Istituto vendite giudiziarie

22 Settembre 2020

Gli istituti di vendite giudiziarie (IVG) sono persone fisiche o società regolarmente costituite che, con concessione ministeriale, sono autorizzati in via generale alla vendita all'incanto dei beni mobili a norma dell'art. 534 c.p.c. e all'amministrazione giudiziaria dei beni immobili ai sensi dell'art. 592 c.p.c.
Inquadramento

Gli istituti di vendite giudiziarie (IVG) sono persone fisiche o società regolarmente costituite che, con concessione ministeriale, sono autorizzati in via generale alla vendita all'incanto dei beni mobili a norma dell'art. 534 c.p.c. e all'amministrazione giudiziaria dei beni immobili ai sensi dell'art. 592 c.p.c.

Agli istituti di vendite giudiziarie (IVG) può essere affidata anche la custodia e la vendita dei mobili pignorati ai sensi degli artt. 520 comma 2, 521-bis comma 3 e 532 c.p.c. e qualsiasi altra vendita mobiliare disposta dall'autorità giudiziaria (art. 159 disp. att. c.p.c.).

Gli IVG hanno sede presso i Tribunali o presso le Corti di Appello nei cui territori sono autorizzati a svolgere la loro attività. In ciascuna sede viene autorizzato un solo IVG, salvo in caso di comprovata necessità della istituzione di un secondo istituto.

La vigilanza sul funzionamento dell'istituto spetta al Ministro della Giustizia, che la esercita direttamente e mediatamente per mezzo del Presidente della Corte di Appello e di magistrati dallo stesso delegati; la stessa attribuzione spetta al giudice che ha conferito l'incarico, nei limiti dell'incarico stesso.

Nell'esercizio delle loro funzioni gli IVG assumono gli obblighi e le responsabilità degli incaricati di un pubblico servizio in quanto ausiliari del Giudice.

Disciplina generale

L'attività degli Istituti di vendite giudiziarie viene svolta nel rispetto delle previsioni del codice di procedura civile e delle previsioni di cui al decreto ministeriale 11 febbraio 1997, n. 109, nonché delle direttive impartite dal giudice dell'esecuzione.

Se il soggetto autorizzato è una società regolarmente costituita, le eventuali modifiche della compagine societaria devono essere autorizzate dal Ministero previa proposta di modifica presentata al Presidente della Corte d'appello, al quale spetta l'istruttoria e la formulazione del parere in merito alla questione.

L'autorizzazione alla costituzione di un IVG viene rilasciata con Decreto del Ministero della Giustizia ed ha una validità di cinque anni, tacitamente rinnovabili per ugual periodo, salvo i casi di cessazione, rinuncia o revoca.

La richiesta di autorizzazione può essere inviata al Presidente della Corte d'appello o al Ministero, Direzione generale della giustizia civile. Nel caso di invio dell'istanza al Ministero questo provvederà a inoltrarla al Presidente della Corte d'appello per l'istruttoria. Al termine della procedura istruttoria la Corte d'appello trasmette gli atti al Ministero con proposta motivata per l'adozione del decreto, che viene trasmesso in copia al Presidente della Corte d'appello per la comunicazione al Presidente del Tribunale interessato e alle parti.

La cessazione dall'attività può avvenire o per provvedimento del Ministero della Giustizia da comunicarsi sei mesi prima della scadenza ovvero per rinuncia da parte del titolare dell'istituto. La cessazione ha luogo anche in seguito alla rinuncia al rinnovo da parte del titolare dell'IVG.

L'autorizzazione può essere revocata per violazione delle norme del regolamento (d.m. n. 109/1997) o per grave irregolarità o abusi nel funzionamento dell'Istituto. Il provvedimento di revoca, di competenza del Ministero, è preceduto dalla contestazione obbligatoria degli addebiti e dalla raccolta delle controdeduzioni di parte, cui provvede il Presidente della Corte di Appello. La concessione viene revocata di diritto nei casi di morte, fallimento o perdita della capacità giuridica del titolare dell'Istituto.

Al fine di consentire la vigilanza sul corretto funzionamento da parte delle autorità preposte, gli Istituti devono consentire in ogni momento alle autorità di vigilanza di effettuare le ispezioni dei locali e i controlli sui registri, sulle operazioni svolte, sul personale e sulla gestione.

