La morte del locatore non fa decadere il contratto di locazione

Redazione scientifica
01 Settembre 2020

Gli eredi possono recedere dal contratto di locazione per il sol fatto che gli stessi non avevano personalmente sottoscritto il contratto stipulato da Tizio e rinnovato da Caia?

A seguito della morte di Tizio, proprietario in un immobile concesso in locazione ad uso abitativo, Caia coniuge ed erede di Tizio con quota del 67%, rinnovava i contratti con gli stessi conduttori senza interpellare gli altri eredi. Successivamente, dopo la morte di Caia, gli altri eredi hanno messo in discussione i contratti rinnovati. Premesso ciò, oggi, gli eredi possono recedere dal contratto di locazione per il sol fatto che gli stessi non avevano personalmente sottoscritto il contratto stipulato da Tizio e rinnovato da Caia?

Preliminarmente, giova ricordare che la condizione necessaria per stipulare il contratto di locazione è la disponibilità della cosa comune da parte del comproprietario, corrispondente alla detenzione esclusiva e qualificata dell'immobile, trattandosi di un presupposto comune ad ogni locazione. Invero, il rapporto che nasce dal contratto di locazione e che si instaura tra locatore e conduttore ha natura personale, con la conseguenza che chiunque abbia la disponibilità di fatto del bene, in base a titolo non contrario a norme di ordine pubblico, può validamente concederlo in locazione (Cass. civ., sez. III, 17 gennaio 1997, n. 470; Cass. civ., sez. III, 20 gennaio 1997, n. 539; Cass. civ., sez. III, 11 aprile 2006, n. 8411)

Premesso quanto innanzi esposto, a prescindere dalla gestione di affari non rappresentativa, in termini generali nella comunione, tutti i partecipanti hanno diritto di concorrere nell'amministrazione dei beni comuni, a norma dell'art. 1105, comma 1, c.c. Qualora il partecipante alla comunione compia un atto di ordinaria amministrazione, anche consistente in un negozio giuridico o in un'azione giudiziale aventi tale finalità, come l'agire per finita locazione contro i conduttori della cosa comune, la presunzione del consenso degli altri che sussiste ai sensi dell'art. 1105, comma 1, c.c. e può essere superata dimostrando l'esistenza del dissenso degli altri comunisti per una quota maggioritaria o uguale della comunione senza che occorra che tale dissenso risulti espresso in una deliberazione a norma dell'art. 1105, comma 2, c.c. (Cass. civ., sez. III, 14 maggio 2013, n. 11553).

Ebbene, da quanto emerso dal quesito esposto, sembra che all'epoca della stipula del nuovo contratto di locazione, non risultava manifestazione contrario degli altri eredi. In tale situazione, dunque, come avviene solitamente nella successione del contratto, dopo la morte del de cuius, la successiva morte del coniuge erede ha solo comportato una modificazione soggettiva del contratto; in conseguenza di ciò, avviene una modificazione soggettiva del rapporto di locazione con il subentro degli eredi nella posizione del locatore e nei suoi obblighi e con il corrispettivo dovere del conduttore di adempiere l`obbligazione relativa al pagamento del canone nei confronti degli eredi divenuti titolari della locazione (Cass. civ., sez. III, 15 aprile 1989, n. 1811).

In conclusione, il contratto di locazione sottoscritto e rinnovato dal coniuge erede Caia (avente all'epoca la quota del 67%) è valido e deve essere rispettato. Del resto, il singolo comproprietario può concedere in locazione l'immobile senza necessità di espresso consenso degli altri, trattandosi di un atto di ordinaria amministrazione che si presume fino a prova contraria compiuto nell'interesse di tutti e che può trovare disciplina nelle disposizioni in tema di gestione d'affari non rappresentativa (Cass. civ., S.U., 4 luglio 2012, n. 11135). Diverso, sarebbe stato, e con conseguenti responsabilità di Caia, il caso in cui gli altri eredi avessero lamentato di non aver usufruito della percezione del canone di locazione pagato dai conduttori nei confronti di Caia.

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