L'armonizzazione europea del danno alla persona: una sfida possibile?

19 Ottobre 2020

Il focus prende in considerazione l'ipotesi, de jure condendo, della creazione di un sistema di tutela della persona in ambito risarcitorio di livello sovranazionale. L'idea, in particolare, è quella di analizzare la maniera di creare un percorso di armonizzazione del danno alla persona a livello europeo, e ciò al fine di beneficiare di un sistema di tutela del soggetto danneggiato che valichi i confini nazionali, e si attesti su di un livello di protezione più compiuto ed uniforme.
Le ragioni dell'armonizzazione

Per lungo tempo percepita dalla cultura civilistica come una questione secondaria, la tutela della persona ha ormai acquisito un rilievo centrale nel panorama giuridico italiano ed europeo, tanto da potersi ipotizzare oggi, sebbene ancora solamente a livello teorico, un' armonizzazione europea della materia. Tale operazione, invero, consentirebbe di pervenire a notevoli vantaggi.

In primo luogo, infatti, ne ricaverebbe beneficio colui che agisce a livello sovranazionale per la tutela del propri diritti, il quale potrebbe giovarsi di una disciplina unitaria, senza dover subire un eventuale mutamento dell'entità del ristoro economico, commisurato al danno, a seconda dell'ordinamento dello Stato in cui agisce.

In secondo luogo, il danneggiante godrebbe di una normativa pensata e redatta a partire da un obiettivo generale: la tutela della persona. Ciò comporterebbe l'adozione di misure facilitanti per la vittima dell'illecito, che lo avvantaggino dal punto di vista tecnico-operativo consentendo, ad esempio, un accesso alla giustizia veloce e tempestivo. Inoltre, la vittima del danno alla persona “europeo”, dovrebbe poter contare su di un sistema di liquidazione improntato al calcolo tabellare “europeo”, così da ottenere un ristoro della propria lesione biologica o morale che risponda ad un unico corrispettivo monetario, uguale in Italia come in Spagna o in Germania; ciò garantirebbe al soggetto lesionato di soddisfare il suo interesse risarcitorio efficacemente, senza incappare in ostacoli potenzialmente derivanti dall'eventuale dimensione sovranazionale del danno prodottosi.

Infine, la creazione di un sistema di tutela sovranazionale consentirebbe di fuggire da quel grado di incertezza che, seppur temperato dalle Tabelle di Milano, permane in capo a qualsiasi categoria del diritto positivo che risulti affidata, in maniera prevalente, alla casistica e alla valutazione del caso concreto operata dal giudice, piuttosto che ad una disciplina completa ed articolata che, nel caso del danno alla persona, sembra mancare.

Base di partenza

Ogni ordinamento europeo prevede ad oggi un proprio sistema di tutela del danno alla persona. I vari impianti legislativi, come prevedibile, divergono tra loro nei tratti essenziali. Ciò è inevitabilmente dovuto alla divergenza di contesto storico e giuridico in cui i suddetti sistemi normativi sono nati, nonché dei variegati ambiti sociali ed economici nei quali gli stessi si sono evoluti. Non mancano, a ben vedere, delle similitudini che accomunano i diversi Stati europei, ma tali fenomeni di convergenza non sono attualmente di portata tale da poter, per ciò solo, pensare ad una automatica operazione di armonizzazione europea. D'altro canto, è indubbia l'esistenza di un fenomeno di circolazione dei modelli risarcitori provocato dallo sviluppo di una cultura giuridica “europeizzata”, e che ha a sua volta generato l'affermazione di alcuni principi generali, seppur interpretati dal singolo Stato membro a seconda del sistema legislativo di appartenenza. Tra questi, ad esempio, il principio di restitutio in integrum, che garantisce alla vittima del danno l'integrale ristoro dal medesimo, per effetto dell'operazione di traslazione del costo del danno dalla sfera giuridica del danneggiato a quella del danneggiante. Suggestive, in tal senso, appaiono le tesi di Carlo Francesco Gabba (GABBA C.F., Prolusione al corso di diritto civile, Anno scolastico 1887-1888, Arch. Giur., 1887, 517 s.,) il quale diffida dal codice civile italiano visto come prigione del diritto privato, e di Filippo Vassalli (Vassalli F., Extratestualità del diritto civile, Studi giuridici, III, 2, Milano, 1960), che discute di extratestualità del diritto privato445.