Gli incarichi conferiti agli IVG

Gli IVG sono affidatari di incarichi di vendita all'incanto di beni mobili (art. 534 c.p.c.), vendita a mezzo commissionario di beni mobili (art. 532 c.p.c.), vendita delegata di beni mobili registrati (art. 534-bis c.p.c.); custodia di beni mobili (art. 520 c.p.c.), custodia di beni mobili registrati (art. 521-bis c.p.c.) e custodia di beni immobili (art. 559 c.p.c.); nonché di amministrazione giudiziaria di beni immobili (art. 592 c.p.c.).

L'istituto non può rifiutare l'assunzione degli incarichi di esecuzione delle vendite all'incanto di beni mobili, di custodia dei beni mobili e di amministrazione giudiziaria di beni immobili, anche se affidati da giudici di altri circondari nei casi in cui la vendita debba eseguirsi presso una sede autorizzata dell'Istituto stesso. Inoltre, l'espletamento di tali incarichi non può essere delegato ad altri soggetti e il gestore autorizzato è responsabile dell'operato dei suoi dipendenti per gli eventuali danni cagionati nell'espletamento delle loro mansioni.

L'Istituto svolge le sue funzioni in posizione di totale terzietà ed indipendenza, a servizio della procedura esecutiva. A ragione di ciò, il gestore autorizzato non può avere interessi diretti e personali nell'espletamento delle funzioni e non può in alcun modo rendersi acquirente delle cose sottoposte ad esecuzione, neppure per interposta persona, e non può vendere o stipulare senza l'autorizzazione del giudice altri contratti in ordine ai beni custoditi o amministrati. Il divieto si applica anche ai dipendenti dell'Istituto o agli affini entro il secondo grado.

Nel processo di espropriazione mobiliare, l'IVG procede all'esecuzione della vendita all'incanto dei beni mobili ai sensi dell'art. 534 c.p.c. Sebbene il disposto testuale della norma appaia rimettere la scelta del soggetto affidatario tra cancelliere, ufficiale giudiziario o IVG alla discrezionalità del g.e., l'analisi del sistema normativo complessivo – ed in particolare dell'art. 532 c.p.c. sulla vendita a mezzo commissionario e dell'art. 521 c.p.c. sulla custodia dell'IVG – fa emergere una chiara preferenza in favore dell'Istituto autorizzato ai sensi dell'art. 159 disp. att. c.p.c. (Soldi, Manuale dell'esecuzione forzata, VI edizione, Padova).

Sin dalla presentazione dell'istanza di vendita, la custodia dei beni pignorati dev'essere affidata all'IVG (art. 521, ult. comma, c.p.c.), il quale nei trenta giorni successivi alla sua nomina deve provvedere all'asporto, avvalendosi – se necessario – della forza pubblica (Tedoldi, Le novità in materia di esecuzione forzata nel d.l. 132/2014, in Corriere Giur., 2015, 3). Inoltre, il personale dell'IVG dovrà procedere alla ricognizione dei beni ai fini di verificarne l'integrità prima dell'incanto quando il g.e. abbia autorizzato la custodia in loco.

Qualora l'Istituto Vendite Giudiziarie provveda all'incanto ed all'aggiudicazione dei beni mobili nel luogo del pignoramento, senza preventivo asporto ed assunzione della custodia, il diritto dell'aggiudicatario alla consegna dei beni medesimi sussiste nei confronti del custode, e resta di conseguenza esclusa la responsabilità dell'Istituto in caso di mancata od irregolare consegna (Cass. civ., sez. III, 9 luglio 1991, n. 7577).

Nell'esecuzione forzata di beni mobili registrati, a seguito della modifica dell'art. 534-bis c.p.c. introdotta dal legislatore del 2015 (d.l. 83/2015, conv., con modif., in l. 132/2015), orientata alla maggiore competitività del sistema, la delega degli adempimenti liquidativi a professionisti esterni all'esecuzione, ed in particolare all'IVG, è divenuta obbligatoria. Specificatamente, quando il pignoramento di autovetture è effettuato con la procedura particolare di cui all'art. 521-bis c.p.c., la delega dev'essere effettuata necessariamente all'Istituto Vendite Giudiziarie, poiché la procedura in sé presuppone l'individuazione e l'esistenza di un Istituto in grado di operare.

Anche la vendita a mezzo commissionario di beni mobili (art. 532 c.p.c.) può essere affidata all'Istituto Vendite Giudiziarie, che procede alle relative operazioni in totale autonomia; con la conseguenza che il commissionario risponde degli eventuali danni cagionati secondo il modello della responsabilità aquiliana (art. 2043 c.c.). Peraltro, egli è l'unico responsabile per le operazioni di vendita, anche per quanto riguarda l'eventuale inadempienza dell'acquirente cui sia stato venduto il credito. Al commissionario spetta un compenso (art. 33 del d.m. n. 109/1997), che è stabilito dal giudice e costituisce titolo esecutivo a carico del creditore procedente che l'abbia anticipato, anche nell'ipotesi di estinzione della procedura esecutiva o se la vendita non ha avuto luogo per cause non dipendenti dal detto commissionario (Cass. civ., 28 marzo 2017, n. 7932).

