curatore e va effettuata secondo i parametri stabiliti per gli ausiliari del giudice dagli artt. 49 ss. del Testo Unico sulle spese di giustizia (d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 e d.m. 30 maggio 2002). Tale assetto esclude, poi, che il curatore – salvo i beni di modesto valore – possa valutare i beni che compongono l'attivo, essendo indispensabile una perizia/stima dell'esperto.

La seconda. Dal combinato disposto degli artt. 104 ter e 107, primo 1, l.fall. si ricava che il potere di nomina di soggetti specializzati (delegati) è del curatore, salva l'approvazione del comitato e l'autorizzazione del giudice delegato. In sintesi - sulla falsariga di quanto previsto dall'art. 591-bis c.p.c., ante riforma del 2015 - l'organo gestorio della procedura avrebbe potuto – come il giudice dell'esecuzione – e può ancora oggi disporre la delega delle operazioni di vendita, al fine di accelerarne la conclusione.

Nella laconicità del dato normativo, a noi sembra che tale potere di delega da parte del curatore origini dalla necessità di esonerare o alleggerire l'organo gestorio dal compimento di alcune attività esecutive qualora l'attivo fallimentare sia di dimensioni molto rilevanti ovvero la liquidazione presenti particolari profili di criticità (si pensi a beni che hanno natura particolare e che, pertanto, possono essere meglio collocati sul mercato da soggetti con particolare professionalità in quel determinato settore). Al contempo deve essere chiaro che i compiti del curatore vengono svolti, nell'interesse esclusivo di tale organo, da altro soggetto, con conseguente operatività del primo comma dell'art. 32 l.fall. ove si dispone che «ai fini della liquidazione del compenso finale del curatore» deve tenersi conto dell'importo spettante al professionista.

Dal potere di nomina del soggetto specializzato che l'art. 104-ter l. fall. riconosce al curatore, deve essere tenuto distinto quello che compete al giudice delegato in forza del secondo comma dell'art. 107 l. fall. e del rinvio ivi contenuto alle norme del c.p.c. e, conseguentemente, all'art. 591-bisc.p.c. Al riguardo va chiarito che l'art. 13 del d.l. 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2015 n. 132, ha inserito nel precedente testo le parole «salvo quanto previsto al secondo comma», e sostituito le parole «può, sentiti gli interessati, delegare» con la parola "delega". A partire da tale data, pertanto, la delega nelle espropriazioni immobiliari è obbligatoria, salva l'ipotesi in cui, sentiti i creditori, si dovesse ravvisare l'esigenza di procedere direttamente alle operazioni di vendita a tutela degli interessi delle parti. Ed infatti, il secondo comma dell'art. 591-bis c.p.c.stabilisce che il giudice non dispone la delega ove, sentiti i creditori, ravvisi l'esigenza di procedere direttamente alle operazioni di vendita a tutela degli interessi delle parti. Si tratta di una formulazione ampia, di carattere generale, volta ad ottenere la migliore soddisfazione dei creditori anche da un punto di vista temporale. In sintesi è il secondo comma della suddetta disposizione che porta ad escludere l'obbligatorietà della delega in sede di vendita disposta ex art. 107, comma 2, l. fall., poiché l'interesse perseguito dal legislatore ci sembra consistere unicamente nella migliore (più elevata e rapida) soddisfazione dei creditori e non nel proliferare delle nomine dei professionisti (curatori e non).

Guida all'approfondimento
  • Comoglio, Il principio di economia processuale, I, Padova, 1980, 227 ss.;
  • P. Farina, L'aggiudicazione nel sistema delle vendite forzate, Napoli 2012, 384 ss.;
  • G. Gorla, Lo studio interno e comparativo della giurisprudenza e i suoi presupposti: le raccolte e le tecniche per l'interpretazione in Foro it., 1964, V, 80 ss.;
  • Taruffo, La motivazione della sentenza civile, Padova, 1975, 317.

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