Va rilevato, inoltre, che molteplici sono state, e sono tuttora, le operazioni di unificazione del diritto privato, quasi tutte però profuse nell' ambito del diritto contrattuale. Si menzionano qui, ad esempio, i lavori dell'Istituto Unidroit, sfociati nei noti Principi Unidroit, quelli della Commissione sul diritto contrattuale europeo, conosciuta come “Commissione Lando”, la quale ha il merito di aver enucleato i cd. PDEC (Principi di Diritto Europeo dei Contratti), nonché il Code Europeen des contratc (cd. Codice Gandolfi). A ciò si aggiungano i lavori della Commissione Europea per la creazione di un cd. Common Frame of Reference (CFR), nonché quelli del gruppo di studio per la redazione del codice civile europeo, diretto da Christian von Bar. I lavori suddetti possono invero fornire uno spunto in relazione al metodo col quale vengono condotti. Con riferimento alla creazione di una disciplina codicistica europea, ad esempio, il gruppo di studio è propenso a proporre soluzioni che non derivino dalla somma di quelle adoperate da ciascuno Stato membro in ambito nazionale; al contrario, si ritiene preferibile individuare, rispetto ai caratteri dei vari modelli ordinamentali europei, un quid di innovazione che permetta alle discipline nazionali di adeguarsi al quadro dei valori europei, nonché al mutato quadro di valori degli ordinamenti individualmente considerati.

Quanto agli strumenti utilizzati, si noti che il diritto privato europeo si è attualmente sviluppato nelle forme del diritto rimediale. Ed infatti, il legislatore comunitario utilizza sovente la tecnica del rimedio ai fini del raggiungimento dei propri obiettivi; la ragione è presto detta: non trattandosi di un sistema statuale, l'ordinamento comunitario deve agire per il tramite di strumenti di tutela flessibili, basati su criteri generali e tendenzialmente declinabili in una variabilità di forme, quali quello della ragionevolezza e della proporzionalità (Mazzamuto S., Moscati E. (a cura di), Il contratto di diritto europeo, Torino, 2015).

Segue. I principi Unidroit e il danno alla persona

Come si accennava i principi Unidroit, di cui l'ultima versione è stata pubblicata nel 2016 dall'Istituto Unidroit, sono una delle più compiute forme di armonizzazione europea (anche) in materia di danno non patrimoniale, inserendosi in un trend che vede invece i gruppi di ricerca europei impegnati, in maniera quasi prevalente, sul tema dell'armonizzazione del settore contrattuale del diritto civile. Anche in questo ambito viene riconosciuto il risarcimento del danno non patrimoniale, inteso in senso lato. Ed infatti, non sono ricompresi nella liquidazione delle voci di danno solamente i pregiudizi economici, ma anche quelli derivanti da stress e alterazioni negative all'esistenza . Si tratta, dunque, di un pieno riconoscimento del danno non patrimoniale a livello sovranazionale, sebbene non si possa parlare di normazione legislativa, quanto piuttosto di soft law. Ed infatti, se l'art. 7.4.1., prevede che “Ogni inadempimento, sempre che non sia scusabile in conformità con i presenti Principi, attribuisce al creditore il diritto al risarcimento del danno, sia a titolo esclusivo che congiuntamente ad altri rimedi”, così stabilendo i principi generali in tema di risarcimento del danno in caso di inadempimento, l'art. 7.4.2. dei citati principi, rubricato “Risarcimento integrale” prevede al secondo comma che “il danno può essere di natura non pecuniaria e comprendere, per esempio, la sofferenza fisica e morale”. Il commento ufficiale della disposizione chiarisce che il danno non patrimoniale “può consistere nel dolore e sofferenza, nella perdita di agi della vita, nel pregiudizio estetico, come pure del danno derivante dalle lesioni all'onore e alla reputazione”. Il riferimento alla perdita degli agi della vita è basato sul nesso esistente col modello inglese delle loss of amenity, ed è da intendersi, se si fa riferimento alle categorie di danno esistenti nell'ordinamento italiano, come danno biologico o danno esistenziale. Il commento aggiunge, inoltre, che “il risarcimento del danno non patrimoniale può assumere forme diverse, e spetta al giudice decidere quale di queste, sia da sola sia insieme ad altre, possa assicurare un pieno risarcimento”. Tra le forme citate, non solo il risarcimento nelle classiche fattezze della dazione di una somma di denaro, ma anche quello che si realizza mediante pubblicazione di un avviso su giornali designati dal giudice, o simili.