Con specifico riferimento agli incarichi di custodia, gli IVG possono assumere la qualità di cui all'art. 65 c.p.c. sia in pendenza dell'esecuzione forzata sia dopo l'estinzione del processo esecutivo.

Nel primo caso, l'IVG può essere nominato custode dei beni pignorati all'atto del pignoramento ovvero successivamente al sequestro o al pignoramento (art. 19 del d.m.n. 109/1997). L'Istituto è affidatario della custodia nei casi urgenti che si prospettano quando la natura e le caratteristiche dei beni pignorati richiedano l'adozione di specifiche cautele di conservazione (art. 520, comma 2, c.p.c.) ovvero di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi (art. 521-bis comma 3, c.p.c.). Il custode non è un rappresentante né un mandatario del creditore, ma è un ausiliario del giudice (exart. 65 c.p.c.) che riveste una funzione di ordine pubblico (Costa, Custodia dei beni pignorati, in Enciclopedia del diritto, XI, Milano, 1962). Per cui l'IVG ha l'obbligo di conservare ed amministrare il bene con la diligenza del buon padre di famiglia seguendo le direttive impartite dall'ufficiale giudiziario o dal giudice ed è responsabile del danno cagionato alle parti. La responsabilità civile del custode non ha natura contrattuale ed è disciplinata da norme processuali (Soldi, Manuale dell'esecuzione forzata, cit.), in particolare dall'art. 67 c.p.c. Il custode è titolare di oneri e facoltà per compiere ciò che è necessario a conservare le cose affidategli sia nella loro materialità sia nel loro status giuridico-economico, trattandosi di un vero e proprio organo di volontà e di azione (Castoro P. – Castoro N., Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, XIII ed., Milano, 2015).

Inoltre, la custodia dei beni può permanere in capo all'Istituto anche in ipotesi di estinzione del processo esecutivo, o di revoca del sequestro, o di cessazione della vendita prevista dall'art. 504 c.p.c. ovvero qualora le cose pignorate rimangano invendute dopo l'incanto senza presso base e la procedura non possa utilmente proseguire. Se il debitore non procede a ritirare i beni a seguito di comunicazione di invito al ritiro, questi rimangono a cura dell'Istituto stesso.

Nel processo di espropriazione immobiliare, il ruolo degli IVG rileva sia in sede di custodia ex art. 559, comma 3, c.p.c., sia in sede di eventuale amministrazione giudiziaria dei beni staggiti (art. 592 c.p.c.).

Nella fase liquidatoria, se il custode dei beni pignorati è ancora il debitore, il g.e. dispone con l'ordinanza di autorizzazione alla vendita o di delega delle relative operazioni la sostituzione del debitore nella custodia dei beni o con il soggetto delegato ovvero con l'Istituto Vendite Giudiziarie (in virtù del richiamo espresso all'art. 534 c.p.c.). La sostituzione avviene in ogni caso, salvo che il giudice dell'esecuzione «per la particolare natura degli stessi ritenga che la sostituzione non abbia utilità» (art. 559, comma 3, c.p.c.), cioè quando le circostanze del caso concreto (ad esempio, lo scarso valore del bene o lo stato materiale del bene) conducono ad escludere tale necessità.

Gli Istituti Vendite Giudiziarie possono essere nominati amministratori giudiziari dal giudice dell'esecuzione, anche d'ufficio, ai sensi dell'art. 592 c.p.c. L'amministrazione giudiziaria rappresenta una fase eventuale ed incidentale del processo di esecuzione, che il g.e. dispone nei casi di esito negativo della vendita forzata, e determina la sospensione temporanea della procedura esecutiva per un periodo massimo di tre anni (Cass. civ., 19 dicembre 2006, n. 27148).

All'amministratore giudiziario si applicano le norme del codice di rito previste per la custodia (artt. 65, 66 e 67 c.p.c.), ma l'istituto dell'amministrazione giudiziaria differisce da quello della custodia. Infatti, la funzione di amministratore giudiziario è un quid pluris (Corsaro, Le esecuzioni forzate nel Codice di procedura civile, Milano, 2006), in quanto implica l'espletamento di un'attività di amministrazione “gestoria” diversa dalla semplice “amministrazione conservativa” tipica della custodia (Soldi, Manuale dell'esecuzione forzata, cit.).

