Associazione in partecipazione: rileva la partecipazione al rischio di impresa e non alle perdite
11 Gennaio 2021
Può parlarsi di associazione in partecipazione ove all'associato, il quale apporta la propria prestazione lavorativa, venga riconosciuto un minimo mensile pur partecipando alle perdite?
La giurisprudenza è concorde nell'affermare che nel determinare se sia configurabile un contratto di associazione in partecipazione con apporto della prestazione lavorativa, ovvero un contratto di lavoro subordinato con retribuzione collegata agli utili dell'impresa, è necessario accertare la prevalenza, nel caso specifico, degli elementi caratterizzanti le due diverse tipologie contrattuali.
Per quanto concerne la prima ipotesi, ad esempio, costituiscono connotati peculiari la partecipazione dell'associato al rischio di impresa e la sussistenza di un suo controllo sulla gestione imprenditoriale.
Si precisa che la divisione delle perdite non viene considerata dalla legge un elemento imprescindibile per la configurazione della prima fattispecie, atteso che l'art. 2553 c.c., pur prevedendola in via generale, ammette che le parti possano derogarvi, limitando la divisione ai soli utili.
Tale possibilità non determina il venir meno del carattere aleatorio del contratto: in caso di mancanza di utili, infatti, l'apporto lavorativo dell'associato è destinato a rimanere senza compenso sicché ove l'impresa abbia conseguito risultati negativi egli risulta comunque soggetto latu sensu ad un rischio economico, nonostante l'esclusione dalla partecipazione alle perdite.
Ne consegue che qualora si riscontri la previsione negoziale di un compenso garantito mensile esso risulterà corrispondente, nella sostanza, ad una retribuzione per la prestazione resa, senza partecipazione al rischio di impresa, così difettando uno dei requisiti essenziali ai fini della configurabilità del contratto di associazione in partecipazione de quo.
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