Dalla cessazione del rapporto committente e appaltatore sono responsabili in solido per due anni

La Redazione
23 Ottobre 2020

L'art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003, come novellato dall'art. 1, comma 911, l. n. 296/2006, prevede la responsabilità solidale di committente ed appaltatore entro il limite di due anni dalla cessazione del rapporto, garantendo così il lavoratore circa il pagamento dei trattamenti retributivi dovuti in relazione all'appalto.

L'art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003, come novellato dall'art. 1, comma 911, l. n. 296/2006, prevede la responsabilità solidale di committente ed appaltatore entro il limite di due anni dalla cessazione del rapporto, garantendo così il lavoratore circa il pagamento dei trattamenti retributivi dovuti in relazione all'appalto.

Nell'esaminare il ricorso proposto dalla lavoratrice, la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 22997/20, ha avuto modo di chiarire che il disposto di cui all'art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003, pro tempore vigente (nel testo risultante dalla modifica introdotta dall'art. 1, comma 911, l. n. 296/2006 ed in base al quale in caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti), prevede la responsabilità solidale di committente ed appaltatore entro il limite di due anni dalla cessazione del rapporto, così garantendo il lavoratore circa il pagamento dei trattamenti retributivi dovuti in relazione all'appalto cui ha personalmente dedicato le proprie energie lavorative.

In tal senso, l'ordinamento ha inteso perseguire l'obiettivo di operare in funzione di una ricomposizione normativa della catena degli appalti, assicurando ai lavoratori delle piccole e micro-imprese subappaltatrici, possibilità di tutela in precedenza non riconosciute, evitando il rischio che i meccanismi di decentramento, e di dissociazione fra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione, vadano a danno dei lavoratori utilizzati nell'esecuzione del contratto commerciale.
Successivamente, però, tale tutela è stata in parte attenuata, mediante l'introduzione del principio del beneficium excussionis in favore del committente e la possibilità di diversa disposizione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori, comparativamente più rappresentative del settore, che possono individuare metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti.

Si può dunque ritenere, a parere della Corte, che sia il testo della norma che la ratio che la sottende intendano garantire il lavoratore circa il pagamento dei trattamenti retributivi dovuti in relazione all'appalto avendo, limitatamente ad esso, come debitore non solo il datore di lavoro ma anche l'impresa appaltante e gli eventuali subappaltatori, in relazione al periodo del rapporto lavorativo coinvolto dall'appalto.

Con riferimento alla fattispecie in esame, la Cassazione afferma che il regime della solidarietà sancito dalla disposizione richiamata presuppone solo l'accertamento dell'inadempimento dell'obbligazione a carico dei coobbligati solidali.
Nella versione di testo pro tempore vigente, l'art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003 sancisce la responsabilità solidale di committente ed appaltatore entro il limite di due anni dalla cessazione del rapporto.
Nello specifico, il ricorso della lavoratrice proposto il 3 settembre 2010 non risulta depositato oltre il termine di due anni dalla cessazione del contratto di appalto (24 ottobre 2008), pertanto, la Corte ha cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte distrettuale.

(Fonte: Diritto e Giustizia)

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