Esclusa la riferibilità alla condotta del condominio dei danni subiti dal proprietario della pizzeria costretto a chiudere

Redazione scientifica
25 Novembre 2020

Pronunciandosi sul ricorso proposto dal proprietario della pizzeria che chiedeva il risarcimento dei danni subiti in seguito alla chiusura del locale commerciale, la Cassazione ha chiarito che la presentazione di una denuncia, come di un esposto, all'autorità giudiziaria o amministrativa, seppur rivelatasi infondata, non può essere fonte di responsabilità per danni a carico del denunciante o dell'esponente, ai sensi dell'art. 2043 c.c., se non quando possano considerarsi calunniosi.

Così con ordinanza n. 25679/20 depositata il 13 novembre.

Il condominio citava in giudizio la società e i proprietari, nonché usufruttuari, dell'unità immobiliare adibita all'esercizio dell'attività di pizzeria e rosticceria, chiedendone la cessazione in virtù del divieto previsto dall'art. 28 del regolamento condominiale. I convenuti, con domanda riconvenzionale, chiedevano il risarcimento dei danni da lucro cessante conseguenti alla condotta imprudente e negligente del condominio, che aveva portato alla chiusura del locale commerciale.
In seguito all'accoglimento della domanda attorea da parte del Tribunale, il rappresentate della società proponeva appello.

La Corte adita accoglieva l'appello limitatamente al profilo relativo al regolamento condominiale, in quanto l'articolo sopra citato non imponeva secondo i Giudici alcuna autorizzazione dell'assemblea per l'esercizio di attività commerciali nei negozi siti al piano terra del fabbricato, e rigettava la parte relativa al risarcimento dei danni.
Secondo la Corte territoriale, infatti, la mancata impugnazione dei provvedimenti amministrativi (come l'imposizione di una installazione della canna fumaria a servizio della friggitrice) e il diniego della domanda di provvedimenti d'urgenza rivolta al Tribunale si inserivano nella sequenza causale impeditiva della prosecuzione dell'attività commerciale, che non poteva ricondursi alla condotta colpevole del condominio.
Avverso tale ultima pronuncia, i convenuti hanno proposto ricorso per cassazione.

La Suprema Corte rileva che, in base a quanto affermato dalla Corte d'Appello, la chiusura del locale commerciale dove la società svolgeva l'attività di pizzeria e rosticceria, e le correlate perdite patrimoniali occorse, non potevano essere causalmente riferibili ad un comportamento imputabile ex art. 2043 c.c. al condominio. Infatti, l'attività degli organi di gestione condominiale si era sostanziata nella presentazione di esposti amministrativi all'amministrazione comunale ed ai NAS e nel contenzioso giudiziario davanti al Tribunale, sul presupposto dell'esercizio del potere di curare l'osservanza del regolamento di condominio, nonché di tutelare l'edificio dalle immissioni di calore, odori e rumori. Pertanto, l'impossibilità della prosecuzione dell'attività commerciale andava riferita secondo i Giudici territoriali al provvedimento sindacale che aveva inibito l'utilizzo della friggitrice fino all'installazione di un'apposita canna fumaria.

A tal proposito, la Cassazione ribadisce che «la presentazione di una denuncia, come di un esposto, all'autorità giudiziaria o amministrativa, seppur rivelatasi infondata, non può essere fonte di responsabilità per danni a carico del denunciante o dell'esponente, ai sensi dell'art. 2043 c.c., se non quando possano considerarsi calunniosi. Al di fuori, infatti di tale ipotesi, l'attività pubblicistica dell'organo titolare della funzione giurisdizionale o della potestà provvedimentale si sovrappone in ogni caso all'iniziativa del denunciante, togliendole ogni efficacia causale e così interrompendo ogni nesso tra tale iniziativa ed il danno eventualmente subito dal denunciato».
D'altro canto, prosegue la S.C., «in tema di illecito civile, la ricostruzione del nesso di derivazione eziologica esistente tra la condotta del danneggiante e l'oggetto dell'obbligazione risarcitoria implica la scomposizione del giudizio causale in due autonomi e consecutivi segmenti: il primo è volto ad identificare il nesso di causalità materiale o "di fatto" che lega la condotta all'evento di danno; il secondo è, invece, diretto ad accertare, secondo la regola dell'art. 1223 c.c. (richiamato dall'art. 2056 c.c.), il nesso di causalità giuridica che lega tale evento alle conseguenze dannose risarcibili».
Tanto premesso, per quanto riguarda il giudizio circa la sussistenza del nesso causale fra condotta antigiuridica ed evento dannoso, richiedendo esso un apprezzamento di fatto, la Corte non lo ritiene sindacabile nel giudizio di cassazione. Pertanto, dichiara il ricorso inammissibile.

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