Legittimi i parcheggi riservati al costruttore quando eccedono gli standard

Donato Palombella
23 Ottobre 2020

Le nostre città soffrono per la cronica carenza di posti auto costringendoci a giri snervanti alla ricerca di un parcheggio. La situazione si complica quando, tornati a casa dopo una estenuante giornata di lavoro, facciamo fatica a “trovare un buco” per la nostra auto. Questo stato di cose si ripercuote pesantemente nella vita condominiale causando una serie infinita di controversie che contrappongono le necessità dei condòmini a quelle economiche delle imprese. Ma perché esiste questa cronica carenza di parcheggi?

Secondo una legge economica ben nota, un eccesso di domanda dovrebbe provocare una impennata dei prezzi spingendo le imprese a produrre il bene della vita richiesto dal mercato. A quanto pare questa norma economica non si applica al nostro caso. Ma per quale motivo? Il problema è semplice: il costo di realizzazione dei posti auto è estremamente alto e ritenuto non remunerativo per le imprese che le studiano tutte per limitare la realizzazione dei posti auto. Il problema non è certamente nuovo ed il Legislatore ha cercato di trovare una soluzione imponendo (art. 41-sexies della gloriosa legge urbanistica n.1150/1942) un rapporto percentuale tra i volumi costruiti di nuova realizzazione e la dotazione di posti auto -o meglio, per la precisione- di aree a parcheggio. La normativa urbanistica nazionale impone che, per ogni 100 mc costruiti, vengano realizzati 10 mq adibiti a parcheggio. I Comuni, dal loro canto, possono prevedere anche percentuali aggiuntive. Le aree a parcheggio, costituendo uno standard urbanistico, sono gravate da un vincolo pubblicistico a cui il costruttore non può sottrarsi.

Un annoso problema: posti auto liberi o a pagamento?Chiusa una porta, si apre un portone. E' vero che la normativa urbanistica impone al costruttore di dotare le nuove costruzioni di una certa superficie adibita a parcheggio ma.... essa deve essere messa necessariamente (e gratuitamente) a disposizione dei condòmini, o può essere messa liberamente in commercio? In proposito, nel corso del tempo, sono sorti diversi filoni giurisprudenziali che, di tempo in tempo, hanno considerato il posto auto come una pertinenza necessaria dell'appartamento, come un diritto d'uso a favore del condòmino, per poi cambiare rotta ed abbracciare la tesi diametralmente opposta che prevede la libera circolabilità delle aree a parcheggio (fermo restando, ben inteso, che i parcheggi debbano comunque essere realizzati).

Il caso in esame. Le cause relative al diritto d'uso delle aree a parcheggio che affollano le aule dei Tribunali, di norma, sono intentate da condòmini esasperati contro il malaugurato costruttore di turno. Questa volta la situazione si ribalta, è l'impresa che, persa la pazienza, si arma di carta bollata e si rivolge al Giudice chiedendo che voglia accertare il proprio diritto di proprietà esclusivo su alcuni posti auto siti nel cortile condominiale vietando al condòmino recalcitrante di utilizzarli a proprio piacimento.

Esaminiamo il condominio. Nel caso in esame ci troviamo di fronte ad un fabbricato di circa 7.453 mc che, secondo gli standard urbanistici, dovrebbe essere dotato di una superficie vincolata a parcheggio pari a 745,30 mq (ovvero pari al 10% del volume costruito). Il costruttore, però, almeno questa volta, è stato previdente e ha “spalmato” box e posti auto all'interno dei due piani interrati e nel cortile condominiale. Risultato? Il fabbricato è dotato di oltre 1.562 mq adibiti a parcheggio, ovvero abbiamo ben 816 mq oltre lo standard. In altre parole, il fabbricato è stato dotato di una superficie a parcheggio eccedente rispetto agli standard minimi per cui il progetto, almeno sotto questo punto di vista, è perfetto.

Il giudice di merito. Tribunale e Corte territoriale seguono un orientamento comune, accolgono la domanda dell'impresa e condannano il condòmino. Il giudice di merito rileva che l'impresa aveva provato di essere proprietaria esclusiva dei posti auto in contestazione posti all'interno del cortile condominiale. Il condòmino, di contro, non aveva fornito alcuna prova a proprio favore: non aveva provato l'esistenza di un vincolo sul cortile su cui ricadevano i posti auto di proprietà della società, non aveva dimostrato che questa si era impegnata in alcun modo a garantire l'utilizzo del cortile al condomìnio; l'atto di vendita non conteneva alcuna clausola che potesse sostenere le ragioni dell'acquirente.

La Cassazione detta la regola al giudice del rinvio. Il condòmino non si arrende e presenta ricorso in Cassazione. La seconda Sezione civile, con sentenza n. 19613 del 12 novembre 2012, sembra ribaltare l'esito del giudizio. “Bacchetta” la Corte territoriale per non aver centrato il problema in quanto si sarebbe concentrata sul diritto di proprietà del costruttore mentre avrebbe tralasciato di verificare se il progetto fosse rispettoso degli standards urbanistici. Il ragionamento è semplice: l'impresa ha l'obbligo di realizzare e mettere a disposizione degli acquirenti gli spazi da adibire a parcheggio. Se il cortile è di proprietà esclusiva dell'impresa, il singolo condominio dove potrà parcheggiare la propria auto? A questo punto effettua una sorta di inversione dell'onere della prova ponendo a carico dell'impresa l'onere di indicare le aree asservite a parcheggio. Di conseguenza, rinvia la causa alla Corte d'appello invitandola a chiarire gli aspetti oscuri della vicenda.

Il giudice del rinvio. La Corte d'Appello, investita del problema, svolge le proprie indagini e chiarisce i punti oscuri della vicenda. Il costruttore non solo avrebbe realizzato le prescritte aree a parcheggio, ma avrebbe dotato il fabbricato di superfici eccedenti rispetto agli standard. La società, inoltre, si sarebbe espressamente riservata la proprietà degli spazi eccedenti siti nel cortile ed oggetto della contestazione. Il vincolo a parcheggio sarebbe regolarmente trascritto. La situazione sarebbe stata riportata anche nel regolamento di condominio. Si scopre che l'acquirente avrebbe acquistato, congiuntamente all'unità immobiliare, anche un box auto, sito nei locali interrati, su cui poter esercitare il proprio “diritto di parcheggio”.

La Cassazione ritorna ad affrontare il problema. La questione viene nuovamente sottoposta al vaglio della Cassazione che, con l'ordinanza n. 21859 del 9 ottobre 2020 riconosce definitivamente le ragioni della società. La Cassazione precisa che spetta all'amministrazione comunale, in occasione del rilascio del titolo edilizio (concessione edilizia o permesso di costruire che dir si voglia) il compito ed il dovere si verificare il rispetto della normativa edilizia ed urbanistica. Fermo restando che il costruttore è obbligato a rispettare gli standard, rientra nel suo potere discrezionale la scelta di individuare le aree a parcheggio nel piano interrato o nel cortile. Ove il costruttore abbia realizzato delle aree a parcheggio eccedenti rispetto allo standards, la clausola di riserva della proprietà a favore dell'impreca risulta del tutto legittima.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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