Termine lungo per l'impugnazione del lodo: dalla sottoscrizione o dalla comunicazione?

19 Ottobre 2020

Costituisce una questione di massima, di particolare importanza, meritevole di sottoposizione alle Sezioni Unite ai sensi dell'art. 374, comma 2, c.p.c. quella attinente all'esatta individuazione del dies a quo del cosiddetto “termine lungo” per l'impugnazione del lodo arbitrale.

La Sez. I della Cassazione ha individuato una questione di massima di particolare importanza in materia di “termine lungo” per l'impugnazione del lodo arbitrale che il Primo Presidente della Cassazione dovrà valutare se sottoporre alle Sezioni Unite.

Il caso. Un lodo arbitrale veniva impugnato avanti alla Corte d'appello.
L'impugnazione veniva però dichiarata inammissibile perché ritenuta, d'ufficio, tardiva, essendo stata notificata oltre il termine annuale dalla sottoscrizione del lodo da parte degli arbitri. Seguiva il ricorso per cassazione.

Conta solo la data di sottoscrizione del lodo? Il motivo più rilevante del gravame attiene alla ritenuta errata interpretazione offerta dalla Corte d'Appello che aveva attribuito rilevanza alla data di sottoscrizione del lodo a prescindere dal momento della sua comunicazione alle parti. Interpretazione ritenuta in contrasto con il principio costituzionale del giusto processo.

La peculiarità (giustificabile?) del procedimento arbitrale e del lodo. Del resto, aggiungeva la ricorrente, manca nella procedura di formazione del lodo ex artt. 823 e 824 c.p.c. il momento della “pubblicazione”, poiché sono contemplati solo il momento di “deliberazione-redazione”, non pubblico, e quello di “comunicazione”, a differenza di quanto previsto per i provvedimenti giurisdizionali, la cui tempistica è invece scandita in tre momenti (deliberazione, pubblicazione e comunicazione).

E se il lodo non viene comunicato o viene comunicato in ritardo? In questo quadro, il lodo deliberato e redatto, ma non comunicato, rimane documento non conoscibile per le parti, salvo che per i suoi estensori, a differenza della sentenza, conoscibile attraverso l'accesso in cancelleria, sia pur dopo la pubblicazione, per questo secondo il ricorrente non può essere legittimo il computo nel termine per l'impugnazione dell'intervallo temporale tra l'ultima sottoscrizione e la comunicazione in cui il testo del lodo è ignoto alle parti.

La questione fondamentale: l'esatta individuazione del dies a quo per l'impugnazione. L'oggetto del descritto motivo di ricorso, in sostanza concernente il dies a quo del cosiddetto “termine lungo” per l'impugnazione del lodo arbitrale, configura secondo la Cassazione una questione di massima di particolare importanza meritevole di sottoposizione alle Sezioni Unite ai sensi dell'art.374, comma 2, c.p.c.

Una questione attuale. Secondo la Cassazione la questione di diritto indicata è ancora attuale indipendentemente dalla specifica normativa applicabile, ratione temporis, alla vertenza sottoposta al suo esame.
Del resto, lo stesso ricorso è destinato in ogni caso ad essere rigettato perché in concreto, anche volendo accedere alla tesi più favorevole al ricorrente, il termine annuale per l'impugnazione era comunque maturato.
Ma rimane appunto l'importanza teorica, ed attuale, della questione.

La disposizione di legge è chiara: il termine decorre dall'ultima sottoscrizione. La disciplina processuale è chiara nel far decorrere il termine annuale per l'impugnazione dall'ultima sottoscrizione e non dalla comunicazione del lodo.
Tuttavia, vi sono profili che potrebbero portare ad una lettura correttiva di detta (chiara) disposizione.

Varie a argomentazioni a confronto. Certo, osserva la Suprema Corte, il lodo deve essere comunque comunicato entro 10 giorni, per cui, rispetto all'ampio termine annuale, il rischio per le parti interessate è “solo” quello di perdere una piccola porzione del tempo messo loro a disposizione.
Peraltro, viene detto, tale termine potrebbe non essere rispettato, o tutto o in parte.
Si potrebbe così adottare una lettura interpretativa delle norme tale da escludere che il termine prenda a decorrere prima della comunicazione del lodo ed evitare così che la parte interessata possa subire un pregiudizio per il mancato svolgimento di un'attività processuale in un ambito temporale nel quale ignora incolpevolmente di doverla svolgere.
A tale osservazione si potrebbe tuttavia replicare osservando che in tali ipotesi (inadempimento della comunicazione del lodo) le parti potrebbero fondatamente invocare l'istituto della rimessione in termini.
Del resto, le parti del procedimento arbitrale, per quanto solerti e diligenti, non hanno la possibilità di attivarsi periodicamente per verificare il deposito della decisione, mediante il controllo dei registri di cancelleria, come possono fare per le pronunce dell'autorità giudiziaria.

In sintesi, un intervento nomofilattico e chiarificatore delle SS.UU. sarebbe auspicabile. In conclusione, la Cassazione ritiene possibile adottare una interpretazione costituzionalmente orientata del combinato disposto degli artt. 828, comma 2, e 825, comma 1, c.p.c. (ora artt. 828, comma 2, e 825, comma 1 c.p.c.) nel senso di far decorrere il termine annuale preclusivo dell'impugnazione dalla comunicazione del lodo ad opera degli arbitri; ovvero, subordinatamente, per l'ipotesi di ritenuto ostacolo semantico a tale scelta interpretativa frapposta dalla insuperabile lettera della legge, potrebbe essere valutata come non manifestamente infondata la proposta questione di legittimità costituzionale della disciplina in precedenza ricostruita.
Verificheremo se dunque la questione sarà rimessa – così come sarebbe opportuno – dal Primo Presidente alle Sezioni Unite.

*Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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