Lo scivolo nel parco giochi, i danni e l'inosservanza della normativa Uni En 1176 e 1177: la PA è sempre responsabile
21 Ottobre 2020
Massima
In tema di danni da cose in custodia, segnatamente attrezzature di gioco per bambini, sussiste la responsabilità della PA tutte le volte che le normative Uni En 1176 e 1177 sulla sicurezza per le attrezzature di gioco riservate ai bambini non siano rispettate (nella specie, l'attività istruttoria ha evidenziato che alla base dei giochi dai quali era caduto il minore vi era una superficie di prato sintetico adatta a tenere indenni i bambini dalle cadute verificatesi dall'altezza massima di un metro; quindi, poiché il bambino era caduto da una panca ad un'altezza maggiore, il Comune avrebbe dovuto collocare sul posto un diverso materiale in grado di ammortizzare la caduta, materiale che non c'era). Il caso
Nel caso di specie, i genitori di un bambino di cinque anni convenivano in giudizio un'amministrazione comunale, lamentando che il figlio avesse subito, per effetto di una caduta in cui era incorso durante l'utilizzo di uno scivolo collocato nei giardini pubblici, dei danni di carattere permanente (avendo riportato la frattura scomposta dell'omero sinistro), e chiedendo che il Comune — in qualità di custode del parco giochi e delle relative attrezzature — fosse condannato al relativo risarcimento. In particolare gli attori evidenziavano che il prato di erba sintetica predisposto per attutire le cadute dei bambini dallo scivolo non era idoneo. In primo grado la domanda attorea era rigettata. Proposto atto di appello, i giudici di secondo grado accoglievano la domanda sul rilievo che alla base del gioco da cui è caduto il piccolo vi era solo un prato di erba sintetica assolutamente non sufficiente per l'altezza dello scivolo a garantire la sicurezza dei bambini. Proposto ricorso in Cassazione, la PA che lamentava che lo scivolo utilizzato dal bambino non era pericoloso e che in ogni caso era onere del genitore presente vigilare sul comportamento del bambino. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso del Comune, riconoscendo la violazione del dovere di custodia da parte del Comune, dal momento che il proprietario del parco giochi deve collocare per ogni singolo gioco il materiale idoneo ad ammortizzare l'eventuale caduta dei bambini. La questione
La questione in esame è la seguente: in caso di inosservanza della normativa Uni En 1176 e 1177 sulla sicurezza per le attrezzature di gioco riservate ai bambini, la PA è responsabile ai sensi dell'art. 2051 c.c.?
Le soluzioni giuridiche
La responsabilità civile conseguente ai danni riportati dai bambini all'interno di un parco giochi è venuta in altre circostanze all'esame dei giudici di legittimità. Sono da richiamare, in proposito, Cass. civ., n.7276/1997, che riguardava il caso di un minore caduto da un'altalena in un giardino comunale; Cass. civ. n. 12401/2013, relativa alla diversa ipotesi di una caduta dal dondolo di una giostra collocata nel parco giochi all'interno di un ristorante, e Cass. civ., n. 11657/2014 avente ad oggetto la caduta da uno scivolo all'interno di un parco comunale in ora notturna. Nella prima pronuncia la Corte Cassazione ha escluso la responsabilità del Comune, ai sensi dell'art. 2051 c.c., sul semplice rilievo che l'altalena, pur presentando in astratto qualche elemento di pericolosità, era comunque adeguata agli standard dei manufatti del genere destinati ai parchi giochi. La seconda sentenza, invece, ha stabilito che la messa a disposizione di un parco giochi, a perfetta regola d'arte, da parte del titolare di un ristorante non implica, a carico di costui, alcun obbligo di sorveglianza sui minori che usano dette attrezzature. Nell'ultima pronuncia, i giudici di legittimità hanno specificato che la caduta di un bambino (in quel caso, di cinque anni di età) da uno scivolo è un evento certamente prevedibile ed evitabile con un grado normale di diligenza. In tutti i casi richiamati, peraltro, si è affermato che l'utilizzo delle strutture esistenti in un parco giochi - a meno che non risulti provato che le stesse erano difettose e, come tali, in grado di determinare pericoli anche in presenza di un utilizzo assolutamente corretto - non si connota, di per sé, per una particolare pericolosità, se non quella che normalmente deriva da simili attrezzature, le quali presuppongono, comunque, una qualche vigilanza da parte degli adulti. In altri termini, un genitore (o, comunque, un adulto) che accompagna un bambino in un parco giochi deve avere ben presenti i rischi che ciò comporta, non potendo poi invocare come fonte dell'altrui responsabilità, una volta che la caduta dannosa si sia verificata, l'esistenza di una situazione di pericolo che egli era tenuto doverosamente a