Una società cooperativa, agendo in opposizione ad un decreto ingiuntivo notificatole da un consorzio fondato su oneri consortili non pagati, eccepiva l'incompetenza in favore degli arbitri sulla base di una clausola compromissoria contenuta nello statuto consortile.
Il Tribunale di Latina declinava la propria competenza, disattendendo la tesi dell'invalidità della suddetta clausola, seguendo l'indirizzo giurisprudenziale per cui non è applicabile al consorzio con attività esterna e non costituito in forma societaria l'art. 34 d.lgs. n. 5/2003, considerando che la funzione tipica del consorzio è quella di produrre beni o servizi alle imprese consorziate e destinati ad essere da loro assorbiti.
Contro tale pronuncia, il consorzio propone ricorso per regolamento di competenza, sostenendo, tra i diversi motivi, che l'obbligazione oggetto del giudizio non sarebbe “interna”, bensì “esterna”, traendo origine da una convenzione firmata tra la cooperativa ed il Comune ai fini della concessione del diritto di superficie su lotti di terreno esterni al consorzio; inoltre, lo stesso afferma che i diritti coinvolti avrebbero natura indisponibile, non potendo perciò formare oggetto di arbitrato.
La Suprema Corte non accoglie il ricorso, affermando che la censura riguardante la fonte dell'obbligazione, che secondo il ricorrente sarebbe extra-consortile, è infondata.
La lite, infatti, riguarda il pagamento degli oneri, essendo dunque connessa al contenuto della clausola statutaria, la quale copre «qualunque controversia inerente al patto consortile o da esso dipendente» che dovesse insorgere tra consorzio e aderenti.
Quanto ai diritti coinvolti nella controversia, gli Ermellini ne affermano la natura disponibile, al contrario di quanto sostenuto dal ricorrente, poiché il pagamento richiesto trova la sua fonte in un'obbligazione avente natura sostanzialmente pubblica, che postula il fatto che le norme regolanti l'obbligazione siano inderogabili.
In tale contesto, la Corte reputa, dunque, opportuno affermare il principio di diritto secondo cui: «l'inderogabilità delle norme, che eventualmente attinga la disciplina dell'obbligazione, rende semplicemente ammissibile l'impugnazione della decisione arbitrale per errore in iudicando – anche ove le parti non l'abbiano stabilita ai sensi dell'art. 829, comma 3, c.p.c. –, ma non incide affatto sulla disponibilità del diritto di credito».
Ciò affermato, la Corte di Cassazione dichiara la competenza arbitrale.
*Fonte: www.dirittoegiustizia.it