In qualità di amministratore giudiziario, l'IVG è tenuto a depositare il rendiconto nel termine fissato dal g.e. (e in ogni caso alla fine di ogni trimestre) e il rendiconto finale al termine della gestione. Inoltre, l'IVG deve depositare le rendite realizzate, da assegnarsi ai creditori sulla base di un progetto di distribuzione parziale. Il custode, e a fortiori l'amministratore giudiziario, in ragione del suo ufficio e delle inerenti prerogative, è legittimato processuale per tutte le azioni e le controversie che attengono alle proprie funzioni, quali ad esempio le controversie inerenti alla conservazione e all'amministrazione in senso stretto dell'immobile. Diversamente, l'amministratore giudiziario non ha legittimazione processuale per le azioni oggettivamente concernenti l'immobile pignorato, quali le azioni di restituzione, rivendicazione della proprietà, separazione.

Quanto agli adempimenti generici e comuni ai diversi incarichi, si rammenta che a garanzia di ogni responsabilità nei confronti dell'Erario o verso terzi l'istituto è tenuto a prestare cauzione nelle forme, nelle misure e nei termini stabiliti dal Presidente della Corte di appello.

Gli istituti sono tenuti ad assicurare le cose detenute per la custodia o per la vendita contro i rischi di furto e incendio presso istituti assicurativi aventi organizzazione territoriale a dimensione nazionale.

L'Istituto inoltre detiene una serie di registri e bollettari, indicati dall'art. 12 deld.m n. 109/1997. Per ogni incarico ricevuto l'IVG dovrà formare un fascicolo distinto. I registri, i fascicoli e i bollettari sono tenuti nella sede locale dell'istituto.

Infine, il Decreto Interministeriale del 18.12.2001 n. 455, recante “Regolamento concernente le modalità di intervento degli Istituti vendite giudiziarie nella procedura esecutiva e fissazione dei compensi ad essi spettanti”, disciplina gli incarichi affidati agli Istituti per l'asporto, la custodia e la vendita dei beni mobili, anche registrati, sottoposti a pignoramento per crediti dell'Erario, ai sensi dell'art. 71, comma 1, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (come sostituito dall'articolo 16, comma 1, del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 4). L'incarico è conferito dal Concessionario o dal Commissario governativo del Servizio nazionale di riscossione, e il corretto adempimento da parte dell'Istituto degli incarichi è presidiato dalla vigilanza, seppur limitata all'attività correlata alla riscossione dei tributi erariali, dell'Agenzia delle Entrate.

La liquidazione del compenso

L'istituto percepisce per gli incarichi ricevuti i compensi per tutte le spese della pubblicità effettuata, le spese di trasporto, assicurazione, deposito, custodia successiva al trasporto, esposizione al pubblico, vendita ed ogni altra prestazione accessoria ordinaria e straordinaria relativa sia alla gestione sia all'espletamento dell'incarico (art. 30 del d.m. n. 109/1997). È fatto divieto all'Istituto di percepire, da chiunque ed a qualsiasi titolo, compensi diversi da quelli previsti dal regolamento.

Quanto alla ripartizione degli obblighi di corresponsione del compenso, la disciplina regolamentare del 1997 distingue a seconda delle vicende processuali dell'esecuzione forzata e dei possibili esiti della procedura.

In linea generale, nel caso in cui si proceda a vendita forzata, il compenso in favore dell'Istituto è per metà a carico del debitore e per metà è corrisposto dall'acquirente; mentre nell'ipotesi di assegnazione del bene staggito il compenso è corrisposto per intero dall'assegnatario, secondo i parametri indicati nella tariffa in allegato al d.m. n. 109/1997. L'Istituto può trattenere la parte dei compensi dovuti dal debitore sul prezzo ricavato dalla vendita e riscuotere direttamente dall'acquirente la parte da questi dovuta.

Conseguentemente, il debitore e l'acquirente rispondono ciascuno pro quota, salvo restando, nel caso in cui gli acquirenti del medesimo bene siano plurimi, la solidarietà di quest'ultimi, ai sensi dell'art. 1294 c.c. (Cass. civ., sez. III, 22.02.1995, n. 1956).

In ipotesi di sospensione del processo esecutivo e nei casi in cui, per gravi motivi, il giudice dell'esecuzione disponga il differimento della vendita con contestuale fissazione della nuova data, all'Istituto spetta un ulteriore compenso e il provvedimento di differimento della vendita è subordinato al versamento del relativo compenso da parte del debitore esecutato.