calcolare. È stato, così, affermato, in particolare, che il proprietario o gestore di un campo da gioco è responsabile, ai sensi dell'art. 2051 c.c., degli infortuni occorsi ai fruitori di quest'ultimo, ove non alleghi e non provi l'elisione del nesso causale tra la cosa e l'evento, quale può aversi, in un contesto di rigoroso rispetto delle normative esistenti o comunque di concreta configurazione della cosa in condizioni tali da non essere in grado di nuocere normalmente ai suoi fruitori, nell'eventualità di accadimenti imprevedibili ed ascrivibili al fatto del danneggiato stesso - tra i quali una sua imperizia o imprudenza - o al fatto di terzi (Cass. civ.,n. 19998/2013). In particolare si è osservato che l'utilizzo delle strutture esistenti in un parco giochi - a meno che non risulti provato che le stesse erano difettose e, come tali, in grado di determinare pericoli anche in presenza di un utilizzo assolutamente corretto (il che non è, nella specie, sulla base di quanto detto) - non si connota, di per sé, per una particolare pericolosità, se non quella che normalmente deriva da simili attrezzature, le quali presuppongono, comunque, una qualche vigilanza da parte degli adulti. In altri termini, un genitore (o, comunque, un adulto) che accompagna un bambino (nella specie, di quasi sei anni di età) in un parco giochi deve avere ben presenti i rischi che ciò comporta, non potendo poi invocare come fonte dell'altrui responsabilità, una volta che la caduta dannosa si è verificata, l'esistenza di una situazione di pericolo che egli era tenuto doverosamente a calcolare (Cass. civ., n. 18167/14). Pertanto, relativamente al nesso causale, al fine della sua esclusione, la Corte di Cassazione ha evidenziato da un lato i requisiti di sicurezza delle strutture, e dall'altro la sorveglianza concretamente prestata dai genitori ino occasione dell'infortunio del minore. Il profilo del rispetto delle norme di sicurezza dei giochi viene, dunque, in rilievo per sostanziare “l'anomalia o pericolosità strutturale” della cosa (che la giurisprudenza considera presupposto per l'affermazione della responsabilità del custode); quello della sorveglianza dei genitori (in ragione della prevedibilità della suddetta anomalia o pericolosità) per escludere il nesso causale richiesto dalla norma, attribuendo (in tutto o in parte) l'eziologia dell'evento al caso fortuito di cui all'art. 2051 c.c., sub specie di fatto del terzo o dello stesso danneggiato. All'esito del bilanciamento in concreto degli obblighi di salvaguardia dell'altrui incolumità connessi al rapporto di custodia, e degli oneri di cautela riconducibili alla dimensione della c.d. autoresponsabilità del danneggiato, si determina quindi l'incidenza causale del contegno dei soggetti implicati nella fattispecie, secondo linee argomentative che ricalcano (più o meno consapevolmente) schemi tipici dell'analisi economica del diritto. Alla stregua di essi, il modello della responsabilità extracontrattuale oggettiva è efficiente nella misura in cui consente di addossare il costo degli incidenti al soggetto che meglio è in grado di (prevedere e) prevenire i rischi tipicamente connessi all'esercizio di una determinata attività (o, come nel caso di specie, alla gestione di una cosa). Ove, peraltro, il danneggiato sia a sua volta in grado, usando la normale diligenza, di percepire o prevedere la situazione di pericolo, il sistema lo incentiva a porre in essere le cautele esigibili allo scopo, contemplando la possibilità di lasciare presso di lui tutte o parte delle conseguenze pregiudizievoli dell'evento (attraverso la norma dell'art. 1227 c.c., della quale costituisce applicazione la clausola d'esonero del caso fortuito nell'art. 2051 c.c., nella sua declinazione giurisprudenziale del fatto del danneggiato). Dunque, all'obbligo di custodia fa da contraltare il dovere di cautela del soggetto che entri in contatto con la cosa, di modo che, laddove la situazione di pericolo connaturata alla cosa sarebbe stata neutralizzabile mediante l'adozione di un comportamento ordinariamente accorto da parte di quest'ultimo, non potrà configurarsi il nesso causale, venendo la cosa degradata a mera occasione dell'evento (ai fini dell'affermazione della responsabilità da cose in custodia rilevano due concetti fondamentali: la prevedibilità dell'evento ed il dovere di cautela da parte del soggetto cui è affidata la custodia della res. Il concetto di prevedibilità deve intendersi come concreta possibilità per il danneggiato o prevedere con l'ordinaria diligenza la situazione di pericolo e ove tale pericolo sia visibile, si richiede una maggiore attenzione da parte del soggetto che entri in contatto con la cosa, essendo, la situazione di rischio percepibile con l'ordinaria diligenza: Cass. civ., n. 4661/2015; e ancora, “la responsabilità del custode, di cui all'art. 2051 c.c. è esclusa in presenza di una scelta consapevole del danneggiato (c.d. rischio elettivo), il quale, pur potendo avvedersi con l'ordinaria diligenza della pericolosità della cosa, accetti di utilizzarla ugualmente (nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva escluso la responsabilità del custode di un campo di calcetto, per l'infortunio occorso ad un giocatore in seguito all'impatto contro alcuni tubi metallici accantonati ai margini del campo e ben visibili: Cass. civ., n. 13681/2012). Osservazioni