Tali previsioni sono ancora ben poca cosa rispetto al grado di armonizzazione che il diritto privato europeo ha raggiunto negli ultimi decenni in ambito commerciale. Tuttavia, sebbene si tratti di soft law, tali principi lasciano ben sperare per il futuro, perché rappresentano un punto di partenza di cui tener conto come fondamento di una prossima disciplina europea sul punto. Ed in effetti gli stessi contengono, seppur in forma embrionale, le linee di sviluppo di un sistema di armonizzazione che non derivi dalla somma delle soluzioni legislative e giurisprudenziali adottate nei vari ordinamenti europei (ed internazionali), quanto piuttosto basato su di una previsione nuova, che racchiuda una regola generale che tutti gli ordinamenti sopra citati possano adottare.

Le modalità operative

Se chiare e condivisibili appaiono le ragioni per le quali tendere verso un processo di armonizzazione europea del danno alla persona, incerte e fumose risultano invece le modalità operative che permettono di pervenire ad un tale obiettivo in maniera efficace.

In proposito, è da rilevare che le tradizioni costituzionali comuni, sono la risultante del grado di uniformazione del diritto dei Paesi membri dell'Unione Europea (Mazzamuto S., Moscati E. (a cura di), op. cit.), del loro livello di omogeneità, il quale trova la sua legittimazione formale negli artt. 340 e 6.3. TUE, rispettivamente rubricati “Principi comuni ai diritti degli Stati membri” e “Tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri”. Ciò rimanda all'importanza che i principi comuni hanno nel processo di armonizzazione, in quanto base teorica di un sistema che può comporsi solo per il tramite del riconoscimento di un fondamento comune. La necessità, dunque, non è soltanto quella della creazione di norme europee, ma anche e soprattutto quella di una interpretazione sistematica di tali norme, che raccordi il diritto dell'Unione con quello dei singoli Stati. Come tale, la sensazione è che, prima di individuare un diritto privato uniforme, ci sia la necessità di individuare un'identità culturale ed una tradizione scientifica comune. Tuttavia, pretendere di operare un'armonizzazione a partire da principi comuni ai vari ordinamenti significherebbe probabilmente forzare il sistema verso soluzioni che non gli sono proprie, e ciò perchè se da un lato il principio è comune, dall'altro viene interpretato e riletto in ogni ordinamento in maniera radicalmente diversa, a volte opposta. D'altro canto, nemmeno scegliere un modello risarcitorio ed assurgerlo a sistema (europeo) risulterebbe invero una valida alternativa. In primo luogo, infatti, non esiste un sistema risarcitorio migliore di un altro; in secondo luogo, scegliere l'apparato risarcitorio di uno Stato membro ed elevarlo a mezzo di tutela di tutti gli altri Stati, significherebbe in effetti impiantare un blocco di norme su di un sistema che, con ogni probabilità, risulterebbe incompatibile col medesimo, perchè caratterizzato da principi giuridici differenti, o interpretati differentemente. In altre parole, è necessario un approccio che si muova nei termini dello sviluppo di una tradizione comune, e non di sovrapposizione o, per meglio dire, “sovraimposizione” di un modello “estraneo”, non per questo da considerarsi sempre migliore (Vacca L., Cultura giuridica e armonizzazione del diritto europeo, in Europa e diritto privato, 2004, I). Ed infatti, ciascuno dei modelli giuridici, siano essi di common law o di civil law, vanta elementi positivi, ma è solo dalla “combinazione dei diversi formanti, legislativo, giurisprudenziale, e dottrinario, che può nascere un diritto in grado di fronteggiare un compito così complesso come quello di “costruire” un nuovo ordinamento transnazionale” (Castronovo C., Armonizzazione senza codificazione. La penetrazione asfittica del diritto europeo, Europa dir. Priv., 2013, 905 s.).

Quali le soluzioni e quali gli strumenti?

La dottrina (si cita per tutti Vacca L., Cultura giuridica e armonizzazione del diritto europeo, cit.) prevalente sul punto è dell'idea che sia necessario costruire una cultura giuridica uniforme, che muova anche da una maggiore uniformità a livello economico e sociale. A questo proposito, numerose sono le teorie che vedono nel diritto romano il viatico per la costruzione di un diritto privato europeo. Si tratterebbe, in buona sostanza, di rivisitare la disciplina dello ius commune e di assurgerla a base della materia europeistica del risarcimento del danno. Emblematica, in tal senso, è la concezione secondo cui il diritto europeo non vada inteso come entità da creare tramite l'intervento di esperti e burocrati, ma come un'entità già esistente, latente nella coscienza giuridica europea. Ed infatti, esiste, secondo i giuristi sovranazionali, la possibilità di enucleare valori fondamentali comuni, che fungano da fondamento di una disciplina unitaria di stampo europeistico, quale che sia l'oggetto di tale disciplina; tale sarebbe il compito del giurista odierno (Vacca L., Cultura giuridica e armonizzazione del diritto europeo, cit.).