Se il processo esecutivo si estingue e se comunque la vendita non ha luogo per cause non imputabili dall'Istituto, a quest'ultimo è dovuto secondo statuizione del giudice dell'esecuzione, dal creditore o dal debitore, un compenso nella misura indicata nella tariffa (art. 33 del d.m n. 109/1997). Il relativo diritto al compenso sussiste purché l'Istituto, dopo il conferimento dell'incarico, abbia svolto attività ad esso riconducibili e potenzialmente utili per il procedimento, mentre non è dovuto se l'IVG non ha effettivamente svolto attività di apprensione e custodia dei beni pignorati (Cass. civ., sez. II, 28 marzo 2017, n. 7932).

Il creditore procedente, oltre al deposito in cancelleria dovuto ai sensi della legge 7 febbraio 1979, n. 59, e successive modificazioni, è tenuto ad effettuare direttamente alla cassa dell'Istituto un versamento a titolo di rimborso forfettario per spese di comunicazione e di bollo, per concorso nelle spese di gestione e per ogni altra spesa ordinaria e straordinaria, successiva all'incarico di vendita per la quale non sia specificatamente previsto il rimborso.

Nei casi in cui la vendita non venga invece eseguita per colpa dell'Istituto, le spese necessarie per la rinnovazione degli atti e per le comunicazioni gravano sull'Istituto stesso e nessun ulteriore compenso è dovuto.

Con specifico riferimento ai compensi spettanti per la custodia dei beni ricevuti in consegna, l'Istituto ha diritto fino al tempo necessario per l'espletamento della procedura di vendita e comunque per tutto il periodo della custodia, ad un compenso diverso ed ulteriore rispetto a quelli indicati dall'art. 33 del d.m.

La misura del compenso è distinta a seconda che si tratti di custodia dei beni nel luogo del pignoramento o del sequestro o di custodia nella sede o nei locali dell'Istituto.

Con riguardo invece al compenso spettante all'Istituto per ogni singola amministrazione giudiziaria, spetta al giudice che ha disposto l'amministrazione stessa stabilire il quantum del compenso in relazione alla durata e all'importanza della procedura, tenendo presenti le tariffe locali praticate per le amministrazioni affidate a privati.

La liquidazione del compenso dev'essere effettuata dal giudice dell'esecuzione dinanzi al quale il processo pende, nelle forme e nelle modalità stabilite, per tutti gli ausiliari del giudice, dagli art. 168 e 170 d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115. La disciplina richiamata prevede che la liquidazione debba avvenire con decreto motivato e comunicato alle parti, contro cui è ammesso il reclamo al Presidente dell'ufficio giudiziario competente, quand'anche il giudizio sia iniziato anteriormente alla emanazione del suddetto d.P.R. n. 115/2002 (Cass. civ., sez. III, 3 luglio 2008, n. 18204). Infatti, il provvedimento con il quale il giudice dell'esecuzione approva o riduce il compenso all'Istituto Vendite Giudiziarie incide direttamente sul relativo diritto spettante all'Istituto, per le attività dal medesimo svolte, di custodia e vendita dei beni soggetti ad esecuzione forzata, e, pertanto, non essendo atto preliminare o propedeutico dell'atto conclusivo del processo esecutivo, è autonomamente impugnabile, a decorrere dalla comunicazione del medesimo alle parti interessate. Con la conseguenza che, decorsi i termini per impugnare, non può più essere proposta istanza di revoca del provvedimento, essendo tale rimedio in rapporto di complementarietà con i normali mezzi di impugnazione (Cass. civ., sez. III, 24.01.2002, n. 843).

Una volta dichiarata l'estinzione del processo, il giudice perde il potere di provvedere alla suddetta liquidazione, la quale potrà avvenire solo in esito ad un giudizio ordinario o per ingiunzione. Tuttavia il decreto di liquidazione eventualmente pronunciato dal giudice dopo l'estinzione del processo è viziato ma non abnorme, e dunque è reclamabile entro venti giorni dinanzi al capo dell'ufficio cui appartiene il giudice che l'ha pronunciato, mentre non è ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost.

Riferimenti
  • Capponi, Manuale di diritto dell'esecuzione civile, IV edizione, Torino;
  • Castoro P. – Castoro N., Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, XIII ed., Milano, 2015;
  • Fontana – Romeo, Il nuovo processo di esecuzione, Padova, 2015;
  • Fontana – Vigorito, Le procedure esecutive dopo la riforma: le vendite immobiliari, Milano, 2007;
  • Soldi, Manuale dell'esecuzione forzata, VI edizione, Padova.

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