Poiché funzione dell'art. 2051 c.c. di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi ad essa inerenti (Cass. civ., n. 4279/2008; Cass. civ., n. 20317/2005) - e questa è la ragione per cui, ai fini della responsabilità del custode per l'evento dannoso, è sufficiente che il danneggiato provi il nesso causale con la cosa custodita, indipendentemente dalla pericolosità attuale o potenziale della stessa - il dovere del custode di segnalare il pericolo connesso all'uso improprio - da parte del terzo o del danneggiato - della cosa si arresta soltanto al caso in cui la pericolosità dell'anomala utilizzazione di essa, intesa come fattore causale esterno (Cass. civ., n. 15429/2004), sia talmente evidente ed immediatamente apprezzabile da chiunque, da renderla del tutto imprevedibile e perciò inevitabile (Cass. civ., n. 20334/2004; Cass. civ., n. 25029/2008). Al riguardo si osserva che la più recente giurisprudenza è andata ponendo in evidenza, in ordine all'applicazione delle due diverse ipotesi di cui agli artt. 2043 e 2051 c.c., due aspetti di fondamentale importanza: da un lato il concetto di prevedibilità dell'evento dannoso e dall'altro quello del dovere di cautela da parte del soggetto che entra in contatto con la cosa. La Corte di Cassazione ha definito il concetto di prevedibilità come concreta possibilità per l'utente danneggiato di percepire o prevedere con l'ordinaria diligenza la situazione di pericolo ed ha evidenziato che, ove tale pericolo sia visibile, si richiede dal soggetto che entra in contatto con la cosa un grado maggiore di attenzione, proprio perché la situazione di rischio è percepibile con l'ordinaria diligenza (Cass. civ., n. 999/2014; Cass. civ., n. 23919/2013). Ma, anche in una fattispecie nella quale trovava applicazione l'obbligo di custodia di cui all'art. 2051 c.c., con diverse e più gravi regole probatorie a carico del danneggiante, la Corte di Cassazione ha evidenziato che all'obbligo suddetto fa pur sempre riscontro un dovere di cautela da parte di chi entri in contatto con la cosa, sicché, quando la situazione di possibile pericolo comunque ingeneratasi sarebbe stata superabile mediante l'adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, potrà allora escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell'evento (Cass. civ., n. 23584/2013; sul concetto di cosa come occasione dell'evento: Cass. civ., n. 28811/2008). Ad ogni modo, per escludere la responsabilità da cosa in custodia a norma dell'art. 2051 c.c., il custode ha l'onere di provare che l'evento è stato cagionato da fatto estraneo ad essa - che può dipendere anche dalla condotta colpevole di un terzo o della stessa vittima (c.d. fortuito incidentale) - del tutto eccezionale, secondo il principio della regolarità e probabilità causale in quelle circostanze di tempo e di luogo, si da essere imprevedibile, e perciò inevitabile. Pertanto, non qualsiasi uso improprio o anomalo della cosa in custodia rispetto alla sua destinazione funzionale configura il caso fortuito, perché se invece la condotta concorrente del terzo nella causazione dell'evento non è assolutamente imprevedibile ex ante, persiste il nesso di causalità con la cosa e la sua funzione (Cass.civ., n. 2563/2007), salva la limitazione del risarcimento del danno per gli effetti dell'art. 1227 c.c., da valutare dal giudice di merito (Cass. civ., n. 11227/2008). Nel caso di specie, incontroverso che l'evento dannoso occorso al minore era stato cagionato dallo scivolo situato nel parco giochi, per escludere la responsabilità del Comune, custode di esso, non sarebbe sufficiente per il Comune provare le buone condizioni di manutenzione dello stesso e l'uso improprio del predetto gioco da parte del minore, dovendo il Comune dimostrare che tale utilizzazione era assolutamente inusuale, sia da parte del minore che delle persone adulte, e quindi imprevedibile, di modo che la condotta del danneggiato aveva interrotto il nesso causale tra lo scivolo e la frattura del braccio, e che di conseguenza l'evento non era evitabile mediante l'adozione di opportune cautele, peraltro assenti nel caso di specie.
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