In conclusione

Tirare le fila di una questione ancora aperta è attività solo parzialmente realizzabile.

Allo stato dell'arte, infatti, ciò che si può dire con certezza è che esiste, ed è ben visibile, un movimento di progressivo ampliamento della tutela dell'individuo nei vari contesti giuridici e giurisprudenziali, compreso quello del risarcimento del danno. Tale cammino, tuttavia, subisce degli importanti arresti quando l'operato delle Corti nazionali tende verso l'incardinamento dei propri ragionamenti in una dimensione esclusivamente nazionale, piuttosto che perseguire l'obiettivo unico ed essenziale della semplificazione ed armonizzazione del diritto nazionale, in un'ottica di oltrepassamento delle barriere concettuali esistenti tra gli istituti dei diversi Paesi europei. Il risultato, a ben vedere, sarebbe notevole: il trattamento “omogeneo” dei cittadini dell'Unione in tema di danno alla persona.

Lungo è ancora il cammino, e molto ancora si può fare per il ravvicinamento delle legislazioni e delle buone prassi europee.

Alcune considerazioni, che prendono spunto da una riflessione proveniente dall'Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano: “dove la normativa lascia spazio all'elaborazione giurisprudenziale, proprio lì vi è il terreno più fecondo per elaborare “prassi virtuose” e principi di diritto comuni che mettano al centro l'uomo, nella costruzione di una casa comune europea, ove si riescano a coniugare diritti ed effettività di tutela” (TOFFOLETTO S., Danno alla persona in Europa: un'armonizzazione possibile?, in Milanosservatorio.it, 10.05.2016).

L'operazione di ricerca di profili di armonizzazione è essenziale ai fini del trattamento “omogeneo” dei cittadini dell'Unione, il quale, a sua volta, è basilare ai fini della tutela di quei diritti fondamentali che le Carte costituzionali degli Stati membri, nonché il diritto sovranazionale, ci impongono di rispettare. Le normative attualmente vigenti non sono evidentemente sufficienti per la realizzazione dei fini suddetti; ed ecco che, ai fini di una futura armonizzazione, il ruolo del giudice si dimostra perno di questa rivoluzione.

Garantire diritti quali quello alla salute, all'integrità psico-fisica, alla vita, e ripensarli in un'ottica di effettività di tutela, è una sfida possibile, ma soprattutto necessaria.L'auspicio, allora, è che le Corti di tutti gli Stati membri si trovino a tavole comuni (cd. modello del Courts facing Courts) per ragionare in termini di cultura unitaria del danno e rimuovere gli ostacoli che si frappongono all'avvio di un vero processo di uniformazione legislativa; si spera, in altre parole, che il lavoro legislativo che l'Unione Europea ha portato avanti in relazione al tema del data protection, e quello che sta attualmente svolgendo in relazione all'ambito dell' intelligenza artificiale, settori nei quali a ben vedere si produce un danno, possa fungere da viatico per gettare le basi di un dialogo indirizzato all'armonizzazione europea del danno alla persona.

Guida all'approfondimento

Bona M., Il Danno Alla Persona Nella Prospettiva Europea, scritti in occasione del Convegno Associazione M. Gioia, Patrocinio Aci, “Micropermanenti-Macroproblemi”, Roma, 24-25 maggio 2002, www.aci.it;

Castronovo C., Armonizzazione senza codificazione. La penetrazione asfittica del diritto europeo, Europa dir. Priv., 2013, 905 s.;

Fiecconi F., Il risarcimento del danno alla persona nella rete di tutela europea , lavori del Gruppo Danno alla persona dell'Osservatorio di Milano;

Gabba C.F., Prolusione al corso di diritto civile, Anno scolastico 1887-1888, Arch. Giur., 1887, 517 s.;

Mazzamuto S., Moscati E. (a cura di), Il contratto di diritto europeo, Torino, 2015;

Serio M., La responsabilità civile in Europa: prospettive di armonizzazione, Europa dir. Priv., 2014, 327 s.;

Vacca L., Cultura giuridica e armonizzazione del diritto europeo, in Europa e diritto privato, 2004, I, 53 ss.;

Vassalli F., Esame di coscienza di un giurista europeo , Studi giuridici, III, 2, Milano, 1960, 772 s.;

Vassalli F., Extratestualità del diritto civile, Studi giuridici, III, 2, Milano, 1960;

Toffoletto S., Danno alla persona in Europa: un'armonizzazione possibile?, in Milanosservatorio.it, 10.05.2016; Zimmermann R., Roman Law, Contemporary Law, European Law, Oxford 2011.

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